TREVISO

Enciclopedia Italiana (1937)

TREVISO (A. T., 24-25-26)

Lino BERTAGNOLLI
Luigi COLETTI
Giovanni Battista PICOTTI
Lino BERTAGNOLLI

Città del Veneto, capoluogo della provincia omonimia, a 15 m. s. m., a 45° 40′ di lat. N. e a 12° 15′ long. E., situata nel mezzo della fertile pianura veneta, alla confluenza nel Sile del Torrente Botteniga o Cagnano che attraversa, ripartito in tre canali, l'abitato. Il clima della città è salubre; le estati sono piuttosto calde e gl'inverni non rigidi per l'influsso benefico del mare: la temperatura media annua infatti è di 13°,6, quella del luglio di 24°,7, quella del gennaio di 2°,4. Le precipitazioni, intorno ai 1000 mm. annui, cadono di prevalenza in primavera e d'estate; il mese più piovoso è il giugno, il meno piovoso il gennaio. Però le nebbie sono quanto mai frequenti nell'autunno e nell'inverno: in nessun'altra stazione del Veneto si hanno come a Treviso 57 giorni di nebbie all'anno. Il centro, di forma quasi rettangolare, si sviluppa quasi tutto sulla sinistra del Sile, di qui navigabile per zatteroni fino al mare (km. 68), e si presenta assai pittoresco, intersecato com'è dai canali, tagliato da vecchie vie strette e tortuose, delle quali alcune a portici, con piazze a pianta irregolare e contornato da campagne ubertose disseminate di ville e di opifici, di fattorie e di case coloniche.

La città, che ebbe molto a soffrire durante la guerra mondiale per i frequenti bombardamenti aerei subiti, è chiusa da una cinta di belle mura alte da 8 a 10 metri, della lunghezza complessiva di 4800 m., rinforzate da 13 bastioni, costruite nei primi decennî del sec. XVI da Fra Giocondo da Verona e difese verso l'esterno, nel tratto meridionale dal Sile e sugli altri lati da fossati in parte riempiti e messi a giardino. Il centro della città è la Piazza dei Signori. Alla piazza accedono le due principali vie della città lungo le quali corre la tramvia elettrica urbana: la Via XX Settembre, che continua per Via Vittorio Emanuele e Via Roma fino alla Stazione centrale, sulla destra del Sile e oltre il Canale della Polveriera, e l'animata Calmaggiore, a portici, che continua poi con Via Canova e Borgo Cavour fino all'elegante Porta Ss. Quaranta o Cavour, del 1517. Da questa arteria principale se ne dirama un'altra, percorsa dalla tramvia, che dall'imbocco di Via XX Settembre per Via Re Umberto porta oltre il Botteniga alla Porta Mazzini. Da queste arterie irradiano le numerose vie e viuzze secondarie, di cui qualcuna caratteristica, che portano al viale di circonvallazione, esterno e parallelo alle mura. Assai pittoresche sono le Riviere del Sile e deliziose le strade e le passeggiate dei dintorni. Oltre le mura, a oriente e, più, a N. verso le Prealpi lontane, si stende la città nuova a villini distribuiti fra orti e giardini.

La popolazione del comune, che oltre alla città abbraccia ancora 10 frazioni, ha avuto, dalla fine del sec. XIX, un continuo rapido aumento e salì da 30.300 ab. nel 1881 a 53.952 ab. nel 1931, mentre la città rispettivamente aumentò la sua popolazione da 17.374 ab. a 41.559 ab. Del territorio comunale di 5530 ha., di cui 139 circa dentro le mura, tutto in pianura, l'area maggiore è data alla cerealicoltura (mais e frumento) e ai prati. Importante è anche l'orticoltura. Assai fiorente nel comune è anche l'allevamento dei bovini e dei suini.

