TORINO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

Vedi TORINO dell'anno: 1966 - 1997

TORINO (Augusta Taurinorum)

C. Carducci
C. Carducci

Non sono molti i resti che la moderna T. conserva dell'antica colonia Augusta Taurinorum, tuttavia le sue origini appaiono con tutta evidenza nello stesso impianto urbanistico della città che, almeno nella zona centrale, conserva pressoché intatto lo schema geometrico della castrametatio.

Come l'accampamento militare, che precedeva appunto la città di pietra e di mattoni, fondata probabilmente da Augusto, T. romana sorgeva poco lontano dal corso del Po e della Dora ed il suo territorio abbracciava una vasta area rettangolare di circa 8oo m per 700, secondo i cànoni riferiti da Igino per la fondazione della città fortificata. Infatti ai limiti estremi di questo spazio furono erette le mura difensive intervallate da torri quadrate e interrotte da quattro porte, mentre l'interno della città fu diviso in quattro parti dall'intersecarsi del cardo massimo col decumanus e le insulae a loro volta risultavano divise da cardines e decumani minori.

Quanto resta dell'antica cerchia urbana è ancora visibile in alcuni punti della città e le mura rivelano una poderosa struttura di opera a sacco, rivestita nel lato interno con un opus incertum di ciottoli di fiume spaccati, interrotti da un doppio ricorso di mattoni pedali e all'esterno da una fitta cortina laterizia. Il tratto più noto era lino a qualche tempo fa quello angolare adiacente alla chiesa della Consolata, anche se frequentemente erano tornati alla luce altri resti notevoli nella stessa via della Consolata, sotto il Palazzo dell'Accademia delle Scienze e in via Roma; ma i bombardamenti aerei dell'ultima guerra, che demolirono una serie di edifici nella centralissima zona di Porta Palazzo, misero in evidenza un altro lungo, tratto della cinta romana ben conservato ed ancòra sormontato dalle sovrastrutture difensive medievali.

L'edificio del teatro sorgeva in una località appartata proprio a ridosso delle mura là dove la cortina, per evitare un dislivello naturale del terreno, smussava, con un taglio netto verso l'interno, l'angolo N-O. La sua area occupava quasi un'intera insula e, mentre a S e a O appariva chiusa entro il tracciato di due strade, a N il porticus post scaenam veniva a definirlo proprio a ridosso delle mura urbane. L'inserimento dell'edificio teatrale nei limiti geometrici di una intera insula, portò come conseguenza urbanistica la necessità di recingere la costruzione con un muro rettangolare, a somiglianza dell'analogo edificio di Augusta Praetoria (v. aosta). I resti ancora conservati nell'ex giardino reale dimostrano che in un'epoca successiva l'edificio venne ampliato e la recinzione rettangolare fu sostituita; così il nuovo e più ampio semicerchio, con forti pilastri addossati alle pareti, uscì dal limite segnato dalla primitiva facciata per spingersi fino ad occupare la massicciata della vicina strada. Lastre di marmo bianco rivestivano all'esterno il podio della scena decorato con lesene dalle basi sagomate.

Attualmente sono in corso lavori per trovare un collegamento tra le parti esterne dell'edificio con quanto è ancora conservato nei sotterranei della così detta "manica lunga", mentre nuove esplorazioni nell'interno e verso il portico forniranno nuovi elementi per la ricostruzione del teatro e forse permetteranno anche di formulare qualche ipotesi più precisa sulla cronologia delle sue varie fasi costruttive.

La Porta Palatina di T. può essere considerata uno dei più begli esempî di porta urbica; in essa si concilia la solidità di un'opera difensiva con la raffinata eleganza della facciata di un palazzo. Le torri poligonali introducono nel monumento la nota più caratteristica; il corpo centrale, scandito dal ritmo delle finestre sui due ordini sovrapposti, resta l'elemento architettonico di maggior rilievo, le piramidi che partendo dalla pianta quadrata delle torri salgono fino ad avvolgersi ai sedici lati ne sottolineano la struttura difensiva, ma è soprattutto l'uniformità del materiale usato, il rosso mattone, quello che forma il motivo dominante di questo monumento.

