INFORMAZIONI, Trattamento ottico delle

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

INFORMAZIONI, Trattamento ottico delle

Benedetto Daino

Vanno oggi sotto il nome di "trattamento ottico delle informazioni" le tecniche aventi per oggetto le operazioni che vengono compiute su fronti d'onda luminosi, in sistemi ottici più o meno complessi, al fine di rivelarne, modificarne e comunque elaborarne determinati contenuti d'informazione.

Sebbene alcuni dei concetti basilari di queste tecniche risalgano al secolo passato (in particolare ai lavori di E. Abbe e di Lord Rayleigh), solo negli ultimi due decenni esse hanno trovato larga diffusione. A quest'ultimo sviluppo hanno contribuito, oltre ai lavori di molti autori quali P. M. Duffieux, D. Gabor, E. O'Neill, A. Maréchal, G. Toraldo di Francia, la disponibilità di intense sorgenti coerenti quali i laser e lo sviluppo del filtro complesso dovuto ad A. Vander Lugt.

Le proprietà principali su cui questi studi si basano sono due: il fatto che una distribuzione bidimensionale di campo elettromagnetico che abbia attraversato una trasparenza si può scrivere come il prodotto punto per punto del campo prima della trasparenza stessa, per il valore (complesso) di quest'ultima, e il fatto che l'integrale di diffrazione, in opportune condizioni semplificative, assume la forma di una trasformazione secondo Fourier. La prima proprietà permette l'elaborazione in parallelo di un elevatissimo numero di dati, mentre la seconda permette di estendere ai sistemi ottici i concetti familiari alla teoria delle comunicazioni elettriche, quali quelli di modulazione, filtraggio, funzione di trasferimento, ecc.

I sistemi per l'elaborazione ottica dell'i. si possono raggruppare in sistemi coerenti, incoerenti e ibridi; i primi due gruppi fanno riferimento al tipo d'illuminamento usato, e il terzo comprende i sistemi che nel corso dell'elaborazione effettuano trasformazioni successive del segnale ottico in segnale elettrico e viceversa. Nel seguito ci soffermeremo a considerare unicamente i sistemi ottici coerenti, che meglio degli altri illustrano i princìpi che fanno da fondamento a queste tecniche.

La trasformata di Fourier nell'analisi dei sistemi ottici.

1. Si cominci con il considerare, in un sistema di coordinate x, y, z, un'onda piana di ampiezza unitaria che si propaghi secondo una direzione definita dai coseni direttori α, β, γ. Essa è descritta dalla seguente espressione

dove k = π/λ, con λ lunghezza d'onda, α2 + β2 + γ2 = 1 e si è trascurata la dipendenza dal tempo, dal momento che in tutta la trattazione che segue si considerano soltanto onde strettamente monocromatiche.

Si supponga adesso di avere nel piano z = 0 una distribuzione complessa di campo

dove u e ϕ sono funzioni reali di x e y. Esprimendo questa distribuzione di campo nella forma di integrale di Fourier, si ha

dove

e fx e fy sono le variabili coniugate di x e y. Si noti che la funzione espoponenziale exp [J2π(fxx + fyy)] rappresenta l'intersezione con il piano z = 0 di un'onda piana del tipo descritto dalla [1], avente coseni direttori dati da:

Si può quindi interpretare la [3] dicendo che il campo U(x, y, 0) può essere considerato la sovrapposizione di un insieme di funzioni piane esponenziali exp [J2π(fxx + fyy)], ciascuna di ampiezza A0(fx, fy) data dalla [4]; oppure che U(x, y, 0) è il campo risultante sul piano z = 0 dalla sovrapposizione di un insieme di onde piane, propagantisi da − ∞ a + ∞, ciascuna di ampiezza e coseni direttori dati rispettivamente dalla [4] e dalla [5]. Conseguentemente fx e fy costituiscono l'insieme delle frequenze spaziali e A0(fx, fy) viene chiamato lo spettro delle frequenze spaziali del campo U(x, y, 0).

