TOPOGRAFIA

Enciclopedia Italiana (1937)

TOPOGRAFIA (dal gr. τόπος "luogo" e γραϕή "scrittura")

ISTITUTO GEOGRAFICO MILITARE

È l'insieme dei sistemi e procedimenti atti ad ottenere con metodi scientifici la fedele rappresentazione grafica, su di un piano, di una determinata zona di terreno secondo un prestabilito rapporto fra lunghezze grafiche e lunghezze obiettive corrispondenti (scala). La figura che così si ottiene - simile naturalmente alla zona rappresentata - suol chiamarsi mappa o pianta topografica. Da tali piante o mappe, con procedimenti tecnici opportuni, si ricavano le carte topografiche, così chiamate per differenziarle dalle carte corografiche e da quelle geografiche.

La topografia trova larga applicazione diretta e indiretta nella vita civile, a servizio dell'agricoltura, del catasto, della stima dei fondi, delle costruzioni civili, idrauliche e stradali, ecc.; grande applicazione trova poi nell'attività militare.

L'insieme delle operazioni necessarie per ottenere, sopra un foglio di carta, il disegno di una limitata zona di superficie terrestre, in modo che le figure risultanti conservino, rispetto alle corrispondenti porzioni di superficie terrestre, determinate relazioni geometriche, si chiama rilevamento del terreno o levata topografica. Perché le operazioni in parola siano complete occorre che oltre tutti i particolari relativi alla planimetria (configurazione) vi si possano rappresentare anche gli elementi che dànno il rilievo (conformazione). Nella topografia, dunque, si considerano la planimetria e l'altimetria.

Per ottenere la planimetria si proietta su di una superficie piana orizzontale un conveniente numero di punti notevoli della zona che si vuole rappresentare nelle sue forme e dimensioni, si prendono le misure necessarie, si fissano le posizioni mutue delle diverse proiezioni, e con tutte queste misure si compone la mappa. L'altimetria si occupa dei metodi che conducono a far conoscere il rilievo del terreno, ossia l'insieme delle distanze verticali dei diversi punti del suolo, da una superficie orizzontale di riferimento prestabilita, che è generalmente quella del mare.

I metodi da seguire per compiere le operazioni planimetriche e quelle altimetriche esigono, dipendentemente dall'estensione del terreno sul quale si deve operare, dalla natura del lavoro e dallo scopo per cui esso viene intrapreso, nozioni particolari e l'uso di strumenti di maggiore o minore precisione a seconda dei casi. Ne derivano operazioni di vario grado di precisione.

Le determinazioni planimetriche in qualunque rilievo topografico si sviluppano fissando (in piano e quota) un certo numero di punti con geometrica precisione relativamente notevole, piuttosto distanti gli uni dagli altri; nelle figure topografiche così risultanti, s'inseriscono via via, con operazioni di decrescente precisione, altri punti rilevati con riferimento ai primi. Con questo progressivo raffittimento, il cui criterio fondamentale è quello di ridurre al minimo gli effetti della propagazione degli errori, dopo parecchi successivi raffittimenti condotti con metodo geometrico di rilevamento, si arriva in definitiva ad avere, nella rappresentazione grafica del terreno da rappresentare, dei punti talmente vicini fra loro, che riesce possibile fare il completamento del disegno ad occhio, con la sicurezza di commettere errori pressoché trascurabili.

Le operazioni necessarie al rilievo topografico di un'estesa zona sono d'importanza ben diversa da quelle che normalmente si compiono nella zona avente all'incirca una trentina di chilometri di diametro (zona corrispondente a ciò che suol chiamarsi campo topografico). Entro questi limiti di ampiezza, le figure obiettive possono senza sensibile errore ritenersi piane, in quanto gl'inevitabili errori insiti nelle stesse operazioni topografiche superano in entità quelli che si commettono identificando con la planimetria la stessa superficie obiettiva. Oltre questi limiti di ampiezza, si passa nel campo geodetico; le determinazioni occorrenti richiedono speciali calcoli preventivi e correttivi, di ordine più elevato (v. cartografia). Come superficie di riferimento, nel caso di operazioni geodetiche si assume quella fornita dalla superficie del mare virtualmente prolungata sotto i continenti e le isole. È la superficie di quello che il Listing chiamò geoide (v. geodesia).

