TORNIO

Enciclopedia Italiana (1937)

TORNIO (fr. tour; sp. torno; ted. Drehbank; ingl. turning lathe)

George MONTANDON
Manlio ORERZINER

Il tornio è una macchina che imprime un movimento di rotazione a oggetti, allo scopo di poterli lavorare con strumenti diversi. Questa definizione vale tanto per il tornio meccanico quanto per quello da vasaio (o ruota), sebbene essi siano indipendenti sia per la genesi, sia per lo sviluppo.

Plinio parla di un uomo che fa girare su sé stessi dei vasi di legno, ma siccome altri autori citano quest'operaio come un fabbricante di terraglie, il genere di strumento adoperato non risulta ben chiaro. Vitruvio per primo parla esplicitamente del tornio da meccanico.

D'altra parte se gli antichi Egiziani possedevano il tornio da vasai, come è testimoniato da varie loro figurazioni, non sembra però che essi conoscessero il tornio da meccanico. Anzi, alcune figure dell'antico Egitto rappresentano uomini intenti a tagliare delle piccole colonne di legno, mentre invece le avrebbero eseguite più facilmente al tornio. Il tornio da meccanico, se non era del tutto sconosciuto all'antico Occidente, vi aveva un impiego trascurabile. Ciò non significa che il tornio da meccanico derivi da quello da vasaio, come pretenderebbe invece un eminente storico delle arti meccaniche, il Reuleaux. Per la genesi e lo sviluppo del tornio da vasaio, v. ceramica.

La prima operazione, che ricorda quella in seguito compiuta col tornio da meccanico, è la raschiatura, lo sbucciamento di una bacchetta o di un bastone con una conchiglia o un raschiatoio. Col tempo, sia per il consumo prodotto dall'uso oppure per esplicita opera dell'uomo, le conchiglie e i raschiatoi destinati a esercitare la loro azione su oggetti cilindrici presentarono una tacca. Ma anche se questa azione viene esercitata su cilindri pieni come fa il tornio da meccanico, il principio di quest'ultimo non è ancora trovato. Secondo Frémont, il tornio da meccanico deriva probabilmente dalla bacchetta di rotazione usata per accendere il fuoco. Allorché nel movimento alterno di rotazione, impresso con le palme delle mani a una bacchetta tenuta fra esse, l'azione delle mani fu sostituita da un archetto, si ottennero due strumenti: l'accenditore a rotazione e il trapano ad arco. Il primo funziona verticalmente perché la pressione della mano è così più facile, mentre il trapano ad arco funziona tanto verticalmente quanto orizzontalmente o in una posizione intermedia, secondo l'oggetto da perforare. Ora, se in un trapano ad arco che funzioni orizzontalmente si sostituisce alla palma, che appoggia su una delle estremità del cilindro, un pernio come all'altra estremità (il cilindro può essere tagliato a pernio oppure il pernio può essere applicato) e se si pone il cilindro in modo che i due pernî girino dentro due cavità, una mano continuerà a imprimere un movimento di rotazione al cilindro per mezzo dell'arco, mentre l'altra potrà lavorare il cilindro.

Questa prima forma di tornio da meccanico sembra essere stata conosciuta nella preistoria dell'Occidente, poiché si trovano dei bastoncini di osso appuntiti a pernio alle estremità e che portano incisioni circolari.

I pezzi cavi, osso o corno, furono facilmente forniti di perni. Tornî simili, con pernî fissati al cilindro da modellare, sono ancora in uso nell'India e nella Persia. Più tardi probabilmente il cilindro, invece di essere munito di pernî, fu incavato alle estremità e in queste incavature entravano i pernî che erano fermati ai sostegni laterali, e il cilindro girava così fra i pernî fissi. Questo tornio è usato tuttora nell'Africa settentrionale.