È facile dimostrare che il campo irradiato in un generico piano z = z1 da una distribuzione sul piano z = 0 del tipo descritto dalla [2] e [3], ha uno spettro di frequenze spaziali dato da:

cioè che le varie onde piane componenti lo spettro si propagano mantenendo ciascuna inalterata la propria ampiezza e subendo uno scorrimento di fase proporzionale alla distanza percorsa. Nell'ipotesi semplificativa che si possano considerare solo le onde propagantisi in direzione vicina all'asse del sistema (α, β ≪ 1), la [6] si può scrivere nella forma:

dalla quale si ottiene la distribuzione di campo sul piano z = z1:

dove x0, y0 e x1, y1 sono le coordinate sui piani z = 0 e z = z1, rispettivamente. Si noti che questo integrale, che peraltro descrive la diffrazione alla Fresnel (nei limiti di validità di quest'ultima approssimazione), ha la forma di un integrale di convoluzione. Infatti, partendo dalla [7], si può definire una "funzione di trasferimento" tra i piani z = z1, e z = 0, data da

La trasformata di Fourier di questa viene usualmente chiamata la "risposta impulsiva" ed è:

Essa descrive la distribuzione di campo sul piano z = z1 dovuta a una distribuzione puntiforme sul piano z = 0 (intersezione di un'onda sferica con il piano z = z1, nell'approssimazione parassiale). L'integrale [8] può quindi esser messo nella forma

dalla quale si vede che il campo sul piano z = z1 è dato dalla convoluzione del campo sul piano z = 0 con la risposta impulsiva del "sistema" costituito dallo spazio tra i due piani.

2. Una generica distribuzione di campo U(x, y, z), nell'attraversare una trasparenza infinitamente sottile definita da una funzione di trasmissione complessa T(x,y), posta sul piano z = c, dà luogo a una distribuzione U′(x, y, z = c) che è il prodotto punito per punto delle due funzioni

Nel dominio delle frequenze spaziali, eseguendo le trasformate di Fourier dei due membri della [12] si ha

In particolare, se la U è un'onda piana diretta lungo l'asse z, la [13] mostra che lo spettro del campo diffratto è lo spettro della trasparenza.

Una lente sottile è rappresentata da una funzione di trasmissione immaginaria pura, che nell'approssimazione parassiale è data da

dove f è la lunghezza focale della lente stessa. Utilizzando questa espressione e la [8], si ottiene il campo generato nel piano focale della lente da una distribuzione Ue(x, y) su un piano immediatamente precedente la lente stessa:

dove D(x,y) è la "funzione pupilla", che mette in conto le dimensioni finite della lente, e xf, yf sono le coordinate sul piano focale. È facile dimostrare che, similmente alla [15], la relazione che lega il campo U1(x1, y1) sul piano focale anteriore della lente, e il campo Uf(xf, yf) nel piano focale posteriore, nel caso in cui l'effetto "pupilla" della lente stessa possa esser trascurato, è data da

Definendo le due variabili fx ed fy (frequenze spaziali), proporzionali alle coordinate xf e yf del piano focale posteriore, come

la [16] si riscrive nella forma:

Si riconosce subito che questa espressione descrive una trasformazione di Fourier. L'ampiezza complessa del campo nel punto xf, yf del piano focale posteriore di una lente dà quindi la componente di Fourier A0(fx, fy) (si veda la [4]) della luce emergente dal piano focale anteriore della lente stessa, alla frequenza fx, fy data dalle [17].

I sistemi ottici come elaboratori di segnali.

