TRANSILVANIA

Enciclopedia Italiana (1937)

TRANSILVANIA (Ardeal, A. T., 79-80)

Marina EMILIANI SALINARI
Franco VALSECCHI

Regione della Romania centrale, confinante col Maramureş a N., la Crişana e il Banato a O., la Bucovina e la Moldavia a E., la Valacchia a S.; ha una superficie di 61.622 kmq., ed è così la più estesa tra le regioni storiche romene. I limiti della regione storica corrispondono all'incirca a una regione naturale ben circoscritta a oriente e a nord dall'arco dei Carpazî moldavi, che si continua a S. nel Massiccio Transilvano-Banatico, a occidente dal massiccio dei Monti Bihor, frammento dell'edificio carpatico, staccatosi in seguito allo sprofondamento del bacino transilvanico. Tale regione, che costituisce un'unità fisica ben definita, è formata da una vasta area depressa (bacino transilvanico, o depressione carpatica), alta in media 300 m., originatasi nel Terziario in seguito a sprofondamento; è costituita da sedimentazioni eoceniche e mioceniche (argille, arenarie) che l'erosione delle acque ha inciso in grandi e profonde vallate dando luogo ad una superficie accidentata da un dedalo di colline ondulate, a forma cupoleggiante, facilmente accessibile, e favorevole, fino dall'antichità, all'insediamento umano. I massicci cristallini dei Carpazî Moldavi, sono accompagnati da una serie di rilievi vulcanici (Monti Calimanului, Gurghiului, Harghita, Ciucului), paralleli all'asse della catena principale e suddivisi in massicci isolati, alcuni dei quali conservano tuttora una caratteristica forma conica. Questa serie di massicci ha isolato lembi della depressione carpatica che, colmati dalle deiezioni dei fiumi, e specialmente da quelle dell'Olt e del Mureş, hanno dato luogo ai bacini di Gheorghieni, Ciuc, Trei-Scaune; tali bacini, attraverso i quali si presenta più agevole l'accesso ai Carpazî Moldavi, costituiscono regioni di notevole mescolanza etnica.

A differenza dei Carpazî Moldavi, le Alpi Transilvaniche, con le loro cime asserragliate, spesso elevantisi al disopra dei 2000 m. (Negoi, 2536 m.), prive di facili passi, formano una barriera difficilmente valicabile. Di qui l'importanza della valle dell'Olt che, con un solco profondo, le attraversa a occidente, formando una facile via di comunicazione tra Valacchia e Transilvania centrale.

Al Massiccio Transilvanico-Banatico, cui appartengono le Alpi Transilvaniche, si riconnette, come si è detto, il massiccio dei Monti Bihor che domina a occidente le colline neogeniche della Transilvania. La valle del Mureş, verso la quale scende con ripidi versanti, lo separa dalle Alpi Transilvaniche, mentre a NE. le alte colline del Someş lo collegano alle imponenti montagne del Maramureş. Estese foreste di conifere, elevantisi fino a 1600 m., ed ottimi pascoli coprono le pendici nord-orientali dell'alto Bihor, la cui popolazione è dedita esclusivamemente allo sfruttamento dei boschi, mentre nella parte meridionale, meno elevata, con predominio di terreni calcarei e di rocce vulcaniche, l'economia è prevalentemente agricola e pastorale (bacino dell'Arieş). Contrastante con le pendici boscose dei Monti Bihor è l'accidentata regione steppica, che si estende a NE. di Cluj (Câmpia), nella quale il terreno, ricco di affioramenti salini, non permette che una scarsa vegetazione alofita.