La forma del geoide è qualche cosa di notevolmente diverso da quello che si usa considerare come forma di prima approssimazione. Come forma di seconda approssimazione sufficiente per la cartografia topografica si assume l'ellissoide di rotazione.

Mentre nel campo topografico piano si considerano parallele fra loro le rette che dànno gli orientamenti o azimut, nel campo geodetico occorre tener conto della forma sferoidica della Terra; in altri termini, occorre tener conto, nel modo che la geodesia insegna, della convergenza dei meridiani.

Tutte le misure lineari, poi, che possano essere determinate in topografia e in geodesia operativa, devono essere ridotte all'orizzonte, vale a dire alle dimensioni corrispondenti alla loro proiezione sul piano orizzontale di riferimento.

Le operazioni topografiche, intese a fissare punti e linee, orizzontali e verticali, e a misurare distanze o angoli, richiedono strumenti di specie diversa a seconda del genere di lavoro e a seconda della scala. Fra i più semplici si possono annoverare: il filo a piombo, il livello ad acqua, la livella a bolla d'aria e sferica, le canne e la catena metrica, i nastri metrici, i nonî o vernieri, le paline, i picchetti, la bussola topografica, lo squadro agrimensorio, le tavolette leggiere portatili; fra i più complessi, il goniometro a traguardi e a cannocchiale, la tavoletta pretoriana, il tacheometro, il teodolite.

Il rilevamento topografico è detto regolare quando si deduce da strumenti particolarmente precisi e da calcoli, e appoggiato a punti esattamente determinati sia planimetricamente sia altimetricamente. Si dice invece speditivo il rilievo eseguito in circostanze nelle quali manchi, per la deficiente comodità o scarsità di tempo, la possibilità di mirare a un notevole grado di precisione.

Tali circostanze si riscontrano spesso nei rilievi a scopo militare, o in lontane e disagevoli contrade coloniali. In simili casi, al condottiero di truppe o all'esploratore può giovare il conoscere se in una data regione vi siano colline, alte montagne, corsi d'acqua, strade, ecc., e conoscere con una certa approssimazione la loro configurazione e conformazione, mentre può riuscire meno interessante la nozione dell'esatta altitudine dei rilievi, ovvero quella dell'esattissima relatività di posizione, in fatto di dimensioni fra determinati particolari topografici. Può quindi riuscire in tali casi assai vantaggioso, nei riguardi della speditezza e della spesa, un rilevamento eseguito in gran parte a vista e appoggiato a numerosi punti determinati con una sufficiente approssimazione.

Per tale lavoro topografico si fa uso di strumenti che celermente misurano angoli, distanze e dislivelli; strumenti non molto perfetti ma poco ingombranti e di facile trasporto. Tali sono i sestanti, gli ecclimetri a bolla riflessa, le bussole magnetiche, i telemetri, i barometri, i podometri, ecc., coi quali si compiono operazioni simili a quelle per rilievo regolare.

Determinazioni nel campo topografico si fanno: a mezzo di intersezioni dirette, che dànno luogo alla triangolazione grafica; a mezzo di intersezioni inverse o a vertice di piramide; a mezzo di poligonali grafiche o per camminamento; a mezzo d'irradiamento da punti precedentemente determinati.

Sotto altro punto di vista, il rilievo topografico può essere eseguito: o ricavando sul terreno misure numeriche corredate da schizzi eseguiti speditamente, ma con chiarezza (rilievo numerico); ovvero disegnando direttamente sopra una carta da disegno tesa su di un'assicella di legno (rilievo grafico); ovvero sfruttando con singolare esattezza e con mezzi moderni fotografie prese da terra in determinate condizioni (fotogrammetria terrestre); ovvero, infine, sfruttando, attraverso particolari procedimenti, fotografie prese dall'aereo (aereofotogrammetria).

