Tono vasale

Enciclopedia del Novecento II Supplemento (1998)

Tono vasale

Zvonimir S. Katusic e John T. Shepherd
John T. Shepherd e Zvonimir S. Katusic

Fattori vascolari vasoattivi, di Zvonimir S. Katušić e John T. Shepherd

Regolazione neuroumorale, di John T. Shepherd e Zvonimir S. Katušić

Fattori vascolari vasoattivi, di Zvonimir S. Katušić e John T. Shepherd

SOMMARIO: 1. Introduzione: a) generalità; b) cenni storici.  2. Rilassamenti endotelio-dipendenti: a) prostaciclina; b) ossido nitrico; c) fattori iperpolarizzanti; d) peptidi C-natriuretici.  3. Contrazioni endotelio-dipendenti: a) prodotti della ciclossigenasi; b) angiotensina II; c) endoteline. □ Bibliografia.

1. Introduzione

a) Generalità.

Dal punto di vista anatomico, l'endotelio si trova in una posizione strategica tra il sangue circolante e la muscolatura liscia vasale ed è la fonte di sostanze, ad azione sia vasodilatatrice che vasocostrittrice, coinvolte nel mantenimento del tono vasale. In condizioni fisiologiche le cellule endoteliali svolgono una funzione protettiva e liberano continuamente fattori di rilassamento atti a prevenire la contrazione delle fibre muscolari lisce e il vasospasmo. Allorché insorgono malattie vascolari, le cellule endoteliali possono perdere la loro capacità di rilasciare sostanze ad azione vasodilatatrice e in determinate condizioni patologiche possono produrre e rilasciare fattori che inducono la contrazione, con conseguente aumento del tono vasale e comparsa di vasospasmo. I meccanismi che regolano l'equilibrio tra i fattori di rilassamento e di contrazione, così come il modo in cui le cellule endoteliali perdono le loro funzioni protettive e diventano fonte di sostanze ad azione vasocostrittrice, richiedono però ulteriori indagini.

b) Cenni storici.

Nel 1980 R. F. Furchgott e J. V. Zawadzki riferirono che il rilassamento dell'aorta e di altre arterie isolate di coniglio indotto dall'acetilcolina dipendeva dalla presenza delle cellule endoteliali (v. Furchgott e Zawadzki, 1980). Infatti, dopo la rimozione meccanica o enzimatica di tali cellule, l'acetilcolina non era più in grado di indurre rilassamento bensì, a elevate concentrazioni, poteva causare una contrazione nella maggior parte delle arterie (v. fig. 1). Esperimenti successivi dimostrarono inoltre che le cellule endoteliali rilasciano un mediatore, il fattore di rilassamento di derivazione endoteliale (EDRF, Endothelium-Derived Relaxing Factor), che diffonde verso le cellule muscolari lisce sottostanti e per attivazione della guanilatociclasi causa vasodilatazione. Ulteriori studi dimostrarono che molti altri vasodilatatori possono indurre rilassamento endotelio-dipendente (v. Shepherd e Katušić, 1991). La natura chimica dell'EDRF rimase sconosciuta fino al 1987, quando l'ossido nitrico (NO) fu identificato come una delle molecole responsabili dei rilassamenti mediati dall'attivazione delle cellule endoteliali (v. Ignarro e altri, 1987; v. Palmer e altri, 1987). Nel 1991 e nel 1992 sono stati clonati i geni delle isoforme neuronale, endoteliale e macrofagica dell'ossido nitrico-sintasi (v. Dinerman e altri, 1993). Queste scoperte posero le basi per gli attuali studi sui meccanismi molecolari coinvolti nel controllo del gene per l'ossido nitrico-sintasi e il suo impiego nella terapia genica delle malattie vascolari (v. von der Leyen e altri, 1995).

Le cellule endoteliali possono produrre e rilasciare fattori di rilassamento diversi dall'ossido nitrico, come la prostaciclina (v. Moncada e altri, 1976), il fattore iperpolarizzante (v. Feletou e Vanhoutte, 1988) e il peptide C-natriuretico (v. Sudoh e altri, 1990).

Una prima dimostrazione che le cellule endoteliali possono produrre sostanze ad azione vasocostrittrice fu fornita da De Mey e Vanhoutte (v., 1982); tra queste sostanze si possono annoverare la prostaglandina H2, il trombossano A2 e gli anioni superossido (v. Katušić e Vanhoutte, 1989). In seguito, Kifor e Dzau (v., 1987) dimostrarono che l'angiotensina II poteva essere prodotta nelle cellule endoteliali vasali e nel 1988 fu identificato in cellule endoteliali in coltura un potente peptide ad azione vasocostrittrice, l'endotelina (v. Yanagisawa e altri, 1988). Il ruolo che questi fattori contratturanti svolgono nell'ambito della normale regolazione del tono arterioso non è ancora chiaro, ma uno squilibrio tra tali sostanze e i fattori di rilassamento può contribuire all'aumento del tono vasale osservato in numerose malattie vascolari.

2. Rilassamenti endotelio-dipendenti

a) Prostaciclina.

La prostaciclina è prodotta nelle cellule endoteliali in seguito all'attivazione del metabolismo dell'acido arachidonico attraverso la via della ciclossigenasi. Essa, tuttavia, non è accumulata nelle cellule endoteliali, ma può essere prodotta e rilasciata in seguito a stimolazioni di natura meccanica o chimica dell'endotelio; la pressione pulsante è un importante stimolo meccanico, mentre i nucleotidi adenilici, la bradichinina, l'interleuchina-1, il fattore di crescita derivato dalle piastrine, la serotonina e la trombina sono responsabili della stimolazione chimica (v. Vane e altri, 1990).

La prostaciclina, oltre che un vasodilatatore, è anche un inibitore dell'aggregazione piastrinica. Entrambi questi effetti sono mediati dall'attivazione dell'adenilatociclasi e dal conseguente aumento dei livelli intracellulari di AMP ciclico (v. Tateson e altri, 1977). La prostaciclina si comporta da regolatore locale, piuttosto che sistemico, del tono vasale. La sua concentrazione plasmatica, come risulta dalla misurazione dei valori della 6-chetoprostaglandina F (circa 3 ng per litro), è infatti troppo bassa per consentire un'azione a livello sistemico (v. Blair e altri, 1982). Pertanto, ogni molecola di prostaciclina circolante potrebbe rappresentare un ‛eccesso' di prostaciclina che ha già agito localmente.

L'evento iniziale della produzione di prostaciclina è catalizzato dall'enzima fosfolipasi A2, capace di liberare acido arachidonico dai fosfolipidi di membrana. L'attività di questo enzima è regolata dalla lipocortina, una proteina endogena ad azione antinfiammatoria sintetizzata in risposta ai glucocorticoidi. Anche l'effetto inibitorio svolto dai glucocorticoidi sulla sintesi della prostaciclina è mediato dalla produzione di lipocortina (v. Blajchman e altri, 1979; v. Flower e Blackwell, 1979), così come la conversione dell'acido arachidonico in endoperossidi delle prostaglandine, intermedi di sintesi della prostaciclina, a opera della ciclossigenasi (v. fig. 2). Nelle piastrine, l'attivazione della via della ciclossigenasi porta alla produzione dell'eicosanoide vasocostrittore trombossano A2. L'equilibrio tra la prostaciclina prodotta nelle cellule endoteliali vasali e il trombossano A2 rilasciato dalle piastrine aggregate svolge un ruolo importante nella regolazione del tono vasale e dell'emostasi. Recentemente, tramite l'impiego delle moderne tecniche di clonaggio messe a disposizione dalla biologia molecolare, sono stati identificati due diversi geni codificanti rispettivamente per la ciclossigenasi-1 e la ciclossigenasi-2: il tipo 1, costitutivo, è espresso normalmente nelle cellule della parete dei vasi sanguigni, mentre il tipo 2, inducibile, è espresso nei macrofagi in risposta a stimoli e può avere un ruolo importante nella produzione della prostaciclina e delle altre prostaglandine durante i processi infiammatori. Gli inibitori della ciclossigenasi attualmente disponibili, come l'aspirina o l'indometacina, sono 50 volte più potenti contro la ciclossigenasi-1 che contro la ciclossigenasi-2. Al momento sono in corso studi volti alla produzione di sostanze capaci di inibire selettivamente l'una o l'altra delle due isoforme, così da poter bloccare l'attività proinfiammatoria dell'isoforma inducibile senza danneggiare l'attività dell'enzima costitutivo (v. Mitchell e altri, 1993).

L'importanza del trombossano A2 è evidenziata dal fatto che nell'uomo l'aspirina inibisce l'aggregazione piastrinica e, essendo un inibitore irreversibile della ciclossigenasi, provoca una lieve alterazione dell'emostasi; tuttavia, nelle cellule endoteliali la sintesi de novo di ciclossigenasi permette di compensare le perdite dovute all'inibizione. Al contrario, le piastrine, essendo prive di nucleo, non sono in grado di recuperare la funzione di sintetizzare trombossano A2 in seguito all'inibizione da aspirina. Pertanto, il trattamento con basse dosi di aspirina (da 100 a 325 mg al giorno) è efficace nella cura o nella prevenzione di una serie di disturbi cardiovascolari come l'infarto miocardico, l'angina instabile, l'occlusione degli innesti coronarici, gli attacchi ischemici transitori e l'ipertensione in gravidanza.

In condizioni fisiologiche la prostaciclina ha un'emivita piuttosto breve (3 minuti a 37 °C a pH 7,5) e il suo impiego terapeutico è pertanto abbastanza difficile. Comunque, se stabilizzata in tampone alcalino, può essere adoperata come anticoagulante e per la conservazione delle piastrine nei sistemi di circolazione extracorporea. Inoltre sono disponibili alcuni suoi analoghi dotati di maggiore stabilità, come l'iloprost, e attivi per via orale, come beraprost e cicaprost, che possono avere effetti benefici nel rallentare o persino nel prevenire l'instaurarsi di processi aterosclerotici (v. Vane e Botting, 1995).

b) Ossido nitrico.

L'ossido nitrico (NO) è un gas prodotto a partire dalla L-arginina per attivazione dell'enzima ossido nitrico-sintasi (v. fig. 3), del quale sono state isolate tre isoforme (endoteliale, neuronale e macrofagica) codificate da tre diversi geni. Ciò indica che vari processi, tra cui i segnali provenienti dalle pareti vasali, la trasmissione dell'impulso nervoso nel cervello e la tossicità cellulo-mediata dipendono dalla produzione di ossido nitrico. Nelle cellule dell'endotelio vasale la biosintesi dell'ossido nitrico è avviata dall'aumento delle concentrazioni endocellulari del calcio. In tali cellule il gene della ossido nitrico-sintasi è espresso in modo costitutivo e l'attività di questo enzima dipende dalla presenza di tetraidrobiopterina come cofattore. Le tecniche di clonazione molecolare hanno consentito di rivelare la presenza di sequenze consenso per la calmodulina, il nicotinammide-adenindinucleotide-fosfato ridotto (NADPH), il flavinadenindinucleotide (FAD) e il flavinmononucleotide (FMN) (v. Dinerman e altri, 1993; v. fig. 4). In una famiglia di proteine deputate al trasporto di elettroni i siti di legame per la flavina sono tipicamente conservati e gli studi biochimici dimostrano che una molecola di FMN e una di FAD sono strettamente legate a una molecola di ossido nitrico-sintasi, confermando le previsioni basate sulla struttura primaria del DNA complementare.

L'analisi delle sequenze amminoacidiche delle tre isoforme della ossido nitrico-sintasi ha dimostrato che queste hanno una identità di circa il 50%, particolarmente elevata nelle regioni coinvolte nel legame dei cofattori FMN, FAD e NADPH. Una curiosità interessante è emersa dalla scoperta che in tutte queste regioni si trova il sito di riconoscimento per la calmodulina, nonostante l'isoforma presente nei macrofagi non richieda calcio per la sua attività; in questo caso, infatti, la calmodulina è così strettamente legata all'enzima che per la sua attivazione non è necessario il calcio (v. Nathan e Xie, 1994).

All'estremità ammino-terminale dell'ossido nitrico-sintasi endoteliale è presente un modulo strutturale - assente sia nell'enzima neuronale che in quello macrofagico - riconosciuto dagli enzimi responsabili della miristilazione delle proteine. Questa particolarità ha suggerito l'ipotesi che l'enzima endoteliale potesse essere adeso alla membrana cellulare; ciò è stato confermato dall'analisi della distribuzione subcellulare dell'enzima codificato da cloni cellulari di tipo selvatico (wild type): in essi, infatti, l'inattivazione della sequenza consenso per la miristilazione induce un cambiamento nella localizzazione cellulare della ossido nitrico-sintasi, deviando la maggior parte delle molecole enzimatiche nella frazione citosolica (v. Busconi e Michel, 1993), con importanti implicazioni biologiche.