Le acque della Transilvania confluiscono tutte al Danubio, sia indirettamente per mezzo del Tibisco, al quale affluiscono il Mureş, il più importante fiume del bacino transilvanico, ed il Someş sia direttamente con l'Olt. Tali fiumi, nei terreni sedimentarî poco consistenti, che costituiscono la depressione transilvanica, hanno inciso, con le loro acque, larghe e profonde vallate, all'incirca parallele tra loro, con direzione approssimata NE-SO., formanti ottime vie di penetrazione. L'ampia valle del Mureş le cui acque sono navigabili fino ad Alba Iulia, forma una delle regioni più fertili e più popolate della Transilvania, nella quale si raggiungono densità superiori ai 120 abitanti per kmq. Anche i due rami del Târnava (Târnava Mare e Târnava Mica), affluente del Mureş, aprono un comodo accesso alla Transilvania centrale, ed hanno favorito il sorgere di numerosi centri. Il clima presenta carattere prettamente continentale, con inverni rigidi, estati calde e notevolissime escursioni annue; Cluj ha una temperatura media annua di 7°, con una minima in gennaio di −5°, ed una massima in luglio di 18° (escursione di 23°); Braşov (592 m. s. m.), nelle Alpi Transilvaniche, ha la media invernale più bassa (−6°) di tutte le città romene. I venti, carichi di umidità, penetrano difficilmente nel bacino transilvanico, cinto da ogni parte da alte catene montuose, e la quantità media annua di pioggia non supera in alcun punto gli 800 mm.; la stagione più piovosa è l'estate, con un massimo in giugno (150 mm.). Nell'inverno l'umidità stagna nelle valli e le nebbie sono assai frequenti.

Nel 1930 la Transilvania contava 3.217.179 abitanti, dei quali il 58,8% Romeni; numerosi sono i Magiari (30%) e i Tedeschi, che formano nuclei compatti nella Transilvania sud-orientale; nei bacini di Gheorghieni e Ciuc si hanno delle vere isole etniche magiare, stanziatesi quivi, durante la dominazione ungherese, a guardia tedesca; gli Ebrei sono localizzati, in special modo nei centri del nord-est. I Romeni, sparsi in tutta la regione, nell'antichità e durante le invasioni barbariche, occuparono di preferenza le alture, ed anche ora formano quasi esclusivamente la popolazione delle zone montuose, dediti allo sfmttamento dei boschi e all'allevamento del bestiame. I Tedeschi e i Magiari si stanziarono invece nelle parti pianeggianti e nelle vallate: ai primi si deve la fondazione o lo sviluppo di numerose città quali: Sibiu (Hermannstadt), Braşov (Kronstadt) ed altre. La densità media in tutta la regione è di 52 abitanti per kmq.; i dipartimenti più popolosi sono quelli di Cluj (353.000 abitanti), Hunedoara (350.000), Mureş (250.000), Alba (240.000); il più spopolato è quello di Făgăraş (91.000 ab.); le massime densità si raggiungono nelle grandi valli dei fiumi (valle del Mureş, 120 ab. per kmq.).

Città principali sono Cluj (ted. Klausenburg), capoluogo della Transilvania, centro culturale (sede di università); che contava nel 1930, 98.569 abitanti; Braşov con 59.234 ab., la città più importante della Transilvania dal punto di vista economico, centro di industrie (cartiere, fabbriche di mobili, raffinerie di petrolio, ecc.) e di notevole commercio. Seguono Sibiu (48.013 ab.), Turda (20.057 ab.), Târgu Mureş (38.116 ab.), Sighişoara (15.000 ab.), Alba Iulia (12.460 ab.).

La Transilvania è una regione ad economia prevalentemente agricola (il 72% dell'intera popolazione è dedito all'agricoltura). Si coltivano grano, e soprattutto mais, alimento base della popolazione; notevoli le colture di patate e legumi, la vite è ristretta a regioni limitate nei dintorni di Alba Iulia e sulle pendici delle valli del Muref, dei due Târnava, e nell'alto corso dell'Olt. La barbabietola da zucchero è coltivata nei dintorni di Târgu Mureş. Notevole è l'allevamento del bestiame, esercitato prevalentemente da Romeni nelle zone montuose.

Estese foreste di conifere e faggi rivestono le pendici dei Carpazî, delle Alpi Transilvaniche e dei Monti Bihor, e occupano circa il 30% dell'intera superficie: le querce predominano nella zona collinosa. Lo sfruttamento razionale del bosco è praticato in special modo nel massiccio dei Monti Bihor.

Le risorse minerarie comprendono estesi e ricchi giacimenti di salgemma presso Sibiu e nella valle del Mureş gas naturale (metano) utilizzato, nei dintorni di Mediaş e Turda, come forza motrice negl'impianti termici, e per usi domestici; l'oro, un tempo largamente scavato nei Monti Bihor, si estrae ancora in piccole quantità, con metodi rudimentali, nella valle dell'Arieş. Il ferro (limonite) si estrae nei dintorni di Hunedoara. Tra i combustibili vi sono notevoli giacimenti di lignite a Petroşani.