La tipologia della Porta Palatina si ripeteva in altre due porte della città: in quella detta "marmorea" (la principalis dextra), distrutta nel 1635 e di cui si conserva il ricordo di un disegno di Giuliano da Sangallo, e nella Porta Decumana, i cui resti sono ancora visibili incorporati nella bella costruzione di Palazzo Madama.

Bibl.: C. Promis, Storia dell'antica Torino, Torino 1869; C. Hülsen, in Pauly-Wissowa, II, 1896, c. 2347, s. v. Augusta Taurinorum; E. De Ruggiero, in Diz., p. 821, s. v. Augusta Taurinorum; T. Rossi- G. Gabotto, Storia di Torino, I, Torino 1914; G. Bragagnolo- F. Bettazzi, Torino nella storia del Piemonte e d'Italia, I-II, Torino 1915-1919; G. Bendinelli, Torino romana, Torino 1929; F. Rondolino, Storia di Torino antica, in Atti della Soc. Piemont. di Archeol. e Belle Arti, XII, 1930.

(C. Carducci)

Collezioni Archeologiche.

Le collezioni di proprietà statale interessano le antichità egiziane, preistoriche e greco-romane; esse sono da molti anni distribuite a T. nel Palazzo dell'Accademia delle Scienze opera del Guarini (1624-1683).

Museo Egizio. - Le collezioni del Museo Egizio sono formate soprattutto dalla cospicua raccolta Drovetti, acquistata dal re Carlo Felice nel 1824, e dai cospicui apporti di più campagne di scavo in Egitto organizzate da Ernesto Schiaparelli e da Giulio Farina tra il 1903 e il 1937. Notevoli le statue della principessa reale Redid della dinastia III, di Amenhotep II, di Thutmosis III e di Tutankhamon a fianco del dio Amenrāc, tutte della dinastia XVIII; le sfingi di Amenhotep III, pur esse della dinastia XVIII; la statua di Ramesses Il della dinastia XIX.

Sette grandi sale al primo piano presentano gli aspetti della civiltà egiziana attraverso i documenti della vita giornaliera, dell'attività culturale, dell'iconografia religiosa, dei riti funerarî, ecc. D'interesse tutto particolare, il reperto funerario dei coniugi Cha e Merie, vissuti sotto la dinastia XVIII, provenienti da scavi in Deir el-Medīneh (necropoli di Tebe) nell'anno 1906. Notevole anche la silloge dei papiri ieratici, demotici, copti.

D'importanza eccezionale è la sala che raccoglie 19 dipinti parietali a tempera distaccati, nel 1911, da tombe del Medio Regno in el-Gebelein da parte dello Schiaparelli. Sempre da el-Gebelein provengono preziosissimi frammenti di tela lintea dipinta, rinvenuti dal Farina in tombe di età predinastica: essi costituiscono tuttora l'unico ed il più antico documento della pittura egizia su tela.

Collezioni preistoriche e greco-romane. - L'ordinamento dato alla "Mostra Permanente" nel 1948- che è praticamente durato fino al 1963- aveva tenuto conto delle diverse origini del materiale presentato e rispondeva nel criterio espositivo ad una duplice esigenza: documentaria e didattica. Nel nuovo ordinamento si è cercato invece di mantenere una netta separazione tra il materiale proveniente dagli scavi e quello delle collezioni, ma soprattutto si è inteso puntualizzare la facies archeologica locale. Così un lato del primo salone è destinato alla sezione preistorica e protostorica.

Dal musteriano alpino di Monte Fenera, attraverso gli esemplari neolitici raccolti a Vajes e a San Damiano, arricchiti dal materiale proveniente dalle grotte liguri, si giunge fino all'Età del Bronzo, illustrata con i ritrovamenti di Mergozzo e Trana; mentre l'Età del Ferro è documentata dal materiale fittile proveniente dalle stazioni del Merlotit (Novara) e Gremiasco (Alessandria) nonché dalla suppellettile delle necropoli golasecchiane del cuneese (Boves) e del novarese (Castelletto Ticino, S. Bernardino di Brione e Ameno).

