TRANSESSUALITÀ

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

TRANSESSUALITA

Alberto Oliverio

TRANSESSUALITÀ. – Cause ambientali o biologiche? Neurobiologia e transessualità. Bibliografia

L’identità di genere è un aspetto centrale nel definire il genere: rappresenta l’immagine che un individuo ha di sé come maschile, femminile o di altro tipo. Spesso si assume che l’identità di genere sia conforme con il sesso biologico, per cui una donna dovrebbe identificarsi in termini femminili e un uomo in termini maschili. Tuttavia questo non si verifica sempre, in quanto alcuni individui biologicamente maschi si ritengono prevalentemente femmine e alcune persone biologicamente femmine guardano a sé stesse in termini maschili. Altri non considerano il proprio genere come maschile o femminile, ma piuttosto una fusione dei due sessi, e altri ancora si percepiscono in termini né maschili né femminili, ma invece appartenenti a un terzo genere.

In ogni cultura ci sono sempre state persone che si sono poste al di fuori delle norme sessuali, ma il termine transgender è relativamente recente e data dalla metà degli anni Novanta del Novecento: con tale termine – che in italiano si può tradurre «transgenere», anche se questa dizione non si è mai affermata – ci si riferisce a un insieme di persone che esprimono nella loro vita un senso innato del genere diverso rispetto a quello che è stato loro assegnato alla nascita. Tra queste persone figurano transessuali, travestiti e individui che ritengono il loro sesso biologico non corrispondente al loro vero genere. Cisessualità è invece un neologismo secondo cui è cisgender chi è a proprio agio con il genere che gli è stato assegnato alla nascita.

Cause ambientali o biologiche? – Come si è già verificato per l’omosessualità, anche la condizione transgender è stata ed è tuttora al centro di discussioni sulle sue cause ambientali o biologiche. Dal punto di vista storico, gli studi di Julianne Imperato-McGinley e collaboratori (1979) hanno sottolineato l’importanza dei fattori cromosomici e genetici nell’influenzare il genere. Infatti, in una ricerca svoltasi nella Repubblica Dominicana, è stato esaminato un gruppo di bambini che, per un’anomalia genetica di tipo recessivo (una deficienza dell’enzima 5α-riduttasi), nascevano con genitali che in apparenza erano di tipo femminile e venivano quindi allevati come bambine, anche se la loro formula cromosomica era di tipo XY, vale a dire maschile. Con la pubertà i livelli di ormone maschile (diidrotestosterone), assente prima della nascita e nei primissimi anni di vita, aumentavano sensibilmente cosicché si verificava una mascolinizzazione somatica e lo sviluppo di genitali maschili. Quelle che erano state considerate delle ragazzine si trasformavano così in maschi, che adottavano il genere maschile malgrado fossero stati allevati come ragazze. La loro identità sessuale e i ruoli di genere erano completamente maschili, senza difficoltà di aggiustamento, il che indicava una forte prevalenza dell’impronta biologica rispetto agli effetti culturali.

Neurobiologia e transessualità. – La maggior parte degli studi sui transgender riguarda le caratteristiche neurobiologiche di maschi che si identificano come femmine (MtF, Male to Female), in minor misura quelle delle femmine che si identificano come maschi (FtM, Female to Male). Uno degli studi più approfonditi concerne un nucleo dell’ipotalamo (il letto della stria terminalis) che gioca un ruolo essenziale nel comportamento e nelle pulsioni sessuali. Il nucleo della stria terminale (BST, Bed nucleus of the Stria Terminalis) è stato scelto per diverse ragioni. In primo luo go, è determinante nel comportamento sessuale dei mammiferi. In secondo luogo, in esso sono presenti recettori per gli estrogeni e per gli androgeni ed è anche la sede principale in cui agisce l’aromatasi, l’enzima che converte gli androgeni in estrogeni. Il BST riceve inoltre proiezioni dall’amigdala ed è quindi suscettibile alle variazioni della vita emotiva. Infine, nell’uomo è stato riscontrato che la zona caudale di questo nucleo (BST-dspm, BST-darkly staining posteromedial) è due volte e mezzo più voluminosa nel maschio che nella femmina.