Alcuni vasi sanguigni, in particolare le arterie cerebrali, sono innervati da nervi perivascolari in grado di rilasciare come neurotrasmettitore l'ossido nitrico (v. Toda e Okamura, 1991; v. Katušić e Cosentino, 1994), che in tal modo può partecipare sia alla regolazione endoteliale, sia a quella neuronale del tono vasale, al pari dell'isoforma macrofagica dell'ossido nitrico-sintasi. Inoltre, considerando che le citochine e i lipopolisaccaridi possono indurre la sintesi di ossido nitrico-sintasi macrofagica nelle cellule muscolari lisce delle pareti vasali, risulta evidente l'importante ruolo svolto dall'ossido nitrico nell'indurre la diminuzione della contrattilità di tali cellule durante lo shock settico (v. Moncada e altri, 1991).

L'ossido nitrico è una molecola poco stabile con un'emivita i cui valori sono risultati compresi tra 4 e 50 secondi (v. Lüscher e Vanhoutte, 1990). Grazie alla sua liposolubilità, esso può facilmente diffondere dalle cellule endoteliali a quelle muscolari lisce, inducendone il rilassamento mediante l'attivazione della guanilatociclasi e la conseguente conversione del guanosin-5′-trifosfato in guanosin-3′,5′-monofosfato (GMP ciclico): il meccanismo alla base di questa attivazione non è completamente chiarito. È anche noto che l'ossido nitrico può indurre il rilassamento delle cellule muscolari lisce attivando i canali di membrana del potassio, cui segue l'iperpolarizzazione della membrana stessa (v. Bolotina e altri, 1994).

L'emoglobina possiede un'elevata affinità per l'ossido nitrico e può inibire selettivamente i rilassamenti indotti dall'ossido nitrico endogeno o esogeno (v. Katušić e altri, 1989). Grazie a queste sue proprietà, l'emoglobina è stata impiegata per determinare quale fosse il ruolo dell'ossido nitrico nella mediazione dei rilassamenti endotelio-dipendenti (v. Martin e altri, 1985). L'antagonismo chimico tra l'ossido nitrico e gli anioni superossido è un altro meccanismo responsabile dell'inattivazione dell'ossido nitrico e della conseguente inibizione dei rilassamenti endotelio-dipendenti (v. Rubanyi e Vanhoutte, 1986). A questo meccanismo potrebbero essere dovute le disfunzioni endoteliali osservate nelle malattie vascolari associate con l'aumento della produzione di anioni superossido o l'indebolimento dei meccanismi di difesa antiossidanti.

Il rilassamento endotelio-dipendente mediato dall'ossido nitrico è stato studiato in vasi sanguigni isolati e in letti vascolari perfusi di animali sia coscienti che sotto anestesia, e anche nell'uomo. Il ruolo fisiologico dell'ossido nitrico nella regolazione del tono vasale è stato dimostrato mediante esperimenti condotti facendo uso di potenti inibitori della ossido nitrico-sintasi, quali gli analoghi della L-arginina (NG-nitro-L-arginina, NG-monometil-L-arginina e NG-nitro-L-arginina-metil-estere). L'inattivazione dell'attività basale dell'ossido nitrico-sintasi da parte di questi analoghi provoca vasocostrizione e, in animali anestetizzati, un prolungato aumento della pressione del sangue arterioso (v. Moncada e altri, 1991; v. Cosentino e altri, 1993; v. fig. 5). Al contrario, l'inibizione della sintesi di prostaciclina a opera degli inibitori della ciclossigenasi non influenza la pressione arteriosa; ciò suggerisce che in condizioni basali l'ossido nitrico abbia un effetto sulla regolazione del tono vasale più efficace di quello della prostaciclina.

La tensione di attrito (shear stress) imposta all'endotelio da parte del sangue circolante è un potente stimolo per l'attivazione del rilascio dell'ossido nitrico (v. Rubanyi e altri, 1986), che potrebbe essere indotto sia dalla formazione di correnti di potassio nelle cellule endoteliali (v. Olesen e altri, 1988), sia dall'apertura dei canali del calcio attivati dallo stiramento (v. Lansman e altri, 1987). L'aumento cronico della tensione di attrito provocato dall'esercizio fisico o dall'esposizione delle vene a elevati flussi sanguigni fa sì che il gene codificante per l'ossido nitrico-sintasi endoteliale venga espresso a livelli più elevati, determinando così un incremento dei rilassamenti endotelio-dipendenti (v. Miller e altri, 1986; v. Sessa e altri, 1994). Queste scoperte forniscono oggi le basi molecolari per la comprensione dei meccanismi responsabili degli effetti benefici dell'esercizio fisico.

L'acetilcolina è stato il primo agonista impiegato per attivare la produzione di ossido nitrico nelle cellule endoteliali. In condizioni fisiologiche questa sostanza è rilasciata dalle terminazioni nervose colinergiche ed è rapidamente inattivata dall'enzima acetilcolinesterasi. Nelle arterie coronarie, l'acetilcolina rilasciata da tali terminazioni diffonde verso l'endotelio, stimolandovi la produzione dell'ossido nitrico (v. Broten e altri, 1992). Nel cervello, le cellule endoteliali sono in grado di sintetizzare acetilcolina (v. Parnavelas e altri, 1985; v. Gonzalez e Santos-Benito, 1987) che, una volta liberata, può a sua volta indurre la produzione di ossido nitrico nelle cellule vicine. Oltre ai recettori colinergici muscarinici, sulle cellule endoteliali esistono molti altri recettori che potrebbero essere attivati da sostanze circolanti: per esempio, le catecolammine, le endoteline, l'ossitocina e la vasopressina possono attivare quei recettori che sono accoppiati alla ossido nitrico-sintasi e pertanto in relazione con la produzione di ossido nitrico (v. fig. 6). Anche la serotonina e l'adenosin-difosfato rilasciati durante l'aggregazione piastrinica agiscono da potenti stimolatori della produzione di ossido nitrico. La bradichinina, la sostanza P e la trombina provocano rilassamenti endotelio-dipendenti in quasi tutti i vasi sanguigni analizzati; infatti, sulle cellule endoteliali sono stati individuati i recettori per tutti questi peptidi. Molte di queste sostanze possono attivare i recettori presenti sulle cellule muscolari lisce, inducendone la contrazione; l'aumento della concentrazione di queste sostanze - che si determina se, in conseguenza di disfunzioni endoteliali, viene a mancare il ruolo modulatore esercitato da tali cellule - può portare a vasospasmo. Sostanziali riscontri avvalorano l'ipotesi che tali disfunzioni contribuiscano non solo alla patogenesi del vasospasmo, ma anche a quella dell'ipertensione, dell'aterosclerosi e del diabete (v. Lüscher e Vanhoutte, 1990).

Il gene dell'ossido nitrico-sintasi endoteliale potrebbe essere di grande interesse per chi si occupa di terapia genica delle malattie cardiovascolari. L'aumento della sua espressione nelle cellule delle pareti arteriose può causare vasodilatazione e inibizione sia dell'aggregazione piastrinica, sia dell'adesione dei leucociti, sia della proliferazione delle cellule muscolari lisce. Ciò è stato in parte dimostrato mediante studi del danno vascolare condotti su arterie carotidi di ratto, in cui si è osservato che l'aumento della produzione di ossido nitrico endoteliale ha come conseguenza l'inibizione della proliferazione delle cellule della muscolatura liscia. Queste conoscenze potrebbero quindi essere impiegate nel trattamento dell'ipertensione arteriosa da iperplasia intimale e di altre malattie cardiovascolari associate a una diminuzione della produzione di ossido nitrico (v. von der Leyen e altri, 1995).

Interazione dell'ossido nitrico con anioni superossido. - L'anione superossido (O−2) è un radicale libero dell'ossigeno, formato per riduzione monovalente dell'ossigeno molecolare (v. radicali liberi: Biologia e patologia, vol. XI). Nell'endotelio, questo radicale è prodotto in seguito all'azione enzimatica di ciclossigenasi, xantina-ossidasi e NADH-ossidoreduttasi (v. Kontos, 1985; v. Mohazzab e altri, 1994). È interessante notare che l'attivazione della ossido nitrico-sintasi, in presenza di concentrazioni del suo substrato L-arginina o del cofattore tetraidrobiopterina inferiori a quelle ottimali, può ridurre l'ossigeno a opera di uno o due elettroni originando così, rispettivamente, anioni superossido o perossido d'idrogeno (v. Heinzel e altri, 1992; v. Pou e altri, 1992; v. Cosentino e Katušić, 1995).

Nel 1986 Rubanyi e Vanhoutte dimostrarono che in presenza dell'enzima superossido-dismutasi (SOD) risulta prolungata l'emivita dell'EDRF rilasciato da arterie femorali di cane stimolate dall'acetilcolina (v. Rubanyi e Vanhoutte, 1986); al contrario, l'inattivazione di questo enzima mediante l'impiego di dietiltiocarbammato provoca inibizione selettiva dei rilassamenti mediati dall'ossido nitrico (v. Omar e altri, 1991). La normale attività della superossido-dismutasi è indispensabile anche nei rilassamenti delle arterie coronarie indotti dai farmaci vasodilatatori nitroderivati, quali il nitroprussiato e la nitroglicerina. Queste osservazioni risultano ancora più chiare se si pensa al ruolo protettivo che la superossido-dismutasi svolge nei confronti dell'ossido nitrico quando questo risulti minacciato dall'azione inattivante degli anioni superossido. Pertanto, il livello dell'ossido nitrico nelle pareti vasali può essere modulato dall'antagonismo chimico tra gli anioni superossido e l'ossido nitrico stesso.

L'interazione chimica degli anioni superossido con l'ossido nitrico avviene molto rapidamente e porta alla produzione di un forte ossidante, chiamato perossinitrito (ONOO-); gli anioni superossido, quindi, oltre a causare la diminuzione della concentrazione di ossido nitrico e il conseguente aumento del tono arterioso, possono anche provocare la produzione di un radicale libero potenzialmente tossico e in grado di causare diversi danni ossidativi. Tuttavia, nei sistemi biologici l'azione del perossinitrito dipende dallo stato ossidoriduttivo dell'ambiente circostante. Per esempio, è stato dimostrato che nell'uomo questo ossidante ha un effetto piuttosto paradossale sulle piastrine, poiché da un lato causa l'aggregazione di piastrine isolate, mentre dall'altro agisce da inibitore dell'aggregazione in plasma ricco di piastrine: l'effetto antiaggregante dipende dalla reazione con gruppi tiolici e dalla conseguente formazione di ossido nitrico (v. Moro e altri, 1994). Allo stesso modo, il perossinitrito causa il rilassamento di anelli coronarici isolati (v. Liu e altri, 1994). Questi studi dimostrano che nei sistemi biologici il perossinitrito può essere riconvertito in ossido nitrico; tuttavia, la produzione prolungata di ossidanti di questo tipo può eliminare i tioli liberi cellulari, causando così la diminuzione della capacità di difesa antiossidante della cellula e il danneggiamento delle regolari attività fisiologiche. Tutto ciò è ben dimostrato da diversi esperimenti in cui si è osservata vasodilatazione delle arterie coronarie a opera del perossinitrito mediante la produzione di ossido nitrico; inoltre, è stato anche riscontrato che un'esposizione ripetuta al perossinitrito causa disfunzioni vascolari e inibizione dei rilassamenti dovuti ad altri composti ad azione vasodilatatrice (v. Villa e altri, 1994).

È stato osservato che l'aumento della produzione di anioni superossido è implicato nelle disfunzioni dell'endotelio di arterie aterosclerotiche: in conigli alimentati con sostanze contenenti notevoli quantità di colesterolo, il rilassamento endotelio-dipendente delle arterie è infatti danneggiato e si può prevenire mediante trattamenti cronici con superossido-dismutasi (v. Mügge e altri, 1991; v. White e altri, 1994). Anche nell'uomo è stato osservato che la superossido-dismutasi è in grado di ripristinare la funzione vasodilatatrice dell'endotelio in arterie coronarie aterosclerotiche (v. Meredith e altri, 1993). L'aumento della produzione di anioni superossido sottolinea l'importanza non solo del danneggiamento dei rilassamenti endotelio-dipendenti nell'aterosclerosi, ma anche quella dello stato di ossidoriduzione delle arterie durante la sua insorgenza. È inoltre importante sottolineare che l'aumento della produzione di anioni superossido nella parete dei vasi sanguigni inibisce la sintesi della prostaciclina ma non del trombossano A2 (v. Moncada e altri, 1976; v. Katušić e Vanhoutte, 1989): questo effetto, unitamente all'inattivazione dell'ossido nitrico, può contribuire alla disfunzione dell'endotelio riscontrabile durante l'aterosclerosi.

c) Fattori iperpolarizzanti.