La fase di transizione tra la protostoria e la romanità è precisata da alcuni esemplari provenienti da tombe tipo La Tène. Vicino ai vasi a trottola delle necropoli dell'Ossola si notano le imitazioni della ceramica etrusco-campana, raccolte anche in varie località del Piemonte insieme a monetazione repubblicana.

La tipica suppellettile delle tombe romane, caratterizzata dalle òlpai, dalla terra sigillata importata ed imitata e dai vasi a pareti sottili (gusci d'uovo) è arricchita da pregevoli esemplari di calices e pocula del vasaio aco.

Le due salette laterali al primo salone sono destinate ad illustrare la più tipica produzione del Piemonte romano: i vetri, i bronzi e gli argenti. Nella prima si trovano le argenterie del Tesoro di Marengo con il busto di Lucio Vero e la ricca collezione dei bronzi ritrovati nell'antica Industria comprendente il Satiro e la Danzatrice; la seconda è occupata dalla collezione di vetri dipinti a millefiori e soffiato.

In un gruppo di Vetrine il materiale tardo-romano e quello barbarico dei ritrovamenti di Testona, Borgo d'Ale e Lingotto mentre la parte centrale della sala è occupata da una serie di marmi romani dal territorio piemontese.

Le caratteristiche stele funerarie padane con le immagini del defunto sulla kline, con scene di taberna e con figurazioni di genere che si ricollegano al mestiere esercitato dal defunto, sono inserite tra pannelli illustranti la tipologia urbanistica delle città romane. Una documentazione fotografica è riservata a quei monumenti che- come il fregio dell'Arco di Susa- possono essere considerati le prime opere della romanizzazione nel territorio. Cippi e ritratti su stele funerarie completano il quadro di questa produzione artigianale; mentre alla testa colossale di Hera, trovata ad Alba, alle due statue loricate provenienti da Susa e ai rilievi di Palazzo Madama, è affidato il compito di rappresentare l'arte ufficiale e i simulacri del culto. Il secondo salone e le due stanzette laterali sono destinati al materiale proveniente da collezioni private.

Il centro del salone è quasi per intero occupato da numerose vetrine che illustrano l'evoluzione della ceramica. Uno psyktèr con la firma di Euthymides illustra, in maniera eccezionale, lo stile severo. La produzione italiota è presente nelle collezioni torinesi con numerosi esemplari, insieme alla ceramica etrusca, riunita in una delle salette laterali dove è raccolto tutto il materiale di questo periodo che fa parte delle collezioni torinesi.

Tra le sculture eccelle, nel settore più antico, un tarso del Diadumeno policleteo, una bella copia in basalto dell'Amazzone fidiaca e il noto Eros alato da un originale prassitelico; mentre per quanto riguarda la produzione più tarda si nota un torso di generale romano in porfido, trovato in Egitto, opera del IV sec. dell'Impero.

Tutta la parete di fondo del salone è occupata da una mensola continua che sostiene una scelta dei numerosi ritratti che facevano parte delle collezioni torinesi. Oltre alla ben nota Maschera del morto di età repubblicana, si nota il ritratto di Cesare trovato a Tuscolo e già facente parte della collezione dei Duchi di Genova nel Castello di Agliè (v. cesare). Rilievi di gusto ellenistico, un trono con decorazione figurata trovato a Luni e una serie di rilievi tipicamente romani completano insieme ad altri marmi di origine sconosciuta la esposizione di questo secondo salone.

Infine in un'altra saletta laterale è raccolta l'intera collezione di materiale cipriota che il Palma di Cesnola donò nel 1870 al Museo di Antichità. Le ceramiche si alternano con le sculture in pietra tenera, che dall'età arcaica giungono fino all'ellenismo.

(C. Carducci)