Notevole è pure l'attività industriale. Fra le industrie, di cui alcune antiche e tradizionali, sono da ricordare le molitorie, quella della pilatura del riso, il pastificio, l'industria delle ceramiche e delle terraglie, quella del cemento, quella dei concimi chimici, quella della carta e l'industria meccanica. È sede di varie scuole secondarie e di un seminario vescovile, ha una buona biblioteca comunale, un ricco museo e una pinacoteca notevole. Ben fornita è anche la biblioteca capitolare.

Sulla ferrovia Venezia-Udine-Tarvisio, Treviso, che dista 30 km. da Venezia, è anche un importante nodo ferroviario da cui diramano, quali tronchi d'allacciamento con le altre grandi linee, la ferrovia per Montebelluna (per Belluno), quella per Vicenza (Verona) e quella per Portogruaro (Trieste), oltre alla tramvia per Mestre-S. Giuliano-Venezia, lungo lo stradone del Terraglio.

Monumenti. - Modeste sono le tracce dell'epoca romana. Treviso fiorisce solo al cadere della potenza romana, in periodo barbarico e più nel carolingio. Ma non ne restano monumenti notevoli. Il maggior splendore della città nel periodo comunale si afferma in grandiose opere civili e religiose. Il gruppo di palazzi comunali che racchiudono la Piazza dei Signori fu costruito fra i primi anni del Duecento e il 1268 con l'aggiunta, assai più tarda, di un'ala sotto il regime veneto (1491). Malauguratamente manomessi con una improvvida ricostruzione (1877) il corpo centrale e l'ala veneta, della quale si conserva originale solo la parte superiore, resta invece, restaurato abbastanza coscienziosamente, l'edificio, probabilmente il più antico di tutti, con il vastissimo salone dei Trecento: mole di mattoni liscia, senza aggetti, imponente nella sua semplicità; con i due lati corti a frontone triangolare, merlata (erroneamente alla ghibellina nel restauro), con serie di trifore.

La Loggia dei cavalieri, eretta probabilmente nel 1276, fu decorata con due strati sovrapposti di affreschi; il più antico con drôleries e scene d'amore, il più recente (forse 1313) con una sfilata di cavalieri all'esterno e scene del Roman de Troie all'interno.

Anteriori a questi monumenti civili sono il battistero del duomo (secoli XI-XII), la chiesa di S. Vito, in gran parte e più volte rimaneggiata. Di poco posteriori la torre con bella cella campanaria a trifore di S. Martino e la chiesa rimaneggiata nel sec. XVIII (tele di U. Spineda e di A. Orioli). Del duomo, costruito nei secoli XI e XII, si conserva soltanto la cripta. Il sovrastante edificio, ch'era basilicale a tre navi come risulta da antiche vedute, fu ricostruito in epoche diverse.

Il capo di croce fu rifatto fra il 1481 e il 1519: contiene la cappella maggiore (Pietro Lombardo e figli), col sarcofago del vescovo Zanetto, promotore dei lavori, opera di Pietro Lombardo, al quale fa riscontro il monumento in onore del papa Alessandro VIII di Giovanni Bonazza (1692); affreschi recenti del Seitz e del Biagetti ornano le pareti del coro e del presbiterio. Le due cappelle laterali del SS. Sacramento e dell'Annunziata sono di poco più tarde: la prima, eretta a incitamento del vescovo Bernardo de' Rossi (1501-1503) e ornata di sculture di G. B. e di Lorenzo Bregno, contiene il sarcofago del vescovo Franco (principio del sec. XVI), un tabernacolo di marmi e bronzi del sec. XVII, e una serie di pitture fra le quali notevoli quelle dello Zanchi, altra volta nella cappella maggiore. La seconda fu costruita e decorata a spese del canonico Broccardo Malchiostro (1519-1522) ed è una insigne raccolta di opere del Rinascimento: la pala con l'Annunziata fu dipinta, subito dopo l'Assunta, da Tiziano (che nel 1517 aveva affrescato a Treviso la guastissima facciata della scuola del SS. Sacramento); gli affreschi della cupola e delle pareti sono del Pordenone (firmati e datati 1520). Nell'atrio della cappella si conservano fra altro sculture romaniche e gotiche, e dipinti di Girolamo da Treviso il Vecchio, e di Domenico Capriolo.