Ma, nonostante queste diverse modificazioni subite, il tornio rimaneva sempre a una prima grande tappa: il cilindro da modellare era sostenuto dalle due parti e il movimento era sempre alterno. ln una seconda fase di sviluppo si ha il tornio sollevato, vale a dire che poggia da una parte sola. È da questa forma che deriva il tornio dei Calmucchi, erroneamente definito dal Deniker, forse seguendo il Reuleaux, come un tornio primitivo, intermedio fra quello da vasaio e quello attuale da meccanico. Il tornio cinese appartiene alla stessa forma.

Infine, a una terza tappa si ebbe la sostituzione del movimento alterno col movimento continuo.

La distribuzione del tornio da meccanico nel tempo e nello spazio, per quanto manchi in materia un'indagine profonda, sembra essere stata assai limitata. Si è creduto di riscontrare il suo uso nel periodo preistorico, e il suo impiego tardivo in Occidente, dove non è stato segnalato che poco avanti la nostra era; oggi, senza parlare della cultura occidentale, lo si incontra nella cultura pastorale asiatica e in quelle islamica, indiana e sinica. Sebbene non si possa dire se il tornio da meccanico si sia andato continuamente sviluppando fino dall'epoca preistorica, vien fatto di domandarsi se il suo completo perfezionamento si debba a una delle culture sopra menzionate o al livello greco-romano della cultura occidentale. A ciò non è possibile per il momento rispondere con esattezza. Certo, né l'Africa negra, né l'Oceania, né l'America hanno conosciuto il tornio da meccanico.

La trattazione tecnologica relativa al tornio da vasaio è svolta alla voce ceramica. Si parlerà quindi, qui di seguito, esclusivamente del tornio da meccanica che è una macchina utensile fondamentale per la lavorazione, con asportazione di truciolo, di materiali compatti (metalli, pietre, legno. ecc.).

Salvo casi costruttivi rispondenti a particolari necessità, nel tornio il pezzo lavorato assume un moto di rotazione (moto di lavoro), mentre l'utensile si muove di moto di traslazione (moto di alimentazione); ne risulta un moto relativo dell'utensile rispetto al pezzo in lavoro, che permette di generare, nel caso più comune, come inviluppo della linea di taglio, superficie di rivoluzione e superficie elicoidali (fig. 1).

Il tornio per la lavorazione dei metalli. - La molteplicità delle lavorazioni che possono essere compiute sul tornio unita alla semplicità degli utensili occorrenti, nonché alla possibilità di compiere, con l'uso eventuale di attrezzature accessorie, anche lavori di foratura, alesatura, rettifica, fresatura, giustifica la sua importanza e la sua diffusione specie nelle forme più adatte a un impiego generico.

Pur essendo le caratteristiche costruttive dei tornî diversissime in dipendenza delle operazioni che su essi si devono compiere, delle dimensioni e del materiale dei pezzi da lavorare, del materiale di cui deve essere costituito l'utensile, anche per il tornio, come per tutte le macchine utensili, si distinguono: un'incastellatura (banco); gli organi per sostenere il pezzo lavorato (mandrino, punta e contropunta, lunette) e l'utensile (carro mobile), gli organi per dare al pezzo il moto di lavoro, e all'utensile il moto di alimentazione.

La forma classica è rappresentata dal tornio parallelo per tornire e filettare. In esso si distinguono con chiarezza gli elementi costruttivi sopraindicati.

Il banco è munito di guide destinate ad assicurare il moto rettilineo longitudinale del carro parallelamente all'asse di rotazione del pezzo; di guide per assicurare l'esatta posizione della contropunta col variare della sua distanza dal mandrino in relazione alla lunghezza dei pezzi in lavoro; nonché dei supporti del mandrino. In qualche caso, per permettere la lavorazione di oggetti di limitata lunghezza e di diametro relativamente grande, il banco presenta un incavo in prossimità del mandrino.

Il pezzo in lavorazione, sostenuto dalla punta e dalla contropunta (fig. 3) ed eventualmente da lunette intermedie, fisse o trasportate dal carrello, secondo la sua lunghezza e la sua deformabilità, viene trascinato in movimento di rotazione dal mandrino mediante una brida e un menabrida che assicurano il movimento per appoggio. In alcuni casi il pezzo viene sostenuto mediante mandrino autocentrante e contropunta, e, per pezzi corti, a sbalzo sul mandrino autocentrante (figg. 4, 5). Spesso la presenza di un foro attraverso il mandrino consente la lavorazione di pezzi di notevole lunghezza se di piccolo diametro.