Il rilievo topografico di una regione di una certa ampiezza presuppone compiute determinate operazioni preventive intese a fornire i precisi elementi di punti di appoggio e le rispettive coordinate geografiche (latitudine e longitudine); operazioni preventive che richiedono adeguati strumenti e adatti procedimenti matematici; strumenti e procedimenti che sono di pertinenza della geodesia operativa.

Nel rilievo topografico, l'utilizzazione di tali punti di appoggio viene fatta trasformando le dette coordinate geografiche in coordinate rettilinee per poter riferire i punti stessi a due assi ortogonali tracciati nel mezzo del foglio da disegno, e sullo specchio della tavoletta pretoriana. Il valore delle coordinate rettilinee può variare a seconda del metodo di proiezione cartografica che viene adottato per la rappresentazione topografica.

Nel caso in cui il rilievo si faccia in una regione non più ampia del cosiddetto campo topografico, ovvero in terreno nel quale non si trovino elementi di una determinazione geodetica preventiva, si rende inevitabilmente necessario eseguire una triangolazione topografica completa.

A tal fine si misura innanzi tutto una base ab direttamente sul terreno, con la maggiore cura (fig. I): si riduce tale base all'orizzonte e la si riporta in scala sul disegno (può ben servire all'uopo un tronco rettilineo di strada o di argine, di conveniente lunghezza). Facendo successivamente stazione agli estremi a,b della base, si punteranno, con strumento adatto, i punti c,d e da questi e e f, ecc., sviluppando, sempre graficamente, una serie di triangoli prossimi alla forma equilatera. Viene così a determinarsi, con il facile intuitivo metodo della intersezione (di visuali), tutto un insieme di vertici, che saranno i punti di appoggio del rilievo da eseguirsi. Ove s'impieghino i comuni goniografi, l'estensione della zona potrà spingersi fino a 4-5 kmq. se la scala sia di 1:10.000; a 7-8 kmq. se la scala sia da 1:25.000; a 10-12 kmq. se la scala sia di 1:50.000. Sorpassando tali limiti di ampiezza, il rilievo verrebbe a risultare affetto da errori troppo forti.

In levate della specie ora detta, l'orientamento si fa generalmente con la bussola. Si avverta che la triangolazione topografica qui descritta si rende necessaria (a titolo complementare) anche quando esista bensì una triangolaztone geodetica, ma questa offra elementi non sufficienti o non tutti utilizzabili. Si tratterà in tal caso di preparare, con il detto metodo dell'intersezione, dei punti d'appoggio sussidiarî, e di renderli ben visibili sul terreno.

Stabilita, nei modi ora detti, una rete di punti di appoggio a conveniente distanza l'uno dall'altro, si procede al rilievo topografico regolare vero e proprio.

Lo strumento più adatto al rilievo regolare grafico è la tavoletta pretoriana, immaginata da Giovanni Pretorius di Norimberga, più propriamente J. Richter, nella seconda metà del sec. XVI. Questo strumentn offre il grande vantaggio di permettere il disegno immediato dei particolari sul posto di stazione e delle forme del terreno mediante la visione diretta; consente altresì la possibilità di eseguire controlli dalle stazioni successive, e offre questi altri vantaggi: breve e agevole preparazione degli operatori; speditezza nel lavoro definitivo; possibilità, non appena ultimato il lavoro di campagna, di tradurlo subito in disegno a penna in ufficio.

Le operazioni successive alla triangolazione topografica già vista consistono nel determinare punti intermedî ai precedenti che servano di stazione per il rilievo dei particolari. L'operatore per autodeterminarsi, ossia per fissare graficamente con esattezza sulla tavoletta la propria posizione (stazione), orienta innanzi tutto lo specchio della tavoletta pretoriana, sul quale sono già riportati i punti di appoggio. Il che egli otterrà, quando, fra i punti segnativi e quelli corrispondenti sul terreno, si realizzi la cosiddetta omotetia. Il centro di omotetia sarà il ricercato punto di stazione; esso corrisponderà all'incontro delle visuali congiungenti i punti reali sul terreno con i punti grafici dello specchio.

