TORRE

Enciclopedia Italiana (1937)

TORRE

Giuseppe LUGLI
Guido ZUCCHINI

. Antichità. - Gli avanzi delle antiche città assire e babilonesi (Khorsābād, Warkā', el-Muqayyar, Babele, Ninive, ecc.) dimostrano che i popoli di quelle regioni già conoscevano la tecnica difensiva delle mura urbane mediante l'impiego di torri e contrafforti, tanto più necessarî in quanto la natura del suolo non permetteva in esse, come in Grecia e in Italia, una distinzione fra città e acropoli, ma un solo muro recingeva tutto l'abitato. Quantunque delle torri, come delle mura, non resti che la parte inferiore, pure è possibile stabilire la loro altezza in base allo spessore delle pareti e ad alcuni rilievi: si calcola per esse un'altezza di circa 30 metri, che corrisponde a quella che Diodoro indica per Ninive, mentre la base misura circa m. 6 di lato. Le torri sono sporgenti, costruite con grossi massi parallelepipedi e fornite di merli. Nella "città di Sargon" si calcolano oltre 167 torri, e non meno doveva possederne Ninive. Lungo la valle del Tigri si trovano anche torri isolate, erette sulle balze rocciose che dominano il fiume, la parte superiore delle quali era forse di legno.

Nell'architettura egizia in luogo di torri vere e proprie si usano piuttosto grandi bastioni avanzati presso le porte principali, detti piloni; questi decoravano di preferenza i templi, le città non avendo generalmente mura, o per lo meno grandi fortificazioni. Fanno eccezione alcune fortezze, come quella conosciuta col nome di Shūnet ez-zebīb ad Abido, con doppio ordine di mura, e quella di Nekheb nella vallata di el-Kab, che hanno torri fortemente sporgenti, ma senza finestre, e, a quanto sembra, non più alte del muro di cinta.

Nella fortificazione greca e romana l'uso più comune della torre è quello di rinsaldare la difesa delle mura delle città, in modo da portare in avanti il tiro delle macchine belliche e degli arcieri, e nello stesso tempo di fornire agli assediati una visione più ampia sui movimenti del nemico. Perciò le torri sono di solito sporgenti dal muro, più alte del muro stesso e fornite di camere di manovra su due o tre piani. Scalette interne di legno o di muratura le collegano con i cammini di ronda, e spesso piccole porte, come per esempio vediamo in Pompei, permettono di uscire direttamente all'esterno della città.

L'uso di torri poste a distanze regolari lungo le mura di cinta risale all'età ellenistica; prima le torri si ponevano soltanto vicino alle porte, negli angoli e nei punti più esposti agli assalti. Le torri sono a pianta rettangolare o circolare (Vitruvio, De arch., I, 10), o piuttosto semicircolare; non vi è norma costante nell'adoperare un tipo a preferenza dell'altro. Le città greche prediligono le torri rettangolari o quadrate, che più si prestano al sistema di muratura in opera poligonale e isodoma; le città ellenistiche usano ambedue le forme, come anche le città italiche, quantunque la prima sia prevalente; nelle città galliche, in Africa e nei castra del limes imperiale prevalgono invece le torri rotonde. Queste poi si collocano quasi sempre ai lati delle porte, spesso rialzate su zoccoli parallelepipedi. È il caso specialmente delle mura di Aureliano in Roma (porte Appia, Latina, Salaria, Ostiense, ecc.). Nella monumentale porta di Treviri le torri sono fuse con le spalle della porta stessa, formando una camera unica di difesa; in quella di Colonia due torri esattamente quadrate sostituiscono il muro presso l'innesto coi fornici laterali della triplice apertura. Oltre che a Spalato, a Costantinopoli e in qualche altra citta dell'Oriente si trova l'anomalia di torri ottagonali o esagonali, fornite di feritoie nei lati esterni. Esistono altresì casi di torri nella cui parte inferiore è aperta la porta della città; ma tali casi sono rari.

Omero parla spesso di torri mobili di legno che dovevano servire ai Greci per salire sulle mura nemiche, e più di rado di torri stabili nelle mura di Troia. Gli scavi di Hissarlik hanno rivelato la presenza di almeno tre torri, con camera interna e scala per un secondo piano, nel sesto strato della città, ma queste torri appaiono aggiunte dopo e hanno piuttosto la forma di bastioni di rinforzo. Allo stesso modo avviene in quelle di Micene e dell'acropoli di Tirinto.