In alcuni vasi sanguigni i rilassamenti endotelio-dipendenti indotti dall'acetilcolina non vengono alterati da inibitori della ossido nitrico-sintasi o della ciclossigenasi: questi rilassamenti sono infatti mediati dall'aumento della produzione e del rilascio del fattore iperpolarizzante che deriva dall'endotelio (EDHF, Endothelium-Derived Hyperpolarizing Factor; v. Feletou e Vanhoutte, 1988). Anche se la natura chimica dell'EDHF è tuttora sconosciuta, è noto che esso causa il rilassamento dei vasi sanguigni mediante iperpolarizzazione delle cellule muscolari lisce, probabilmente attraverso i canali del potassio. Inoltre, i risultati di alcune ricerche sperimentali suggeriscono che l'EDHF svolga un ruolo importante nell'induzione del rilassamento mediato da acetilcolina in piccole arterie di resistenza (v. Garland e altri, 1995).

d) Peptidi C-natriuretici.

Tre differenti peptidi appartengono alla famiglia dei peptidi natriuretici: il peptide natriuretico atriale (ANP), il peptide natriuretico cerebrale (BNP) e il peptide C-natriuretico (CNP). Il CNP contiene 22 residui amminoacidici che, grazie a un legame disolfuro intramolecolare, formano una struttura ad anello, presente anche nell'ANP e nel BNP. In condizioni basali le cellule endoteliali vasali possono produrre CNP; l'espressione del gene codificante per il CNP, così come la sua produzione e il suo rilascio, vengono stimolati in tali cellule dal fattore di crescita trasformante β (TGF-β; v. Suga e altri, 1992). Il CNP è un potente vasodilatatore, ma il suo ruolo nel controllo del sistema cardiovascolare è ancora poco chiaro. Il rilievo di alti livelli di CNP nel plasma di pazienti con shock settico suggerisce che esso possa svolgere un ruolo importante nella patogenesi di tale condizione (v. Hama e altri, 1994).

3. Contrazioni endotelio-dipendenti

a) Prodotti della ciclossigenasi.

Il primo esperimento che dimostrò come la presenza dell'endotelio fosse in grado di far aumentare le contrazioni di vasi sanguigni isolati fu condotto su vene di cane (v. De Mey e Vanhoutte, 1982). In vene sistemiche e polmonari isolate, l'acido arachidonico induce un aumento della contrazione causata dalla noradrenalina in presenza, ma non in assenza, dell'endotelio (v. fig. 7): tale aumento è inoltre prevenuto dall'indometacina, il che suggerisce il coinvolgimento del metabolismo dell'acido arachidonico attraverso la via della ciclossigenasi.

Sulla base di questi dati sono stati effettuati numerosi esperimenti, che hanno dimostrato come in alcuni vasi sanguigni l'attivazione delle cellule endoteliali causi il rilascio di prodotti della ciclossigenasi i quali stimolano la contrazione delle cellule muscolari lisce (v. Katušić e Shepherd, 1991). L'esatto meccanismo alla base di tali contrazioni è completamente ignoto, anche se è stato ipotizzato che la prostaglandina H2, gli anioni superossido e il trombossano A2 possano esserne i mediatori. L'ipotesi che gli anioni superossido svolgano un ruolo chiave nel mediare le contrazioni endotelio-dipendenti, e che pertanto potrebbero essere i fattori di contrazione derivati dall'endotelio (v. Katušić e Vanhoutte, 1989), scaturisce dall'osservazione che nelle arterie cerebrali del cane le contrazioni endotelio-dipendenti indotte dallo ionoforo del calcio A23187 sono trasformate in rilassamenti endotelio-dipendenti in presenza di superossido-dismutasi (v. Katušić e Vanhoutte, 1991; v. fig. 8). Studi successivi hanno provato che l'anione superossido è un debole agente contrattile e che induce tale effetto inattivando l'ossido nitrico prodotto nelle cellule muscolari lisce e/o nei nervi perivascolari. Ulteriori analisi farmacologiche e biochimiche delle contrazioni endotelio-dipendenti indotte dallo ionoforo del calcio A23187 hanno dimostrato che in alcuni vasi sanguigni l'aumento della concentrazione del calcio nelle cellule endoteliali può attivare sia la via della ciclossigenasi che quella dell'L-arginina/ossido nitrico. Poiché il metabolismo dell'acido arachidonico mediato dalla ciclossigenasi è una cospicua fonte di anioni superossido, l'inattivazione dell'ossido nitrico, che reagisce chimicamente con il superossido stesso, favorisce le contrazioni dovute al rilascio di prostaglandina H2 e trombossano A2 da parte dell'endotelio (v. fig. 9), come ulteriormente dimostrato dal fatto che - in presenza di antagonisti dei recettori di prostaglandina H2/trombossano A2 - le contrazioni endotelio-dipendenti cessano. Uno studio più recente ha poi dimostrato che l'aumento dell'espressione del gene della ciclossigenasi-1 e l'ipersensibilità alla prostaglandina H2 sono responsabili delle contrazioni endotelio-dipendenti in ratti naturalmente ipertesi (v. Ge e altri, 1995).

Il ruolo fisiologico delle contrazioni endotelio-dipendenti nella regolazione del sistema cardiovascolare è sconosciuto, anche se le interazioni ossido nitrico/superossido possono svolgere un ruolo chiave nell'indirizzare l'ossido nitrico verso l'appropriato bersaglio intracellulare (v. Stamler, 1994). Per esempio, un ambiente riducente nella cellula può tradursi a livello molecolare nell'attivazione della ferroproteina guanilatociclasi mediata dall'ossido nitrico e di conseguenza nel rilassamento della muscolatura liscia, essendo il ferro della guanilatociclasi il bersaglio dell'ossido nitrico. Al contrario, l'attivazione delle cellule endoteliali associata alla co-produzione localizzata di anioni superossido può indirizzare l'ossido nitrico, attraverso la formazione del potente ossidante perossinitrato, lontano dai metalli e verso un'altra serie di bersagli, come gruppi tiolici regolatori dei canali del calcio, che sostengano la risposta contrattile. Così è plausibile che gruppi tiolici chiave e siti metallici delle proteine possano agire nel riconoscimento molecolare dell'ossido nitrico, del superossido e del perossinitrato. In tal modo, modificazioni post-traduzionali e ossidazioni che provochino cambiamenti conformazionali in proteine bersaglio potrebbero svolgere un ruolo importante nel controllo globale delle funzioni cellulari nella parete dei vasi sanguigni.

Diversi risultati sperimentali suggeriscono che le contrazioni endotelio-dipendenti divengano più marcate in condizioni patologiche. Insufficienti rilassamenti endotelio-dipendenti, così come la comparsa di contrazioni endotelio-dipendenti, sono caratteristici della reattività vasale di arterie esposte a elevate pressioni sanguigne o ad alte concentrazioni di glucosio. Sia la superossido-dismutasi che gli antagonisti dei recettori di prostaglandina H2/trombossano A2 riportano a livelli normali i rilassamenti endotelio-dipendenti in arterie prelevate da animali diabetici. Numerosi studi hanno dimostrato che l'endotelio è mal funzionante in uomini o animali diabetici e ipertesi. L'aumentata produzione di prostanoidi ad azione contratturante, unitamente all'accelerata inattivazione dell'ossido nitrico con anioni superossido, favorisce l'aumento del tono arterioso. Disfunzioni dell'endotelio possono quindi dare un importante contributo alla patogenesi dell'ipertensione e delle complicazioni vascolari nei diabetici (v. Katušić e Shepherd, 1991).

b) Angiotensina II.

Le cellule endoteliali aortiche bovine sono in grado di sintetizzare e secernere in vitro il vasocostrittore angiotensina II (v. Kifor e Dzau, 1987), che può attivare i suoi recettori presenti sulle cellule muscolari lisce con conseguente aumento del tono vasale: questo dato dimostra che l'angiotensina II potrebbe essere prodotta localmente e che la concentrazione di questo peptide nella parete vasale potrebbe essere più elevata di quella plasmatica. In questo modo la produzione di angiotensina II nelle cellule endoteliali potrebbe rappresentare un importante meccanismo implicato nel controllo del tono vasale (v. Dzau, 1987).

c) Endoteline.

Nel 1985 K. A. Hickey e collaboratori dimostrarono che nel mezzo che era stato utilizzato per coltivare cellule endoteliali era presente un potente vasocostrittore: tre anni più tardi fu isolato un peptide con potenti effetti vasocostrittori che fu chiamato endotelina (v. Yanagisawa e altri, A novel ..., 1988). Questa scoperta dimostrò che le cellule endoteliali sono capaci di produrre e rilasciare sostanze che possono indurre la contrazione delle cellule muscolari lisce.

Nell'uomo e in altre specie di Mammiferi esistono tre differenti isoforme di endotelina, dette ET-1, ET-2 ed ET-3, codificate da tre differenti geni distinguibili strutturalmente e farmacologicamente; di queste solo l'ET-1 è prodotta nelle cellule endoteliali vasali. La sintesi delle endoteline è un processo ben caratterizzato che implica la formazione di pre-endoteline, le quali vengono trasformate, per azione di endopeptidasi specifiche, in un propeptide detto big-endotelina (BIG-ET): l'enzima di conversione dell'endotelina catalizza la maturazione del propeptide (v. fig. 10).

ET-1 può venir rilasciata in risposta ad angiotensina II, vasopressina, trombina o fattore di crescita trasformante β (v. Yanagisawa e Masaki, 1989). Il tasso, relativamente basso, di produzione di ET-1 e la sua prolungata azione suggeriscono che questo peptide possa agire nella regolazione a lungo termine del tono vasale piuttosto che nella risposta acuta.

Sono state identificate due sottospecie di recettori per l'ET: ETA ed ETB. Il recettore ETA ha elevata affinità per ET-1 ed ET-2, mentre la sottospecie B ha circa la stessa affinità per tutte le endoteline. Tra le molteplici attività biologiche di questi peptidi, la più studiata è senz'altro la capacità vasocostrittrice dell'ET-1. Rispetto alle contrazioni provocate dalla maggior parte degli agenti vasocostrittori, quelle indotte dall'ET-1 in vasi sanguigni isolati compaiono più lentamente, permangono più a lungo e sono più resistenti all'azione di agonisti. È stato dimostrato che l'ET-1 causa contrazione interagendo con il recettore ETA delle cellule muscolari lisce; in alcuni letti vasali anche la stimolazione del recettore ETB può contribuire alla vasocostrizione. Sono stati ipotizzati diversi meccanismi di trasduzione del segnale di induzione della contrazione vasale indotta dall'ET-1: ad esempio, l'attivazione dei recettori ETA potrebbe portare a un aumento del calcio citosolico, sia facilitandone direttamente l'ingresso che promuovendone la mobilitazione dai depositi intracellulari in seguito all'attivazione della fosfolipasi C e alla formazione di inositolo-trifosfato; oppure tale meccanismo potrebbe coinvolgere l'accumulo del diacilglicerolo e l'attivazione della proteinchinasi C. In alcuni vasi sanguigni, inoltre, le ET potrebbero attivare il metabolismo dell'acido arachidonico e stimolare la formazione del trombossano A2; infine, anche la stimolazione di scambi sodio-idrogeno con conseguente alcalinizzazione delle cellule muscolari lisce potrebbe mediare l'effetto contrattile delle ET (v. Rubanyi e Polokoff, 1994).

