MARTINELLI, Tristano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTINELLI, Tristano

Teresa Megale

Nacque da Francesco e da una Lucia di cui non è noto il cognome il 7 apr. 1557 a Marcaria, presso Mantova. Ebbe due fratelli maggiori, Drusiano e Rubiano, e una sorella, Barbara.

Noto per essere l’inventore della maschera di Arlecchino, le prime fonti sulla sua attività di attore sono legate alla tournée che compì diciannovenne, nel 1576, con Drusiano nelle Fiandre: in quell’anno la sua presenza è attestata ad Anversa nella compagnia reclutata dall’attivissimo fratello.

Dotato di un corpo elastico, longilineo e scattante e di una spiccata plasticità fisica, il M. fu un secondo zanni particolare, «padrone e signore dello spazio e dell’aria» (Ferrone, 2006, p. 78). La muscolatura esplosiva gli consentiva una singolare capacità acrobatica, testimoniata da pochi ma fondamentali documenti iconografici. Tracce figurative della sua presenza sono contenute probabilmente nel quadro conservato nel Musée Baron Gérard di Bayeux, che ritrae la compagnia di Drusiano; nelle poche ma molto espressive incisioni delle parodiche Compositions de rhétorique (Lione 1601 circa), opera dello stesso M.; nella Recueil Fossard (la raccolta di quattordici incisioni, pubblicata tra il 1570 e il 1580, che fissa in scene teatrali eloquenti la maschera di Arlecchino e di alcuni suoi compagni d’arte); in un reperto lapideo conservato nel Museo della città di Mantova.

Dopo la tournée nelle Fiandre, il M. divenne rapidamente famoso e la sua attività non conobbe soste. Nel 1584-85 seguì la compagnia dei Confidenti a Parigi; dall’agosto 1588 fino alla fine dell’anno fu attivo di nuovo con Drusiano e con Angelica Alberghini a Madrid; tra maggio e giugno 1592 recitò a Firenze con la compagnia degli Uniti, con la quale rimase continuativamente fino alla fine del 1595, salvo l’estate 1592 che trascorse a Mantova. Recitò di nuovo a Firenze nello Stanzone delle commedie della Dogana, nella stagione invernale del 1594, mentre il 13 ottobre dello stesso anno si esibì a Milano con la compagnia dei Confidenti in onore della contessa di Haro, nuora del governatore Juan Fernández de Velasco. Lasciata la compagnia del fratello, nel 1595 entrò in quella dei Desiosi, diretta da Diana Ponti, in arte Lavinia, della quale fece parte fino al 1598, girando nelle principali città del circuito teatrale lombardo: Cremona (dicembre 1595); Milano e Mantova (marzo 1597); Piacenza (luglio 1597). Nel novembre 1597 recitò ancora a Firenze e nell’occasione il granduca Ferdinando I gli concesse il privilegio di depositare il suo denaro al Monte di Pietà e così il M. iniziò a incrementare progressivamente il proprio capitale, che fece crescere con molta oculatezza, limitandosi a prelevare, negli anni, soltanto i cospicui interessi. Nel maggio del 1598, quando era a Modena, maturò la decisione di rientrare nella formazione del fratello, dei Comici Accesi, attiva a Mantova al servizio del duca Vincenzo I Gonzaga.

Il 29 apr. 1599 il sovrano gli conferì la soprintendenza sulle attività dei comici e dei ciarlatani nei territori del Ducato. L’importante carica, cui erano legati prestigio e lauti guadagni, gli fu confermata dai successori e divenne ereditaria, cosicché dopo la sua morte i figli continuarono a esercitare il controllo sugli spettacoli nel Ducato mantovano.

Il M. trascorse la primavera e l’estate 1599 con la compagnia degli Accesi; con loro si recò in Francia per la tournée degli anni 1600-01.

