SOLARI, Tommaso

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 93 (2018)

SOLARI, Tommaso

Isabella Valente

– Nacque a Napoli il 4 settembre 1820 da Angelo e da Maria Orazi (Bova, 1846). La madre morì quando Solari era giovanetto (1833). Il padre e il nonno furono valenti scultori attivi a Napoli e in altri siti del Regno: il nonno Tommaso era stato impegnato nel cantiere della Reggia di Caserta, mentre il padre fu direttore dell’Ufficio del Restauro e delle Anticaglie del Real Museo Borbonico e professore di scultura presso il Real Istituto di belle arti di Napoli. Seguendo le orme di famiglia, Tommaso frequentò il Real Istituto, dove risulta iscritto già nel 1836 (Napoli, Archivio storico dell’Accademia di belle arti di Napoli [ASABAN], Registro degli alunni ammessi nell’Istituto dal 1836 in poi [fino al 1860], fald. 2247), differentemente dalle fonti che lo vogliono iscritto solo un anno prima della vittoria del pensionato, cioè il 1841 (tra gli altri, Della Rocca, 1883, p. 290, e De Gubernatis, 1889, p. 484). Infatti, dopo un iniziale approccio agli studi di architettura, compare come allievo espositore alla quinta mostra aperta il 30 maggio 1837 nel Real Museo Borbonico, dove presentò una medaglia in cera con la Testa di Apollo Musagete e un disegno con un dettaglio di Trabeazione ionica (Real Museo Borbonico [RMB], Catalogo delle opere di Belle Arti esposte nel palagio del Real Museo Borbonico il dì 30 maggio 1837, Napoli 1837, p. 36 n. 280, p. 64 n. 11), un tema assegnato dalla Scuola di architettura dell’Istituto. Come allievo partecipò ad altre esposizioni borboniche: nel 1839 con il bassorilievo in gesso Enea, che è per incamminarsi al campo, vien trattenuto da Creusa (RMB, catal. 1839, p. 4 n. 33), che va individuato in quello attualmente presso l’Accademia di belle arti di Napoli, scalone di via Costantinopoli, II piano (ASABAN, Inventario topografico, 1911, quinterno 4, senza num. d’inv., ma con num. d’ord. 38); nel 1841 con due statuette in gesso, S. Pietro e S. Paolo, e il bassorilievo in gesso Edipo che consulta la sfinge (RMB, catal. 1841, p. 57 nn. 492-494, quest’ultimo da identificare con quello al I piano del medesimo scalone, ASABAN, Inventario topografico, 1911, quinterno 4, senza num. d’inv., ma con num. d’ord. 33). Alle edizioni del 1843 espose altri due bassorilievi in gesso: Gesù alla colonna, e il secondo su un tema, ancora una volta assegnato dalla scuola, tratto dal libro X dell’Iliade, la cui descrizione nel catalogo dell’esposizione permette di individuarlo al piano terzo del medesimo scalone, dove sono murati altri bassorilievi (ibid., inv. 153): Diomede e Ulisse, uscendo di notte dal campo greco, scorgono Dolone, spia de’ trojani, che furtivamente s’inoltra nel lor campo; essi lo fermano e se ne impadroniscono; supplice e tremante egli chiede lor la vita, promettendo far note tutte le mosse dell’armata trojana (RMB, catal. 1843, p. 60 nn. 468, 467).