Il corpo della chiesa fu rifatto nella seconda metà del sec. XVIII da Giordano Riccati, che riuscì a intonare bene, se anche un po' freddamente, il nuovo col vecchio.

Infine il portico neoclassico fu aggiunto nel 1836. Altre opere da ricordarsi in chiesa, nelle sacrestie o nel tesoro: pale del Bissolo, dell'Amalteo, di Paris Bordone, di Francesco Dominici; un bel paliotto di legno scolpito e dorato della seconda metà del secolo XIV con rappresentazione del Giudizio Universale; un S. Giovanni Battista del Vittoria; sculture varie dei Bregno; oreficerie dei secoli XIII-XV.

Alla fine del sec. XIII e al principio del XIV appartengono le chiese di S. Francesco e di S. Nicolò. La prima di mattoni a una sola navata, con soffitto ligneo carenato, con cinque cappelle terminali e una serie di cappelle aggiunte sul fianco meridionale.

Vi erano, eretti nel corso dei secoli, insigni monumenti sepolcrali, a cominciare da quello dei Caminesi, quasi tutti dispersi all'epoca napoleonica. La decorano affreschi dei secoli XIII, XIV (anche di scuola senese), XV, quasi tutti frammentarî, ai quali se ne aggiunse, con altri, nel recente ripristino, uno bellissimo prima coperto dalla calce di Tomaso da Modena (Madonna e Santi). Vi si è nel 1935 ricostituito il monumento sepolcrale a Pietro di Dante Alighieri, opera della bottega veneziana dei de' Sanctis, già in S. Margherita.

La chiesa di S. Nicolò, dei domenicani, pur essa in cotto, costruita anche coi contributi del papa trevigiano Benedetto XI, rimasta incompiuta nel 1368 e completata, non bene, nella parte anteriore superiore nel sec. XIX; altissima e lunga è a tre navate, con la centrale e i transetti a carena lignea, le minori a vòlte a crociera con cinque cappelle terminali. Assai bello è il movimento delle absidi con i loro fasci di linee ascendenti: spigoli, lesene, finestre.

Nell'interno, assai luminoso, molti affreschi si stendono sulle pareti e fasciano le colonne; notevoli alcune Madonne votive di scuola romagnola del Trecento e un'Adorazione dei Magi senese, ma soprattutto un gruppo di santi sulla 2a colonna a cornu Evangelii, opere fra le più significative di Tomaso da Modena. La pala dell'altar maggiore è una grande Sacra Conversazione cominciata da Fra Marco Pensaben e finita da Gian Girolamo Savoldo (1521). A lato dell'altar maggiore sorge il monumento sepolcrale di Agostino d'Onigo senatore di Roma: ha la cassa marmorea ornatissima sormontata dalla figura diritta dell'Onigo, lavorata nella bottega dei Lombardi; attorno, una decorazione ad affresco, con due paggi colossali, opera finissima, quasi certamente di Lorenzo Lotto e una delle prime di lui (intorno al 1500). Rimpetto a questo il monumento in onore del papa Benedetto XI di Giovanni Comin. Nell'attigua cappella degli Apostoli la pala con l'Incredulità di S. Tomaso, attribuita variamente a Sebastiano del Piombo, al Lotto e ad altri, si può ritenere opera di Gerolamo da Treviso il giovane. Sugli altari e alle pareti si trovano notevoli sculture e dipinti.

Il vicino convento, ora seminario vescovile, a doppio chiostro, del sec. XVI, contiene nella sala capitolare l'opera fondamentale per la conoscenza di Tomaso da Modena, datata 1352 e firmata. Essa integra e in parte ricopre una precedente decorazione della fine del sec. XIII.

