TOPOLOGIA ASTRATTA

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

TOPOLOGIA ASTRATTA

S. Fac.

. La topologia (meno modernamente chiamata analysis situs; v. III, p. 87) si occupa delle proprietà invarianti degli insiemi di punti nelle trasformazioni bicontinue (omeomorfismi), cioè nelle trasformazioni biunivoche di questi insiemi in altri, con la condizione che esse e le loro inverse siano continue. Se gli insiemi di punti considerati sono figure geometriche (curve, superficie dello spazio ordinario, o anche di uno spazio euclideo a più dimensioni) si ha la topologia classica; se invece si considerano insiemi qualsiasi di elementi di uno spazio astratto si ha la topologia generale astratta. Gli spazî astratti (v. in questa App.), che costituiscono il vero dominio della topologia generale, si definiscono per via assiomatica e sono detti spazî topologici.

Un insieme di elementi I è uno spazio topologico se per ogni insieme X I (X contenuto in I) è definito un insieme Ù I, detto chiusura di I, che verifica i seguenti cinque assiomi (di C. Kuratowski): 1) Se Y è un qualunque altro insieme ⊂ I, è

2) Se X non contiene che un solo elemento o non ne contiene alcuno è Ù = X; 3) Ê = Ù. Detto chiuso un insieme X quando è X=Ù, e detto aperto un insieme X I quando è chiuso l'insieme complementare I − X, si ha ancora: 4) Se X e Y sono insiemi chiusi senza elementi in comune, esiste un insieme aperto G tale che X G e che À non ha elementi in comune con Y; 5) Esiste in I una successione (numerabile) di insiemi aperti tale che ogni insieme aperto di I si può ottenere come somma di certi termini di quella successione. Un insieme X è detto intorno di un elemento quando questo non appartiene a

Lo spazio topologico può anche definirsi partendo, invece che dal concetto di chiusura, da quello di intorno; si ottiene così il seguente complesso di assiomi (F. Hausdorff) equivalente ai precedenti: A) ad ogni elemento corrisponde almeno un intorno. Ogni intorno di x contiene x; B) se X e Y sono due intorni di x esiste un intorno di x contenuto in X e Y; C) se X è un intorno di x, e y è un elemento di X, esiste un intorno Y di y contenuto in X; D) se x = y, esistono due intorni X e Y rispettivamente di x e y che non hanno elementi in comune; E) ad ogni elemento x corrisponde una successione (numerabile) d'intorni tale che ogni intorno di x contiene un termine di questa successione.

Un esempio di spazio topologico è fornito dallo spazio hilbertiano (H) (v. spazî astratti, in questa Appendice), cioè dalla totalità delle successioni x = {xn} di numeri reali, la distanza fra x e y = {yn} essendo definita da

e gli intorni di x dalle "sfere" d (x, y) 〈 r. Si chiama cubo fondamentale di (H) la totalità degli elementi x = {xn} con 0 ≤ xn ≤ 1/n.

Dal punto di vista della topologia generale il cubo fondamentale di (H) è lo spazio ambiente nel quale può pensarsi immerso qualunque spazio topologico. Infatti un celebre teorema di P. Urysohn afferma che ogni spazio topologico (che soddisfa cioè agli assiomi di C. Kuratowski o di F. Hausdorff) è topologicamente contenuto nel cubo fondamentale di (H), cioè è omeomorfo a un sottoinsieme di tale cubo fondamentale. La topologia generale può quindi definirsi come lo studio degli omeomorfismi che intercedono fra i sottoinsiemi del cubo fondamentale di (H). A dire il vero sono stati studiati anche spazî più generali, soddisfacenti ad esempio solo ai primi tre assiomi suddetti. Ma tali studî hanno solo carattere critico e il teorema di P. Urysohn delimita chiaramente il vero spazio ambiente in cui sono da svolgere le ricerche di topologia generale. È da notare che il teorema di P. Urysohn si fonda in modo essenziale sull'assioma delle infinite scelte arbitrarie (Zermelo).