Per ottenere tale scopo, l'operatore ha a disposizione due metodi: quello della risoluzione grafica del problema di Snellius (a vertice di piramide grafico o della intersezione inversa); quello del triangolino.

Il procedimento a vertice di piramide grafico si basa sulle seguenti considerazioni: supponiamo, come indica la fig. 2, il problema risolto. Siano a, b, c le proiezioni di tre punti A, B, C del terreno; le visuali Aa Bb, Cc congiungenti due a due i punti considerati s'incontrano nel centro di omotetia S, ossia nella stazione cercata. Gli angoli α, β saranno eguali a quelli obiettivi, i cui lati da S vanno ai punti A, B, C del terreno.

Si consideri la circonferenza che passa per i tre punti a, b, S; essa taglierà la visuale SC in un punto x; è evidente che basterà segnare sullo specchio questo punto ausiliario x, per poter orientare lo specchio stesso sulla direzione xC. Congiunto il punto x con a e con b, osserviamo che gli angoli α′, β′ sono eguali rispettivamente ad α, β perché hanno il vertice sulla circonferenza e hanno per misura rispettivamente la metà dello stesso arco; dunque il punto x potrà essere determinato costruendo prima, nel punto a e sull'allineamento a b, l'angolo β′ = β. Per realizzare ciò materialmente, l'operatore appoggia l'alidada della diottra lungo il lato a b e in quel senso traguarda il punto B sul terreno, girando lo specchio sul suo treppiede; indi facendo perno con la diottra nel punto a dello specchio, traguarda il punto C sul terreno tracciando col lapis questa direzione. Costruisce di poi l'angolo α + β, al quale scopo egli deve costruire, esternamente al triangolo a b x, l'angolo α + β appoggiando la alidada della diottra lungo il lato b a, e poi - con opportuno movimento dello specchio - traguardare in quel senso il punto A sul terreno; deve infine, facendo perno con la diottra nel punto b, traguardare il punto B sul terreno e tracciare una retta col lapis sullo specchio. Tale retta segnerà la direzione che taglierà la prima nel punto x cercato.

A questo punto l'operatore appoggia l'alidada della diottra lungo la retta x c, e girando lo specchio traguarda il punto C sul terreno. In tal modo lo specchio sarà orientato, e le visuali aA, bB si dovranno incontrare in S con la x c, determinando sullo specchio il punto corrispondente alla stazione scelta sul terreno per il rilievo.

Questa costruzione è teoricamente perfetta, ma in pratica dà luogo a piccoli errori di graficismo a causa dei movimenti che richiede, sicché le tre visuali, anziché incontrarsi in un punto potranno invece formare un piccolo triangolo.

Si preferisce perciò di solito un altro metodo, quello che appunto si chiama del triangolino. In tale procedimento l'operatore dà innanzi tutto allo specchio un orientamento approssimato, o a vista o per mezzo del declinatore magnetico. Come nel sistema precedente, egli sceglierà i punti di appoggio in modo che uno sia molto lontano e gli altri due relativamente vicini, e che le visuali ad essi dirette facciano fra loro angoli la cui somma superi 90°. Così, il punto più lontano servirà per l'orientamento. Dirigendo poi la linea di mira del cannocchiale della diottra ai tre punti A, B, C, l'operatore ne segna sullo specchio le tracce, mediante l'alidada. Se l'orientamento della tavoletta è giusto, tali tracce si incontreranno in un punto che sarà il punto di stazione; altrimenti formeranno un triangolino. L'operatore si propone allora di ridurre tale triangolo a un punto, mediante conveniente rotazione della tavoletta. Ciò egli ottiene orientando il punto d'incontro alle due visuali più corte A e B, sul punto più lontano C, e ripetendo quest'operazione fino a chiusura del triangolino.