Il carro portautensile, che deve realizzare il moto dell'utensile parallelo, normale, obliquo, rispetto all'asse di rotazione del mandrino, è costituito in genere di tre slitte sovrapposte, delle quali la prima, accoppiata prismaticamente col banco, permette la realizzazione del moto longitudinale, la seconda, accoppiata prismaticamente con la prima, permette il moto trasversale e la terza, montata su una torretta orientabile intorno a un asse verticale, consente uno spostamento obliquo. Il carrello è munito di comandi che permettono il movimento a mano delle singole slitte sia per l'esecuzione di particolari lavorazioni, sia per l'appostamento dell'utensile.

Per l'economica e completa utilizzazione della macchina e dell'utensile sarebbe necessario realizzare sul tornio nei singoli casi le velocità di taglio (velocità periferica del pezzo in lavoro espressa in m. al minuto primo) e di alimentazione (avanzamento dell'utensile espressa in mm. per giro del mandrino o in mm. al minuto primo) più convenienti, determinate in base alla conoscenza delle particolari condizioni di lavoro e ciò per qualsiasi valore del diametro del pezzo, fino al massimo consentito dalle proporzioni della macchina.

Nei tornî normali questa condizione non è soddisfatta: ci si limita a realizzare sul mandrino una successione di velocità angolari che, nelle buone macchine, corrisponde a una progressione geometrica allo scopo di mantenere inferiore a un valore assegnato (coincidente con la ragione della progressione) il rapporto tra la velocità periferica attribuibile al pezzo e quella che risulterebbe più conveniente.

Alcuni tornî, detti conopuleggia (fig. 6), ricevono il movimento per cinghia da un contralbero (il cui moto può essere arrestato o invertito) mediante una coppia di pulegge a gradini, delle quali una montata sull'albero principale della macchina. Tale dispositivo, che permette di attribuire al mandrino una serie di numeri di giri diversi in modo semplice, non sempre si presenta comodo e non consente una completa utilizzazione della potenza disponibile per qualsiasi valore del numero dei giri trasmesso. Un rotismo (rallento), che può essere o meno intercalato tra l'albero principale e il mandrino, consente di raddoppiare o triplicare i termini della successione.

Nei tornî monopuleggia (fig. 7), nei quali un motore autonomo trasmette direttamente per cinghia il moto all'albero principale della macchina, che deve essere munita di innesto e di meccanismo per inversione, e nei tornî con motore direttamente accoppiato, la variazione del numero di giri sul mandrino si ottiene con l'interposizione di un vero e proprio cambio di velocità a ruote dentate. L'impiego di motori elettrici a corrente alternata a numero di poli variabile aumenta la gamma delle velocità angolari disponibili.

L'uso di motori a corrente continua, reso possibile, quando la rete di distribuzione sia alimentata a corrente alternata, anche per piccole potenze (seppure non sempre in tal caso con alto rendimento) con l'adozione di appropriati sistemi di conversione autonomi disposti sulla macchina stessa (Sistema Ward-Leonard, raddrizzatori), permette una regolazione quasi continua della velocità.

La trasmissione della potenza dal motore elettrico al mandrino per mezzo di un sistema a fluido (pompa e motore idraulico di caratteristiche meccaniche variabili), a prescindere dal costo sempre elevato della macchina, e dal basso rendimento per le piccole potenze, rappresenta la migliore soluzione del problema, poiché non solo permette di realizzare una regolazione finissima della velocità angolare del mandrino, che può assumere valori uguali nei due sensi di marcia, con manovra semplicissima; ma consente anche di effettuare la variazione di velocità sotto carico, assicura un avviamento dolce e una marcia priva di vibrazioni.