Come esempio di una teoria che nella topologia generale si sviluppi in modo del tutto diverso che non in quella classica, accenniamo rapidamente alla teoria della dimensione.

Nella topologia combinatoria si definiscono enti semplici (simplessi) che si riuniscono in complessi. La dimensione di un simplesso (punto, segmento di retta, triangolo, tetraedro, ecc.) è quella dello spazio lineare minimo che lo contiene. È di fondamentale importanza il teorema di Brouwer della invarianza della dimensione nelle trasformazioni topologiche; non esiste cioè nello spazio lineare a n dimensioni nessun insieme che sia immagine topologica di un simplesso di dimensione > n. Nella topologia generale, per definire la dimensione di uno spazio S, si procede invece per via induttiva.

La dimensione di S è un intero ≥ − 1, oppure ∞, che si indica con dimS, mentre dimP S significa la dimensione di S nell'elemento P. Il numero dimS è definito dalle tre proprietà: 1) dimS=−1, equivale a dire che S è vuoto; 2) Se S non è vuoto, dimS = estremo superiore dei numeri dimP S, quando P descrive S; 3) dimP S n + 1 significa che esiste in ogni intorno di P un intorno aperto di P la cui frontiera è di dimensione ≤ n (la frontiera di un insieme X S è costituita dagli elementi comuni a X e a

Poiché i concetti di intorno e di frontiera sono invarianti topologici, così procedendo, si ha già in partenza l'invarianza della dimensione; si dovrà poi dimostrare l'equivalenza delle due definizioni per gli insiemi per i quali la dimensione era stata già definita nel modo classico.

Particolare interesse hanno gli spazî di dimensione zero, tali cioè che ogni intorno di ogni loro elemento contiene intorni aperti senza frontiera (es. lo spazio dei numeri razionali, quello dei numeri irrazionali). Come modello degli spazî 0-dimensionali si può assumere un noto insieme perfetto e di misura nulla di Cantor in quanto ogni spazio 0-dimensionale è immagine topologica di un suo sottoinsieme (Urysohn).

Se uno spazio topologico S ha dimensione n, esiste un sottoinsieme S′ di S (detto nucleo di S) tale che per ogni suo elemento P sia dimP S=n. L'insieme S′ ha sempre dimensione ≥n−1 (K. Menger). Si può presentare effettivamente il caso in cui il nucleo ha dimensione n − 1 e non n (W. Sierpinski, Mazurkiewicz).

Accenniamo ora ad alcune fra le principali applicazioni della topologia astratta all'analisi matematica.

Di grande interesse nella topologia classica è il teorema di Brouwer dell'esistenza dell'elemento unito, che (per il simplesso) afferma che ogni rappresentazione continua di un simplesso in sé ha sempre almeno un elemento unito (al quale cioè corrisponde sé stesso). Questo teorema è stato esteso (Birkhoff-Kellog, Schauder, Caccioppoli) alle trasformazioni continue negli spazî topologici.

Sia C una classe di funzioni e si abbia da risolvere l'equazione funzionale u = F (u), dove u è un elemento di C, e F una legge che associa ad ogni elemento u di C un altro elemento v = F (u) ancora di C. Considerata la C come uno spazio topologico (definendone opportunamente i concetti di chiusura o di intorno), la v =F (u) è una trasformazione di C in sé e la risoluzione dell'equazione funzionale u = F (u) equivale alla ricerca degli elementi uniti in tale trasformazione. I teoremi di esistenza dell'elemento unito nelle trasformazioni continue negli spazî astratti permettono, quindi, di dedurre teoremi di esistenza della soluzione per le più svariate equazioni funzionali, con un procedimento unitario e allo stesso tempo assai efficace. Un altro importante teorema di Brouwer assicura che, in una trasformazione topologica fra due sottoinsiemi di uno spazio euclideo a n dimensioni, i punti interni e i punti al contorno di un insieme si mutano rispettivamente nei punti interni e in quelli al contorno dell'altro. Questo risultato è stato esteso agli spazî astratti da Schauder, che ne ha dedotto altri teoremi di esistenza e di unicità per equazioni funzionali, quando tali teoremi si conoscano per particolari tipi di equazioni; allo stesso modo come, se si sa che il sistema di equazioni lineari