All’inizio di questo viaggio, a Lione, dette alla stampe le Compositions de rhétorique de m. don Arlequin, comicorum de civitatis Novalensis, corrigidor de la bonna langua francese et latina, condutier de comediens, connestabile de messieurs le badaux de Paris, et capital ennemi de tut les laquais inventeurs desrobber chapiaux (s.l. né d.). Dedicato a Maria de’ Medici in occasione del matrimonio con Enrico IV di Francia, è il libro-manifesto esemplare della cultura arlecchinesca giunta al culmine della maturità. Conservato probabilmente in una copia unica (oggi a Parigi, Bibliothèque nationale), consta di una settantina di pagine per lo più bianche, con poche incisioni che riproducono la maschera di Arlecchino e i suoi compagni, commentate da versi burleschi composti in una comicissima lingua teatrale, miscuglio di latino, francese, italiano, spagnolo. Le Compositions, il cui titolo completo sintetizza appieno la materia scherzosa di cui tratta, furono stampate «de là le bout du monde», all’inferno, luogo arlecchinesco per antonomasia, che in tal caso coincide con il quartiere omonimo di Lione, antica sede degli stampatori.

Di ritorno dalla Francia, acquistò il possedimento dei Due Castelli, nel Mantovano (oggi Castelbelforte), che fu il primo di una serie di proprietà che il M. cercò di accumulare per mettersi al riparo dalle incertezze della vita del comico. Ne fa fede il testamento datato 17 maggio 1604 in favore della prima moglie, Cassandra Guantari, del fratello Drusiano e dei figli di costui, oltre che dei fratelli Rubiano e Barbara. Con la troupe degli Accesi si esibì nel carnevale del 1605 a Mantova e dall’autunno fino al carnevale del 1606 a Torino. Dopo aver perduto il fratello Drusiano, nel 1606, nel 1608 molto probabilmente perse la moglie Cassandra. Dopo un solo anno di vedovanza, il 13 nov. 1609, a cinquantadue anni impalmò la ventenne veronese Paola Avanzi. Nel 1610 seguì gli Accesi a Milano, ma a luglio rientrò a Mantova per la nascita del suo primogenito, Francesco, che nel nome unì il ricordo del nonno paterno e l’affetto e la riconoscenza del M. verso il principe di Mantova, che tenne a battesimo il neonato insieme con la consorte Margherita di Savoia.

Da questo momento il M. dette vita alla strategia del comparaggio, con la quale riuscì a legare a sé i maggiori principi italiani ed europei, ai quali offriva di far da padrino ai suoi figli, definiti con autoironia «gattesini», che poi venivano accolti a corte. La parentela, cercata ed esibita, con i potenti del tempo serviva a rafforzare la sua presenza nelle corti e a compensare le doti tecniche recitative, soprattutto quelle acrobatiche, che dovevano essere minacciate dall’età.

Nel settembre 1611 nacque il secondogenito, Giovan Carlo, di cui furono padrini il cardinale Ferdinando Gonzaga e la regina di Francia Maria de’ Medici.

Nel 1612 il M. fu assoldato dai Fedeli e recitò a carnevale a Ferrara, in estate a Milano, nei mesi di novembre e dicembre a Firenze, mentre proseguivano le trattative per recarsi in Francia, insieme con la compagnia ducale. L’anno successivo si trovò nuovamente a Ferrara per il carnevale, ma agli inizi dell’estate fu messo a capo della compagnia di comici che i Gonzaga spedirono in Francia. Nell’ottobre 1613 nacque a Fontainebleau il terzogenito, Luigi, portato al fonte battesimale da Luigi XIII e dalla sorella il 27 genn. 1614. A Lione il M. abbandonò la compagnia per rientrare a Mantova.

Nel 1615 divenne padre per la quarta volta. Per proseguire nella costruzione della sua rete di protezione, fece tenere a battesimo per procura il bambino, cui impose probabilmente il nome di Carlo, da Maria de’ Medici e dal granduca di Toscana Cosimo II. Con la responsabilità di una famiglia allargata, per incrementare il suo patrimonio il 4 genn. 1618 acquistò un mulino a Bigarello, non lontano da Castelbelforte. Sul mulino fece porre una lapide scolpita (ora a Mantova, Museo della città), sulla quale si fece raffigurare come Arlecchino che, legato da una grossa catena alla sua proprietà, scaccia per sé e per la sua famiglia i tormenti della fame. Il carattere metateatrale della lapide rimanda in modo scoperto alla sua maschera, afflitta per antonomasia da questo atavico, insolubile problema.