L'effetto contrattile delle endoteline è stato dimostrato sia in letti vascolari, sia in grandi arterie isolate da differenti specie: è però interessante notare che l'ET-1 ha un effetto dalle 3 alle 10 volte maggiore nelle grandi vene rispetto alle corrispondenti arterie (v. Cocks e altri, 1989; v. Miller e altri, 1989). Queste osservazioni condotte in vitro sono state in seguito confermate da esperimenti in vivo: nell'uomo l'infusione di ET-1 nell'avambraccio provoca una costrizione significativamente più pronunciata delle vene dorsali della mano rispetto alle arterie (v. Haynes e altri, 1991). La ragione di questa più alta sensibilità all'endotelina delle cellule muscolari lisce delle pareti venose non è nota. Una spiegazione per queste osservazioni potrebbe risiedere nel fatto che le vene sono esposte in modo cronico a minori concentrazioni di O2 rispetto alle arterie, visto che l'ipossia aumenta, nelle arterie, la sensibilità verso l'ET-1 (v. MacLean e altri, 1989; v. Douglas e altri, 1991). Al contrario di quanto avviene nei grandi vasi sanguigni, le arteriole sono più sensibili delle venule postcapillari all'azione di ET-1 (v. Brain, 1989; v. Joshua, 1990; v. Homma e altri, 1992).

Numerose osservazioni sembrano indicare che le endoteline 1 e 3 stimolino il rilascio di ossido nitrico dalle cellule endoteliali (v. Warner e altri, 1989; v. Namiki e altri, 1992): innanzitutto i rilassamenti endotelio-dipendenti in risposta all'ET-1 non vengono alterati dall'indometacina ma sono impediti dall'inibizione con NG-nitro-L-arginina della ossido nitrico-sintasi, il che dimostra che, nei vasi sanguigni integri, l'ET-1 può stimolare il rilascio di ossido nitrico; in secondo luogo, l'attivazione dei recettori ETB sulle cellule endoteliali è correlata alla via L-arginina/ossido nitrico. È molto importante notare che l'iniezione intravenosa di ET-1 provoca una rapida e transitoria vasodilatazione, seguita da vasocostrizione prolungata e aumento della pressione sanguigna (v. Yanagisawa e altri, Primary structure ..., 1988): l'iniziale vasodilatazione può essere messa in relazione alla capacità di ET-1 di indurre il rilascio di ossido nitrico dalle cellule endoteliali, ma l'importanza di questo fenomeno non è ancora nota; l'aumento della pressione è invece legato all'attivazione diretta della contrazione delle cellule muscolari lisce, mediata principalmente dai recettori ETA. L'ET-1 non solo induce direttamente vasocostrizione, ma, a concentrazioni inferiori alla sua soglia d'azione, può potenziare l'effetto vasocostrittore della noradrenalina o della serotonina (v. Yang e altri, 1990).

Il ruolo delle ET nella regolazione fisiologica del sistema cardiovascolare è tuttora ignoto. Comunque esse potrebbero essere coinvolte nella patogenesi di diverse malattie cardiovascolari, come infarto miocardico acuto, insufficienza renale acuta, aterosclerosi, vasospasmo cerebrale, insufficienza cardiaca congestizia, vasospasmo delle coronarie, ipertensione polmonare e shock. L'identificazione di antagonisti specifici dei recettori ETA ed ETB potrà certamente contribuire a risolvere le controversie esistenti sul ruolo delle ET nel determinare un aumento del tono vasale e nel mantenerlo elevato in diverse malattie. La sperimentazione clinica con antagonisti delle ET è in atto e potrà fornire chiarimenti sul ruolo svolto da questi peptidi nelle patologie umane.

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Regolazione neuroumorale, di John T. Shepherd e Zvonimir S. Katušić

SOMMARIO: 1. Introduzione: a) generalità sulla neurotrasmissione; b) regolazione del tono vasale.  2. Nervi e neurotrasmettitori implicati nella regolazione vasale: a) nervi simpatici; b) neurotrasmettitori simpatici; c) nervi parasimpatici; d) nervi non adrenergici, non colinergici: nervi nitrossidergici.  3. Neurotrasmettitori e recettori: a) meccanismi di trasduzione del segnale; b) modulazione del rilascio dei trasmettitori simpatici e parasimpatici: interazione tra nervi cardiaci autonomi; c) recettori simpatici presinaptici; d) controllo del rilascio di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso autonomo.  4. Rapporti tra neurotrasmettitori ed endotelio: a) interazioni tra neurotrasmettitori e cellule endoteliali; b) interazioni endotelio-simpatiche.  5. Fattori implicati nella vasomotilità: a) arterie e vene cutanee; b) l'esercizio fisico; c) vasodilatazione cutanea attiva nell'uomo; d) ormoni. □ Bibliografia.

1. Introduzione

a) Generalità sulla neurotrasmissione.

Il concetto di neurotrasmissione chimica nel sistema nervoso autonomo periferico fu elaborato da O. Loewi nel 1936. Egli scoprì che il liquido di perfusione ottenuto dal cuore isolato di rana dopo stimolazione elettrica del nervo vago era in grado di abbassare la frequenza cardiaca e che la stimolazione dei nervi simpatici afferenti al cuore causava tachicardia, probabilmente mediata dall'adrenalina (v. Loewi, 1936); questi dati portarono a ritenere che ogni nervo autonomo fosse in grado di sintetizzare e rilasciare un solo tipo di neurotrasmettitore e che i nervi simpatici e parasimpatici, rilasciando - rispettivamente - i neurotrasmettitori noradrenalina e acetilcolina, fossero i principali responsabili della generale coordinazione del sistema cardiovascolare in risposta ai molti tipi di stress cui sono soggetti quotidianamente gli animali e l'uomo.

Studi più recenti hanno comunque dimostrato la compresenza nei nervi simpatici di adenosintrifosfato (ATP) e del neuropeptide Y insieme con la noradrenalina e di un polipeptide vasoattivo intestinale insieme con l'acetilcolina nei neuroni parasimpatici. Ciascuna di queste sostanze, così come la noradrenalina e l'acetilcolina, agisce su specifici recettori presenti sulla muscolatura vasale liscia inducendone, con successivi meccanismi di trasduzione del segnale, la contrazione o il rilassamento.

Sono stati inoltre identificati nervi che inducono vasodilatazione rilasciando ossido nitrico (NO). I vasi sanguigni sono innervati anche da fibre sensitivo-motorie che accumulano e rilasciano peptidi vasoattivi. Nelle terminazioni nervose simpatiche e vagali sono presenti recettori presinaptici, alcuni dei quali, se attivati, esaltano o deprimono la produzione dei trasmettitori. Molti nuovi dati sono stati inoltre raccolti sull'importanza dell'endotelio vasale nella produzione di numerosi paracoidi, che possono indurre rilassamento o contrazione della muscolatura liscia vasale: infatti, alcuni dei neurotrasmettitori autonomi possono raggiungere le cellule endoteliali e, attivando specifici recettori sulle loro membrane, causare il rilascio di alcuni paracoidi vasoattivi. Infine, anche alcuni ormoni interagiscono con i recettori presenti sulle cellule endoteliali e sulle varicosità simpatiche.

In conclusione, ciò che in ultima analisi determina il tono vasale è il risultato di interazioni locali, umorali e nervose estremamente complesse che si verificano al livello della giunzione neuroeffettrice e dell'endotelio vasale (v. sistema nervoso autonomo, vol. VI).

b) Regolazione del tono vasale.

Negli ultimi anni, i dati sulla regolazione neuroumorale dei vasi sanguigni sono aumentati a ritmi esponenziali. È ora ben noto che i nervi simpatici possono rilasciare, mediante esocitosi, non solo il neurotrasmettitore noradrenalina, ma anche cotrasmettitori e modulatori, localizzati anch'essi nelle terminazioni nervose simpatiche: i cotrasmettitori hanno la funzione di attivare recettori diversi, mentre il rilascio dei modulatori influenza l'azione della noradrenalina sui recettori adrenergici. L'attivazione di recettori specifici per i neurotrasmettitori simpatici e parasimpatici si traduce in un complesso processo di trasduzione del segnale che porta alla contrazione o al rilassamento della muscolatura liscia vasale. La produzione di questi vari neurotrasmettitori in risposta alla stimolazione dei nervi simpatici e vagali può essere alterata dall'attivazione di recettori presinaptici sulle terminazioni nervose (a condizione che i neurotrasmettitori raggiungano una sufficiente concentrazione nella fessura sinaptica) o anche di ormoni presenti nel circolo sanguigno.

Sono stati inoltre identificati nervi non adrenergici e non colinergici che, una volta attivati, rilasciano ossido nitrico - e sono pertanto denominati nervi nitrossidergici - nonché nervi sensitivo-motori che, una volta attivati da un riflesso assonico locale, modificano il tono dei vasi sanguigni rilasciando alcuni neuropeptidi.

Sono stati poi individuati, sulle cellule endoteliali, recettori multipli la cui attivazione induce la liberazione di fattori di rilassamento o di contrazione che modulano il tono delle cellule muscolari lisce adiacenti. Un aumento della tensione di attrito (shear stress) su queste cellule produce un effetto analogo. Alcuni dati sperimentali dimostrano che alcuni dei neurotrasmettitori rilasciati dai nervi perivascolari possono raggiungere le cellule endoteliali e alterarne la produzione di fattori vasoattivi, e che alcune sostanze vasoattive circolanti possono agire su specifici recettori endoteliali determinando lo stesso effetto.

La regolazione del tono vasomotore in ogni sistema vascolare dipende quindi dall'azione combinata di neurotrasmettitori e agenti umorali e dalle loro interazioni con sostanze vasoattive di derivazione endoteliale, nonché dalla risposta a modificazioni metaboliche tessutali (v. fig. 1).

2. Nervi e neurotrasmettitori implicati nella regolazione vasale

a) Nervi simpatici.

Esiste una grande variabilità nell'efficacia del controllo simpatico dei diversi letti vascolari, dipendente da fattori diversi quali la ricchezza d'innervazione, il grado di separazione dei nervi dalle cellule muscolari lisce, nonché il numero e il grado di affinità dei recettori per i neurotrasmettitori. Nel coniglio, per esempio, la circolazione cerebrale possiede un'innervazione simpatica relativamente inefficace nell'alterare il tono vasale cerebrale. Anche la diversa distribuzione dell'innervazione fra le tuniche avventizia e media dovrebbe in qualche modo influenzare la risposta neurogena; se nella maggioranza dei vasi sanguigni l'innervazione simpatica è limitata alla giunzione medio-avventiziale, in alcuni essa penetra nello strato muscolare (v. Dodge e altri, 1994).

Le varicosità presenti sulle fibre nervose al livello della giunzione del neuroeffettore vascolare non hanno una relazione fissa con particolari cellule muscolari lisce, e la fessura giunzionale varia in dimensione tra circa 60 nm e un massimo di 2 µm in alcune grandi arterie.

b) Neurotrasmettitori simpatici.

1. Noradrenalina. - Ulf Svante von Euler, studiando il nervo splenico di bue, dimostrò che in seguito ad attivazione del nervo simpatico veniva rilasciata noradrenalina, una molecola sintetizzata a partire dall'amminoacido tirosina, che viene convertito in dopammina da una decarbossilasi e successivamente in noradrenalina dall'enzima dopammina-β-idrossilasi (v. von Euler, 1946; v. Kaufman e Friedman, 1965). La noradrenalina rilasciata nella fessura sinaptica in parte attiva i suoi recettori specifici sulla muscolatura liscia vasale, in parte viene trasportata attivamente all'indietro nelle varicosità simpatiche attraverso un processo legato all'enzima Na+K+-ATP-asi; di quest'ultima frazione di noradrenalina, un certo quantitativo viene immagazzinato, il resto viene invece degradato dall'enzima neuronale monoamminossidasi (MAO) fino alla molecola inattiva 3,4-diidrossifenilglicole (DOPEG). La noradrenalina viene inattivata anche nella muscolatura liscia vasale dalla monoamminossidasi e dalla catecol-O-metiltransferasi.

Il rilascio di catecolammine in organi e in cellule isolate avviene per esocitosi da parte sia dei neuroni simpatici che delle cellule cromaffini della midollare surrenale; anche nell'uomo, in condizioni fisiologiche, la secrezione di catecolammine durante la stimolazione selettiva sia dei nervi simpatici che della midollare del surrene è, almeno in parte, esocitotica (v. Takiyyuddin e altri, 1990).

Fra i recettori per la noradrenalina sulla muscolatura liscia vasale, si annoverano gli α1 e gli α2 nonché i β1 e i β2, che sono tutti coinvolti nel controllo del flusso sanguigno nei vasi coronarici del cuore (v. Feigl, 1983). L'attivazione dei recettori β (β1 nelle arterie di grosso calibro, β2 nei vasi più piccoli) ha come conseguenza la dilatazione dei vasi stessi. L'attivazione simpatica fa comunque anche aumentare l'energia della contrazione cardiaca, ed è difficile stabilire in quale misura la vasodilatazione sia un fenomeno primario e in quale, invece, secondario all'azione sul miocardio di metaboliti locali, conseguente all'aumentato inotropismo (v. Miyashiro e Feigl, 1993). L'attivazione dei recettori adrenergici β2 sull'endotelio delle arterie coronarie del cane non induce il rilascio di fattori rilassanti di derivazione endoteliale e non modula la vasodilatazione endotelio-dipendente indotta da altri agenti (v. Macdonald e altri, 1987).

