Trionfo

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trionfo Istituzione prettamente romana, costituiva il più alto onore riconosciuto a un comandante che, in possesso dell’imperium maius, avesse riportato un’importante vittoria su un nemico. L’aspetto originario del t. era religioso: il suo scopo consisteva nel recarsi al tempio di Giove Capitolino per sciogliere i voti fatti all’inizio della spedizione. Con il tempo, il prevalere dell’aspetto politico-militare rese il t. uno sfarzoso spettacolo propagandistico. Il corteo si formava fuori del pomerio, entrava in città attraverso la Porta Triumphalis, passava per il Circo Massimo e, presa la Via Sacra, ascendeva per il Clivo Capitolino giungendo al tempio di Giove. In testa al corteo erano i senatori e i magistrati, seguiti dagli animali sacrificali votati al dio, dall’apparato sacerdotale e dalle spoglie dei vinti: il bottino trainato su carri, i prigionieri di alto rango e infine la massa dei prigionieri più umili. Al centro del corteo era il gruppo del trionfatore: preceduto da littori e musici, il vincitore della campagna, abbigliato come Giove Capitolino e con il viso dipinto dal sacrale colore rosso, avanzava su un carro trionfale trainato da quattro cavalli bianchi, accompagnato da figli e parenti. Dietro il trionfatore, la coda del corteo era dedicata ai combattenti: preceduti dagli ufficiali superiori dei vari reparti (legati e tribuni) sfilavano gli ufficiali inferiori e le truppe, in ordine militare e con le loro decorazioni. A Giove Capitolino il trionfatore offriva il lauro e quindi compiva il sacrificio. Da Romolo a Vespasiano, si contavano 320 t., più tardi se ne celebrarono una trentina. Se il Senato rifiutava a un generale l’onore del t., questi poteva celebrarlo al tempio di Giove Laziale sul monte Albano. Carmi trionfali (lat. carmina triumphalia) Canti con cui i soldati romani usavano accompagnare il t. del loro generale alternando alle lodi battute scherzose e licenziose, come quelle per il t. di Cesare, riferite da Svetonio, le uniche conservate.

In numismatica, doppio cavallo di Ferdinando I d’Aragona coniato a Napoli, così detto dalla figurazione del rovescio che porta il carro trionfale. Anche moneta d’oro siciliana di Carlo V, detta fiorino di Sicilia.

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