Nel 1842 vinse il concorso per il pensionato di Roma, cosa che lo portò a consolidare l’amore per l’antico attraverso la copia (nel 1843 eseguì il gesso della statua del Fauno di Pompei: Archivio di Stato Napoli [ASN], Ministero della Pubblica Istruzione, b. 500, fasc. 1, minuta di lettera, 10 febbraio 1843). Nel frattempo continuò a esporre a Napoli alle Biennali borboniche: nel 1845 il Fauno danzante in gesso, e due altri gessi dedicati a David: il bassorilievo Abigail placa lo sdegno di David, del 1844 (RMB, catal., 1845, p. 74 n. 625, con lunga didascalia, Napoli, Accademia di belle arti, scalone di via Costantinopoli, I ballatoio, Inventario topografico, 1911, quinterno 4, inv. 138; caso di restauro trattato da Di Paola, 2015-2016), e una statua di David e Golia, della quale il catalogo dell’Esposizione riporta ancora una lunga descrizione (RMB, catal. 1845, p. 75 n. 626). Alla Mostra Borbonica del 1848, anno di conclusione del pensionato, Solari presentò un Ritratto muliebre (busto in marmo) e un gruppo in gesso al vero: Rebecca porge da bere a Eliezer (RMB, catal. 1848, p. 69 nn. 454, 455, con lunga didascalia; Bonucci, 1853). Sul finire del pensionato, lavorò col maestro Tito Angelini al cantiere del Palazzo Reale di Napoli, fornendo la statua della Prudenza per una delle nicchie dello scalone monumentale, e completando così il programma iconografico delle Virtù (accanto è la Clemenza di Angelini, e di fronte sono la Giustizia e la Fortezza di Gennaro e Antonio Calì) (Solari, 1864), e, più tardi, per la Cappella Palatina, un Cristo stante che fa da pendant alla Vergine di Angelini.

«Con Tommaso Solari, figlio di Angelo e discepolo dell’Angelini, si abbandona l’accademismo» (Vigezzi, 1932, p. 56). Rappresentante di un classicismo purista venato di toni romantici, Solari ha lasciato un elevato numero di opere, seppure di difficile documentazione, mancando ancora uno studio monografico che lo riguardi. Uno dei suoi capolavori, che lo rese celebre, è la Baccante (Napoli, Museo di Capodimonte, inv. Casa Reale 1879). La principessa Maria della Rocca, sottolineando la notorietà dell’opera («Chi poi non conosce la Baccante del Solari?»: Della Rocca, 1883, p. 292), riferiva dell’esistenza di ameno due copie (di cui una a Parigi), e di alcune versioni in formato ridotto per il mercato parigino, londinese e napoletano. Nel tempo si è persa memoria della statua, sebbene ancora ricordata da Bruno Molajoli (1957) nella sala 501 di Capodimonte con il suo titolo originale, poi mutato nel 1997, quando fu pubblicata come Onfale regina di Lidia per la presenza del pardalis (F.C. Capobianco, in Civiltà dell’Ottocento, 1997, pp. 326 s.), e riconosciuta nuovamente come Baccante nel 2014 (M.B. Coppola, in Il Bello o il Vero, 2014). La grazia della figura femminile, ancora memore della linea di Bertel Thorvaldsen, forse conosciuto nello studio romano durante gli anni del pensionato, supera però il saldo neoclassicismo del maestro danese, in direzione delle novità della scultura neogreca francese e soprattutto del purismo naturalistico bartoliniano. È molto probabile, inoltre, che la Baccante sia stata il collegamento con il granduca Nicola Konstantinovich di Russia per una nuova commissione che giunse di nuovo dalla Russia, ovvero la copia della Paolina Borghese di Canova come Venere vincitrice, con le sembianze della cortigiana americana Fanny Lear, attrice e amante del granduca (la statua finì nel palazzo di famiglia a Taškent, nell’Impero russo sud-orientale, oggi Repubblica dell’Uzbekistan; secondo la principessa della Rocca il granduca che aveva commissionato la Venere vincitrice non era colui che aveva richiesto la copia della Baccante: Della Rocca, 1883, p. 293).