Per quanto riguarda i recettori adrenergici α, la loro attivazione causa vasocostrizione che interessa sia le arterie coronarie sia quelle più piccole, sino a circa 100 µm in diametro (v. Chilian e altri, 1989). Questa diversità nella risposta all'attivazione dei recettori α e β può sembrare contraddittoria, ma la contrazione α-mediata serve in realtà a garantire una distribuzione più uniforme del flusso sanguigno attraverso la parete ventricolare, mediante la prevenzione dell'aumento del flusso subepicardico a spese di quello subendocardico (v. Feigl, 1987; v. fig. 2); tale risposta è di notevole importanza nella distribuzione del flusso ematico durante l'esercizio muscolare, poiché soddisfa l'aumento della richiesta d'ossigeno da parte di ogni distretto del miocardio.

Entrambi i recettori adrenergici β1 e β2 sono presenti anche nei rami collaterali delle coronarie, con una certa predominanza dei primi (v. Feldman e altri, 1989), e la loro attivazione contribuisce alla dilatazione di tali vasi durante l'esercizio muscolare (v. Traverse e altri, 1995).

Infine, in altri letti vascolari sistemici, la noradrenalina - una volta rilasciata - provoca costrizione dei vasi di resistenza e di quelli di capacità mediante interazione con i recettori adrenergici α.

2. Adenosintrifosfato. - L'adenosintrifosfato (ATP) viene accumulato e rilasciato insieme alla noradrenalina. Nella circolazione coronarica, l'ATP rilasciato determina un aumento della dilatazione indotta dalla noradrenalina mediante l'attivazione dei recettori purinici P2y (v. fig. 2); in altri letti vascolari sistemici, invece, l'ATP agisce sui recettori purinici P2x per rinforzare la vasocostrizione indotta dalla noradrenalina (v. Corr e Burnstock, 1991; v. Burnstock, 1993).

3. Neuropeptide Y. - Il neuropeptide Y (NPY), isolato in origine dal cervello di maiale, è un peptide di 36 amminoacidi con una tirosina ammino-terminale e una tirosinammide carbossi-terminale (v. Tatemoto e altri, 1982). È ampiamente distribuito nel sistema nervoso centrale e periferico, inclusi i nervi simpatici afferenti ai vasi sanguigni, al cuore, alla milza, dove viene accumulato in grandi vescicole a centro denso, ed è rilasciato con la noradrenalina dai nervi simpatici postgangliari (v. Lundberg e altri, 1989; v. Pernow e altri, 1989; v. Tatemoto, 1990). Poiché l'NPY, oltre a indurre una vasocostrizione di lunga durata (v. Lundberg e Tatemoto, 1982), può inibire il rilascio di noradrenalina e dello stesso NPY a livello presinaptico (v. Lundberg e Stjärne, 1984), nonché intensificare l'azione vasocostrittrice della noradrenalina a livello postsinaptico (v. Wahlestedt e altri, 1985), esso è potenzialmente in grado di esercitare effetti rilevanti sull'azione dei nervi simpatici afferenti ai vasi sanguigni. Nell'uomo, una infusione intra-arteriosa di NPY nell'avambraccio induce costrizione sia dei vasi di resistenza che delle vene (v. Pernow e altri, 1987), probabilmente mediante un effetto diretto sulla muscolatura liscia vasale; tuttavia, alcuni studiosi hanno anche ipotizzato che l'NPY possa indurre il rilascio, da parte dell'endotelio, di una qualche sostanza in grado di aumentare la capacità di risposta alla stimolazione simpatica (v. Daly e Hieble, 1987).

Vari risultati sperimentali indicano l'esistenza di due principali sottotipi di recettori per l'NPY, Y1 e Y2 (v. Michel, 1991). Nell'uomo sono stati osservati incrementi di sostanze plasmatiche evidenziabili con i test immunologici per la dimostrazione del neuropeptide Y (NPY-Like Immunoreactivity, NPY-LI) durante l'aumento dell'attività simpatica dovuto all'esercizio muscolare o al test dell'ipertensione da freddo (cold pressor test). I livelli di NPY-LI, e anche di catecolammine, sono risultati maggiori durante l'esercizio muscolare, mentre rimanevano inalterati durante il test di inclinazione dell'asse corporeo (v. Pernow, 1988). Tuttavia, un'intensa stimolazione simpatica non determina il rilascio di NPY in quantità sufficiente a provocare vasocostrizione coronarica o a potenziare la vasocostrizione indotta dalla noradrenalina mediante i recettori adrenergici α (v. Otani e altri, 1993). In altri letti vascolari l'NPY è in grado di far aumentare la vasocostrizione indotta da altri agenti agonisti di vari trasmettitori, come quello della noradrenalina (v. Lundberg e altri, 1989; v. Linton-Dahlöf, 1989).

La variabilità delle risposte di differenti letti vascolari all'attivazione dei nervi simpatici dipende, come già detto, dalle diversità anatomiche al livello delle giunzioni neuroeffettrici dei vasi e dalle complesse interazioni neuroumorali e locali. La variabilità nella secrezione di neurotrasmettitore indotta da un singolo impulso nervoso va invece messa in relazione con il numero dei canali del calcio e con la loro distribuzione all'interno di un singolo sito di rilascio; infatti, durante treni di impulsi nervosi si verifica un'interazione tra tali siti, mediata da cotrasmettitori con azione autoinibitoria (v. Bennett, 1993). Il rilascio dei neurotrasmettitori simpatici differisce, nei vari letti vascolari, in dipendenza dai profili e dalla frequenza dei potenziali d'azione (v. Pernow e altri, 1989; v. Fillenz, 1992; v. Stjärne e altri, 1993); i nervi simpatici che innervano le diverse parti del sistema cardiovascolare hanno quindi differenti potenziali d'azione, tali da rispondere alle varie esigenze funzionali.

Nell'uomo, l'attività dei nervi simpatici del muscolo, in individui normali a riposo, è dominata da scariche di impulsi vasocostrittori sincroni, di ampiezza variabile all'interno di ogni scarica, separate da periodi variabili di inattività neuronale (v. Wallin e Elam, 1994; v. elettrofisiologia, vol. II).

c) Nervi parasimpatici.

Diversamente dai nervi simpatici, che sono diffusamente distribuiti nei diversi letti vascolari, i nervi parasimpatici sono confinati, nel sistema vascolare, ai vasi coronarici di alcune specie (v. Van Winkle e Feigl, 1989), ai corpi cavernosi del pene (v. Ignarro e altri, 1990) e ai vasi di resistenza dei muscoli scheletrici (v. Blair e altri, 1959).

Il neurotrasmettitore acetilcolina è sintetizzato nella terminazione nervosa dall'enzima colina-acetiltransferasi, a partire dalla colina e dall'acetilcoenzima A. Nel sistema cardiovascolare, l'acetilcolina agisce sui recettori muscarinici; l'uso di antagonisti selettivi ha permesso di appurare l'eterogeneità di tali recettori, classificati come M1, M2, M3 e M4, il predominante dei quali è M3 (v. Buckley e Caulfield, 1992). Dopo il suo rilascio nella fessura sinaptica, l'acetilcolina viene rapidamente idrolizzata, dall'enzima acetilcolinesterasi, in molecole di acetato e di colina; quest'ultima viene recuperata dalla terminazione nervosa mediante uno specifico trasportatore e può essere utilizzata per produrre altra acetilcolina.

Si è osservato che nel cane il blocco della formazione di NO da parte dell'L-nitro-arginina metil-estere (L-NAME) inibisce la vasodilatazione coronarica provocata dalla stimolazione del nervo vago; si è così dimostrato che essa dipende dalle cellule endoteliali, che rilasciano NO in seguito all'attivazione dei loro recettori muscarinici operata dall'acetilcolina (v. Broten e altri, 1992; v. fig. 2). Una volta attivato il chemoriflesso carotideo, il principale percorso efferente autonomo per la pronta regolazione della resistenza vasale coronarica è quello vagale parasimpatico, mediato dal rilascio di acetilcolina. Nel cane, inoltre, quando il rilascio di neurotrasmettitori vagali aumenta in seguito all'attivazione del chemoriflesso carotideo, la vasodilatazione coronarica risultante è attenuata dall'inibizione della sintesi di NO (v. Shen e altri, Role of EDRF/NO..., 1994).

È ancora da definire se nei nervi colinergici perivascolari siano localizzati, insieme con l'acetilcolina, alcuni peptidi e se questi vengano rilasciati con essa. L'indagine immunoistochimica ha consentito di dimostrare che l'acetilcolina è presente insieme con il peptide vasoattivo intestinale (VIP) nei neuroni afferenti dei vasi sanguigni cerebrali (v. Hara e altri, 1985) e nelle fibre simpatiche colinergiche postgangliari che innervano le ghiandole sudoripare (v. Valaasti e altri, 1985; v. Landis e Fredieu, 1986; v. Lindh e altri, 1988); in queste ultime fibre l'acetilcolina è presente anche insieme al peptide correlato al gene della calcitonina (Calcitonin Gene-Related Peptide, CGRP). Tuttavia, la dimostrazione della comune localizzazione dell'acetilcolina e di questi neuropeptidi non costituisce la prova che essi vengano rilasciati insieme.

d) Nervi non adrenergici, non colinergici: nervi nitrossidergici.

Nella scimmia e nell'uomo è stata dimostrata la presenza di nervi afferenti alle arterie cerebrali che agiscono rilasciando il vasodilatatore NO: si tratta dei cosiddetti nervi nitrossidergici (v. Toda, 1981; v. Toda e Okamura, 1989). Diversamente dai neurotrasmettitori classici, le molecole di NO non vengono accumulate nelle vescicole sinaptiche e non richiedono esocitosi per il loro rilascio dalle terminazioni nervose: l'ossido nitrico viene infatti prodotto dall'enzima NO-sintasi a partire da L-arginina, un substrato abbondante e riciclabile, ed è in grado di diffondere liberamente attraverso le membrane cellulari (v. Madison, 1993). La stimolazione elettrica di grandi arterie cerebrali isolate private dell'endotelio causa un loro rilassamento, che viene però bloccato da analoghi dell'L-arginina; tale blocco può peraltro essere rimosso aggiungendo grandi quantità di L-arginina (ma non di D-arginina). Il rilassamento è accompagnato dall'incremento di guanosinmonofosfato ciclico (cGMP) nella parete arteriosa (v. Toda e altri, 1993). Nelle grandi arterie cerebrali il rilascio di NO può essere inibito dall'attivazione dei recettori presinaptici muscarinici (v. Ayajiki e altri, 1993).

Nel pene dell'uomo e del coniglio, il neurotrasmettitore noradrenalina induce contrazione della muscolatura liscia dei corpi cavernosi, con risultante inibizione dell'erezione. Al contrario, l'acetilcolina rilasciata dai nervi colinergici inibisce la liberazione di noradrenalina, facilitando in tal modo il rilassamento muscolare e quindi l'erezione. Il rilascio di NO dai nervi nitrossidergici è però alla base del fenomeno dell'erezione, in quanto causa il rilassamento della muscolatura liscia del corpo cavernoso (v. Ignarro e altri, 1990).

Nelle arterie mesenteriche e femorali sono presenti nervi perivascolari in grado di liberare NO (v. Yoshida e altri, 1993); le arterie renali del cane e della scimmia sono innervate da nervi con funzione vasodilatatoria mediata dall'NO e vasocostrittoria adrenergica. L'inibizione della NO-sintasi potenzia quindi la contrazione dovuta alla stimolazione del nervo adrenergico (v. Okamura e altri, 1995). La NO-sintasi è localizzata anche nelle fibre nervose della parete delle arterie coronarie, quindi l'ossido nitrico potrebbe svolgere un ruolo anche nel rilassamento dei vasi arteriosi coronarici (v. Klimaschewski e altri, 1992; Tanaka e altri, 1993).

In esperimenti condotti in vivo si è osservato che, impedendo la formazione di NO mediante l'uso di un inibitore della NO-sintasi, si induce un sostanziale aumento della pressione arteriosa (v. Moncada e altri, 1991).

3. Neurotrasmettitori e recettori

a) Meccanismi di trasduzione del segnale.