Nelle primitive città greche le torri si trovano solo per eccezione. Il perfezionamento dei mezzi di offesa avvenuto nel mondo ellenico fra iI sec. V e il IV obbligò gli architetti militari a frazionare con torri le troppo estese cortine di mura delle città: troviamo pertanto torri numerose a Mantinea, a Messene, nelle città della Locride, della Sicilia e della Magna Grecia (Selinunte, Megara Iblea, Pesto). A Messene (370 a. C.) la torre acquista la forma classica che conserverà poi per tutto l'evo antico, composta di un basamento di grosse pietre, bene squadrate, sporgente dal muro per una metà circa della lunghezza, e di una o due stanze, sopra ad esso, comunicanti per mezzo di scale interne, e fornite di feritoie a tiro incrociato. Al disopra poggia una terrazza scoperta per le vedette, riparate dietro una linea di merli. A Pergamo, a Megalopoli, a Pednelissós e altrove si aggiungono piccole cornici, o fasce sporgenti, nella linea di separazione dei varî piani, per interrompere la monotonia dell'alta parete. Pompei riproduce in Italia questo tipo ellenistico, che fu seguito più tardi nei restauri sillani delle mura di Cori, dell'acropoli di Terracina (in ambedue, si hanno torri di pianta circolare), di Fondi, e altrove.

Nelle mura di Cartagine, a detta di Appiano, erano torri sporgenti, di quattro piani in altezza, e poste alla distanza di due pletri (= m. 59,20) l'una dall'altra.

Le fortificazioni delle città etrusche non hanno generalmente torri, ma solo contrafforti nei punti più deboli, come le città omeriche. Fra le eccezioni va notata Cosa, che conserva quattordici torri, in parte rettangolari e in parte semicircolari, poste a distanze variabili. Il primo esempio di una disposizione regolare delle torri in suolo etrusco-italico si ha in Falerii Novi (S. Maria di Falleri), che risale alla metà del sec. III a. C.; la situazione pianeggiante del terreno obbligò qui a rinforzare l'alto muro di cinta con cinquanta torri, collocate alla distanza quasi costante di 100 piedi romani.

Gli architetti dell'età augustea diedero considerevole importanza alle torri per la difesa delle porte e per le segnalazioni: Aosta è munita di torri alla distanza di 170 metri sui lati lunghi e 130 sui lati corti, alte poco più del muro di cinta e di forma larga e massiccia; Perugia ha due alte torri ai lati della porta nord, sporgenti a scarpa fuori del muro perimetrale; Spello, Spoleto, Fano presentano invece poche torri, che sono più che altro bastioni di rinforzo presso le porte o negli angoli.

Le mura costruite da Aureliano a Roma offrono l'esempio più perfetto dell'applicazione delle torri nella fortificazione di una città. Le torri sono in tutto 383, disposte alla distanza regolare di m. 29,60 (100 piedi) una dall'altra, di pianta rettangolare (salvo rare eccezioni) e fornite di una camera superiore coperta, al livello del cammino di ronda, entro la quale erano collocate le artiglierie (arcuballistae), di regola due per ogni torre, e poste negli angoli in modo da poter essere manovrate con un largo giro di azione. A questo scopo la camera fu fornita di quattro finestre larghe e basse, due sul fronte e due sui fianchi. L'attico fu decorato con una cornice di mattoni, e spesso la copertura fu fatta con un tetto in luogo della terrazza scoperta.

Nel mondo antico erano assai frequenti anche le torri isolate per la difesa di particolari territorî, oppure per le segnalazioni fra le città e le campagne, o anche come una difesa più avanzata delle città stesse, nei punti obbligati di accesso (ponti, insenature, confini). Pochi ne sono gli esempî a noi pervenuti, a causa della loro piccola mole, ma gl'itinerarî imperiali ci dànno molti nomi di località, come: turres, ad turres, turres albae, ecc., che attestano la presenza di torri, specialmente lungo il litorale, contro gli sbarchi dei pirati al limite di foreste e di zone desertiche, e lungo le grandi strade di comunicazione.

Nella Gallia meridionale e nella Spagna rimangono alcuni avanzi di torri del periodo anteriore alla dominazione romana, che proteggevano i terreni più lontani dai centri abitati; molti ritengono che i nuraghi della Sardegna, come anche i talayot delle isole Baleari e i druddi, o trulli, dell'Italia meridionale siano piccole fortificazioni dell'età del bronzo, a somiglianza delle case-torri del Medioevo.