Arrivato a tale risultato (e si dirà poi come si deve quotare il punto di stazione) l'operatore può ad esempio eseguire il lavoro topografico mediante poligonali grafiche o numeriche, col metodo cioè detto per camminamento. Questo consiste nel procedere, per coordinate polari successive, al collegamento di due punti di appoggio già noti, ottenendo così, nell'insieme, una linea spezzata i cui vertici possono anche servire di stazione per il rilievo dei particolari. In queste determinazioni successive concorrono le misure di direzione date dall'istrumento graficamente o numericamente, con quelle di lunghezza dei lati, ottenute o direttamente con le canne metriche, ovvero col cannocchiale a stadia. Il procedimento per camminamento è usato principalmente nei rilievi numerici, perché nelle operazioni grafiche non offre sufficiente esattezza; vi si ricorre perciò solo quando è indispensabile, ad esempio nel caso di terreno boscoso.

Da ciascuno dei punti determinati coi metodi sopradescritti, si può procedere, finalmente, per irradiamento, al rilievo di tutti i punti che occorrono alla rappresentazione topografica. Di ciascuno di essi, si dovrà naturalmente determinare la distanza e la direzione, percorrendo il giro d'orizzonte. Il metodo è celere, ma non offre possibilità di sicuri riscontri.

Imbastita, nei modi ora detti, la levata topografica in senso geometrico, l'operatore passa alla rappresentazione grafica figurativa vera e propria, riunendo con opportune linee i punti determinati: è qui dove l'abilità dell'operatore si rivela, in quanto una rappresentazione grossolana o errata renderebbe vano il lavoro della più accurata imbastitura. La difficoltà della rappresentazione grafica, come è intuitivo, cresce col diminuire della scala, ossia con l'aumentare del denominatore esprimente la scala stessa.

Il rilievo a vista non è facile; richiede molta esperienza, molta perizia tecnica e spesso anche l'ausilio di qualche strumento speditivo, per diminuire gli errori in cui s'incappa lavorando ad occhio.

Nella topografia speditiva la valutazione diretta delle distanze, viene fatta generalmente con metodi empirici: conteggio dei passi a piedi, ovvero del tempo di marcia con i varî mezzi. Invece nei rilievi regolari con la tavoletta pretoriana o col tacheometro, le distanze vengono misurate con il metodo indiretto del cannocchiale a stadia.

Teoria del cannocchiale a stadia. - Immaginiamo in L situato l'obiettivo di un cannocchiale di centro ottico o, con fuoco anteriore F (fig. 3). A una certa distanza D da questo, sia situata una stadia graduata, presso il punto che interessa.

Nel piano P, ove si forma l'immagine della stadia, sia collocata una lastrina di vetro sulla quale sono incisi due sottili tratti rettilinei orizzontali che in figura si profilano in a, b, e che costituiscono il micrometro del cannocchiale.

Essi intercetteranno sulla stadia una corrispondente lunghezza A B. Siccome i raggi che partono da A B, passando per il fuoco F, colpiscono l'obiettivo in a′, b′ ed emergono paralleli all'asse ottico, sarà a b = ab′. I due triangoli simili FAB e Fab′ stabiliscono la relazione AB: SF = ab′ : oF dalla quale

La lunghezza SF, cioè la distanza D che dobbiamo valutare, si otterrà moltiplicando la lunghezza AB di stadia, intercettata tra i fili del micrometro, per il rapporto fra la lunghezza focale oF e la distanza ab′ dei fili del micrometro. Questo rapporto, chiamato diastimometrico, è costante per ogni cannocchiale e ha generalmente per valore 100.

Le stadie topografiche adoperate per rilievi a scale medie, lunghe 4 metri, sono divise a tratti uguali di 10 cm. con scacchi alternati di vario colore (nero, rosso, bianco) per facilitare la lettura; ogni scacco compreso nella lettura fra i fili del micrometro rappresenta così 10 m. di distanza. Si può stimare a vista la porzione di scacco che ogni lettura può avere e spingere l'approssimazione ai metri. La fig. 4 dà un'idea del come deve essere fatta la lettura; i due fili estremi del micrometro comprendono 16 scacchi interi, i quali, essendo 100 il rapporto diastimometrico, dànno già una distanza di 160 m. Poiché il primo filo taglia l'ultimo scacco per una porzione che si può stimare di cm. 6 (e che perciò rappresenta altri 6 metri) la distanza totale cercata è di metri 166.

