Triplice alleanza

Dizionario di Storia (2011)

Triplice alleanza


Alleanza costituita tra Germania, Austria e Italia il 20 maggio 1882, a Vienna, che traeva le sue origini dalla politica bismarckiana tendente a isolare nel continente la Francia per rafforzare la posizione della Germania di fronte alla possibilità di un tentativo di rivincita francese. Dopo il Congresso di Berlino del 1878, Bismarck riuscì a stringere alleanza con l’impero asburgico nel 1879 e nel 1881, approfittando della crisi tra Russia e Gran Bretagna nell’Asia centrale, a risuscitare l’accordo dei tre imperatori del 1872 (che impegnava Austria, Germania e Russia al mantenimento dello status quo nei Balcani e nel Vicino Oriente), rendendo così difficile il temuto accordo tra Francia e Russia. Il protettorato della Francia sulla Tunisia creò nel 1881 un forte attrito tra Francia e Italia, che aveva guardato alla Tunisia come possibile sbocco coloniale: la conseguente preoccupazione dell’Italia per il proprio isolamento politico ne affrettò l’entrata nell’orbita degli imperi centrali, nonostante la tradizionale ostilità nei confronti dell’Austria per via delle terre irredente. Il trattato della T.a. stabiliva l’impegno di aiuto all’Italia nel caso che questa fosse stata attaccata dalla Francia e l’aiuto dell’Italia alla Germania nella stessa eventualità; l’aiuto nel caso che una delle tre potenze contraenti fosse stata attaccata da due potenze, e la neutralità benevola nel caso che una delle potenze contraenti fosse stata costretta a dichiarare guerra. Il trattato, che doveva rimanere segreto, aveva una durata di cinque anni. Era accompagnato da una dichiarazione, voluta dall’Italia, che precisava come esso non potesse esser rivolto contro la Gran Bretagna. Nel 1885 la crisi bulgara ruppe i rapporti fra i tre imperatori, per cui l’Italia si trovò nella situazione, data la possibilità di un avvicinamento tra Russia e Francia, di valorizzare la sua adesione al rinnovo del trattato. Il 20 febbr. 1887 la T.a. fu rinnovata, ma con l’aggiunta di un patto italo-tedesco che garantiva all’Italia la difesa dei suoi interessi nell’Africa settentrionale, e un patto italo-austriaco che prevedeva compensi all’Italia nel caso di mutamenti nello scacchiere balcanico a favore dell’Austria. Il successivo rinnovo del 1891 incorporò il patto italo-austriaco e il patto italo-tedesco nel trattato, costituendone l’art. 7 e l’art. 9, inoltre stabilì che la durata del trattato fosse di sei anni. Nel frattempo, caduto Bismarck, la politica estera tedesca andava assumendo caratteri di forte aggressività che producevano automaticamente un riavvicinamento tra Francia e Russia, concretizzatosi in effetti nel 1893 nella Duplice alleanza; la politica di Guglielmo II inasprì inoltre i rapporti anche con la Gran Bretagna con cui ingaggiò una gara nell’armamento navale che preoccupò Londra non meno della politica balcanica e asiatica della Russia. Col rinnovo della T.a. nel 1896 la Germania rifiutò di ripetere nel trattato la dichiarazione del 1882 relativa alla posizione della T.a. nei riguardi della Gran Bretagna e introdusse la clausola del tacito rinnovo in mancanza di disdetta di uno degli alleati almeno un anno prima della scadenza. Il conseguente sviluppo di rapporti convergenti tra Gran Bretagna e Francia, sfociati nel 1904 nell’«intesa cordiale», misero in forte difficoltà l’Italia, costretta a garantirsi nel Mediterraneo con patti diretti con la Gran Bretagna e la Francia. Nel rinnovo del 1902 l’Italia ottenne che l’Austria s’impegnasse a consentire un’eventuale azione dell’Italia in Tripolitania e Cirenaica. L’indebolimento dei legami dell’Italia con la T.a. (si era inasprita la polemica irredentistica con l’Austria) e il rafforzamento dei legami tra i due imperi centrali non condussero tuttavia allo scioglimento dell’alleanza, che fu ancora una volta rinnovata automaticamente nel 1908, proprio quando l’annessione della Bosnia-Erzegovina all’Austria e la ripresa più violenta che mai delle istanze irredentistiche italiane favorivano un riavvicinamento tra Italia e Russia, conclusosi, in effetti, con l’Accordo di Racconigi (ott. 1909). La situazione europea risultava ormai del tutto rovesciata, in quanto, pur sopravvivendo la T.a., si era creato un sistema di alleanze anglo-franco-russo cui l’Italia si era accostata con accordi diretti con le tre potenze che lo formavano. Ma i risultati dell’impresa libica, che, rafforzando la posizione italiana nel Mediterraneo, crearono un raffreddamento con la Francia e la Gran Bretagna, e la questione balcanica che coinvolse l’Austria parvero ridar forza alle antiche ragioni tripliciste, per cui la T.a. fu rinnovata nel 1912, includendo l’appartenenza della Libia all’Italia nelle condizioni da mantenersi a norma dell’art. 10, e aggiungendo il sangiaccato di Novi Pazar ai territori che a norma dell’art. 7 non potevano essere occupati dall’Austria, senza corrispondere un compenso all’Italia e senza intesa preventiva con essa. Nel giugno 1913 una convenzione navale italo-austro-tedesca stabiliva la collaborazione delle flotte della T.a. nel Mediterraneo in caso di guerra. Tuttavia, nonostante il rafforzamento dei legami all’interno della T.a., il contrasto italo-austriaco per la questione irredentistica e la rivalità nei Balcani diveniva sempre più aspro, tanto che più volte in Austria si ventilò l’idea di una guerra preventiva contro l’alleato italiano. Scoppiata la Prima guerra mondiale, l’Italia dichiarò la propria neutralità in base all’art. 3 che stabiliva l’obbligo dell’aiuto reciproco solo nel caso di aggressione per opera di due potenze. Tale dichiarazione fu ritenuta fondata dagli imperi centrali. Dopo il fallimento delle trattative con l’Austria per ottenere l’applicazione dell’art. 7, l’Italia denunciò ufficialmente il Trattato della Triplice il 3 maggio 1915, motivando la denuncia con la violazione dei patti da parte dell’Austria. Il 24 maggio 1915 entrò in guerra a fianco delle potenze dell’intesa.

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