trasformatore Nel linguaggio tecnico, t. elettrico, macchina elettrica convertitrice, statica, a corrente alternata, basata sul fenomeno dell’induzione elettromagnetica.
Il t. è schematicamente costituito da un circuito magnetico in genere rappresentato da un nucleo ferromagnetico (b in fig. 1) concatenato con 2 circuiti elettrici, dei quali uno, detto circuito inducente oppure circuito (o avvolgimento) primario, a, riceve energia dalla linea di alimentazione, mentre l’altro, detto circuito indotto oppure circuito (o avvolgimento) secondario, c, è collegato con gli utilizzatori e cede a essi, dedotte le perdite, la potenza ricevuta dal primario. Il flusso di induzione magnetica, variabile, generato nel circuito magnetico dalla corrente che fluisce nell’avvolgimento primario induce nel secondario una forza elettromotrice (f. e. m) alternata; dimensionando opportunamente gli avvolgimenti si può ottenere il trasferimento dell’energia dall’uno all’altro secondo determinate caratteristiche di trasformazione.
I t. si possono classificare in base a diversi criteri: per es., numero delle fasi (t. monofase, trifase, tri-esafase ecc.), frequenza (t. industriali, per frequenze industriali di 50 Hz o 60 Hz; t. per audiofrequenze ecc.), numero degli avvolgimenti (t. a 2, 3, ecc. avvolgimenti), tipo dei materiali isolanti impiegati (t. a secco, in olio), tipo di nucleo ferromagnetico (t. a colonne, a mantello) o di raffreddamento, uso (t. di potenza, di misura/">misura, di adattamento, regolatore ecc.).
Storicamente, si possono considerare primo esempio di t. le 2 bobine accoppiate con cui
2. Caratteristiche di funzionamento
2.1 Funzionamento del t. monofase a due avvolgimentiNel funzionamento a vuoto, ossia a circuito secondario aperto, alimentando il primario alla tensione e alla frequenza nominali, si ha nel primario una corrente di intensità I10 (corrente a vuoto). Se N1 è il numero di spire del primario, la
Si dice potenza nominale del t. la potenza apparente erogabile, e quindi assorbibile, in modo continuativo senza che in alcuna parte la temperatura raggiunga valori dannosi per gli isolanti; in corrispondenza risultano definite per ciascun avvolgimento la tensione e la corrente nominale.
2.2 Funzionamento di un t. trifaseUn t. trifase si può immaginare ricavato dall’associazione di 3 t. monofase, aventi ciascuno gli avvolgimenti posti in una colonna; poiché il t. è destinato a funzionare con tensioni simmetriche e quindi, in particolare, aventi istante per istante somma nulla, i flussi principali avranno anch’essi, con ottima approssimazione, somma nulla così da non richiedere un’altra colonna per la richiusura del flusso risultante. La struttura del nucleo più adottata è quella di fig. 3 e il flusso relativo a una fase ha come richiusura i flussi delle altre 2 fasi. Particolarmente importante è nei t. trifase il tipo di collegamento tra gli avvolgimenti, che può essere a stella, a triangolo o a zig-zag; nello schema a zig-zag ciascuna fase è suddivisa in due gruppi di spire che vengono avvolti su due colonne distinte secondo un certo ordine ciclico. Combinando in diversi modi gli schemi del primario con quelli del secondario si può ottenere una grande varietà di schemi di t. trifase. La designazione si fa usando i simboli Y, y per il collegamento a stella; Δ, D, d per quello a triangolo; Z, z per quello a zig-zag; al simbolo maiuscolo, relativo all’avvolgimento di
2.3 Funzionamento in paralleloDue o più t. possono funzionare con primari e secondari in parallelo soltanto se hanno uguali rapporti di trasformazione, uguali cadute ohmiche e induttive (per grossi t. tale condizione si riduce all’eguaglianza tra le tensioni di corto circuito) e, per i t. trifase, se appartengono allo stesso gruppo. Mentre la mancata verifica della terza condizione determina un passaggio insostenibile di correnti di circolazione nei t., la prima condizione può non essere soddisfatta in modo del tutto rigoroso purché risultino limitate le suddette correnti, che causano peraltro perdite per effetto Joule anche nel funzionamento a vuoto. La verifica della seconda condizione garantisce la possibilità di sfruttare tutta la potenza dei t. evitando che un t. funzioni in sovraccarico mentre un altro t. funziona al di sotto della sua potenza nominale.