ha una e una sola soluzione per fissati valori delle costanti ai,k e bk, se ne deduce che il sistema continua ad avere una e una sola soluzione qualunque siano le bk. Altri concetti della topologia classica sono stati estesi alla topologia generale e si sono rivelati notevolmente fecondi di applicazioni. Basterà citare il conetto di grado di una trasformazione (Brouwer) esteso da Schauder e Leray.

Nelle applicazioni della topologia generale all'analisi ha grande importanza lo studio delle trasformazioni funzionali; fra queste ha grande interesse, sia dal punto di vista teorico sia per le applicazioni alla tecnica, la trasformazione di Laplace, di cui daremo ora un cenno.

Sia α (t) una funzione complessa della variabile reale t (≥ 0) che per semplicità supporremo continua. L'integrale

dove s=x+iy è un numero complesso, se converge per s0 = x0 + iy0, converge anche per tutti gli s con x > x0. Si definisce così un numero reale xc, detto ascissa di convergenza (ed eventualmente = ± ∞) con la proprietà che nel semipiano della variabile complessa s per cui è x > xc, è definita la funzione di s

che è detta la trasformata di Laplace della funzione α (t).

L'integrale di Laplace [1] è quindi una operazione che muta la funzione α (t) nella funzione L [α(t)] della variabile complessa s. Tale operazione dicesi la trasformazione di Laplace.

La L [α(t)] viceversa individua la propria funzione generatrice α (t).

La L [α(t)] è una trasformazione lineare, cioè

Inoltre nei punti s=x + iy con è x > xc, la L [α(t)] possiede derivate di tutti gli ordini ed è

Se la α (t) ha le derivate prima e seconda α′ (t), α″ (t), è

nei punti s in cui esistono entrambe le trasformate. Ne segue

Queste mostrano che all'operazione di derivazione e integrazione della α (t), la trasformazione di Laplace fa semplicemente corrispondere la moltiplicazione e la divisione per s.

Si abbia da integrare l'equazione differenziale nella funzione incognita y (t):

dove le ai sono costanti e ϕ (t) è una funzione assegnata, con le condizioni iniziali y (0) = b0, y′ (0) = b1.

Applicando ai due membri della [5] la trasformazione di Laplace si ottiene, in base alle [2]:

e, in base alle [3] e [4]:

da cui

Della cercata soluzione y (t) si viene così subito a conoscere la trasformata di Laplace L [y (t)]. Occorre ora invertire la L [y (t)], ossia da essa ricavare la funzione y (t). Si conoscono numerose formule di inversione che (almeno teoricamente) risolvono tale problema. Fra esse è classica la formula di Riemann:

l'integrale essendo esteso, nel piano complesso s=x+iy, alla retta x=a, con a>xc. Nella pratica, essendo note le trasformate di Laplace delle funzioni di uso più frequente, si hanno tabelle che permettono di ricavare dalla trasformata L [α (t)] la funzione generatrice α (t).

Bibl.: F. Hausdorff, Mengenlehre, Berlino 1935; P. Alexandroff e H. Hopf, Topologie, Berlino 1935; C. Kuratowski, Topologie, Varsavia 1933; N. Bourbaki, Éléments de mathématique, Parigi 1939; G. Doetsch, Theorie und Anwendung der Laplace - Transformation, Berlino 1937; D. V. Widder, The Laplace Transform, Princeton 1946.