TRABEAZIONE

Enciclopedia Italiana (1937)

TRABEAZIONE (dal lat. trabs "trave"; fr. entablement; sp. entablamento; ted. Gebälk; ingl. entablature)

Giorgio Rosi

Nelle forme dello schema strutturale trilitico artisticamente organizzate e raggruppate sotto il nome di ordini architettonici, la trabeazione è l'elemento orizzontale portato e agente per solo peso sugli altri due verticali e portanti. La sua funzione, come il suo nome e talora il suo aspetto decorativo, si ricollega alla travatura sovrapposta ai piedritti e avente ufficio di copertura, della quale costituisce la fronte esteriormente apparente sotto forme stilistiche più o meno determinate. Tale termine si usa perciò quasi esclusivamente parlando delle forme dell'arte classica e di quelle che più o meno direttamente ad essa si ricollegano, di tutte quelle cioè che presentano una certa comunanza d'intendimenti artistici e di mezzi espressivi.

Circa i primi è sempre aperta la disputa se l'origine sia stata la stilizzazione di forme tettoniche proprie dell'architettura lignea; ed è anzi proprio la trabeazione la parte degli ordini greci che più chiaramente rivelerebbe tale origine: nel dorico con i triglifi, le metope e i mutuli; nello ionico con i dentelli. Quanto poi ai secondi, essi consistono prevalentemente nel giuoco del chiaroscuro sopra superficie piane variamente aggettanti tra loro e separate da altre di profilo curvo più ricche di sfumature e di effetti. Queste superficie, riunite e alternate secondo schemi e ritmi determinati, ravvivate talora da decorazioni policrome, sono quelle che caratterizzano i diversi aspetti della trabeazione nei varî ordini classici e nelle forme architettoniche affini.

Lo schema comune a tutti gli ordini classici divide la trabeazione in tre parti alle quali in origine corrisposero anche funzioni statiche distinte: architrave, fregio e cornice (vedansi le rispettive voci e quelle relative alle loro varie membrature: cimasa; cornice; gocciolatoio; metopa; triglifo; ecc.), legate fra loro da rapporti dimensionali variabili anche nell'ambito di uno stesso tipo di ordine, come quelli che maggiormente risentono del gusto dei tempi e più ancora dell'intendimento e della fantasia degli artisti. Per tali rapporti, come per gli altri elementi degli ordini, il tentativo di stabilire regole fisse, compiuto dai trattatisti dell'antichità e del Rinascimento, servì solo a fornire una norma scolastica dalla quale assai raramente uscirono vere opere d'arte. Invece la costanza degli elementi formali e decorativi, permette oggi, come permise in passato, la classificazione dei varî tipi anche di questa parte dell'ordine.

Ordine dorico. - La trabeazione dorica greca consta di architrave liscio, fregio composto dai triglifi massicci e dalle metope, lastre più sottili destinate ad accogliere la parte più rappresentativa della decorazione scolpita o dipinta, e cornice composta di un gocciolatoio con mutuli e da una cimasa (dal κῦμα greco) terminale. Questo tipo, che si presenta già completo negli edifici del sec. VII, mantenne inalterate le forme dei suoi elementi principali e variò col tempo, seguendo l'evoluzione di tutto il resto dell'architettura greca, soltanto le proporzioni che divennero sempre più sottili e allungate. A questo contribuì, oltre che il miglioramento delle conoscenze tecniche, l'orientamento del gusto artistico verso una snella rigidezza di forme che si riscontra in tutte le parti dell'architettura greca dal VI al III secolo.

Aumentandosi così, in rapporto con l'altezza della trabeazione, l'ampiezza dell'interasse fra le sottostanti colonne, dovettero a un certo punto variare anche i criterî di distribuzione degli elementi legati all'interasse stesso, come i triglifi che infatti, da un numero di due per ciascun intercolunnio, quanti erano di regola negli edifici più antichi, divennero tre e più durante il periodo ellenistico, quando la mescolanza dei varî ordini e la fantasiosa varietà dei partiti decorativi favorì le più ardite trasformazioni.

Nell'arte romana, che degli ordini si servì specialmente con funzioni decorative, la trabeazione perdette il più delle volte ogni ufficio statico, e divenne invece l'elemento al quale era affidato un importante valore artistico di coronamento e di delimitazione orizzontale; ciò che favorì nuove trasformazioni e mescolanze, alle quali non rimase estraneo il persistere di tradizioni e di forme proprie dell'arte italica preromana. Da ciò la formazione di un ordine "dorico romano", che tuttavia ebbe le sue principali applicazioni nelle zone basamentali ad altri ordini architettonici, come nei teatri e negli anfiteatri. Esso giunse attraverso Vitruvio e le rovine ricercate con curioso amore dagli umanisti, al Rinascimento e poi al Barocco. La trabeazione di questo tipo forma oggetto delle minute regole dei trattatisti, fino a quando, con l'effimero risorgere delle forme greche dovuto all'arte archeologica del periodo neoclassico, si videro gli elementi dorici primitivi applicati a edifici per forma e destinazione lontanissimi da quelli per i quali erano nati.