Le industrie sono assai sviluppate, in special modo quelle metallurgiche (macchine agricole a Sibiu, Braşov e Timişoara), le chimiche a Turda e Uioara (calciocianamide e soda), le tessili a Timisoara e Braşov (lanifici e cotonifici).

Le linee di comunicazione più importanti, che seguono in prevalenza le principali vie naturali formate dalle valli dei fiumi, sono: la Budapest-Arad-Sighişoara-Braşov-Bucarest (valle del Mureş Târnava Mare), la Sibiu-Corabia, che risale la valle dell'Olt e mette in comunicazione la Transilvania e la Valacchia; la Budapest-Oradea Mare-Clui che unisce la Transilvania alle provincie di Maramurej Crişana e all'Ungheria. Numerosi tronchi secondarî si dipartono dalle linee principali.

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Storia. - Nell'antichità la storia della Transilvania rientra nel quadro generale della Dacia (v.). Come la Dacia, la Transilvania fu sottoposta al dominio di Roma dall'inizio del sec. II alla seconda meta del III. Durante il periodo delle incursioni barbariche si sovrapposero agli originarî Daci romanizzati stirpi germaniche (Goti, Vandali, Gepidi), uralo-altaiche (Avari) e slave. Queste incursioni e dominazioni modificarono profondamente la base etnica del paese. Secondo l'opinione prevalente, il fondamentale strato di Daci romanizzati non venne distrutto, ma sopravvisse nei Valacchi, di cui si vedono per la prima volta comparire le tracce in Transilvania in un diploma del 1222. Secondo altri, si tratterebbe invece di popolazioni emigrate in Transilvania dalla vera e propria Valacchia (v. valacchia).

La storia della Transilvania cominciò ad assumere un indirizzo autonomo solo con la dominazione ungherese, iniziatasi verso la fine del sec. IX. Grazie alla sua posizione geografica e alla sua particolare conformazione, la Transilvania venne a formare un territorio distinto dal grosso dell'Ungheria, di cui formava un largo confine di protezione. Come tale ebbe una posizione speciale: ne venne eletto a capo un voivoda, in dipendenza feudale dal re d'Ungheria. Nei secoli XI e XII, la Transilvania accentuò la sua fisionomia distinta con l'insediamento di nuovi gruppi etnici. Nei comitati orientali si delineò un aggruppamento etnico a sé: gli Székeli. La loro origine è assai discussa: la tradizione vorrebbe farne i discendenti degli Unni di Attila, ma per lo più vengono ritenuti di origine magiara, trapiantati al confine orientale da Ladislao I come guardie di frontiera. Essi vennero a formare una comunità autonoma, direttamente dipendente dal re, con diritti particolari. Nel sec. XII si formò un secondo gruppo etnico, i cosiddetti Sassoni. Furono dapprima Tedeschi dei paesi renani, e Fiamminghi, insediatisi per iniziativa del re Géza II (1141-61); più tardi seguirono Tedeschi del centro e del nord della Germania. Compresi sotto la denominazione generale di Sassoni, si distribuirono in comunità territorialmente omogenee: le cosiddette Sieben Stühle, le Zwei Stühle, e il Nösnerland. Ad esse si aggiunsero i territorî colonizzati nel sec. XIII dall'Ordine Teutonico (Burzenland). Quando il re Andrea riuscì a disfarsi dell'Ordine Teutonico, troppo indipendente di fronte all'autorità regia, regolò la posizione costituzionale delle quattro comunità con il Privilegium Andreanum (1224), che ne sanzionava l'autonomia politica, territoriale ed ecclesiastica. I Sassoni ebbero una grande portata civilizzatrice nello sviluppo culturale ed economico del paese; ad essi risale la fondazione di importanti centri cittadini, fra cui il più notevole è Hermannstadt (Sibiu).