Nei tornî più semplici il moto longitudinale del carro portautensili si ottiene a mezzo di accoppiamento elicoidale con una vite (vite madre) disposta sul banco, parallelamente alle guide. La rotazione della vite, ottenuta per trasmissione dal mandrino a mezzo di un rotismo, componibile di volta in volta con ruote dentate di dotazione nei vecchi tornî, e costituente un vero e proprio cambio di velocità a ingranaggi nei più moderni, provoca, per effetto dell'accoppiamento prismatico col banco, il movimento del carro parallelamente all'asse del mandrino. Modificando il rapporto di trasmissione è possibile ottenere tutta una serie di valori dell'avanzamento tra cui va scelto di volta in volta quello più conveniente. Poiché le traiettorie relative dei punti della linea di taglio dell'utensile risultano in questo caso eliche cilindriche di passo definito, in relazione al passo della vite madre e al rapporto di trasmissione, è possibile con lo stesso mezzo eseguire superficie elicoidali assegnate, usando un utensile di forma opportuna e realizzando il necessario rapporto di trasmissione:

Allo scopo però di evitare che le sollecitazioni e l'uso prolungato consumino le superficie di appoggio della coppia elicoidale a detrimento della precisione del lavoro di filettatura, la trasmissione a mezzo di vite madre viene di consueto riservata all'esecuzione delle viti, destinando alla tornitura vera e propria un comando distinto del carrello.

Tale comando, in genere, avviene a mezzo di una barra, disposta anche essa parallelamente alle guide del banco, messa in rotazione dal mandrino con l'interposizione di un cambio di velocità. La barra, trascinando in rotazione sul carro una ruota dentata conica, o a vite perpetua, cui è accoppiata prismaticamente per non ostacolare il libero movimento del carro stesso, obbliga l'ultimo rocchetto di un rotismo a rotolare su una dentiera fissa al banco e realizza così l'avanzamento longitudinale dell'utensile.

La stessa barra a mezzo di un altro rotismo, anch'esso montato sul carro, consente di realizzare (dopo che sia stato provveduto al disinnesto del moto longitudinale) il moto di alimentazione trasversale dell'utensile (necessario per la tornitura in piano), comandando a mezzo di vite e madrevite il movimento della seconda slitta.

Nei tornî destinati a sole operazioni di tornitura, il moto del carro può essere indipendente da quello del mandrino. Si ha così in qualche grande tornio a carri multipli (fig. 8) un comando dell'alimentazione anche con motori elettrici indipendenti, montati su singoli carri; in altri il movimento è ottenuto con l'interposizione di una trasmissione a fluido che permette una regolazione continua dell'avanzamento.

Le caratteristiche costruttive dei tornî sono in primo luogo legate alla forma e alle dimensioni dei pezzi che su essi devono essere montati. Nei tornî paralleli le dimensioni fondamentali della macchina che ne definiscono il campo d'impiego sono: 1. l'altezza delle punte sul banco; 2. l'altezza delle punte sul carro; 3. la distanza massima tra le punte; 4. l'altezza delle punte sull'incavo e la larghezza dell'incavo.

Così si passa dai piccoli tornî per orologeria ai grandi tornî aventi una distanza tra le punte anche oltre i 25 m. (fig. 8), con un'altezza delle punte sul banco anche di 3 m. e capaci di sostenere fra le punte pezzi di oltre 150.000 kg.

Quando la dimensione radiale dei pezzi è notevole, ma piccola la lunghezza, si usano i tornî frontali spesso mancanti di una incastellatura unica (fig. 10).

Si preferiscono in questo caso, per la facilità di sostenere e fissare i pezzi, i tornî verticali, nei quali l'oggetto in lavoro viene appoggiato su una piattaforma orizzontale rotante intorno a un asse verticale. La macchina non ha allora bisogno di contropunta; la forma costruttiva (fig. 11) si differenzia notevolmente da quella dei comuni tornî orizzontali, specie per la necessità di sostenere e guidare la piattaforma. L'utensile, che può assumere un movimento parallelo, normale, obliquo rispetto all'asse di rotazione del pezzo, è sostenuto come sulle piallatrici, da cui il tornio verticale si differenzia per il diverso movimento della piattaforma. Alcuni torni verticali permettono la lavorazione di pezzi fino a m. 22.50 di diametro con altezza anche di 5 m. e di peso fino a 700.000 kg.