L’indomani dell’Unità italiana, Solari prese parte alla I Esposizione nazionale organizzata a Firenze nel 1861, con tre opere: Esmeralda con capra, Baccante inebriata e il bassorilievo in marmo Costanzo, Orazio e Angelino che si uniscono agli Elisi. Se è più che probabile che la Baccante inebriata fosse la statua di Capodimonte, l’Esmeralda, documentata come opera in marmo in un album fotografico dell’Esposizione nazionale di Firenze del 1861 (Torino, Biblioteca Reale, Fot. III.74, fotografia n. 139), non corrisponde all’esemplare comparso nel 1867 all’Esposizione universale di Parigi, dove risultava «une statuette en bronze», presumibilmente la stessa di proprietà del Museo di S. Martino di Napoli; è invece più plausibile che l’esemplare marmoreo del 1861 sia quello inviato all’Esposizione universale di Londra nel 1862 (ASABAN, serie: Esposizione Londra 1862, fald. 758). Di tono romantico è anche il gruppo marmoreo Faust e Margherita, giunto alla Galleria d’arte moderna di Torino nel 1888 attraverso il legato del principe Eugenio di Savoia-Villafranca principe di Carignano.

Nel 1862 Solari partecipò alla prima esposizione della Società promotrice di belle arti, fondata a Napoli nel 1861, con un Dante in bronzo e un busto di Cavour in gesso, quest’ultimo replicato in marmo ed entrato nel Municipio napoletano. Nello stesso anno, assieme al maestro Angelini, offrì gratuitamente il suo impegno per la realizzazione del Monumento a Dante, da collocarsi in quella che sarebbe stata l’omonima piazza di Napoli, voluto fortemente da Luigi Settembrini, e inaugurato il 13 luglio 1871. Un Dante assiso in terracotta palesa un’idea concepita inizialmente da Solari e infine mutata nella statua stante (I. Valente, in Il Bello o il Vero, 2014), mentre nel Museo civico del Castello di Barletta si conserva un secondo bozzetto della figura stante, ma non ancora definitiva. Nel 1863 lo scultore firmò il marmo Medea che medita di uccidere i figli, acquistato da Casa Savoia (Genova, Galleria d’arte moderna; P. Valenti, in Odone di Savoia, 1996).

Solari ottenne larghi consensi in sede espositiva: una sua Schiava aspirante a Libertà fu replicata per Maria Pia di Savoia, regina del Portogallo, e per essa fu organizzata una sottoscrizione, promossa da Paolo Emilio Imbriani e firmata da alcuni «patrioti napoletani» (Rendiconto, 1863, pp. 2, 6). A cominciare dal 1863 Solari lavorò per la celebrazione degli uomini illustri nel pantheon del sapere dell’Ateneo napoletano, progetto che nasceva allora nel cortile della nuova Università. Fu dapprima incaricato del S. Tommaso d’Aquino, una delle statue del primo nucleo di quattro figure stanti in marmo entro gli archi del lato di fronte all’ingresso principale; poi, nel 1870, eseguì il bel busto del fisico Macedonio Melloni, intenso nello sguardo e con un virtuosistico panneggio intrecciato sul petto, collocato nel loggiato superiore; ancora più tardi, per il medesimo cortile, realizzò il busto di Francesco De Sanctis, concluso nel 1889, e proposto nella ideale nudità eroica.

Nel 1866 fu allestito a Napoli, alla fine di via della Pace (oggi via Domenico Morelli), il Monumento ai Martiri napoletani delle quattro rivoluzioni (1799, 1820, 1848 e 1860), personificate nei quattro leoni previsti dal progetto dell’architetto Errico Alvino. Il monumento trasformava un precedente modello sacro, che avrebbe dovuto ospitare una Madonna della Pace, in un modello laico, prevedendo in mezzo ai quattro leoni una colonna sormontata da una Vittoria, eseguita dallo scultore Emanuele Caggiano. Dei quattro leoni, assegnati a quattro scultori diversi, Solari realizzò quello simboleggiante i moti che condussero all’Unità. Egli aveva intenzione di esporlo alla Mostra universale di Parigi del 1867 (ASABAN, serie: Esposizione Parigi 1867, fald. 759, n. 1042), ma, a giudicare dal catalogo dell’esposizione, non fu così.