L'azione dei neurotrasmettitori e di molti ormoni si esplica come prima cosa attraverso una interazione con recettori specifici localizzati sulla membrana plasmatica; tale interazione porta alla generazione di segnali intracellulari (secondi messaggeri) o a modificazioni nella conduttanza ionica della membrana.

Proteine che legano il nucleotide guanilico (guanine nucleotide-binding proteins), note come proteine G (G proteins), operano come trasduttori intracellulari, accoppiando le molecole della superficie cellulare a canali ionici o a enzimi che producono secondi messaggeri (v. fig. 3; v. anche neuroscienze: Basi molecolari della comunicazione neuronale, vol. XI). Le proteine G costituiscono una grande famiglia che presenta caratteristiche strutturali comuni (v. Brown, 1991). Un neurotrasmettitore o un ormone può attivare diversi sottotipi di recettori anche su una singola cellula, ognuno dei quali può a sua volta essere accoppiato a una o più proteine G (v. Garcia-Sainz, 1991); analogamente, una singola proteina G può essere accoppiata a molti recettori (v. Birnbaumer, 1990). La proteina GS media l'attivazione dell'enzima adenilatociclasi da parte dei recettori adrenergici β1 e β2 per produrre AMP ciclico (cAMP), rendendo in tal modo più efficiente l'accoppiamento fra impulso eccitatorio e sistemi trasduttivi. Gli agonisti β-adrenergici aumentano le correnti dei canali del calcio di tipo L attraverso la fosforilazione citoplasmatica dipendente da cAMP e anche mediante un'interazione, limitata alla membrana, con la proteina stimolatoria GS (v. Yatani e altri, 1995); questa è una proteina eterotrimerica costituita da tre diverse subunità, α, β e γ: la subunità α è responsabile principalmente dell'attivazione dell'adenilatociclasi, mentre la subunità γ modula questa attività. La proteina G1 media l'inibizione dell'adenilatociclasi da parte dei recettori adrenergici α2; la proteina G0, invece, media la stimolazione della fosfolipasi G da parte dei recettori adrenergici α1 (v. Johnson e Dhanasekaran, 1989); infine, anche i recettori muscarinici, se attivati, si legano alle proteine G.

b) Modulazione del rilascio dei trasmettitori simpatici e parasimpatici: interazione tra nervi cardiaci autonomi.

La stretta prossimità dei nervi simpatici e vagali nei tessuti cardiaci rende possibile la loro interazione a livello presinaptico. Nel cane, il rilascio di NPY - che si verifica quando i nervi simpatici cardiaci vengono attivati - è in grado di attivare recettori Y2 sui nervi vagali, inibendo in tal modo il rilascio di acetilcolina (v. Yang e Levy, 1992); nel gatto l'effettore di tale attivazione è il neuropeptide galanina (v. Potter e Ulman, 1994). Una parte dell'acetilcolina liberata in seguito a stimolazione dei nervi vagali potrebbe inibire il suo stesso rilascio e anche attivare un recettore muscarinico sui nervi simpatici cardiaci, diminuendo così la produzione dei neurotrasmettitori simpatici (v. Cohen e altri, 1984; v. Vizi e altri, 1991).

c) Recettori simpatici presinaptici.

È possibile che i neurotrasmettitori rilasciati dalle varicosità del nervo simpatico, i quali esercitano la loro azione su recettori specifici situati sulla muscolatura liscia vasale, abbiano effetto anche su recettori posti sulle fibre nervose simpatiche pregiunzionali. Tali recettori pregiunzionali vengono classificati come auto- ed eterorecettori: i primi rispondono ai neurotrasmettitori, i secondi ad altre sostanze (v. fig. 4). Gli autorecettori inibitori sono recettori adrenergici, purinocettori P1 e recettori Y2 per l'NPY. S. Z. Langer ha avanzato l'ipotesi che il decremento della produzione di noradrenalina, conseguente all'attivazione di recettori adrenergici α2 e osservato in esperimenti in vitro, fosse dovuto alla ridotta disponibilità del Ca2+ per l'accoppiamento fra eccitazione e contrazione. La contrazione indotta da stimolazione elettrica dell'arteria carotidea di coniglio isolata è dovuta al rilascio dalla terminazione nervosa di noradrenalina, che agisce sui recettori adrenergici α1 situati sulle membrane delle cellule muscolari lisce; la rimozione dell'endotelio produce un aumento di queste contrazioni. Parte dell'influenza inibitoria dell'endotelio sulla contrazione neurogena è legata al metabolismo della noradrenalina da parte degli enzimi monoamminossidasi e catecol-O-metiltransferasi della cellula endoteliale (v. Rorie e Tyce, 1985); almeno una frazione di questa influenza inibitoria si esercita a livello pregiunzionale sul rilascio della noradrenalina da parte dei nervi adrenergici (v. Cohen e Weisbrod, 1988). È stata anche rilevata la presenza di purinocettori P1 e recettori Y2: i primi potrebbero essere attivati dal rapido metabolismo dell'ATP in adenosina che ha luogo nella fessura sinaptica, con conseguente diminuzione del rilascio di noradrenalina e ATP (v. Taddei e altri, 1995; v. Ralevic e Burnstock, 1991); il peptide NPY, agendo sui recettori Y2, potrebbe indurre un abbassamento dei livelli di produzione di noradrenalina e ATP (v. Stjärne, 1989).

Per quanto riguarda l'incremento della liberazione di noradrenalina, si è pensato che l'ATP, rilasciato insieme con la noradrenalina stessa, stimoli i purinocettori P2 sulle terminazioni nervose, con la conseguente attivazione di canali cationici permeabili al Ca2+; l'ingresso di Ca2+ farebbe così aumentare il rilascio di noradrenalina (v. Inoue e Nakazawa, 1992).

Gli eterocettori inibitori - recettori muscarinici (M), per l'istamina (H2), per la serotonina (5-idrossitriptammina) e per l'endotelina-1 (v. Shepherd e Vanhoutte, 1981; v. Wiklund e altri, 1988; v. Aarnio e altri, 1993) - aumentano la capacità di risposta della muscolatura liscia vasale alla noradrenalina e ne facilitano il rilascio (v. Zimmerman, 1978); invece, gli eterocettori eccitatori - recettori per l'angiotensina II e β2-adrenergici - sono insensibili alla noradrenalina, cosicché possono svolgere un ruolo nell'organismo integro solo quando una quantità sufficiente di adrenalina circolante raggiunge le varicosità adrenergiche. Il meccanismo alla base dell'aumento del rilascio della noradrenalina sembra essere mediato da un incremento del cAMP nelle terminazioni nervose (v. Shepherd e Vanhoutte, 1985).

d) Controllo del rilascio di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso autonomo.

Il controllo del rilascio di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso autonomo dipende dal ‛messaggio in entrata' (input) inviato ai centri vasomotori del cervello direttamente da centri situati anch'essi nel cervello o da molte zone riflessogene vasali, quali i meccanocettori situati nel seno carotideo e nell'arco aortico (che rispondono a modificazioni repentine della pressione arteriosa), i meccanocettori situati nel cuore e nei polmoni (v. Thorén, 1979; v. Malliani, 1982; v. Shepherd e Mancia, 1986) e i chemocettori arteriosi (v. Biscoe e Duchen, 1990).

Il riflesso barocettivo arterioso dei Mammiferi è un sistema di regolazione a retroazione negativa (negative feedback) che mantiene la pressione arteriosa entro limiti molto contenuti; l'arco riflesso è costituito da fibre sensitive afferenti da recettori di stiramento (stretch receptors) presenti nell'arco aortico e nel seno carotideo, dall'innervazione autonoma efferente del cuore e dei vasi sanguigni e dalle aree del sistema nervoso centrale che collegano l'input afferente con la risposta (output) efferente (v. circolazione: Regolazione nervosa della circolazione, vol. I).

I neuroni afferenti del riflesso barocettivo proiettano su una distinta regione del nucleo del fascicolo solitario (NTS, Nucleus of the Tractus Solitarius). La regolazione centrale dell'attività del nervo simpatico coinvolge una proiezione eccitatoria diretta dall'NTS alla regione caudale ventro-laterale del midollo allungato da cui viene inviata una proiezione inibitoria sulla regione rostrale ventro-laterale dello stesso midollo allungato (v. Agarwal e Calaresu, 1991). I neuroni simpatico-eccitatori di quest'ultima regione raggiungono direttamente quei neuroni simpatici pregangliari, situati nelle colonne cellulari intermedio-laterali del midollo spinale, che sono coinvolti nella regolazione dei toni vasomotore e cardiaco. Il circuito neuronale della componente parasimpatica del riflesso barocettivo è invece meno definito (v. Sved e Gordon, 1994).

Verosimilmente, gli amminoacidi sono i principali neurotrasmettitori del sistema nervoso centrale implicati nella mediazione del riflesso barocettivo arterioso: gli amminoacidi ad azione eccitatoria sono per lo più il glutammato o l'aspartato; quelli ad azione inibitoria, soprattutto l'acido γ-amminobutirrico (GABA) e la glicina, attiva nella trasmissione sinaptica rapida (v. Sved e Gordon, 1994; v. sinapsi, vol. VI).

Il meccanismo primario di attivazione dei barocettori arteriosi è costituito dalla deformazione meccanica che ha luogo durante lo stiramento della parete vasale, il quale comporta presumibilmente l'apertura dei canali ionici sui meccanocettori, inducendo una depolarizzazione della membrana e la generazione di potenziali d'azione (v. Hajduczok e altri, 1990). Esperimenti condotti sul seno carotideo di cane, che si basavano sui differenti aspetti della relazione pressione arteriosa-frequenza di scarica, hanno permesso di identificare due tipi di neuroni afferenti (v. Seagard e altri, 1990): in funzione delle loro velocità di conduzione, sono generalmente definite di tipo I le grandi fibre A mieliniche, mentre quelle C più piccole, mieliniche e amieliniche, vengono definite di tipo II. Un possibile ruolo delle fibre C potrebbe essere quello di impedire un eccessivo aumento della pressione arteriosa (v. Yao e Thorén, 1983).

La ritmicità del cuore e la sua relazione inversa con le variazioni della pressione arteriosa indicano che tali variazioni sono modulate dalle influenze inibitorie esercitate dai barocettori arteriosi (v. Wallin e Elam, 1994). Nell'uomo, la stimolazione dinamica del seno carotideo influisce in maniera evidente sull'attività simpatica diretta ai vasi di resistenza, mentre stimoli statici non hanno effetti rilevanti; la scarica statica dei meccanocettori aortico e cardiopolmonare provoca una prolungata attività simpatica sulla muscolatura vasale, mentre invece l'attività simpatica a livello cutaneo, che include impulsi vasocostrittori, vasodilatatori e stimolanti la sudorazione, è costituita da scariche più irregolari (v. Wallin e Elam, 1994).

La misurazione diretta dell'attività del sistema nervoso simpatico, effettuata nel nervo peroneo di individui giovani di sesso maschile a riposo, ha mostrato che nei soggetti obesi tale attività era doppia rispetto a quella misurata nei soggetti magri di controllo. La pressione arteriosa basale e la frequenza cardiaca erano simili in entrambi i gruppi; nei soggetti obesi, inoltre, la bradicardia e l'inibizione simpatica indotte dall'attivazione dei barocettori arteriosi erano inferiori, così come la tachicardia e l'eccitazione simpatica causate dalla loro inattivazione. In conclusione, il danno funzionale dei barocettori arteriosi, così come il menzionato incremento dei livelli plasmatici dell'angiotensina II e/o dell'insulina, potrebbero essere fattori chiave alla base dell'aumentata attività simpatica riscontrata nell'obesità (v. Grassi e altri, 1995).

4. Rapporti tra neurotrasmettitori ed endotelio

a) Interazioni tra neurotrasmettitori e cellule endoteliali.

Nei vasi arteriosi sistemici, in condizioni di riposo, esiste un equilibrio dinamico tra i neurotrasmettitori che inducono vasocostrizione e i fattori di rilassamento di derivazione endoteliale (Endothelium-Derived Relaxing Factor, EDRF). Un crescente numero di dati sperimentali indica che alcuni neurotrasmettitori possono diffondere attraverso la parete vasale per interagire con i recettori posti sulle membrane delle cellule endoteliali, e che sostanze vasoattive prodotte da queste cellule sono in grado di agire sui nervi simpatici; sembra quindi che, almeno in alcune circostanze, la risposta dei vasi sanguigni sia modulata da complesse interazioni fra i neurotrasmettitori perivascolari e le sostanze di derivazione endoteliale.

