tribù
Genericamente, gruppo etnico di ordine semplice, i membri del quale parlano uno stesso linguaggio, hanno consapevolezza di costituire un organismo sociale ben determinato e politicamente coerente, e come tale riconosciuto dai gruppi vicini. La coesione della t. ha quasi sempre carattere territoriale oltre che linguistico e sociale, nel senso che tale gruppo occupa permanentemente (se sedentario) o percorre periodicamente (se nomade) una regione geograficamente determinata, sulla quale afferma diritti tradizionali, riconosciuti dai gruppi etnici limitrofi, e ha molto spesso anche carattere genealogico, in quanto la t. afferma la propria discendenza da un remoto capostipite comune, per lo più mitico.
Nel linguaggio dell’antropologia evoluzionista del 19° sec., il termine indicava una forma di organizzazione politica propria di gruppi collocati in una fase iniziale dell’evoluzione delle società umane. Caduta ogni connessione con una pretesa evoluzione di questo genere, il termine t. è rimasto nell’antropologia funzionalista e in quella strutturalista a indicare una specifica forma di organizzazione politica. È comunque impossibile, oggi, trovare società la cui organizzazione politica possa essere interamente ricondotta alla forma delle t.; anche nei casi in cui si possono individuare forme politiche di tipo tribale (come, per es., in alcune parti del mondo arabo e musulmano, o in molte nazioni africane), queste appaiono sempre incapsulate in strutture politiche di tipo statale che le controllano e che con esse interagiscono.
Nella sistematica botanica e zoologica, categoria compresa tra la famiglia (o sottofamiglia) e il genere. La terminazione contraddistintiva è -ee (lat. scient. -eae) per la botanica, e -ini (lat. scient. -ini) per la zoologia.
Ciascuno dei gruppi nei quali si concretava l’organizzazione delle genti ebraiche nell’età premonarchica. Secondo la tradizione biblica, le t. erano 12, risalenti ai 12 figli di Giacobbe o
Nell’antichissimo ordinamento di