L'operazione è assai semplice e se è condotta sopra distanze non superiori ai 400 metri, il risultato è soddisfacente.

Per lavori tacheometrici a scala maggiore, dove l'errore di lettura può assumere graficamente un valore sensibile, le stadie vengono divise in centimetri e consentono la lettura diretta dei millimetri. È naturalmente necessario che la stadia sia normale all'asse ottico del cannocchiale; dal che deriva che, se il punto del quale si cerca la distanza non è situato allo stesso livello dell'osservatore, occorre inclinare la stadia fino a disporla normalmente all'asse ottico del cannocchiale (scopo che praticamente si raggiunge per mezzo di una piccola mira).

A nomna di quanto si è detto, la distanza calcolata nel modo indicato è quella compresa fra la stadia e il fuoco anteriore dell'obiettivo; ad essa occorre aggiungere la lunghezza focale, piùi ancora la Oistanza della lente obiettiva dal centro dell'istrumento.

Il micrometro del cannocchiale in realtà non è costituito da due soli fili: esiste anche un filo medio verticale che, incrociando con un filo medio orizzontale, stabilisce la linea di mira. Nel cannocchiale del tacheometro sono segnati ancora altri due fili orizzontali per aumentare le letture e ottenere una maggiore approssimazione nei risultati, quandi si debba lavorare a scale grandi.

Il tacheometro si adopera in topografia per lavori di precisione; esso consente di ottenere tutti i dati che fornisce la diottra, ma in valori numerici, ed è specificamente idoneo per il rilevamento i cui dati rispondonn alle esigenze dei rilievi a qualsiasi scala.

La levata topografica, infine, non è completa se ai punti determinati geometricamente non si assegnano le rispettive quote esatte. Assoluti è la quota di un punto quando viene riferita al livello medio del mare; relativa è la quota di un punto quando è riferita a quella di altri punti. Cade qui opportuno ricordare che a mezzo della livellazione di precisione si sogliono quotare esattamente determinati capisaldi di livellazione per allacciare a questa alcuni punti della rete trigonometrica.

Questi ultimi, per quanto numerosi, sono in complesso insufficiemi rispetto alle esigenze del rilievo topografico; d'altra parte non conviene moltiplicare di troppo le linee di livellazione geometrica, la quale è assai costosa, e non offre punti molto adatti alle operazioni topografiche (infelice ubicazione, scarsa visibilità). I vertici della triangolazione geometrica e topografica forniscono al mappatore buoni elementi di partenza per la determinazione delle quote delle stazioni e successivamente dei punti che vengono determinati per fissare i particolari. Per regola, l'operatore collega un ristretto numero di punti trigonometrici di una prima zona, col mezzo della livellazione di precisione; con criterio inverso a quello seguito nelle determinazioni planimetriche, determina trigonometricamente le quote dei vertici delle più piccole figure, per arrivare a quotare quelli delle più grandi. La combinazione della livellazione di precisione con quella trigonometrica evita l'accumularsi di errori, funzionando la livellazione geometrica, nelle determinazioni altimetriche, come i grandi triangoli di 1° ordine in quelle planimetriche.

La quotazione dei punti della triangolazione, o livellazione trigonometrica, viene eseguita con strumenti della più alta precisione e con massime precauzioni. Nel caso eccezionale nel quale manchi totalmente il lavoro geodetico e si debbano appoggiare le operazioni di rilievo a una triangolazione topografica, occorre che sopra ogni vertice e per ogni lato, siano fatte precise determinazioni di differenze di livello, eseguite con valori risultanti dalla media di osservazioni coniugate e reciproche.