Carrier e White (v., 1985) hanno dimostrato che nel ratto la rimozione dell'endotelio dall'aorta causa un aumento della costrizione in risposta agli agonisti α1- e α2-adrenergici, mentre gli esperimenti effettuati da Young e Vatner (v., 1986) su cani coscienti hanno messo in luce un aumento della costrizione adrenergica dell'arteria iliaca dopo rimozione dell'endotelio. Questi dati dimostrano che parte della noradrenalina liberata dai nervi simpatici attiva i recettori adrenergici α2 situati sulle cellule endoteliali; ciò determina un rilascio di EDRF che attenua la vasocostrizione (v. González e altri, 1990; v. Miller, 1991): il fattore rilassante potrebbe essere l'ossido nitrico o il peptide natriuretico di tipo C (CNP). Non è ancora chiaro se parte dell'ATP rilasciato dai nervi simpatici possa raggiungere i recettori P2y sulle membrane delle cellule endoteliali per indurre il rilascio di EDFR (v. fig. 2). Infine, anche i neuropeptidi possono causare il rilascio di fattori vasoattivi da parte delle cellule endoteliali (v. Mione e altri, 1990).

I nervi simpatici, inoltre, esercitano un'influenza trofica sulle cellule endoteliali vasali, come è dimostrato dal fatto che una simpaticectomia cronica provocata dalla prolungata somministrazione di guanetidina fa aumentare il rilascio di endotelina, indotto dal flusso sanguigno, dal letto mesenterico del ratto (v. Ralevic e altri, 1995).

Il sistema nervoso simpatico svolge un ruolo importante nell'azione tonica vasodilatatrice dell'NO vascolare in ratti anestetizzati con uretano (v. Lacolley e altri, 1991). Il meccanismo che verosimilmente è alla base di tale fenomeno può essere così schematizzato: 1) la scarica simpatica fa aumentare la produzione di NO mediante un'interazione diretta con recettori adrenergici; 2) una vasocostrizione di origine neurogena stimola la produzione di NO; 3) anche gli agonisti circolanti del recettore adrenergico inducono un aumento della produzione di NO mediante diretta interazione col recettore e generazione del tono vasomotore; 4) NO può modulare la vasocostrizione di origine neurogena inibendo a livello presinaptico il rilascio di noradrenalina e riducendo la capacità di risposta della muscolatura liscia al neurotrasmettitore. È stato inoltre ipotizzato che l'EDRF rilasciato spontaneamente contribuisca all'inibizione dell'attività del nervo simpatico (v. Tesfamariam e altri, 1987; v. Greenberg e altri, 1990). Nei conigli, la produzione di NO indotta da L-arginina svolge un'azione inibitrice sull'attività del nervo simpatico renale (v. Kumagai e altri, 1994); esiste infine anche la possibilità che i nervi simpatici stessi siano in grado di rilasciare NO, poiché l'enzima NO-sintasi è presente anche nei neuroni autonomi che raggiungono i vasi sanguigni (v. Bredt e altri, 1990).

b) Interazioni endotelio-simpatiche.

Un fattore rilassante prodotto dalle cellule endoteliali (forse NO o il peptide natriuretico di tipo C) potrebbe raggiungere le terminazioni nervose simpatiche e ridurre la produzione di neurotrasmettitori (v. Cohen e Weisbrod, 1988; v. fig. 4), probabilmente come conseguenza del fatto che viene inibito l'accesso del Ca2+ ai nervi (v. Tesfamariam e altri, 1987); nei conigli in stato cosciente, l'NO determina un aumento del flusso di sangue renale riducendo l'attività del nervo simpatico (v. Kumagai e altri, 1994). Per quanto riguarda le sostanze vasocostrittrici di origine endoteliale, è possibile che l'angiotensina II attivi i suoi specifici recettori pregiunzionali simpatici al fine di aumentare la produzione di neurotrasmettitore (v. Zimmerman, 1978) e che l'endotelina-1, attivando a sua volta uno specifico recettore endoteliale, sia in grado di ridurla. Se l'endotelio è danneggiato e le piastrine si aggregano e aderiscono nel sito di lesione, parte della 5-idrossitriptammina rilasciata può raggiungere i nervi simpatici e accumularsi al loro interno; quando i nervi sono attivati, la 5-idrossitriptammina viene rilasciata e, agendo sul suo specifico recettore collocato sui vasi sanguigni, ne induce la contrazione (v. Cohen, 1988; v. fig. 5).

5. Fattori implicati nella vasomotilità

a) Arterie e vene cutanee.

Nell'uomo, la quantità di neurotrasmettitori rilasciati dal sistema nervoso simpatico e diretti verso i vasi sanguigni cutanei e le ghiandole sudoripare aumenta con la diminuzione (e viceversa) della temperatura interna del corpo; gli effetti di queste modificazioni, mediate a livello centrale, possono essere acuiti da alterazioni locali della temperatura. Un raffreddamento locale inibisce l'induzione del rilascio di noradrenalina dai nervi simpatici, nonché la sua captazione neuronale ed extraneuronale e, contemporaneamente, causa un aumento dell'affinità del recettore adrenergico α2 per la noradrenalina e una conseguente intensificazione della risposta al raffreddamento. Allo stesso tempo, l'ampia riserva di recettore adrenergico α1 tampona l'effetto inibitorio diretto del raffreddamento sul processo di contrazione, consentendo in tal modo la predominanza dell'effetto potenziante dei recettori adrenergici α2. Allorché il raffreddamento locale provoca una contrazione dei vasi cutanei, le vene profonde delle estremità si rilassano; quest'ultimo fenomeno è dovuto alla scarsa riserva di recettori adrenergici α1 nelle vene profonde e, al contempo, alla ridotta densità di recettori α2 (v. Flavahan e Vanhoutte, Effect of..., 1986). Come conseguenza, può anche aver luogo uno scambio di calore controcorrente tra il sangue venoso di ritorno (freddo) e quello dell'arteria corrispondente, così da facilitare il mantenimento del calore corporeo.

Esperimenti condotti su vene cutanee di cane hanno dimostrato che anche l'ATP, che viene rilasciato dai nervi simpatici insieme alla noradrenalina, contribuisce alla costrizione locale dei vasi cutanei indotta dal freddo (v. Flavahan e Vanhoutte, Sympathetic..., 1986).

b) L'esercizio fisico.

I muscoli costituiscono circa il 45% della massa corporea; il flusso sanguigno convogliato ai muscoli dell'avambraccio e del polpaccio in condizioni di riposo è approssimativamente 3-5 ml/100 g/min, ma con un esercizio impegnativo può giungere a valori oltre 10-15 volte più alti.

Malgrado i molti studi effettuati da quando W. H. Gaskell, alla fine del secolo scorso, avanzò l'ipotesi che i metaboliti vasodilatatori liberati dalle fibre muscolari scheletriche attive fossero implicati nella dilatazione dei vasi sanguigni di resistenza nei muscoli in esercizio, la ricerca volta a identificare la sostanza o le sostanze ipoteticamente responsabili di tale fenomeno è ancora in corso (v. Shepherd, 1983).

È noto da lungo tempo che il lume delle grandi arterie afferenti agli arti aumenta proporzionalmente al flusso ematico che le percorre, con dilatazione dei vasi di resistenza nei muscoli in esercizio. D'Silva e Fouché (v., 1960) hanno dimostrato che la dilatazione dell'arteria femorale osservabile nel gatto durante l'esercizio fisico si mantiene anche quando il flusso ematico viene aumentato aprendo una fistola arterovenosa nella zampa in esame; questo riscontro portò a concludere che l'aumento del flusso dovesse essere esso stesso alla base della dilatazione e che lo stesso poteva valere anche nel caso dell'iperemia indotta dall'esercizio. Studi su animali hanno dimostrato che la dilatazione dipende dalla maggiore tensione di attrito sull'endotelio di questi vasi, dovuta all'aumento del flusso ematico, che induce il rilascio di NO e/o prostaciclina da parte delle cellule endoteliali (v. Khayutin e altri, 1986; v. Rubanyi e altri, 1986; v. Pohl e altri, 1986; v. Inoue e altri, 1988). Tale risposta endotelio-mediata all'aumento della tensione di attrito è stata osservata anche nella microcircolazione del muscolo scheletrico (v. Koller e Kaley, 1991). Un prolungato aumento della tensione di attrito, come quello provocato nei cani con l'esercizio protratto nel tempo, innalza il livello d'attività del gene per l'enzima NO-sintasi nelle cellule endoteliali (v. Sessa e altri, 1994); inoltre, l'azione dell'ossido nitrico (ma non della prostaciclina) è essenziale per la dilatazione flusso-mediata che è stata osservata nell'arteria radiale umana (v. Joannides e altri, 1995).

Il rilascio di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso simpatico, compreso quello diretto ai muscoli attivi, cresce con l'esercizio fisico, ma solo parzialmente in conseguenza del progressivo aumento della complessità dell'azione da compiere, poiché la maggiore intensità dell'esercizio non modifica l'andamento della curva stimolo/risposta. Per quanto riguarda il meccanismo, o i meccanismi, che ne sono alla base, si può dire che questa regolazione ha luogo rapidamente e che potrebbe esser dovuta a modificazioni dei centri vasomotori (v. Tan e altri, 1989); inoltre, in assenza di una qualche variazione nel rapporto fra la pressione a livello del seno carotideo e il diametro del vaso, alcune sostanze paracrine rilasciate dalle cellule endoteliali del seno stesso hanno il potere di aumentare o diminuire l'attività del nervo afferente (v. Chapleau e Abboud, 1994; v. fig. 6). Le cellule endoteliali hanno quindi la capacità di modulare il rilascio di neurotrasmettitori da parte del sistema nervoso autonomo: l'aggiunta di PGI2 nel seno carotideo isolato di coniglio produce, ad esempio, un aumento dose-dipendente dell'attività nel nervo afferente pur in assenza di sostanziali modificazioni meccaniche nella parete del seno (v. Chen e altri, 1990). In vivo, la maggiore tensione di attrito potrebbe indurre l'aumento della produzione e del rilascio di PGI2, che potrebbe esser dovuto anche alla noradrenalina liberata in seguito alla stimolazione dei nervi simpatici afferenti al seno carotideo e all'arco aortico (v. Tomamatsu e Nishi, 1981; v. Munch e Brown, 1987).

L'NO e la S-nitrosocisteina sopprimono l'attività dei barocettori con un meccanismo indipendente dall'attivazione della guanilatociclasi e dal rilassamento vasale. Si suppone che l'attività dei barocettori possa venir ridotta da una loro iperpolarizzazione determinata dall'NO, attraverso l'attivazione dei canali del K+. L'NO potrebbe essere rilasciato dall'endotelio o dai neuroni sensitivi innervanti la regione del seno carotideo (v. Matsuda e altri, 1995); anche l'endotelina-1 può avere l'effetto di ridurre l'attività dei barocettori (v. Chapleau e Abboud, 1994).

Nell'aterosclerosi, il seno carotideo è il sito dove spesso si formano lesioni e adesione piastrinica. L'introduzione di piastrine isolate da sangue umano o di coniglio nel seno carotideo isolato di coniglio sopprimono l'attività dei barocettori e diminuiscono a tale livello la sensibilità alle modificazioni della pressione (v. Li e Chapleau, 1995). I radicali liberi dell'ossigeno provenienti dai macrofagi che invadono la parete vasale nell'aterosclerosi possono essere in parte responsabili della diminuita sensibilità dei barocettori che è stata osservata in questa malattia (v. Chapleau e Abboud, 1994).

Due altri meccanismi nervosi svolgono ruoli importanti nel regolare l'attività simpatica e parasimpatica afferente al cuore e ai vasi sanguigni durante l'esercizio muscolare. Nel primo, il cosiddetto controllo centrale, l'attività neuronale responsabile del reclutamento di unità motrici attiva anche i centri di controllo cardiovascolare nella regione ventro-laterale del midollo allungato agendo come meccanismo di controllo a ‛proazione' (feedforward; v. Mitchell, 1990); nell'altro, la stimolazione di ergorecettori nei muscoli scheletrici in contrazione (meccanocettori e recettori chemiosensibili ai metaboliti) attiva di riflesso i centri vasomotori con un meccanismo a feedback (v. Mitchell e altri, 1983; v. Mitchell e Shepherd, 1992).