Székeli, Sassoni e Ungheresi (la classe feudale ungherese dominante) formarono le cosiddette "nazioni" transilvane: gelose custodi dei loro privilegi di fronte alla corona, esse godevano di una posizione di predominio sulle popolazioni valacche, costituenti le inferiori classi agricole. La necessità di mantenere la loro supremazia su queste popolazioni, e la continua minaccia d'invasioni spinsero le "nazioni" a collegarsi contro il pericolo comune nei secoli seguenti. Nel sec. XV, sotto la pressione del pericolo turco, esse conclusero una specie di patto federale (l'unione fraterna di Kápolna, 14 settembre 1437) in cui, dopo aver confermato i legami di fedeltà alla corona ungherese, promettevano di sostenersi vicendevolmente contro i contadini valacchi e i Turchi, e di sottoporre ad arbitrato le reciproche contese. Se ne avvantaggiò anche l'autonomia dei singoli gruppi di fronte alla corona: nel 1486 Mattia Corvino confermava il Privilegium Andreanum, concedendo ai Sassoni la costituzione di una "comunità nazionale", supremo organo autonomo che amministrava i beni della "nazione". Le "nazioni" erano così la base della costituzione politica della Transilvania: da esse emanavano gli stati generali.

Nel sec. XVI la Transilvania sviluppa la propria autonomia fino all'indipendenza di fatto, se non di diritto. La sua posizione geografica le assegna una parte privilegiata nel conflitto fra i Turchi e gli Asburgo per il predominio nell'Oriente danubiano. Nelle contese che travagliarono il regno d'Ungheria dopo la sconfitta subita per opera dei Turchi a Mohács (1526), il voivoda di Transilvania Giovanni Zápolyai contese il trono ungherese a Ferdinando d'Asburgo, e, con l'appoggio turco, lo costrinse a riconoscere la sua sovranità sulla Transilvania e su parte dell'Ungheria. Il figlio di Zápolyai, Giovanni Sigismondo (1540-71), guidato dal tutore cardinale Martinuzzi, riuscì a far valere l'eredità paterna, se non nelle pretese al trono d'Ungheria, almeno in Transilvania. La Transilvania venne così a costituire un principato a sé, vassallo di volta in volta della Turchia o dell'Impero, ma di un vassallaggio reso puramente nominale da un'accorta politica di equilibrio fra i due contendenti. Il nuovo principato divenne uno dei fattori decisivi nelle vicende dell'Europa orientale: il successore di Giovanni Sigismondo, Stefano Báthory, salì anche sul trono di Polonia (1576). Tuttavia il potere dei principi all'interno era fortemente limitato: non riuscì ad affermarsi una dinastia ereditaria, bensì un principato elettivo, di cui le tre "nazioni" potevano limitare le attribuzioni con le condizioni di elezione.

La situazione interna venne complicata, nel corso del secolo, dalle lotte religiose provocate dalla Riforma. I Sassoni si convertirono alla chiesa luterana; i Magiari, per lo più, al calvinismo; gli Székeli all'unitarianismo. Permanevano tuttavia forti nuclei cattolici (che si identificavano, politicamente, col partito asburgico) mentre i contadini rimanevano ortodossi, sotto la guida del patriarca di Valacchia. Questo stato di cose resistette agli assalti della Controriforma, che si moltiplicarono sulla fine del secolo, causando caotiche lotte, di cui approfittò il voivoda di Valacchia, Michele, per riunire in uno stato Moldavia, Valacchia e Transilvania. I Sassoni di Transilvania, però, malcontenti, si rivolsero all'imperatore il quale mandò il generale Giorgio Basta che occupò la Transilvania. Ucciso nel 1601 Michele, la Controriforma parve avere il sopravvento, quando l'imperatore Rodolfo riuscì ad assicurarsi il dominio del paese. Ma in breve la Transilvania riconquistò le sue libertà politiche e religiose, quando, con la pace di Vienna (1606), l'imperatore fu costretto a riconoscere il nuovo principe Stefano Bocskay.