1. Le considerazioni precedenti, pur non aggiungendo nulla di nuovo alle ben note analisi dei sistemi ottici, permettono d'interpretarne il funzionamento secondo concetti familiari all'ingegneria dei sistemi e in particolare dei sistemi di comunicazioni elettriche. La fig. 1 riunisce in forma schematica i tre casi sin qui visti: la propagazione tra due piani (fig. ia, relazioni [9] e [11]), l'attraversamento di una trasparenza complessa (fig. ib, relazione [12]), la corrispondenza tra i due piani focali di una lente (fig. ic, relazione [18]).

Sulla base di questi semplici elementi, si può adesso descrivere il funzionamento del "filtro" unico. Si consideri il sistema a due lenti mostrato in fig. 2a e si supponga per semplicità che le due lenti abbiano la stessa apertura e la stessa distanza focale. Chiamando U1(x1, y1), U2(x2, y2), e U3(x3, y3) i campi sui tre piani P1, P2 e P3 rispettivamente, si ha:

Cosicché il campo sul piano d'uscita P3 è uguale, a parte l'inversione di coordinate ed eventuali limitazioni di banda, al campo in entrata U1. S'immagini ora d'inserire una trasparenza T(x1, y1) sul piano di entrata P1 e un'altra H(x2, y2) nel piano intermedio P2, e che il campo U0 incidente su T sia costituito da un'onda piana propagantesi parallelamente all'asse del sistema. Come schematizzato in fig. 2b, il campo in uscita è adesso dato equivalentemente da:

oppure da

dove

Il sistema di fig. 2 permette quindi di eseguire un "filtraggio spaziale" sul segnale di entrata T(x1, y1). La trasparenza posta sul piano P2 (piano di filtraggio) costituisce il filtro avente funzione di trasferimento H(x2, y2) (si ricordi che queste coordinate sono legate alle frequenze spaziali sul piano P1 dalle [17]) o risposta impulsiva h(x3, y3). Si vede subito come nel caso in cui il segnale di entrata sia una funzione δ (sorgente puntiforme) posta nel punto di coordinate x1 e y1, il campo su P3 descrive proprio la risposta impulsiva del filtro.

2. Il filtro più semplice è costituito da una pupilla di forma opportuna che lasci passare solo le frequenze spaziali che cadono nella sua apertura. La fig. 3 mostra l'effetto, sulla particolare immagine di fig. 3a, di un filtraggio ottenuto con un diaframma circolare (fig. 3b), e con due fenditure di diversa dimensione e orientamento (fig. 3c e d). Si può notare la scomparsa dei dettagli relativi alle frequenze tagliate fuori dalla pupilla. Filtri elementari di questo tipo si possono adoperare per eliminare particolari disturbi quali striature, reticoli, ecc., da immagini fotografiche, o per esaltarne dettagli aventi frequenze spaziali note. Sono di questo tipo anche le tecniche per la derivazione dell'immagine, quelle adoperate nella microscopia a contrasto di fase, ecc.

3. L'analogia fin qui vista tra sistemi ottici e sistemi elettrici può essere estesa sino a considerare uno dei problemi centrali delle comunicazioni elettriche: la rivelazione di un segnale immerso nel rumore. In ottica, il problema è quello di riconoscere la presenza di un'immagine (sia essa una parola scritta, un'impronta digitale o l'immagine di un dato oggetto) immersa in un insieme di elementi consimili e di "rumore". Sebbene non tutte le condizioni richieste per la sua validità siano strettamente valide sul caso ottico, la soluzione a questo problema è offerta dal "filtro adattato". Com'è noto, questo filtro ha una funzione di trasferimento uguale al complesso coniugato dello spettro del segnale stesso, cosicché esso massimizza il rapporto tra il picco di risposta al segnale e il rumore, dando quindi la massima probabilità di rivelare la presenza del segnale cercato.