La necessità di conservare in buono stato le superficie di accoppiamento per assicurare la richiesta precisione nei lavori di rifinitura (in gran parte però oggi effettuati sulle rettificatrici) consiglia di eseguire (quando sia possibile) le operazioni di sgrossatura e quelle di rifinitura separatamente, su tornî di appropriate caratteristiche.

La tendenza dell'industria di aumentare continuamente la propria capacità produttiva, assecondata dall'introduzione di materiali per utensili di caratteristiche sempre più elevate (dagli acciai al carbonio, agli acciai autotempranti, all'estesa categoria degli acciai rapidi a base di cromo e ad alto tenore di tungsteno, alle leghe tipo Stellite, per arrivare ai materiali a base di carburo di tungsteno, di titanio, ecc., e per alcune lavorazioni di rifinitura al diamante), ha condotto nelle macchine utensili a un aumento progressivo delle velocità di taglio accompagnato spesso da un'accurata e abbondante refrigerazione dell'utensile; a una maggiore robustezza della struttura per resistere agli sforzi elevati che le sollecitano nei lavori di sgrossatura, a causa delle aumentate sezioni del truciolo, o per evitare il manifestarsi di vibrazioni nei lavori di rifinitura; ha condotto infine a una semplificazione dei comandi per aumentare la sicurezza e diminuire i tempi perduti.

Su qualche tornio si raggiunge un aumento della produzione facendo lavorare sullo stesso pezzo contemporaneamente più utensili comandati da carri indipendenti (fig. 8).

La lavorazione in serie di un forte numero di oggetti tutti uguali, entro i limiti di prestabilite tolleranze, conduce a soluzioni che permettono di ridurre al massimo il tempo di lavorazione. Si hanno così i tornî lavoranti su sagoma per la riproduzione di superficie di rivoluzione di assegnata curva meridiana, nei quali, durante lo spostamento longitudinale del carro, si provvede automaticamente al contemporaneo spostamento trasversale dell'utensile.

Così sono stati costruiti tornî a utensili multipli, nei quali più utensili sono raggruppati su due carrelli: uno disposto nella parte anteriore del banco e dotato di moto longitudinale, l'altro in quella posteriore e dotato di moto trasversale. In questi tornî, scegliendo opportunamente la forma e le posizioni dei singoli utensili in base al diagramma di lavorazione, si ottiene per ogni corsa dei due carrelli la completa lavorazione delle superficie di un pezzo.

La necessità, nella lavorazione in serie, di ripetere per ogni pezzo una identica serie di operazioni utilizzando un'identica serie di utensili, ha condotto a ideare tornî nei quali tutti gli utensili necessari a una successione di lavorazioni vengono predisposti sullo stesso carrello e più precisamente in circolo sopra una torretta che, a comando dell'operatore, può rotare (intorno a un asse diversamente orientato secondo i varî tipi costruttivi) dello spazio angolare corrispondente all'appostamento di due utensili successivi, così da portare a contatto col pezzo in lavoro uno dopo l'altro, nell'ordine prestabilito, gli utensili destinati alle singole operazioni.

La rotazione della torretta si verifica automaticamente, mentre l'operatore fa compiere al carro, al termine di ogni lavorazione, la marcia retrograda. Tali tornî per la loro particolarità costruttiva prendono il nome di tornî a revolver (fig. 9).

In genere sui tornî a revolver gli utensili destinati a lavorare con avanzamento trasversale sono montati su apposito carrello, spesso a sua volta munito di torretta revolver.

L'evoluzione dei tornî a revolver ha condotto alla costruzione dei tornî semiautomatici e automatici.

Nei primi l'operaio addetto alla macchina deve provvedere a montare sul mandrino i pezzi grezzi, a mettere in marcia il tornio e a smontare i pezzi lavorati. Tutte le altre operazioni seguono automaticamente e la macchina si arresta da sé al termine di ogni ciclo di lavorazione.