Nel sec. XVII si compie il ciclo della potenza transilvana, dall'apice alla decadenza. La prima metà del secolo - principi Gabriele Bethlen (1613-29) e Giorgio Rákóczi I (1631-48) - viene considerata l'età dell'oro della Transilvania, per il fiorire economico e culturale, e per la grande importanza politica assunta, mentre l'Impero era impegnato nella guerra dei Trent'anni, e la Porta attraversava un periodo di crisi. La decadenza cominciò quando Giorgio Rákóczi II (1648-57) fu sconfitto mentre tentava di impadronirsi del trono di Polonia. La Turchia, risollevatasi dalla crisi, riprese a esercitare una influenza preponderante sul paese, che fu scosso da violente lotte in cui trovarono la morte sei principi in tre anni. Solo nel 1661 i Turchi riuscirono a porre stabilmente il potere nelle mani di un loro seguace, Michele Apafi (appartenente alla nazione degli Székeli) che regnò come vassallo del sultano. Ma il colpo subito dalla potenza turca dinnanzi a Vienna (1683) segnò l'inizio della rivincita asburgica. Gli stati generali di Transilvania intavolarono trattative con l'imperatore, promettendo di riconoscere la sua sovranità (trattati di Vienna, 1686; Blasendorf [Blaij], 1687). Apafi morì nel 1690: sebbene gli succedesse il figlio Apafi II, l'imperatore, dopo lunghe trattative, instaurò il suo dominio sulla Transilvania, regolando in un diploma del 4 dicembre le sue relazioni con i nuovi sudditi. Era la fine dell'indipendenza transilvana.

Il diploma 4 dicembre 1691 costituisce l'atto fondamentale della dominazione asburgica. L'imperatore giurava di rispettare l'antica costituzione della Transilvania, confermava i privilegi delle tre "nazioni" e il diritto di professare le religioni ricevute. D'altra parte, la Transilvania tornava ad essere una parte dell'Ungheria, retta da un governatore dipendente da un ufficio centrale, la cancelleria transilvana, pagava un tributo e veniva occupata da una guarnigione imperiale. Il nuovo stato di cose venne riconosciuto dalla Porta con la pace di Carlowitz (Carlovci; 1699). I Transilvani non vi si adattarono però senza resistenza: deposto nel 1697 Apafi II, tentarono nel 1704 di eleggere un nuovo principe, Francesco II Rákóczi, che si sostenne fino al 1707. Nel 1721 gli stati generali riconobbero la prammatica sanzione.

Il sec. XVIII è contraddistinto dal rafforzarsi della signoria asburgica, specialmente nel periodo delle riforme (1740-90). La pressione burocratica dell'assolutismo illuminato contribuì non poco a rompere la vecchia individualità della Transilvania, le tre "nazioni" furono gravemente colpite nei loro privilegi, che infine vennero aboliti da Giuseppe II. Si andavano invece evolvendo gli strati della popolazione di origine valacca, che avevano cominciato ad emergere dallo stato di servitù quando Maria Teresa estese il sistema dei "confini militari" ai tre distretti valacchi della Transilvania (v. confini militari). Già alla fine del Seicento i valacchi di Transilvania avevano ottenuto una certa libertà religiosa; nel Settecento combatterono per una piena emancipazione sociale. Le visite di Giuseppe II in Transilvania (1773, 1783) avevano suscitato la speranza di un'abolizione totale della servitù: nel 1785 scoppiò una sanguinosa insurrezione dei contadini valacchi, guidati da Nicola Horea, contro i nobili magiari. Morto Giuseppe II, i Valacchi formularono le loro richieste al suo successore, Leopoldo II, chiedendo equiparazione di diritti con le altre nazionalità (Supplex Libellus Valachorum, 1791). Leopoldo passò la richiesta agli stati generali che la respinsero. La fine del secolo sembra segnare un ritorno all'antico regime: i provvedimenti presi da Giuseppe II vengono ritirati, la costituzione del 1691 restaurata. Ma la restaurazione è più formale che sostanziale: per tutto il periodo dal 1792 al 1848, dominato dall'assolutismo di Metternich, la costituzione, anche se teoricamente non venne abolita, non ebbe alcuna efficacia pratica.