Il problema della realizzazione di un filtro avente funzione di trasferimento complessa per mezzo di una lastra fotografica, che ha una funzione di trasferimento positiva e reale, è stato risolto da A. Vander Lugt con una tecnica di tipo olografico che è mostrata in fig. 4. Un fascio coerente, piano e parallelo (generalmente un fascio laser), viene fatto incidere su una trasparenza contenente il segnale s(x1, y1) e posta in P1. Sul piano P2, per quanto visto avanti, si ottiene lo spettro spaziale di s(x1, y1), S(fx, fy). Con un opportuno sistema di deviazione a esso viene sovrapposta un'onda piana e parallela, coerente con il fascio d'entrata. Si ottiene così una figura d'interferenza che, registrata fotograficamente, dà luogo a una trasparenza della forma:

se si suppone che gli assi x e fx siano compresi nel piano della fig. 4. Si vede subito che la risposta impulsiva della trasparenza così ottenuta è composta da tre parti, la prima centrata sull'asse del sistema, e le altre due disposte simmetricamente rispetto a questo. Delle due, quella dovuta all'ultimo termine della [23] è la risposta adattata al segnale s(x1, y1). se questo filtro viene ora posto sul piano centrale (P2) di un sistema ottico del tipo mostrato in fig. 2, sul piano d'uscita (P3) si otterranno tre termini uno dei quali è la correlazione tra il segnale cercato s(x, y) e il segnale d'entrata T(x, y). Gli altri due termini sono uno la convoluzione tra questi segnali, e l'altro (quello in asse) una replica del segnale d'ingresso mista a un termine non riconoscibile. Il sistema di fig. 2 può essere considerato quindi un correlatore ottico.

4. Due esempi di applicazione delle tecniche su esposte al riconoscimento di immagini sono mostrati in fig. 5 e 6. La prima rappresenta un caso unidimensionale di sequenza binaria casuale, nella quale si trova inserita una sequenza particolare di 13 bit, che si vuole riconoscere. Il grafico in basso della fig. 5 è la scansione dell'intensità sul piano d'uscita del correlatore ottico e mostra la correlazione tra il segnale cercato e la sequenza di entrata. Si vede chiaramente il picco corrispondente alla rivelazione del segnale. La fig. 6 mostra il termine centrale (a destra) e il termine di correlazione (a sinistra) come appaiono all'uscita del correlatore ottico per il caso in cui il segnale di entrata sia un insieme di lettere e simboli, e il filtro sia adattato alla lettera A. L'immagine a destra riproduce il segnale di entrata, nell'immagine a sinistra è possibile vedere i tre punti più intensi (marcati dalle frecce), che individuano le posizioni della lettera cercata.

Le applicazioni qui mostrate costituiscono appena qualche esempio delle possibilità offerte dalle tecniche qui considerate. Numerose altre applicazioni, che vanno dall'elaborazione di segnali radar ad apertura sintetica alla ricostruzione di immagini deformate in maniera nota, possono essere trovate nella letteratura specializzata. Le considerazioni qui esposte illustrano soltanto i principi fondamentali dell'elaborazione ottica dell'informazione e hanno lo scopo d'introduzione a un campo, che è ancora in rapida evoluzione.

Bibl.: A. Lofti Zadeh, J. R. Ragazzini, Optimum filters for the detection of signals in noise, in Proceedings of IRE (Institution of Radio Engineers), vol. 40, New York, ott. 1952, p. 1123; A. Vander Lugt, Signal detection by complex spatial filtering, in IEEE (Institute of Eletrical and Electronics Engineers) Trans. Inform. Theory, vol. IT-10, ivi, apr. 1964, p. 139; B. Daino, F. Scudieri, Riconoscimento di caratteri mediante tecniche di filtraggio spaziale, memoria presentata all'I.C.O. Symposium, Firenze, sett. 1968; J. W. Goodman, Introduction to Fourier optics, New York e Londra 1968; A. R. Shulman, Optical data processing, ivi 1970; A. Vander Lugt, Coherent optical processing, in Proceedings of IEEE, vol. 62, New York, ott. 1974, p. 1300.

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