TRANSETTO

Enciclopedia Italiana (1937)

TRANSETTO (fr.: transept, croisée)

Celso Costantini

Il transetto designa quella specie di nave trasversale, che s'inserisce tra le navi longitudinali e l'abside o presbitero, conferendo alla pianta delle chiese la forma di croce. Il nome deriva da trans septa e significa propriamente di là dalla chiusura. Anticamente il culto si svolgeva nell'abside e nel transetto, nel cui mezzo sorgeva l'altare, con tegurio ornato di cortinaggi. Al centro dell'abside era situata la cattedra del vescovo o abate, che discendeva, attorniato dal clero, ad officiare sull'altare posto nel transetto. Spesso alcune transenne (septa) separavano il transetto, destinato, come l'abside, esclusivamente al clero, dalle navate longitudinali destinate ai fedeli. Sul punto di separazione fra il transetto e il resto della basilica si apre l'arco trionfale; se non esiste il transetto, l'arco trionfale è aperto sulla fronte dell'abside, come nella basilica di Parenzo (sec. VI). Sulle transenne si elevava talvolta la pergula, cioè un architrave sorretto da colonne e dal quale pendevano le lampade (v. pergula).

Eusebio, nel sermone della dedicazione della basilica di Tiro (inizî del sec. IV) dice che il vescovo ricinse l'altare di una barriera di legno intrecciato perché fosse separato dalla folla. Questo septum diede poi origine, nella liturgia orientale, alla iconostasi (v.).

Le chiese conventuali avevano spesso gli stalli del coro nel transetto, come si vede anche oggidì nella chiesa dei Frari a Venezia. Nelle basiliche patriarcali persiste l'uso di riservare al solo pontefice l'altare posto nel centro del transetto. Quando il papa officia su quell'altare, la parte centrale del transetto viene temporaneamente chiusa, restando limitata al solo clero.

L'iconografia del transetto è ricca e svariata. Pare che si trovi traccia di transetto anche in qualche antica basilica civile; ma il transetto, dal sec. IV in poi, diviene un elemento architettonico di particolare importanza per le chiese cattoliche. Vi sono transetti, come quello di S. Pietro in Vincoli (sec. V) a Roma, che non oltrepassano i muri perimetrali della chiesa; ma la forma più comune è quella a braccia sporgenti fuori dei muri laterali delle chiese, accentuando così la forma di croce latina della pianta. Talvolta, come nella basilica della Natività di Betlemme (sec. IV), le braccia laterali del transetto sono absidate.

Dalla basilica di S. Paolo fuori le mura, cominciata nel 386, e da quella di S. Pietro in Vaticano (sec. IV), di S. Giovanni in Laterano (sec. IV), di S. Maria Maggiore (sec. V), di S. Pietro in Vincoli (sec. V), ecc., il transetto prende via via uno sviluppo sempre maggiore nelle chiese romaniche, gotiche, del Rinascimento e pure nelle chiese moderne, uniformandosi alle mutate esigenze del culto.

Nelle basiliche primitive l'abside si apriva sul transetto e la liturgia si svolgeva conseguentemente nello spazio comune dell'abside e del transetto. Più tardi, invece, dalle chiese romaniche alle chiese moderne, fu inserito un elemento nuovo tra l'abside e il transetto, cioè il coro o presbiterio. Quindi lo svolgimento della liturgia si è ritirato quasi sempre dal transetto, praticandosi nel coro o presbiterio. Il nome di presbiterio (v.) indica appunto lo spazio riservato al clero; nelle transenne o balaustrate, poste comunemente all'ingresso del presbiterio, si può vedere l'arretramento dei septa che nelle basiliche primitive dividevano il transetto dalle navate.

Il transetto però interessa anche oggidì la liturgia per lo svolgimento delle processioni e per il problema spaziale delle chiese: esso serve ad accostare di più i fedeli all'officiatura ecclesiastica.

Il transetto impose agli architetti ardui problemi costruttivi ed estetici per l'impostazione del tetto all'incrocio delle navate. In un primo tempo si usarono travature di legname; poi si riprese il sistema di muratura a vòlta già usato nel prossimo Oriente e dai Romani; e per ovviare alla scarsa illuminazione di questo spazio centrale ed essenziale della chiesa si ricorse dapprima al tiburio (elemento, questo, tipico dell'architettura lombarda ed ogivale) e quindi, nella fase successiva, alla cupola.