I Romani costruirono un gran numero di torri lungo il limes dell'impero, per collegamento fra i diversi castra e castella, talvolta circondandole con un muro e rafforzandole con spalti, come veri fortini. Erano situate a breve distanza (un miglio o un miglio e mezzo), in modo da poter vedere facilmente i segnali ottici fra una e l'altra. In Africa si trovano in qualche punto riunite in gruppi di tre, e hanno la forma rotonda; in Dacia e in Germania sono invece quadrate e assai robuste; la parte superiore era quasi sempre costruita in legno, con copertura a tetto.

Infine vanno ricordate le torri che si innalzavano spesso nelle ville, come quella famosa degli horti Maecenatiani in Roma, e quella della villa toscana di Plinio, per godere un ampio panorama al disopra della massa verde dei parchi.

Bibl.: G. Perrot-C. Chipiez, Histoire de l'art dans l'antiquité, I, Parigi 1882, p. 489 segg.; II, 1884, pp. 479, 488; J. Durm, Die Baukunst d. Griechen, Stoccarda 1910; id., Die Baukunst der Etrusker und Römer, 2a ed., ivi 1905; F. Noack, Die Baukunst des Altertums, Berlino s. a.; A. L. Choisy, Histoire de l'Architecture, I, Parigi s. a.; A. de Rochas d'Aiglun, Principes de la fortification antique, ivi 1881; G. de La Noe, Principes de la fortification antique, ivi 1888-90; N. Graillot e H. Frère, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités gr. et rom., V, p. 544 segg.

Medioevo ed età moderna. - Nei primi tempi del Medioevo la torre, intesa come costruzione a un solo ambiente, di pianta circolare o poligonale, sviluppata esclusivamente in altezza, scarsamente illuminata nelle parti inferiori e medie, traforata alla sommità da aperture, s'identifica con il campanile, membratura architettonica adottata dalle chiese per potere irradiare il più lontano possibile la voce delle campane; con il minareto, torre delle moschee orientali; con il faro, torre d'illuminazione. Alcune Chiese della Siria dei secoli V e VI (Tafkra, Kalb-Luzeh, Turmanin) hanno incorporate nella facciata torri angolari quadrate, di poco elevate sul tempio, alcune costruite come sedi delle scale, che portavano ai piani superiori, altre come puri elementi decorativi, altre come organi di difesa. Di torri scalari e cilindriche fu dotato S. Vitale di Ravenna nel sec. VI, come più tardi (sec. VIII) il palazzo di Teodorico, a cui seguono nel sec. lX le numerose torri campanarie ravennati, anch'esse di forma cilindrica.

Rinviando alla voce campanile la trattazione relativa alle torri annesse agli edifici chiesastici per collocarvi le campane, qui si tratterà specialmente delle torri come opera di difesa bellica (v. anche alle voci castello; fortificazione; muro; scarpata; ecc.).

Abbiamo visto come nella fortificazione antica la torre appaia come comune elemento, ma come, nelle provincie romane, non manchino torri isolate, o come posti di osservazione e di difesa avanzata o come elementi collegati da un vallum.

Nel Medioevo, quando nei castelli feudali e nei borghi e nelle città murate la fortificazione appare protetta soltanto dalla forza passiva, grande importanza assunsero le torri; e maggiore complessità acquistarono nel sec. XlI e XIII allorché, perfezionati (forse per i contatti con l'Oriente) i procedimenti di attacco, occorse munire le muraglie di macchine di difesa e di offesa ad un tempo, moltiplicare i mezzi per offendere l'assalitore, prevenire o rendere vane le sorprese e i colpi di mano o le parziali espugnazioni di una fortificazione.

Le torri angolari nei castelli e nei recinti murati hanno disposizioni diverse secondo la configurazione delle località e secondo il concetto per cui l'opera fortificatoria doveva seguire il terreno. Diversa la loro forma planimetrica, ora rettangolare, ora circolare, diversa la sporgenza dalle cortine, talvolta aventi continuità nel cammino di ronda, talora no, per poter isolare una parte del recinto. Non mancano esempî specialmente in regioni dirupate (ad es., nei castelli di Fenis, di Ussel, di Montalto nella Val d'Aosta) di torricelle levate in sporto sugli spigoli al sommo delle muraglie. A partire dal Trecento diviene frequente il tipo delle torri angolari a pianta circolare, che si elevano assai più alte del coronamento delle cortine (ad es., ad Aimavilles in Val d'Aosta, a Ferrara, a Milano, a Bracciano, a Pierrefonds, ecc.), avviandosi al tipo di torre a sopralzo così frequente nel Quattrocento.