Qualche anno dopo, nel 1869, lo scultore prese parte al progetto della Culla del Principe di Napoli, che vide di nuovo l’impegno collettivo di artisti e maestranze locali, sotto la direzione di Domenico Morelli: Solari modellò l’Angelo reggicortina, che, secondo Luigi Settembrini, «pare che stia veramente sospeso in aria, ed ha nella faccia una pace ed un’innocenza celeste» (II, 1880, p. 417), e che fu affidato nell’intaglio ligneo a Ernesto Solitario, Giovanni de’ Bernardi ed Emilio Franceschi.

Nel 1877 partecipò alla Mostra nazionale, che, giunta alla sua terza edizione ufficiale, quell’anno s’inaugurava a Napoli. Vi espose sei opere: il Modello del monumento [sepolcrale] eseguito per conto del Marchese Garofalo, Un leone in bronzo, due statuette in bronzo (Amleto e Ofelia), il Ritratto di una signora (busto in terracotta) e una Statuetta in terracotta. È verosimile che l’Amleto e l’Ofelia fossero le stesse opere riesposte nel 1879 alla Promotrice di Napoli al costo di 1800 lire, e che l’Amleto sia quello oggi nel Museo di S. Martino. L’Amleto venne fuso in bronzo da Francesco De Luca, nella fonderia di «Carmine De Luca & figli», di cui Solari si servì più volte, come per il Ritratto di Alessandro Scarlatti del 1892 (gesso e bronzo, Napoli, Conservatorio di musica S. Pietro a Majella) o per il bronzo dell’Esmeralda, sempre in S. Martino, donato nel 1902, assieme all’Amleto, dagli eredi De Luca (Middione, 2001, pp. 99 s.). Tutte e tre le figure attestano le declinazioni romantiche del classicismo maturo di Solari, ancora vive allo scadere dell’ottavo decennio del secolo.

Ultimo rappresentante del classicismo naturalistico della scuola napoletana, lontano dalle nuove esigenze della scultura che affrontava la cocente questione del realismo, nel 1877 Solari eseguì la statua in marmo di Carlo Poerio, ricordata in piazza Carità a Napoli finché non fu spostata nel 1939, a causa del rifacimento del quartiere (oggi è in piazza S. Pasquale a Chiaia). Pur mantenendo una posizione classicista, la chiara evoluzione verso i linguaggi del verismo, documentata dal Poerio, trovava conferma nel monumento a Paolina Ranieri, commissionato all’architetto Michele Ruggiero dal fratello di Paolina, Antonio Ranieri, dopo la morte di lei, avvenuta il 12 ottobre 1878. Dell’opera, collocata in S. Chiara, e andata distrutta durante i bombardamenti del 1943, rimane oggi il modello in gesso (attr. per primo da Gino D’Alessio nel 1994, in una scheda di Soprintendenza) nella Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III in Palazzo Reale, in cui è possibile osservare «la naturalezza della posa, la verità delle pieghe delle vesti, non che la piacevole espressione data alla fisionomia della defunta» (Della Rocca, 1883, p. 289). Oltre al monumento, Ranieri fece realizzare per Paolina un sepolcro al camposanto di Poggioreale (ricondotto allo stesso Solari da Palazzolo Olivares, 1997, p. 33) e un medaglione-ritratto nella chiesa di Piedigrotta, poco distante dalla tomba di Giacomo Leopardi, al quale Paolina era stata legata da affettuosa amicizia.