Alla metà del sec. XIV appartiene la bassa chiesa a tre navi di S. Lucia, con molti affreschi del sec. XIV e XV. La chiesa di Santa Maria Maggiore ha facciata in stile gotico veneziano tardo con rosone e finestre ornati di terrecotte; le tre navi avevano archi gotici, ora mascherati: la crociera e le cappelle attribuite, ma senza fondamento, a Tullio Lombardo (pare per affinità con S. Salvatore di Venezia) furono rifatte nei primi decennî del sec. XVI.

Parimenti gotica era la chiesa di S. Teonisto: ne restano l'abside e il campanile, rifatto il resto dal Riccati sulla metà del sec. XVIII. Contiene una stupenda Crocefissione di Iacopo Bassano e un notevole gruppo di quadri di Pietro della Vecchia firmati e datati 1659 (e altri dello Spineda, Padovanino, Gregorio Lazzarini), incorniciati in una elegante decorazione settecentesca che si completa nella parte superiore delle pareti e nel soffitto con gli affreschi del Guarana entro quadrature del Fossati.

Al periodo del Rinascimento appartengono le mura incominciate in occasione della guerra di Cambray (fra Giocondo, Bartolomeo d'Alviano) con le porte di S. Tomaso (Guglielmo Bergamasco, 1518), e dell'Altinia (affreschi dell'Amalteo) e, oltre alle ricordate cappelle del duomo, la chiesa di S. Giovanni dal Tempio (S. Gaetano) con elegante facciata di Antonio Maria da Milano (1507-09), e quella più tarda (1575 circa) di S. Maria Maddalena.

La "Stanza dei Rettori" nel Monte di Pietà è un originale ambiente, ben conservato, della fine del sec. XVI, con affresco del Fiumicelli nell'abside, e nella parte superiore delle pareti, rivestite di cuoi d'oro, un fregio con parabole evangeliche, tele del Pozzoserrato. Vi si conserva il Cristo morto erroneamente attribuito al Giorgione (Francesco Vecellio?).

Il salone dell'Episcopio ha affreschi pure con parabole evangeliche di Benedetto Caliari. La chiesa di S. Gregorio una buona pala del titolare di Palma il Giovane.

Del periodo barocco e del rococò, sopra tutto del grande Settecento pittorico veneziano, sono assai scarse testimonianze in Treviso.

La chiesa di S. Leonardo, rifatta modernamente, ha un bel trittico di G. B. Cima, tele del Pozzoserrato e un soffitto a fresco di G. B. Canal.

Il tempietto del B. Enrico (sec. XIX) contiene la bella arca del Santo (1315) e un Cristo della moneta dello Strozzi.

Un particolare interesse ha per Treviso l'architettura delle abitazioni private, quasi tutte modeste case piuttosto che palazzi; ma notevolissima per un carattere tipicamente locale che l'impronta: quello della decorazione pittorica delle facciate, che si conserva attraverso alle molteplici variazioni stilistiche.

È presumibile che artisti, grandi come Tiziano (scuola del SS. Sacramento documentata 1517), il Pordenone (casa in Piazza della Vittoria), o valenti come il Bordon (casa in Via S. Agostino?) o anche più modesti ma abili nella pratica di questo genere, come il Fiumicelli (case in Via S. Agostino, Roggia, Pescatori) e l'Amalteo (case in Via S. Agostino, Stangade?, Porta Altinia) vi abbiano contribuito.

Decaduta nel sec. XVII, questa usanza riprende alla fine del XVIII e sul principio del XIX ad opera del Canal e dei suoi imitatori.

Il Museo e la Pinacoteca ora in riordinamento, contengono sculture e oggetti varî di arte decorativa e, fra le pitture, la magnifica serie degli affreschi di S. Orsola di T. da Modena (scoperti e salvati dal prof. Bailo), una Madonna di Giambellino, un ritratto di domenicano di Lorenzo Lotto (firmato 1526), tavole e tele di D. Capriolo, P. Bordone, Pietro Longhi, Francesco Guardi, G. D. Tiepolo e un'abbondante raccolta (Giacomelli) di opere verso la metà dell'Ottocento.