La torre principale del castello, più alta delle altre, era il mastio (fr. donjon), quasi sempre nel mezzo del recinto, ma talvolta anche sul perimetro stesso nella sua parte meno accessibile (ad es., a Gradara, a Sion-Valère, ecc.). E questa torre, che alle origini del feudalismo era rozza e ristretta, con piccole feritoie e con scale appena embrionali, spesso mobili, di accesso, in modo che fosse agevole isolarla dal resto e possibile approntare in essa l'ultima difesa, comincia in seguito ad abbellirsi e ad aumentare di mole, avviandosi, a partire dal sec. XII, ad assumere il carattere di palazzo fortificato.

Molti elementi delle torri seguono e accentuano i corrispondenti elementi di tutta la fortificazione. Così la merlatura, la quale, a tipo di semplici merli rettangolari o a forma di coda di rondine, si svolge sulla stessa linea della parete, ovvero, a partire dal sec. XlV e forse per influenze orientali, sporge in fuori col sistema delle mensole o dei beccatelli e delle caditoie. Così anche per la conformazione della zona basamentale, ove talvolta (come a Lucera, ad Acquaviva Picena, a Rimini, ecc.) appare una scarpata che in certo modo precede quelle sistematiche del Rinascimento. Base a scarpa ebbero in particolare le torri bolognesi, rinforzate da bozze di pietra da taglio e da conci capezzati o da blocchi di selenite.

Con tale disposizione si otteneva l'effetto di aumentare ancora in basso lo spessore, sempre considerevole, dei muri, se ne aumentava la stabilità e insieme si rendeva più difficile l'approccio da parte degli assalitori.

L'interno delle torri era diviso in piani con pavimenti e scale di legno e apparecchi per far montare le munizioni.

Nei sotterranei spesso erano cisterne per la provvista dell'acqua necessaria in caso di assedio; alcuni dei piani erano destinati a cucina e a magazzini; nei più alti risiedevano le compagnie d'armati.

La pianta più comune delle torri medievali è, come si è accennato, la quadrata, di costruzione più semplice e più sbrigativa; quella circolare presentava maggiori garanzie difensive contro le armi da getto. Ne furono costruite di forma pentagonale (Dozza, vicino a Bologna, Lucera, Astura), ennagonale (Spormaggiore, in Alto Adige), a sedici lati (Castello di Torino). Ad Aielli (Abruzzo) è una torre circolare esternamente, ottagonale internamente: quella di Cittaducale è formata di un mezzo quadrato unito a un mezzo cerchio.

Con il nascere e il progredire delle armi da fuoco le torri nei castelli furono abbassate al livello dei muri di cortina e munite di bombardiere e cannoniere con condotti per lo scarico dei gas di combustione e per le comunicazioni acustiche da piano a piano; e la torre si trasforma nel baluardo.

Ma pure nel periodo di transizione non mancano vere e proprie torri, come quelle dei forti di Civitavecchia e Civita Castellana, nella Fortezza da Basso di Firenze, ecc. Torri furono poste a difesa dei ponti (Verona, Ponte Nomentano e Ponte Milvio a Roma), delle porte della città (Porta Torre a Como, Porta Sangallo e Porta S. Frediano a Firenze), di badie (San Robano e Badia a Isola) e ospedali (Spedaletto presso Pienza).

Torri isolate difesero i lidi marittimi dalle incursioni dei corsari (Maccarese, Calafuria, Palidoro) o s'innalzarono lungo le vie consolari o nelle campagne a impedire o ostacolare l'avanzare del nemico (Tor Forame, Tor Lupara, Centocelle).

Se in tutti i castelli d'Europa la torre trova la sua applicazione, è proprio delle città comunali italiane il numero stragrande di torri che s'infittivano nel nucleo centrale dell'abitato, passando dalla funzione guerresca a un'attestazione nobiliare, arrecando un notevolissimo contributo pittoresco, di cui ancora si può capire l'importanza e la bellezza osservando S. Gimignano, il centro di Bologna, Volterra, ecc. A centinaia gli storici fanno ammontare le torri di Pisa, Pavia, Cremona, Bologna, Firenze, ecc.: anche se non vogliamo credere alle novecento che il Gregorovius asserisce fossero a Roma nel sec. XII o alle seicento che si crede s'innalzassero a Pisa. Circa duecento torri i documenti ricordano costruite in quell'epoca nella città di Bologna.