Lo stimolo o gli stimoli metabolici che potrebbero attivare i recettori chemiosensibili ai metaboliti includono il potassio, una diminuzione del pH intracellulare (v. fig. 7) e le prostaglandine (v. Mitchell e Shepherd, 1992). Da un certo punto di vista, l'aumentata attività dei nervi simpatici vasocostrittori dovrebbe ostacolare i fattori che causano la vasodilatazione muscolare. Nel 1962, J. P. Remensnyder e collaboratori hanno dimostrato che nei muscoli attivi si verifica una simpatolisi funzionale; ciò potrebbe essere spiegato dall'azione esercitata nei muscoli attivi dai metaboliti, che agiscono sulle terminazioni nervose simpatiche inducendo una minore liberazione dei neurotrasmettitori (v. Edoute e altri, 1990). È anche possibile che parte dell'NO rilasciato in seguito all'aumento di flusso riduca la produzione di neurotrasmettitori (v. Tesfamariam e altri, 1987; v. Greenberg e altri, 1990).

Nell'uomo sono stati condotti numerosi studi sul flusso ematico in muscoli dell'avambraccio sottoposti a esercizio ritmico, prima e durante l'aumento dell'attività simpatica generato dall'applicazione di una pressione negativa nella parte inferiore del corpo (v. Strandell e Shepherd, 1967) o dalla posizione eretta (v. Joyner e altri, 1990). Nel primo di questi studi l'applicazione di una pressione negativa durante un esercizio moderato continuo determinava una diminuzione non solo del flusso e del grado di saturazione in ossigeno del sangue venoso in uscita dai muscoli scheletrici, ma anche del flusso nei muscoli flessori profondi, come dimostrato dal decremento della depurazione (clearance) di xenon-133. Nello studio successivo, il flusso ematico durante i primi cinque minuti d'esercizio era lo stesso indipendentemente dalla posizione, supina o eretta, del soggetto (simpatolisi); in posizione eretta, tuttavia, il flusso si abbassava quando l'esercizio veniva prolungato e aumentava, pur rimanendo comunque minore, se l'esercizio da moderato diveniva intenso (v. fig. 8); la risposta della pressione arteriosa era simile nelle due posizioni, supina ed eretta, e pertanto la riduzione del flusso nella posizione eretta era dovuta a costrizione dei vasi di resistenza muscolari. Così, nella risposta fisiologica all'esercizio muscolare, i nervi simpatici, dopo un intervallo iniziale, riacquistano controllo; ciò è importante nella regolazione della resistenza pre- e postcapillare nei muscoli scheletrici, in modo da prevenire l'edema muscolare (v. Mellander e Björnberg, 1992).

Con l'aumentata attività del nervo simpatico diminuisce il flusso verso il muscolo attivo; si è pensato che l'NO continuamente rilasciato dall'endotelio capillare regoli la funzione mitocondriale nelle adiacenti cellule parenchimali in modo da assicurare un maggior assorbimento di ossigeno dal sangue, esercitando così un effetto inibitorio sul metabolismo tessutale (v. Shen e altri, Role of nitric..., 1994).

c) Vasodilatazione cutanea attiva nell'uomo.

Nell'uomo la regolazione del flusso sanguigno cutaneo nella testa e nel tronco è operata dal sistema nervoso simpatico e implica il coinvolgimento di nervi sia vasocostrittori non adrenergici, sia vasodilatatori (v. Roddie e altri, 1957).

Uno stress indotto dal freddo fa aumentare l'attività del nervo vasocostrittore e inibisce ogni attività vasodilatatrice; al contrario, in condizioni di stress indotto dal caldo, all'aumentare della temperatura interna del corpo si verifica un rapido blocco dell'attività nervosa vasocostrittrice e, se la temperatura interna continua ad aumentare, vengono attivati i nervi vasodilatatori che determinano un aumento dell'80-95% del flusso ematico nella pelle. Si è calcolato che tale incremento avviene a una velocità di circa 3 litri al minuto per ogni grado centigrado di innalzamento della temperatura interna corporea e può arrivare sino a 8 litri per minuto in condizioni di stress termico grave (v. Rowell, 1983). Un intenso esercizio in un ambiente caldo rappresenta dunque la massima sfida al sistema cardiovascolare; in tali circostanze, i vasi sanguigni di resistenza renali e splancnici sono sottoposti a costrizione massima e la gittata cardiaca non può aumentare tanto da mantenere stabile la pressione arteriosa: è perciò necessario che il sistema nervoso simpatico limiti il flusso ematico diretto ai muscoli attivi, affinché sia assicurata un'adeguata pressione di perfusione così da mantenere stabile il flusso al cervello e al miocardio.

Per quanto riguarda il meccanismo della vasodilatazione attiva nella pelle della testa e del tronco in seguito a stress da caldo, alcuni studi avevano lasciato supporre che questo fenomeno fosse una conseguenza dell'attivazione colinergica delle ghiandole sudoripare seguita dalla produzione di un enzima in grado di formare bradichinina, e che questa fosse a sua volta in grado di determinare vasodilatazione cutanea; tale ipotesi, tuttavia, non è stata confermata (v. Frewin e altri, 1973) e inoltre la somministrazione per via sistemica di atropina al fine di bloccare la sudorazione non può prevenire la vasodilatazione ma solo ritardarne l'inizio (v. Roddie e altri, 1957). Un neurotrasmettitore, come il peptide intestinale vasoattivo (VIP), potrebbe comunque essere rilasciato insieme all'acetilcolina dai nervi colinergici; il VIP potrebbe dunque indurre la vasodilatazione cutanea e l'acetilcolina la sudorazione (v. Hökfelt e altri, 1980; v. fig. 9).

d) Ormoni.

1. Noradrenalina e neuropeptide Y. - Nell'uomo in condizioni normali la concentrazione di noradrenalina nel plasma si innalza all'aumentare non solo dell'intensità dell'esercizio fisico (v. Häggendahl e altri, 1970), ma anche della sua durata (v. Galbo e altri, 1975). L'incremento delle sostanze plasmatiche evidenziabili con i test immunologici per la dimostrazione di NPY (NPY-LI), tuttavia, è più lento di quello della noradrenalina (v. Lundberg e altri, 1985; v. Pernow, 1988); ciò fa supporre che lo sforzo fisico - e quindi l'attività simpatica - necessario a rilasciare NPY sia più intenso di quello richiesto per il rilascio di noradrenalina. L'NPY ha un'emivita plasmatica più lunga della noradrenalina; a questo proposito, nel cane è stata osservata una prolungata inibizione noradrenergica dell'azione cardiaca vagale in seguito a stimolazione simpatica (v. Potter, 1985).

2. Adrenalina. - Per quanto riguarda il sistema vascolare, l'adrenalina attiva i recettori adrenergici β nei vasi sanguigni coronarici e muscolari inducendo vasodilatazione; inoltre, l'attivazione dei recettori adrenergici β2 sulle varicosità simpatiche aumenta la produzione dei neurotrasmettitori (v. fig. 4).

3. Angiotensina II. - L'angiotensina II agisce su specifici recettori AT1 situati sulla muscolatura liscia vasale inducendone la contrazione; questa viene rinforzata dall'azione che questo ormone esercita sui recettori pregiunzionali AT2 (v. fig. 4) e dalla sua capacità di attivare i riflessi simpatici (v. Clough e altri, 1980); inoltre, l'angiotensina II stimola i gangli simpatici e la midollare del surrene (v. Reit, 1972). Nelle vene della mano dell'uomo, essa facilita la neurotrasmissione simpatica; una parte significativa della sua azione vasocostrittrice sui vasi sanguigni di resistenza dell'avambraccio è mediata dal sistema simpatico (v. Lyons e altri, 1995).

In studi su pazienti con ipertensione essenziale, sottoposti a deplezione di sodio al fine di stimolare l'azione della renina circolante nel plasma, si è osservato che l'angiotensina II esercita un'azione potenziante sulla neurotrasmissione simpatica, probabilmente mediante la facilitazione presinaptica del rilascio di noradrenalina (v. Taddei e altri, 1995).

4. Endotelina. - Sono stati clonati due distinti recettori per l'endotelina: il recettore A (ETA), che ha un'alta specificità per l'endotelina-1, è presente sulle membrane delle cellule muscolari lisce vasali e, una volta attivato, causa vasocostrizione (v. Arai e altri, 1990); il recettore B (ETB), che ha eguale affinità per le varie isoforme cellulari delle endoteline, è presente sulle membrane delle cellule endoteliali (v. Sakurai e altri, 1990) e, quando attivato, causa vasodilatazione in seguito al rilascio di NO (v. Hirata e altri, 1993) e/o prostaciclina (v. Filep e altri, 1991). I recettori ETB sono presenti anche su alcune cellule muscolari lisce vasali e, se attivati, causano vasocostrizione (v. Sumner e altri, 1992; v. Seo e altri, 1994).

L'endotelina-1 può anche esaltare la risposta dei recettori adrenergici α alla noradrenalina (v. Tabuchi e altri, 1990). In anelli isolati di arteria mammaria interna e del ramo discendente anteriore della coronaria sinistra dell'uomo, una concentrazione liminare di endotelina-1 amplifica specificamente le contrazioni indotte da noradrenalina e serotonina attraverso un meccanismo dipendente dal calcio (v. Yang e altri, 1990).

Inoltre, le contrazioni in risposta all'endotelina-1 possono essere modulate dall'endotelio durante l'attivazione dei nervi simpatici e vagali: in tessuti incubati con fentolammina e propranololo, durante la stimolazione elettrica dei nervi si osservano contrazioni in risposta all'endotelina-1 di entità minore negli anelli di coronarie con endotelio che in quelli che ne erano stati privati. Tale fenomeno potrebbe essere spiegato dall'azione dell'acetilcolina rilasciata dalle terminazioni nervose durante stimolazione elettrica, che induce il rilascio dall'endotelio di fattori inibitori vasoattivi (v. Broten e altri, 1992).

Anche l'inibizione presinaptica del rilascio di noradrenalina è dovuta all'endotelina-1, ma solo se questa è presente in alte concentrazioni (v. Wiklund e altri, 1988; v. Tabuchi e altri, 1989); è stato ipotizzato che i recettori per l'endotelina situati sulle terminazioni nervose possano essere coinvolti in processi intracellulari che devono aver luogo prima del rilascio vescicolare della noradrenalina e che possano avere un meccanismo d'azione comune con i recettori muscarinici inibitori presenti sulle stesse terminazioni (v. Aarnio e altri, 1993).

L'altitudine elevata è associata con alti livelli plasmatici di endotelina-1, come è possibile osservare negli abitanti di zone montane in condizioni fisiologiche; ciò non sembra essere dovuto a una stimolazione della sua produzione in conseguenza dell'incremento del flusso ematico e a tensioni di attrito correlate all'esercizio fisico, poiché l'effetto di tali tensioni sul suo rilascio è al momento ancora controverso. Si è proposto che l'ipossia rappresenti il possibile stimolo alla base di questo fenomeno (v. Goerre e altri, 1995).

Si deve aggiungere che anche in alcuni stati patologici, come gravi forme di insufficienza cardiaca (v. Wei e altri, 1994) e vasculiti (v. Ferri e altri, 1993), il livello plasmatico di endotelina è elevato (v. Wei e altri, 1994).

5. Insulina. - Nell'uomo, l'insulina aumenta il flusso ematico e riduce la resistenza vasale malgrado l'aumento dell'attività simpatica (v. Anderson e altri, 1991); tale effetto mediato dall'insulina è dovuto all'esaltazione della capacità di risposta β-adrenergica ed è endotelio-dipendente (v. Gros e altri, 1994).

6. Vasopressina. - La vasopressina è un neurormone circolante, sintetizzato soprattutto nei nuclei sopraottico e paraventricolare dell'ipotalamo. Le sue azioni a livello cellulare sono mediate da interazioni con almeno due tipi di recettori, denominati V1 e V2 (v. Hays, 1990): i primi sono localizzati sulle cellule endoteliali e muscolari lisce dei vasi, su epatociti e piastrine e sono accoppiati alla formazione - mediata dalla fosfolipasi C - di inositolotrifosfato e di diacilglicerolo, nonché all'incremento della concentrazione intracellulare del calcio; nelle cellule endoteliali, l'aumento del calcio intracellulare induce l'attivazione della NO-sintasi e il rilascio di NO con conseguente vasodilatazione, mentre la stimolazione dei recettori V1 nelle cellule muscolari lisce induce vasocostrizione (v. Katušić e altri, 1984). L'attivazione nei dotti collettori renali dei recettori V2, che sono accoppiati all'adenilatociclasi e incrementano la produzione di cAMP, media l'effetto antidiuretico della vasopressina, che partecipa quindi al controllo del sistema cardiovascolare, regolando il tono vasale e mantenendo stabile il volume del sangue circolante (volemia).

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