Nei dintorni, in una chiesetta di campagna sulle rive del Sile, a S. Cristina del Tiveron, si conserva la magnifica pala di Lorenzo Lotto, Sacra Conversazione e lunetta con la Pietà, databile per documenti al 1505.

Se qualche manifestazione d'arte ha assunto a Treviso caratteristiche proprie, difficilmente potrebbe parlarsi di vere scuole locali. Somma importanza ebbe, sulla metà del sec. XIV, l'opera trevigiana di Tommaso da Modena: S. Nicolò, S. Francesco e la serie degli affreschi di S. Orsola. A lui si ispirano quasi tutte le pitture fino alla fine del secolo. Fra i decoratori di case del sec. XV è da ricordarsi Dario detto ora da Treviso, ora da Pordenone. Di Treviso furono i pittori Gerolamo Pennacchi il Vecchio, e il suo più giovane fratello Pier Maria, Domenico Capriolo e Vincenzo Dalle Destre. Quasi trevigiano per lunga dimora e discendenza artistica dai Pennacchi è il mediocre Francesco Bissolo. Una formazione locale ha probabilmente anche Gerolamo il Giovane. Trevigiano di nascita ma di educazione veneziana è Paris Bordone, il più noto degli artisti cittadini, e che alla città natale diede molte opere (duomo, pinacoteca, casa affrescata).

Dopo un lungo periodo di attività artistica mediocre vi fu a Treviso nella seconda metà del sec. XVIII un grande fervore edilizio, e un gruppo di architetti e teorici che attorno al Preti e ai Riccati costituisce quasi una scuola pedantemente classicistica: fervore edilizio che continua fin verso il principio del sec. XIX con opere neoclassiche di Andrea Bon e Francesco Zamboni e con l'intervento anche di Attilio Selva. Decoratore gustosissimo, in questo periodo, è G. B. Bison (casino Soderini).

V. tavv. XLVII e XLVIII.

Storia. - L'antica Tarvisium (il nome forse è di origine celtica) ha origine, sembra, nella prima età imperiale. È ignoto il momento in cui fu elevata a municipio e assegnata alla tribù Claudia.

Salvata dalla distruzione unna, la città, che dalla fine del secolo IV era sede vescovile, divenne sotto i Goti centro di approvvigionamento e di difesa militare della Venezia. Assoggettatasi ai Longobardi, fu sede di un ducato ed ebbe fiorimento notevole; già dal 773 vi esisteva una zecca, la quale continuò quasi per quattro secoli a coniare belle monete. Fu poi centro di un comitato franco e dimora per alcun tempo del marchese orientale: conti della città appaiono dal sec. X i Collalto di stirpe longobarda.

Ma, dentro alla cerchia ancora ristretta delle mura, intorno al vescovo, che, senza avere giurisdizione in città, possiede qui il diritto della "muda" e altri privilegi e ha nel contado largo potere feudale, all'ombra del duomo e del battistero, si va svolgendo la prima vita del comune. Lo compongono vassalli minori, specialmente vescovili, ed elementi di popolo, stretti insieme per provvedere a interessi cittadini; qui, come altrove, la società di privati si trasforma, per concessione o per usurpazione del potere comitale, in ente sovrano. Federico Barbarossa nel 1164 conferma ai consoli i privilegi e la giurisdizione, pure sottomettendo la città ai nunzi imperiali; ma poco appresso il comune aderisce alla lega veronese e alla lombarda. La politica quasi costantemente antimperiale non gl'impedisce tuttavia di lottare a lungo col vescovo per togliergli i privilegi in città e la giurisdizione sul contado; donde minacce e scomuniche papali e accuse d'eresia, alle quali contrasta il fervore grande della vita religiosa: alla fine il vescovo cede nel 1213 la "muda", e la vecchia discordia è sopita. Il conte non ha più che un'ombra di potere ed entra egli stesso a far parte del comune.