Il periodo riformatore e il periodo assolutistico avevano dato un gravissimo colpo alla vecchia Transilvania: con la rivoluzione del 1848 si inizia una nuova fase nella storia del paese. Le tre "nazioni" cessano di essere l'elemento fondamentale del suo sviluppo interno: la questione transilvana si imposta ormai sul contrasto delle due nazionalità predominanti, Magiari e Romeni (Valacchi). Scoppiata la rivoluzione ungherese, i Magiari di Transilvania proclamarono nella Dieta di Klausenburg (Cluij 30 maggio 1848) l'unione con l'Ungheria ribelle agli Asburgo. I Romeni, trovando insufficienti le offerte ungheresi di riforme, si proclamarono nazione libera, quarta "nazione" transilvana equiparata alle altre, e si schierarono con gli Asburgo (Campo della libertà di Blasendorf; 15 maggio 1848). Dopo la vittoria della reazione, l'unione con l'Ungheria venne revocata, e la Transilvania divenne una provincia a sé della monarchia asburgica, una terra della corona. Le libertà e i privilegi delle tre "nazioni" vennero soppressi (1851); i contadini romeni ottennero l'abolizione della servitù (1853-54). La vecchia Transilvania parve rivivere col riordinamento del 1860, che rimetteva in vigore l'antica costituzione. Ma per breve tempo: quando, nel 1867, la monarchia asburgica fu riorganizzata in base al dualismo in monarchia austro-ungherese, la Transilvania venne assegnata all'Ungheria, e incorporata nel territorio ungherese. Era il tramonto definitivo dell'autonomia transilvana: nel decennio fra il 1870 e l'80 scomparvero le ultime parvenze delle "libertà" dei Sassoni e degli Székeli.

Dal 1867 al 1918, nonostante che una legge avesse garantito i diritti delle nazionalità (1868), la Transilvania fu sottoposta a una risoluta politica di magiarizzazione. Il che non tardò a provocare la reazione dei Romeni, i quali, fino allora agitantisi soprattutto nel campo delle rivendicazioni sociali, cominciarono ad agire sotto la suggestione del principio di nazionalità. L'emancipazione dei Principati Danubiani e la conseguente costituzione di un regno di Romania avevano promosso lo sviluppo di un irredentismo romeno, che negli anni precedenti alla guerra mondiale aveva acquistato forza notevole nella borghesia colta, e attirava i contadini nella speranza di una riforma agraria a spese della grande proprietà fondiaria, in mano degli Ungheresi. Scoppiata la guerra, subito dopo l'intervento della Romania a fianco degli alleati le truppe romene invasero la Transilvania (agosto 1916): ma una rapida campagna condotta dalla IX armata tedesca (von Falkenhayn) e dalla I armata austriaca (von Arz), con le battaglie di Hermannstadt (26-29 settembre) e Kronstadt (Brasov; 7-9 ottobre) ristabilì la dominazione asburgica.

Dopo la disfatta degl'Imperi Centrali, i Romeni di Transilvania, in base al principio di autodecisione dei popoli, proclamarono l'unione al regno di Romania (Alba Iulia, 1 dicembre 1918). Gli altri gruppi etnici finirono con l'aderire: i Sassoni il 21 gennaio 1919, i Magiari solo nel 1921, e non senza riserve e proteste. L'annessione ebbe la sua sanzione internazionale nel trattato del Trianon (4 giugno 1920). L'assegnazione della Transilvania alla Romania era già stata stabilita dall'Intesa col trattato segreto del 17 agosto 1916, con l'impegno romeno di entrare in guerra.

La questione transilvana forma uno dei punti più discussi della sistemazione europea seguita alla guerra mondiale. La nuova situazione, attuata in nome di un principio di superiore giustizia, prese invece l'aspetto di un rovesciamento della situazione anteriore, sostituendo l'egemonia romena all'egemonia ungherese. È vero che i nuovi dominatori garantirono la salvaguardia delle minoranze allogene, ma non seppero attuarla meglio di quanto avessero fatto gli antichi. Le proteste ungheresi si rivolgono soprattutto alla questione dei confini, tracciati con evidente svantaggio dei Magiari. Per quanto le statistiche di ambedue le parti non diano una base sicura, si può affermare che almeno il 40% della popolazione transilvana passata nei confini romeni appartiene ad altre nazionalità: il 30% circa Magiari e Székeli, il 10% Sassoni. Altro fondamento alle proteste ungheresi diede l'attuazione della riforma agraria, volta a infrangere la grande proprietà fondiaria magiara in favore dei contadini romeni. L'applicazione della legge, fatta con spirito ostile ai Magiari (lo stesso principio dell'indennizzo venne in gran parte frustrato dalla svalutazione della moneta) condusse a un'acerba controversia, che fu portata anche dinnanzi alla Società delle nazioni (aprile 1923 e settembre 1927). Tutto ciò fa si che in Transilvania all'irredentismo romeno d'anteguerra si sia sostituito il nuovo irredentismo ungherese.

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