In seguito alla commissione del busto del giureconsulto Roberto Savarese da parte di Giuseppe Pisanelli, della Corte d’Appello di Napoli, al classicista Emanuele Caggiano nel 1877, fu programmato un progetto più ampio per celebrare gli uomini illustri della Giurisprudenza napoletana. Tale progetto fu affidato interamente a Solari, che nel 1882 completò i dodici busti richiesti rispettando l’alternanza del marmo e del bronzo espressa nel mandato. I ritratti, ancora oggi nel “Saloncino dei busti” di Castel Capuano a Napoli, sono dedicati a Francesco Ricciardi, Gaspare Capone, Davide Winspeare, Felice Parrilli, Giuseppe Raffaelli, Francesco Maria Avellino, Giuseppe Poerio, Pasquale Borrelli, Domenico Capitelli, Mario Pagano, Giuseppe Pisanelli e Nicola Nicolini (Valente, 2011; Ead., 2013; Ead., 2014). Dopo l’inaugurazione, avvenuta il 5 marzo 1882, fu deciso di proseguire il programma di divinizzazione della Giurisprudenza napoletana con la commissione di nuovi busti che, giunti fino al 1996, hanno completato il gran salone della Corte d’Appello, proseguendo la loro disposizione in altri ambienti di Castel Capuano. Se l’iniziale scelta di Caggiano per il Savarese fu decisa soprattutto perché lo scultore era in possesso della maschera funebre del giurista, quella di Solari fu una decisione maturata in direzione di uno scultore all’apice della notorietà soprattutto per gli ultimi monumenti eseguiti (Dante e Poerio), ma anche per quel classicismo monumentale non passivo al soffio veristico, che alla fine di quel decennio non poteva essere messo in discussione. Solari superò felicemente anche la prova della verosimiglianza fisionomica, pur in assenza di maschere mortuarie. Ne è un esempio il busto di Giuseppe Pisanelli, di cui Solari realizzò una versione in terracotta oggi al Museo di S. Martino di Napoli. Qui è conservato anche il busto in marmo del direttore del museo, l’archeologo Giuseppe Fiorelli, datato 1867, il cui spiccato carattere naturalistico oltrepassa ampiamente il tono epico suggerito dalla tipologia “eroica”.

A sessantotto anni, nel 1888, Solari firmò il Carlo I d’Angiò, una delle statue marmoree dei re di Napoli nelle nicchie del prospetto principale del Palazzo Reale: la figura piacque moltissimo alla critica, riuscendo a testimoniare quella svolta del lessico classico che altri scultori – come Caggiano, responsabile dell’adiacente Federico II – non erano riusciti a raggiungere. Nello stesso anno realizzò il busto di Gaetano Filangieri Seniore, presumibilmente per le celebrazioni del centenario della morte del filosofo: un tempo nella villa Rossi Filangieri di Torre Annunziata, oggi il busto è nell’Archivio-Biblioteca “Bartolo Longo” del Santuario di Pompei (l’individuazione dell’opera e il riconoscimento del ritrattato sono avvenuti solo di recente: M. Tarallo, in Catalogo del Museo Civico Gaetano Filangieri di Napoli, in corso di stampa).

Solari fu anche autore di sepolcri, collocati soprattutto nel cimitero monumentale di Poggioreale (si menzionano, a titolo d’esempio, il Monumento Armenio del 1883, per il quale eseguì la figura stante della Speranza, e il Monumento del pittore Giuseppe Mancinelli del 1877, una cui replica del solo busto è nell’Accademia di belle arti di Napoli, identificata su segnalazione di chi scrive), di opere sacre e di monumenti storici. Nel 1897 fu inaugurato il Monumento equestre di Vittorio Emanuele II, su bozzetto di Emilio Franceschi (morto appena conclusi i disegni preparatori): con il nuovo progetto dell’architetto Eugenio Leoni, che riprendeva sostanzialmente l’impostazione originaria, il gruppo equestre del re fu affidato al cavese Alfonso Balzico e i bassorilievi raffiguranti L’incontro fra Vittorio Emanuele e Garibaldi e Vittorio Emanuele riceve l’atto del plebiscito napoletano furono eseguiti da Solari, mentre la personificazione femminile (nel tempo oscillante tra Parthenope/Napoli e l’Italia) fu realizzata da Salvatore Cepparulo.