L'operatore collega uno dei vertici della triangolazione con un caposaldo della livellazione di precisione; quota successivamente tutti i vertici di un prestabilito poligono marginale della rete, che si chiuda sul punto della quota di partenza. Se ad operazione ultimata, la quota trovata per questo non coincide con quella di prima, l'operatore compensa il cosiddetto errore di chiusura, correggendo successivamente tutti i punti battuti; egli estende poi la quotazione a tutti i vertici interni del poligono. Tutte le quote dovranno essere riferite a un punto bene stabilito e ben visibile da lontano, di cui deve misurarsi direttamente l'altezza per il riferimento a terra.

Ove manchi la livellazione di precisione, si fissa una quota relativa di partenza con una determinazione barometrica o con altro mezzo, e si procede nel modo dianzi indicato, per poi correggere all'occorrenza i risultati, quando sia nota la quota assoluta. Le quote della livellazione trigonometrica e quelle della topografica serviranno di partenza alla quotazione dei punti di ordine inferiore.

Nelle operazioni di rilevamento topografico, la quotazione dei punti di stazione e dei particolari del terreno non differisce come metodo dalla prima, ma è eseguita con strumenti di minore precisione. Per regola la quotazione di ciascun punto si fa risolvendo un triangolo rettangolo posto in un piano verticale (figura 5), del quale un cateto è il dislivello cercato, l'altro cateto è la distanza orizzontale del punto dalla stazione di quota conosciuta. Ottenuto per lettura diretta, sul cerchio verticale dello strumento, l'angolo sotto cui viene collimato il punto, di quota incognita, si ottiene il dislivello cercato a mezzo della semplice relazione trigonometrica

Essendo ordinariamente la quota del punto A riferita a terra, al dislivello h si aggiunge l'altezza da terra all'asse dell'istrumento, che si indica con ΔI; se del punto B non si scorge il terreno al quale deve essere riferita la quota, occorrerà togliere, dal dislivello h ottenuto, l'altezza del punto mirato che si indica con ΔM. La relazione diventa allora:

e indicando con qα la quota del punto B e con qτ quella del punto A conosciuto avremo:

dove D tang α è positivo o negativo a seconda che l'angolo sia di elevazione o di depressione; il valore ΔI va introdotto col segno + se l'istrumento si trova situato al di sopra del piano di riferimento della quota nota in A, e col segno −, se al di sotto; il valore ΔM sarà anche questo positivo o negativo secondo che venga mirato un punto al disotto o al disopra del punto di riferimento della quota cercata.

Nella determinazione dei dislivelli occorre fare un'altra correzione dovuta alla sfericità della terra e alla rifrazione dell'atmosfera; la prima ha per effetto un apparente abbassamento degli oggetti, la seconda ha un risultato opposto, attenuando il primo effetto di circa un ottavo. Il metodo per tener conto dell'azione combinata della curvatura terrestre e della rifrazione è concretato in speciali tabelle di correzione.

Le quote delle stazioni principali si determinano in modo identico a quello usato per le quote dei particolari, e cioè facendo riferimento a un punto di quota conosciuta. Le quote debbono provenire dall'osservazione di almeno tre punti della rete di triangolazione; le differenze fra i risultati, a due a due considerati, debbono risultare inferiori a un metro, per essere tollerabili.

I particolari del terreno sono quotati generalmente con lati abbastanza corti, per i quali è sulficiente un solo riferimento. Per quanto numerose possano essere le quote segnate sopra una levata topografica, esse non potranno mai dare a prima vista l'idea della forma del terreno: si otterrebbe solo quello che si dice un piano quotato. Il modo più efficace per la rappresentazione plastica del terreno è fornito dall'uso delle curve orizzontali o curve di livello o isoipse, uso introdotto nel 1737 dal francese Philippe Buache in un suo progetto di lavoro. Questo metodo permette un accurato studio del terreno, e la soluzione di tutti i problemi di altimetria (v. Topografiche, Carte).

Fra le applicazioni militari la topografia occupa un posto assai importante, in quanto la fortificazione, la tattica, il tiro, implicano problemi pratici in cui l'elemento topografico ha sempre grande giuoco.

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