Ma le lotte tra le fazioni e i conseguenti bandi, confische e distruzioni delle case, palazzi e torri della fazione soccombente, gli editti dei comuni, volti a non permettere ai nobili e ai cittadini facoltosi ulteriori sviluppi alla costruzione di torri, lo stato pericoloso di molte di esse, danneggiate dai terremoti e dagli incendî, l'uso di punire le trasgressioni agli ordini del comune con l'abbassamento o con l'abbattimento totale delle torri di proprietà dei trasgressori furono le cause dell'enorme diminuzione in Italia di tali monumenti storici, cui non furono estranee le numerose demolizioni, spesso ingiustificate, di mura, cinte, torri e rocche medievali, effettuate in tempi moderni.

Le torri dei palazzi del podestà o dell'arengo e di quelli del comune, pur essendo costruite nei secoli XIII e XIV sullo schema di quelle guerresche dei castelli e delle case medievali, di forma quasi sempre quadrata, servirono più come campanili civili che come strumenti di guerra: vi furono allogate le prigioni; la campana della cella terminale chiamava a raccolta i cittadini per le azioni guerresche, per i consigli, per le assemblee; nel tronco della torre, dove spesso si sospendevano gabbie di ferro che tenevano rinchiusi, qualche volta fino alla loro morte, rei di particolari delitti, furono aperte gallerie per i trombettieri e i banditori; meridiane, e, a cominciare dal secolo XV, grandi orologi murali ne ornarono le sommità.

Le torri servirono, a cominciare dal Rinascimento, anche a usi modesti, quale l'allevamento di colombi (colombaia ottagonale del Vignola a Minerbio presso Bologna, del 1536; v. colombi, X, p. 781, figura) e la cattura dei nidiaci di rondoni (Appennino Emiliano) fatta mediante piccole aperture circolari alla sommità della torre e corrispondenti a cassette interne, per il nido dei rondoni.

Non è possibile fare un elenco delle torri italiane: basti accennare alle più importanti.

Monferrato (S. Giorgio Scarampi a sei piani, Merana, Roccaverano con cornice terminale ad archetti); Genova (Torre del Popolo, 1307); Milano (Torre del Filarete, ricostruzione del 1901-1905, del tipo delle torri dei castelli sforzeschi, quali Pavia, Vigevano, Pandino, Cassino Scanario); Mantova (Torre della Gabbia); Como (Porta Torre del 1192 e torre del comune adattata nel 1435 a campanile); Brescia (della Pallata e del Castello); Venezia (dell'orologio, costruita dal Coducci nel 1499); Verona (del Gardello, 1380, detta "delle ore"); Vicenza (di Piazza, sec. XII, alta m. 82); Parma (dell'orologio, con modificazioni del 1673 e 1760); nella provincia di Parma e di Reggio notevoli esempî di torri nei castelli di Torrechiara (1448), Fontanellato, Montechiarugolo, Vigoleno; Ferrara (torri del Castello, del sec. XIV, sommità modificata nel 1554 da Girolamo da Carpi); Bologna (famose le Due Torri [1119]: quella degli Asinelli, alta m. 97,20, e la Garisenda, strapiombante di m. 3,22 verso NE.; torre dell'Arengo, 1212, appoggiata su quattro archi - Voltone del Popolo - sotto i quali s'incrociano due strade; dell'orologio del sec. XIII, modificata alla fine del sec. XV; della Specola dell'università di G.A. Torri, 1725, con la cima girata di novanta gradi rispetto al tronco); Vignola (castello Boncompagni, sec. XIV); Minerbio (castello Cavazza, sec. XIV); Romagna (numerose torri per lo più circolari: rocche dei secoli XIV e XV di Imola, Dozza, Bagnara, Lugo, Ravenna, Gradara, Brisighella; quella della Rocca delle Caminate, medievale, di pietra tufacea, quasi completamente rifatta nel 1927, dotata di un potente faro); Faenza (dell'Orologio, a cinque ordini sovrapposti, iniziata dall'Aleotti nel 1606 e compiuta nel 1677); Forlì (dell'orologio, alta m. 65, sopraelevata nel 1822); S. Agata Feltria (rocca restaurata dal Martini con torri poligonali); S. Marino (famose le torri delle tre punte o penne del Monte Titano); Rimini (dell'orologio, archi del 1547, cima rifatta nel 1933); Ravenna (del comune, del sec. XII, con notevole pendenza verso NO.); Firenze (del Palazzo Vecchio, agile e snella costruzione del sec. XIV, alta m. 94, arditamente innalzata sul muro del corridoio merlato a sbalzo sulla fronte del palazzo, coronata da un cupolino a quattro archi; del Bargello, sec. XIII); S. Miniato al Monte (con pinnacoli cilindrici terminali); Lucca (Torre delle ore, sec. XI); Pisa (del Campano: serviva per l'università); Siena (del Mangia, alta m. 88, sec. XIV); Roma (dei Capocci, merlatura senza beccadelli; delle Milizie, sec. XIII; Millina, con il fusto decorato di graffiti; di Palazzo Venezia, cominciata nel 1451; del Campidoglio, di Martino Longhi, 1572; dei Filippini, del Borromini, 1649); Via Appia (Torre Rossa, opera saracinesca in tufelli del sec. XIII); Castel del Monte (torri ottagonali, con serbatoio d'acqua e latrine); Cagliari (di S. Pancrazio del 1305, con un lato aperto).