Questo s'accentra negli ultimi decennî del sec. XII nella nuova magistratura del podestà; crea nel 1207, forse su nucleo più antico, gli statuti, che, con i rifacimenti del 1231, 1263, 1284, 1313, formeranno una serie fra le più antiche e complete d'Italia; innalza fra il sec. XII e il XIII la sua domus lapidea col grande salone detto poi dei Trecento; allarga nel 1219 la cinta delle mura cittadine. E già Treviso ha fama di cultura e di gentilezza: si ha ricordo dal 1214 di magistri scholarum; nel sec. XIII vi cantano Sordello e Ugo de Saint-Circ; la festa del Castello d'Amore, del 19 maggio 1214, ha eco larghissima. Fuori, sono guerre continue per allargare il districtus del comune a danno dei grandi feudatarî, specialmente dei signori da Camino (v.), potentissimi nel Cenedese, del comune di Conegliano, dei vescovi di Ceneda, di Feltre, dì Belluno, del patriarca di Aquileia: i Padovani gelosi sono quasi sempre alleati ai nemici del comune trevigiano. Questo ottiene vittoria; tra la fine del sec. XII e gl'inizî del XIII i Caminesi, Conegliano, i vescovi accettano la sovranità del comune, quantunque non sempre gli restino fedeli: verso il patriarcato il confine si sposta dal Piave alla Livenza e al Noncello: di fronte ai Padovani è eretto Castelfranco. Ma nella città infuriano lotte fra i da Romano, cittadini già antichi e dichiaratisi "ghibellini" e i "guelfi" da Collalto e da Camino, e s'intrecciano con le guerre tra la parte dell'Impero e della Chiesa; la contesa tra le fazioni conduce alla signoria. Signore è dal 1227 Ezzelino da Romano, dal 1239 Alberico fratello suo e prima rivale, poi, dal 1257, riconciliato con lui.

Dopo la spaventosa fine di Alberico (1260), risorge e fiorisce il comune libero; ma, nelle lotte rinnovate fra la parte bianca o della Chiesa e la rossa o dell'Impero, s'impone la signoria del "guelfo" Gherardo da Camino, che regge (1283-1306) "tirannicamente", ma cura la prosperità cittadina, fa di Treviso ritrovo gradito di dotti e di poeti, si atteggia a moderatore e arbitro della Marca. Rizzardo, suo figlio (1306-12), oscillando fra guelfi e ghibellini e scontentando la nobiltà "guelfa", perde la vita; Guecellone, altro figlio, è cacciato dalla signoria (15 dicembre 1312). Seguono lotte fra la stessa nobiltà vittoriosa e una breve signoria di Federico d'Austria (1318); nel 1329 la città, preda lungamente agognata, viene in mano a Cangrande, che vi trova la morte; dagli Scaligeri è ceduta forzatamente nel 1339 a Venezia, a cui si offre in dedizione solenne (1344).

Treviso ha finito la sua vita di libero comune; ma prospera sotto la bandiera del Leone di S. Marco. Fu per breve tempo in potere di Leopoldo d'Austria (1381-84) e dei Carrara (1384-88), nel tempestoso periodo seguente alla guerra di Chioggia; ma, ritornata al dominio veneziano (1388), sostenne, dentro alle fortificazioni rinnovate da fra Giocondo, l'assalto francese al tempo della lega di Cambrai (1511). E riprese la sua vita tranquilla, unita a Venezia dal magnifico "Terraglio".

Caduto il dominio della repubblica nel 1797, dopo un brevissimo periodo di "municipalità" gallicizzante, passò con la terraferma veneta all'Austria (1798), di nuovo per poco ai Francesi e ancora all'Austria (1801) e poi al regno d'Italia come capoluogo del dipartimento del Tagliamento (1806). Rientrarono gli Austriaci il 1° novembre 1813, abbandonarono la città il 23 marzo 1848 e furono combattuti vigorosamente dai "Cacciatori del Sile", ritornarono per la capitolazione del 13 giugno, s'allontanarono per sempre nel 1866.