Maggiore produzione si ha con i tornî a mandrini multipli, di forma costruttiva spesso notevolmente diversa, ma tutti basati sul concetto di compiere su n − 1 mandrini contemporaneamente una delle n − 1 fasi di lavorazione mentre sull'n mandrino, che per effetto del movimento del sistema viene a trovarsi nella posizione più conveniente, l'operaio smonta il pezzo finito e monta il nuovo pezzo da lavorare. Per effetto della rotazione del portaoggetti i pezzi si presentano successivamente e automaticamente ai varî gruppi di utensili destinati a compiere le (n − 1) operazioni così che in un giro completo del portaoggetti ogni pezzo risulta completamente lavorato e a ogni 1/n di giro la macchina abbandona un pezzo finito.

Nei tornî automatici i pezzi da lavorare vengono addotti meccanicamente sulla macchina dove vengono automaticamente afferrati dal mandrino che li abbandona poi, anche automaticamente, al termine della lavorazione.

I tornî automatici a mandrino semplice o multiplo sono particolarmente impiegati per la produzione di pezzi (come bulloni, dadi, ecc.) ricavati uno dopo l'altro da una barra di metallo trafilato, a sezione circolare o poligonale, la quale arriva con una delle sue estremità sulla macchina, attraverso l'albero cavo del mandrino. All'inizio del ciclo di operazioni la barra viene fatta avanzare automaticamente in senso longitudinale in modo che ne venga a sporgere a sbalzo sul mandrino la quantità necessaria, quindi il mandrino l'afferra e la trascina in rapida rotazione; al termine del lavoro un utensile dotato di moto trasversale provvede alla recisione del pezzo finito dalla barra.

Sui tornî a revolver in genere, e su quelli semiautomatici e automatici in specie, gli utensili, le attrezzature, la successione delle operazioni debbono essere studiate singolarmente per ogni serie di pezzi da lavorare in modo da permettere una razionale utilizzazione della macchina: su tali tornî vengono con larghezza impiegati utensili di forma ed eseguite, quando occorrano, anche lavorazioni di foratura, alesatura, filettatura, cui sono destinati speciali utensili; la successione dei movimenti dei varî organi e particolarmente della testa revolver è comandata a mezzo di eccentrici, o meccanismi equivalenti, predisposti di volta in volta in base al diagramma di lavorazione. Sulle macchine più moderne tutti i particolari sono singolarmente studiati per aumentarne la capacità produttiva, la precisione, la semplicità e sicurezza di esercizio; così, ad es., in esse si va diffondendo l'uso di mandrini ad aria compressa, quello dell'asservimento della velocità del mandrino, nei tornî in trasmissione a fluido, all'avanzamento trasversale dell'utensile per mantenere la velocità di taglio al valore assegnato anche col progressivo diminuire del diametro del pezzo, ecc.

Particolare cura viene posta, ricorrendo a varî accorgimenti costruttivi (quali, ad es., una speciale conformazione del banco) per facilitare nei tornî ad alta produzione l'allontanamento dei trucioli dalla zona di lavoro, operazione che viene resa più agevole anche con la scelta di materiali (ad es., acciai ad alto tenore di zolfo) che diano luogo a trucioli molto corti e frantumati.

Spesso l'industria richiede macchine speciali studiate in vista di una determinata lavorazione in modo che questa risulti rapida ed economica.

Si hanno così, ad es., tornî per la lavorazione degli assi montati di veicoli ferroviarî, tornî per la fabbricazione di proietti, ecc.

In qualche caso la forma del tornio differisce radicalmente da quella fino ad ora considerata.

Così nei tornî per la lavorazione dei bottoni di manovella, specie nel caso di alberi a gomito di dimensioni notevoli, il moto di lavoro e quello di alimentazione, sia trasversale sia longitudinale, sono attribuiti agli utensili, i quali, montati su un apposito portautensile a forma di anello, che abbraccia il pezzo di lavoro ed è sostenuto a sua volta da una guida esterna circolare, possono rotare intorno a un asse coincidente con quello del pernio da tornire (fig. 12).