Nel sec. XIX monumenti commemorativi furono costruiti a somiglianza di torri: ricordiamo l'ossario di S. Martino (del Pozzali, 1893, alto m. 74, con sette ripiani decorati da pitture e faro terminale); il monumento del La Fayette a Boston (1843), quello della Battaglia dei popoli a Lipsia (Schmitz, 1913).

Dedicate al ricordo della guerra mondiale e del regime fascista sono alcune recenti torri italiane: Ferrara (della Vittoria, costruita nel 1934 a imitazione medievale); Bergamo (dei Caduti, del Piacentini, 1924); Brescia (della Rivoluzione, pure del Piacentini, 1932).

Notevoli torri moderne sono state costruite all'estero nel secolo attuale: ricordiamo quella della Borsa di Amsterdam (J.V. Berlage, 1900), del palazzo dello stato di Stoccolma (R. Ostberg, 1909), delle stazioni di Helsinki (E. Saarinen) e di Stoccarda (P. Bonatz, 1914), la torre dell'acquedotto di Poznań (H. Poelzig, 1910), quella di una casa di cura di Purkersdorf (J. Hoffmann, 1904). La torre è oggi adoperata inoltre nelle costruzioni contemporanee con estrema frequenza: in Italia le case del Fascio, anche modeste, le case dei Balilla, le sedi del Dopolavoro hanno generalmente una torre, per lo più a pianta quadrata e priva di aperture e di qualsiasi coronamento.

A forma di torre sono stati ideati i due alberghi di Sestriere, dell'architetto V. Bonadè-Bottini, e la casa dei Balilla di Marina di Carrara, opera del medesimo architetto, del 1934.

Nuova significativa destinazione hanno le torri di Maratona usate per le segnalazioni dei giuochi olimpici e delle competizioni sportive nei moderni stadî: Bologna (torre del Littoriale, di laterizio, dedicata a Benito Mussolini, che vi è rappresentato con statua equestre del Graziosi, arch. U. Arata, 1926); Firenze (torre dello stadio, con parete vetrata, di V. L. Nervi, 1932); Torino (dello stadio, di B. Del Giudice, 1933).

La più celebre delle torri metalliche è quella di Parigi, inaugurata il 31 marzo 1889 su disegno dell'ing. Eiffel, alta m. 300, del peso di circa 9000 tonnellate. Altre torri metalliche, quella Littoria di Milano (architetto Muzio, 1934) e la Führerturm, torre olimpica di Berlino, alta m. 76 (1935).

Bibl.: v. campanile; inoltre: G. Gozzadini, Delle torri gentilizie di Bologna, Bologna 1875; B. Bressan, Torri di Vicenza nel Medioevo, Vicenza 1878; C. Zuradelli, Le torri di Pavia, Pavia 1888; Sutter, Turmbuch-Turmformen aller Stile und Länder, Berlino 1875; K. Bader, Turm und Glockenbüchlein, Giessen 1903; A. Rocchi, Le fonti storiche dell'architettura militare, Roma 1908; M. Gabiani, Le torri, le caseforti e i palazzi nobili medioevali in Asti, Pinerolo 1906; H. Thiersch, Der Pharos, Lipsia 1909; F. Pellati, Le torri dell'alto Monferrato, in Nuova Antologia, 1908; A. Serafini, Torri campanarie di Roma e del Lazio nel Medioevo, Roma 1927; G. Zucchini, Edifici di Bologna, ivi 1931; E. Amadei, Le torri di Roma, ivi 1932; E. Viollet-le-Duc, Dictionnaire raisonné, ecc., s. v., Tour; C. Cecchelli, Tor de' Conti, in Pan, dicembre 1934.