3. Caratteristiche costruttive
Il circuito magnetico di un t. è costituito generalmente da pacchi di lamierini di ferro-silicio; in particolari applicazioni, e soprattutto per frequenze elevate, si ricorre a impasti di ferriti al fine di contenere le perdite; per frequenze ancora superiori si rinuncia all’impiego di
Per quanto riguarda, invece, i materiali conduttori impiegati negli avvolgimenti, si può affermare che il rame è quello largamente più usato, sotto forma di filo di sezione circolare per piccole correnti o di piattine di sezione rettangolare; per correnti molto intense si impiegano più conduttori, sempre a sezione rettangolare, collegati tra loro in parallelo; in quest’ultimo caso, per evitare correnti di circolazione bisogna effettuare opportune trasposizioni tra le spire dei conduttori in parallelo. Al posto del rame talvolta viene usato l’alluminio, più economico ma con un aggravio nei problemi tecnici.
Per quanto riguarda il sistema di isolamento bisogna distinguere i t. a secco, in cui i conduttori sono in contatto diretto con l’aria o con un sistema di isolamento composito solido, dai t. in olio (quest’ultimo viene adottato anche per facilitare il raffreddamento). Riguardo alle forme costruttive, i t. industriali possono essere principalmente di due tipi: il tipo a colonne e il tipo a mantello. Il t. a colonne (o a nuclei) è così denominato in quanto gli avvolgimenti sono disposti intorno a colonne verticali e il circuito magnetico viene chiuso mediante gioghi orizzontali; gli avvolgimenti sono disposti concentricamente l’uno rispetto all’altro, con quello a tensione inferiore più vicino alla colonna (avvolgimenti concentrici), e separati da cilindri isolanti. Le singole spire sono circolari per poter resistere meglio agli sforzi elettrodinamici (l’avvolgimento interno è sollecitato a compressione mentre quello esterno è sollecitato a trazione); le sezioni delle colonne, per avere un migliore adattamento alla forma circolare degli avvolgimenti, e quindi per un migliore sfruttamento dello spazio, sono del tipo a gradini. I t. a mantello (o corazzati) hanno avvolgimenti con asse orizzontale e sezione rettangolare, con il lato maggiore verticale; i lamierini sono disposti in modo da circondare il più possibile gli avvolgimenti. Gli avvolgimenti primario e secondario sono suddivisi in più bobine, che vengono disposte alternativamente (avvolgimenti a bobine alterne); le due bobine estreme appartengono all’avvolgimento a bassa tensione. Va detto che si ricorre eccezionalmente ad avvolgimenti con bobine alternate anche con struttura a colonne, qualora si desideri avere reattanze di corto circuito particolarmente basse. L’insieme nucleo-avvolgimenti è sistemato di norma entro un recipiente, denominato cassone, di lamiera di ferro, attraversato da isolatori passanti aventi lo scopo di portare all’esterno, isolandoli dal cassone, gli estremi degli avvolgimenti; il cassone è poi collegato elettricamente all’impianto di terra. Per quanto riguarda il raffreddamento, nei t. a secco (costruiti per modeste potenze) esso avviene per ventilazione naturale, raramente con aria soffiata esternamente da ventilatori. Per grandi potenze ed elevate tensioni si adottano esclusivamente t. immersi in olio, il quale funziona insieme da isolante e da refrigerante; per le potenze inferiori l’olio circola naturalmente ed è raffreddato da una circolazione naturale di aria che lambisce la superficie del cassone oppure una serie di radiatori o di fasci di tubi addossati al cassone entro i quali circola l’olio; per potenze maggiori, la circolazione dell’aria attraverso i radiatori viene attivata da ventilatori; per potenze elevate si attua anche una circolazione forzata dell’olio mediante pompe e talvolta per la sua refrigerazione si ricorre a serpentine con circolazione forzata di acqua.
4. Particolari tipi di trasformatori
T. di adattamentoT. atto a trasferire energia con il massimo rendimento tra un circuito avente una certa impedenza Z1 e un altro circuito avente impedenza Z2; perché ciò avvenga si dimostra che, detto k il rapporto di trasformazione, deve valere la relazione: k2= Z1/Z2. T. d’antenna T. ad