Nel giugno 1618 recitò a Parma con i Fedeli, guidati da Giovan Battista Andreini, in estate a Milano e in dicembre a Verona. Con la stessa formazione, l’anno successivo trascorse il carnevale a Ferrara; nell’autunno 1620 partì per la Francia per una nuova tournée. Prima di affrontare il viaggio, si adoperò per stringere rapporti di comparaggio con Vittorio Emanuele I di Savoia per la nascita di un altro, eventuale figlio. Mentre la compagnia dei Fedeli recitava a Parigi, a fine giugno 1621 decise di tornare a Mantova. Nel 1623 fu nuovamente con quella compagnia a Padova, dove interruppe il corso delle rappresentazioni lasciando per la seconda volta i Fedeli. Nel 1624 fece testamento a favore della moglie e di tre dei suoi figli e nello stesso anno ebbe il quinto figlio, col quale riuscì a legare a sé l’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, che battezzò il neonato per procura. Nel 1625 annunciò la nascita di un sesto figlio che, per mantenere viva la sua presenza nelle corti, ebbe come padrini la regina d’Inghilterra, Enrichetta di Borbone, e il granduca di Toscana Ferdinando II de’ Medici. Nell’autunno dell’anno seguente recitò nella compagnia ducale che riuniva Giovan Battista Andreini e Pier Maria Cecchini. Durante l’estate 1627 annunciò una tournée presso la corte imperiale e anche l’ennesima nascita, la settima, da destinare al cardinale Scipione Borghese. A ragione concludeva che «nel catalogo de’ miei compadri» mancavano soltanto «il prete Janni» e «la Repub(bli)ca di San Marino» (Comici dell’arte, p. 433).

Il M. morì a Mantova, nella contrada del Mastino, il 1° marzo 1630 «di febre et cataro in due giorni» (Arch. di Stato di Mantova, Registri necrologici, vol. 33, c. n.n.).

Fonti e Bibl.: Del M. sono edite 61 lettere autografe in Comici dell’arte. Corrispondenze, a cura di C. Burattelli et al., I, Firenze 1993, pp. 347-435, cui si rimanda per la bibliografia; notizie sulla documentazione per il periodo francese in A. Baschet, Le comédiens italiens à la cour de France…, Paris 1882, p. 116; Le recueil Fossard, a cura di A. Beijer, e Compositions de rhétorique de m. don Arlequin, a cura di P.-L. Duchartre, Paris 1928; F. Taviani - M. Schino, Il segreto della commedia dell’arte. La memoria delle compagnie italiane del XVI, XVII e XVIII secolo, Firenze 1982, ad ind.; I. Florescu, Harlequin, nom de comédien, in Biblioteca teatrale, 1986, n. 4, pp. 21-59; Id., Parigi 1585: la querelle degli acteurs-bouffons, in Viaggi teatrali dall’Italia a Parigi fra Cinque e Seicento. Atti del Convegno internazionale, Torino… 1987, Genova 1989, pp. 109-127; D. Gambelli, Arlecchino a Parigi. Dall’inferno alla corte del Re Sole, Roma 1993, ad ind.; S. Ferrone, Attori mercanti corsari. La commedia dell’arte in Europa tra Cinque e Seicento, Torino 1993, ad ind.; C. Burattelli, Spettacoli di corte a Mantova tra Cinque e Seicento, Firenze 1999, ad ind.; T. Megale, I padroni di Arlecchino, in Medioevo e Rinascimento, XIV (2000), pp. 273-282; I Gonzaga e l’Impero. Itinerari dello spettacolo, a cura di U. Artioli - C. Grazioli, Firenze 2005, pp. VII, X, XIII, 134 s., 138, 150, 157, 196, 217, 275, 285, 297, 451 n., 452, 463; S. Ferrone, Arlecchino. Vita e avventure di T. M. attore, Roma-Bari 2006; L. Rasi, I comici italiani, II, pp. 95-104.

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