Treviso diviene una delle provincie del regno d'Italia. Centro della difesa italiana dopo Caporetto, martoriata dalla furia nemica, è risorta, dopo la vittoria, più bella, con lieti auspici di prospera fortuna avvenire.

Bibl.: G. Bonifacio, Historia trevigiana, Treviso 1591; R. degli Azzoni Avogaro, Trattato della zecca e delle altre monete ch'ebbero corso in Trivigi fin tutto il sec. XIV, Bologna 1785; G. B. Verci, Storia della Marca trevigiana e veronese, Venezia 1786-91; A. Santalena, Treviso nel 1848, Treviso 1888; id., Treviso nella seconda dominazione austriaca, Padova 1892; id., Treviso nelle vicende napoleoniche, Treviso 1897; L. Bailo, Il comune di Treviso fino alla perdita della sua indipendenza, in Nuovo archivio veneto, XX (1900), p. 328 segg.; G. Biscaro, Il comune di Treviso e i suoi più antichi statuti fino al 1218, ibid., n. s., II, III, V (1901-03); A. Lizier, Note intorno alla storia del comune di Treviso dalle origini al principio del sec. XIII, Modena 1901; G. B. Picotti, I Caminesi e la loro signoria in Treviso, Livorno 1905; A. Serena, La cultura umanistica in Treviso, Venezia 1912; Municipio di Treviso, Il martirio di Treviso, Treviso 1919; A. Marchesan, Treviso medievale, ivi 1923; L. Coletti, Treviso, Bergamo s. a. (Italia artistica, n. 90), dov'è anche una diligente bibliografia; id., Catalogo delle cose d'arte e d'antichità di Treviso, Roma 1935 (con bibl. precedente).

La marca di Treviso.

Non esistette maì una circoscrizione politica o amministrativa bene definita, che rispondesse al nome di Marca di Treviso. Questo nome appare nel sec. XII ed entra anche in documenti pubblici, attribuito a una parte dell'antica Marca del Friuli o di Verona, fra "Tagliamento ed Adice" "tra Rialto - e le fontane di Brenta e di Piava" (Dante, Parad., IX, 44, e 26-27); ma con valore soltanto d'indicazione geografica, appunto come hanno quelli di Lombardia e di Romagna, con i quali è per lo più associato. Ne è escluso il Friuli, dominio patriarcale; Verona ora v'è compresa, ora ne è esclusa: un diploma di Rodolfo d'Asburgo del 23 agosto 1281 concede a Obizzo d'Este il diritto di conoscere le appellazioni "per totam Marchiam Tarvisinam sive Verone"; ma non appare che il diritto sia stato esercitato mai, e Verona il 7 settembre 1302 è in lega con Piacenza e con Mantova contro signori e città della Lombardia e della Marca Trevisana. La "joiose Marche del cortois Trivixan" (Entrée de Espagne, Parigi 1913, to. II, p. 108) ebbe fama di "valore e cortesia" (Dante, Purg., XVI, 116); e questa fama assicurò, più d'ogni fatto politico, lunga durata al suo nome, che è ricordato ancora nel 1380, come sinonimo del dominio veneziano di terraferma.

Bibl.: Cfr. in generale la bibliografia sulla marca e marchesi, e, in particolare, G. B. Verci, Storia della marca trevigiana, Venezia 1786-91, tomi 20; I. Nono, La marca amorosa, Treviso 1931.

La provincia di Treviso.