Fra i tornî speciali va menzionato il tornio da spogliare usato per la costruzione di frese a profilo costante. Questo tornio lavora con utensile di forma il quale, durante la rotazione del pezzo di una frazione di circonferenza, corrispondente al passo della dentatura, avanza radialmente con legge prestabilita per ritornare rapidamente indietro al termine di ogni singolo dente.

In altri tornî, destinati all'esecuzione di superficie diverse dalle superficie di rivoluzione (p. es., tornitura di eccentrici di un albero di distribuzione, sgrossatura di lingotti di acciaio a sezione quadrata con spigoli raccordati; fig. 13), mentre il carrello si sposta longitudinalmente, un modello, che riproduce la sezione voluta e ruota intorno a un asse parallelo a quello del mandrino, movendosi concordemente col pezzo in lavoro, comanda gli spostamenti trasversali della slitta portautensile, facendo così funzionare il tornio come macchina da copiare.

Queste macchine sono spesso dotate di dispositivi che fanno variare l'orientamento dell'utensile col rotare del pezzo in lavorazione in modo che gli angoli di taglio rimangano costanti e la lavorazione abbia luogo sempre in condizioni corrette.

Particolare accenno merita un tornio per lavorazione in serie, sul quale l'utensile, a forma di disco, la cui periferia sagomata costituisce la linea di taglio, viene disposto con il piano di taglio verticale e passante per l'asse di rotazione del pezzo. L'utensile, dotato di un moto di traslazione longitudinale e di una rotazione intorno al proprio asse, genera per inviluppo la superficie finita del pezzo in lavorazione. Questa macchina, di condotta semplice, raggiunge una produzione notevole.

Sul tornio, e particolarmente su tipi di schema semplicissimo e paragonabili ai tornî per la lavorazione del legno, si possono compiere operazioni di imbutitura per la foggiatura di lamierini metallici sottili (v. imbutitura).

Il tornio per la lavorazione del legno. - Anche nella lavorazione del legno, per l'esecuzione di superficie di rivoluzione o elicoidali, si impiega il tornio che realizza lo stesso schema cinematico del tornio parallelo per metalli: nei tipi più semplici il moto di avanzamento dell'utensile, uno scalpello o una sgurbia, opportunamente sostenuto, viene effettuato solo a mano (fig. 14); in altri, invece, anche automaticamente.

Sempre col nome di tornio sono conosciute alcune macchine di elevata produzione, adatte per la lavorazione di molti pezzi uguali, le quali operano con utensili speciali, a un solo coltello o a coltelli multipli (frese), con linea di taglio sovente sagomata, montati su un albero rotante a elevata velocità e parallelo all'asse di rotazione del pezzo. Il pezzo in lavorazione, sostenuto fra punta e contropunta, assume il moto di alimentazione, risultante di una rotazione lenta intorno al proprio asse e di una traslazione trasversale, che permette il progressivo attacco dell'utensile.

Questi tornî si utilizzano anche come macchine da copiare facendo comandare gli spostamenti trasversali del pezzo da un modello rotante.

Particolari caratteristiche presenta la macchina per la tornitura dei bastoni, nella quale l'utensile, rotando rapidamente intorno al pezzo in lavoro, che assume solo un moto di traslazione nella direzione del piroprio asse, rimane sempre in presa col materiale.

Il tornio per la lavorazione delle pietre. - Nella lavorazione a massello della pietra il tornio viene utilizzato per la esecuzione delle superficie di rivoluzione (p. es., colonne). I tipi più antichi riproducono, se pure con forme costruttive appropriate, lo schema cinematico dei tornî per metallo, ma con una gamma ridotta di velocità di rotazione del mandrino e di avanzamento, e lavorano con utensili di acciaio rapido o a base di carburo di tungsteno, ecc. I tipi più moderni (fig. 15) usano invece come utensile montato sul carrello una mola di carborundum, abbondantemente irrorata di acqua, e rotante a elevate velocità, comandata da un motore elettrico autonomo. Queste ultime macchine possono essere considerate come vere e proprie molatrici.

V. tavv. XI-XIV.

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