Ordine ionico. - La trabeazione ionica, nella sua forma stabilizzata dal maggior numero di edifici e dalle regole dei trattatisti, presenta pure le tre parti: architrave, fregio e cornice. Il primo è però diviso in fasce successivamente aggettanti e coronate da una sottile modanatura sporgente; il secondo è continuo e ornato più spesso da una composizione decorativa ininterrotta; la terza consta di una parte inferiore, la sottocornice a dentelli, e una superiore, il gocciolatoio, con la sovrastante cimasa. Però negli edifici più antichi, nei quali è possibile ricercare l'origine delle forme, la serie dei dentelli si adagia direttamente sopra l'architrave, sostituendosi al fregio, oltre che per la posizione, anche per le dimensioni rilevanti. Da ciò l'interpretazione tettonica della trabeazione ionica, che riconosce nei dentelli gli elementi dell'orditura minuta della copertura. Non è però da spiegare come un voluto arcaismo il riapparire in epoca di perfetta maturità dell'ordine ionico, di tipi simili (come nella loggetta dell'Eretteo ad Atene), usati anche, a distanza di secoli, dagli artisti del Rinascimento col nome di "cornice architravata". Si tratta piuttosto in simili casi di un mezzo per diminuire la massa e l'importanza della trabeazione, sottraendole la parte più decorata in modo da ridurla a una pura funzione di copertura.

In periodo ellenistico e più nell'arte romana la trabeazione ionica, che già aveva dato origine alla varietà nota col nome di "corinzia", si venne evolvendo nel senso di una sempre maggiore ricchezza ed eleganza; ai dentelli piccoli e avvicinati si sostituirono o si aggiunsero mensole più distanziate e ornate; la faccia inferiore del gocciolatoio si adornò di cassettoni intagliati, mentre ogni membratura si ricoperse di ornati scolpiti e ricchi di chiaroscuro. Nell'arte del Basso Impero, e più in quella bizantina immediatamente successiva, la trabeazione, nelle ormai rare apparizioni, essendo struttivamente già stata sostituita dall'arco e decorativamente sempre meno usata, riprese forme improntate al sovrapporsi di membrature sottili e parallele. Riapparve invece col tipo classico romano nel Rinascimento e tale perdurò, pur variata da infinite trovate decorative, durante il Barocco.

Per effetto del gusto neoclassico tornarono, anche per gli ordini ionico e corinzio, i tipi direttamente derivati dai dissepolti monumenti dell'antichità greca e successivamente per tutto il sec. XIX l'applicazione dei canoni dei teorici e l'imitazione degli esempî del nostro Rinascimento furono le fonti abituali anche per questo elemento, divenuto ormai indispensabile, anche se superfluo e non sempre bene inteso, nella composizione degli edifici.

Ben diversa era stata invece la sua funzione artistica nell'arte dei periodi passati, quando, per la preponderanza chiaroscurale e volumetrica dovuta al suo aggetto, aveva fornito un mezzo plastico della più alta importanza. Originata senza dubbio da caratteristiche esigenze di struttura di copertura e di riparo, costituì fin dall'inizio l'elemento unitario orizzontale di chiusura da contrapporre a quelli più numerosi e ripetuti di sostegno. Più che mai la sua importanza come mezzo di espressione artistica si affermò quando, perduta in parte con l'arte romana la funzione costruttiva, più libera e continua rimase quella estetica, sia nel riquadrare e suddividere le pareti, sia nell'accompagnare prospetticamente le superficie, sia nell'accentuarne i movimenti e le caratteristiche geometriche. Si riprofilò allora con ufficio puramente decorativo al disopra delle colonne, si distese all'imposta delle vòlte, si spezzò e s'incurvò in timpani e frontoni di ogni foggia, ora a coronamento di edifici ora a decorazione di semplici porte e finestre, si svolse lungo le curve pareti di esedre, di absidi, di nicchie; sempre con lo scopo di variare e far risaltare le vastissime superficie degli ambienti enormi.

Non diversamente col Rinascimento conchiuse, ma con più larghi e leggieri ritmi, gli snelli porticati del Quattrocento, marcò i robusti ordini cinquecenteschi, disciplinò in stratificazioni orizzontali le audaci composizioni barocche, nelle quali ritrovò spesso i movimenti curvi e spezzati dell'arte tardoromana. Quando invece si volle, risalendo alle origini, ridare agli elementi degli ordini le ormai anacronistiche funzioni strutturali primitive, se ne ripresero anche le forme artistiche che riuscirono però opera di fredda erudizione, quando non diedero luogo ad assurde contaminazioni. (V. tavv. XXXV e XXXVI).

Bibl.: Si vedano, per i particolari storici e stilistici, la voce generale ordini architettonici e quelle relative ai loro elementi.