È una delle otto provincie del Veneto e ha una superficie di 2476,58 kmq. con una popolazione di 560.809 ab. (1931) e l'alta densità di ben 226 ab. per kmq. L'aumento demografico, assai forte in quest'ultimo sessantennio, fu del 17% fra il 1871 e il 1900; del 34% fra il 1900 e il 1931. Il maggior aumento di questo trentennio è spiegato anche con la diminuita facoltà d'emigrazione dopo la guerra mondiale. I sette decimi della provincia si stendono nella zona di pianura, e solo i tre decimi, corrispondenti alla parte settentrionale, sono collinari e appartengono alla zona del Grappa e del Montello e al versante meridionale delle Prealpi Bellunesi. È attraversata dal corso medio del Piave, nel settore occidentale dal Sile, dallo Zero e dal Musone e nell'orientale dalla Livenza e dai numerosi canali di derivazione per irrigazione e per industrie che sono fra Piave e Livenza. La popolazione, di cui quasi la metà (49,6%) vive sparsa, è distribuita in 90 comuni formati da 438 centri, dei quali 250 in pianura e 188 in collina. Sono però di solito centri piccoli: solo 153 superano i 500 ab. Comprende i territorî dei vecchi distretti di Treviso, Asolo, Castelfranco Veneto, Conegliano, Montebelluna, Oderzo, Valdobbiadene e Vittorio. Confina a N. con la provincia di Belluno, a E. con quella di Udine, a S. con quella di Venezia, a O. con quelle di Padova e di Vicenza. La fonte economica di gran lunga più importante è l'agricoltura associata all'allevamento. La pianura, già completamente redenta dalla bonifica anche nella sua parte meridionale, è tutta ad arativi che occupano oltre il 60% dell'area totale. La provincia di Treviso è una delle più intensivamente e meglio coltivate del Veneto. L'area maggiore è sfruttata a cereali (grano e mais) e a foraggi; seguono i prati naturali e i pascoli (20%), i boschi e i vigneti. Fra i prodotti agricoli oltre ai cereali, assai importanti economicamente sono le uve (vini di Conegliano, di Mareno, di S. Polo di Piave); le frutta (pesche di Mogliano, di Scorzè e di Zero Branco, mele di Asolo e di Cornuda); gli ortaggi (radicchio di Trevi o e di Castelfranco) e i gelsi di Vittorio Veneto. Vini, frutta e ortaggi sono anche prodotti d'esportazione. Delle piante industriali si coltivano la barbabietola da zucchero, il lino e il tabacco. Assai intenso è l'allevamento del bestiame; per i bovini la provincia di Treviso è al primo posto fra le provincie del Veneto con 30 capi ogni 100 ab. (media del regno 19). Importante è anche l'allevamento dei suini e quello degli animali da cortile. Al Trevigiano spetta poi la massima produzione provinciale assoluta in Italia per produzione di bozzoli con oltre 11/2 milioni di kg. annui (massimo rendimento medio provinciale con quasi 76 kg. di bozzoli per oncia incubata). L'area boscosa è limitata alla zona prealpina e occupa un'area di 20.579 ha.; fra le essenze prevalgono le querce; aree boscose si hanno nel Montello di Montebelluna, e famoso è il bosco demaniale del Cansiglio di 6418 ha., foltissimo di faggi, abeti e larici, sul confine con la provincia di Belluno. Mancano si può dire del tutto le ricchezze minerali, non conveniente è lo sfruttamento del giacimento di carbone fossile di Corbanese, né di quelli di ligniti e di torbe distribuiti lungo il Sile. Le industrie sono distribuite per tutta la regione e hanno di regola carattere di piccola industria. Alcune sono assai antiche ed hanno buone tradizioni. Fra queste sono l'industria molitoria e quella della carta (Treviso). Fra le nuove sono da ricordare le tessili (cotonifici a Castelfranco, Montebelluna e Conegliano, setifici che lavorano i prodotti locali a Lancenigo e a Nervesa, l'industria dei tessuti per tappezzeria di gelsomino e di cascami di seta, propria di Vittorio Veneto); la lavorazione del legno a Spresiano e a Castelfranco; l'industria calce e cementi a Vittorio Veneto; l'industria delle terrecotte, ceramiche e mattonelle smaltate a Treviso, dove esistono anche varie industrie meccaniche. La viabilità è bene sviluppata, i varî centri della provincia sono uniti fra loro e coi centri delle provincie finitime mediante ottime carrozzabili; per la rete ferroviaria, v. treviso, città.

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