Lo studio del BST nei soggetti transessuali si è rivolto a una particolare categoria di neuroni che producono la somatostatina, un neuropeptide che può esercitare effetti sia eccitatori sia inibitori sull’attività neuronale e sul rilascio di neurotrasmettitori. Negli uomini i neuroni che producono somatostatina sono circa il doppio rispetto alle donne. Nei transessuali maschi (MtF) il numero di neuroni nel BST è simile a quello che esiste nelle donne (ossia circa la metà rispetto a quanto si verifica nei maschi cisgender, a proprio agio con il genere assegnato alla nascita). Al contrario, nelle femmine transessuali (FtM) i neuroni che producono somatostatina sono circa il doppio, quindi la situazione è simile a quanto si verifica nei maschi. È stato anche osservato che i trattamenti ormonali nell’età adulta, generalmente con ormoni femminili nei trans MtF, non hanno effetto sul numero dei neuroni della stria terminale dell’ipotalamo. L’inversione del numero di questi neuroni nel cervello transessuale viene considerata come un segno della dissociazione che si verifica tra il differenziamento dei genitali e quello cerebrale: il fatto che i due tipi di differenziamento procedano in direzioni diverse può essere considerato come una delle prove neurobiologiche delle alterazioni di genere (Kruijver, Zhou, Pool et al. 2000).

Questa conclusione è appoggiata anche dal fatto che diversi studi, tra cui quello di William G. Reiner (2005) sulla riassegnazione del sesso dovuta a difetti nello sviluppo dei genitali esterni, indicano come il sesso biologico prevalga sui fattori ambientali. Oggetto di questi studi sono stati numerosi bambini operati per essere trasformati esternamente in femmine a causa della mancanza o atrofia dei genitali maschili. In questi casi di ‘intersessualità’ – termine usato per descrivere quelle persone i cui genitali e/o caratteri sessuali secondari non sono definibili come esclusivamente maschili o femminili – soprattutto di tipo maschile i ragazzi, geneticamente maschi, ma modificati chirurgicamente in femmine, insistono generalmente sul fatto di essere maschi, anche se allevati come ragazze. In altre parole, malgrado l’aspetto esterno femminile, si comportano come se fossero ragazze transessuali FtM.

Nel transessualismo sono anche coinvolti geni che giocano un ruolo nella produzione di ormoni steroidei (ormoni sessuali). In particolare, sono stati studiati i polimorfismi (variazione genetica determinata da sostituzioni, delezioni

o inserzioni di basi nel DNA, DeoxyriboNucleic Acid, riguardanti regioni codificanti e regioni non codificanti) relativi ai recettori degli androgeni, degli estrogeni e dell’aromatasi. I risultati di questo tipo di ricerche (Hare, Bernard, Sánchez et al. 2009) hanno indicato che nei transessuali MtF esiste un polimorfismo della ripetizione del recettore per gli androgeni che rende meno evidente, a livello cerebrale, i segnali prodotti a livello neuronale dagli ormoni maschili, il che può contribuire a indurre un’identità di tipo femminile in questi individui.

Per concludere, uno studio basato sullo scanning cerebrale ha stabilito come la struttura della sostanza bianca (le fibre rivestite di mielina che associano tra loro le diverse aree cerebrali) sia fondamentalmente diversa nei trans MtF in ben quattro regioni cerebrali. In particolare, nei transessuali MtF sono implicate le connessioni tra lobo parietale e frontale, responsabili della percezione corporea.

Esistono quindi numerosi dati che indicano come la condizione transessuale non sia dovuta essenzialmente a fattori ambientali o dinamici, ma a un insieme di fattori biologici che possono esercitare un ruolo rilevante nel determinare l’identità di genere ed eventualmente spingere le persone che non si ritrovano nel proprio sesso verso un intervento operatorio che modifichi le caratteristiche degli organi genitali.

Bibliografia: J. Imperato-McGinley, R.E. Peterson, T. Gautier et al., Androgens and the evolution of male-gender identity among male pseudo hermaphrodites with 5alpha-reductase deficiency, «The New England journal of medicine», 1979, 300, 22, pp. 1233-37; F.P.M. Kruijver, J.-N. Zhou, C.W. Pool et al., Male-to-female transsexuals have female neuron numbers in a limbic nucleus, «The journal of clinical endocrinology & metabolism», 2000, 85, 5, pp. 2034-41; W.G. Reiner, Gender identity and sex-of-rearing in children with disorders of sexual differentiation, «Journal of pediatric endocrinology & metabolism», 2005, 18, 6, pp. 549-53; L. Hare, P. Bernard, F.J. Sánchez et al., Androgen receptor repeat length polymorphism associated with male-to-female transsexualism, «Biological psychiatry», 2009, 65, 1, pp. 93-96; G. Rametti, B. Carrillo, E. Gómez-Gil et al., White matter microstructure in female to male transsexuals before cross-sex hormonal treatment. A diffusion tensor imaging study, «Journal of psychiatric research», 2010, 45, 2, pp. 199-204.

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