Tra le altre opere, si ricordano le effigi di Costantino Magno e del vescovo di Napoli Stefano I per la facciata del duomo risistemata da Alvino, le statue stanti in gesso di Andrea Doria e del doge Agostino Doria per il palazzo Doria d’Angri, sempre a Napoli. Solari lasciò diversi monumenti anche al di fuori dell’ex capitale, tra i quali la statua in bronzo di un giovane e ardimentoso Garibaldi a Torre del Greco; una seconda immagine del generale, maturo e assorto, eretta in marmo nel 1885 a Corato (Bari); la statua marmorea di S. Antonino, patrono della città di Sorrento, nell’omonima piazza; e le statue di S. Agostino e S. Tommaso d’Aquino per la facciata di S. Francesco a Gaeta. Alcune opere monumentali sono documentate anche oltre oceano: al teatro Tomás Terry di Cienfuegos (Cuba) è ancora oggi visibile la statua marmorea del magnate Tomás Terry assiso, mentre la statua in bronzo di Sir Harry Parkes, ministro plenipotenziario britannico in Oriente, collocata a Shanghai, fu fusa nel 1943 e sostituita nel 1993 con la statua di Chen Yi, primo sindaco comunista della città.

Anche Solari partecipò al rinnovamento del Real Istituto di belle arti, avviato l’indomani dell’Unificazione. Era entrato nel corpo docente già nel 1855 come sostituto del cavaliere Angelini, assentatosi dalla capitale (lettera del 18 maggio 1855 a firma del presidente della Reale Accademia di belle arti, al direttore del Real Istituto Carlo Conti, ASABAN, serie: Professori, sottoserie: Fascicoli personali, n. 7). Dal 1° giugno 1864 (e non dal 1863 o dal 1867, come riportato finora) fu professore aggiunto alla Scuola di scultura, affiancando Angelini (ASABAN, serie: Professori, sottoserie: Fascicoli personali, nn. 11, 12, 15, 16). Alla morte di Angelini (1878) gli fu affidata temporaneamente la Scuola di Scultura (Lorenzetti, [1952], p. 135). Il 1° dicembre 1884 assunse l’insegnamento di Modellato, concludendo la sua attività didattica, per quiescenza, il 1° ottobre 1891 (ASABAN, serie: Professori, sottoserie: Fascicoli personali, n. 33). Per l’Accademia, che amò, eseguì i modelli dei due leoni all’ingresso del palazzo, fusi in ferro (1882-83) (ASABAN, serie: Edificio, fald. 1719), mentre già nel 1849 aveva proposto i gessi di famiglia a uso degli allievi (ASN, Ministero della Pubblica Istruzione, b. 502, lettera di Tito Angelini, in data 9 agosto 1849, a Pietro Saliente, vicedirettore del Real Istituto di belle arti).

Nominato nel 1873 “accademico di merito della classe di scultura” dell’Accademia di S. Luca, tra le altre onorificenze ricevute fu insignito della croce dei Ss. Maurizio e Lazzaro e di quella della Corona d’Italia.

Morì a Napoli il 2 dicembre 1897 (ASABAN, serie: Professori, sottoserie: Fascicoli personali, n. 49).

Fonti e Bibl.: Napoli, Archivio storico dell’Accademia di belle arti di Napoli [ASABAN], serie: Edificio, fald. 1719; ASABAN, serie: Esposizione Londra 1862, fald. 758; ASABAN, serie: Esposizione Parigi 1867, fald. 759, n. 1042; ASABAN, serie: Professori, sottoserie: Fascicoli personali, nn. 7, 11, 12, 15, 16, 33, 49; ASABAN, Inventario topografico, 1911, quinterno 4, passim; ASABAN, Registro degli alunni ammessi nell’Istituto dal 1836 in poi [fino al 1860], fald. 2247; Archivio di Stato di Napoli, ASN, Ministero Pubblica Istruzione, b. 500, fasc. 1, e b. 502.

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Valente (catal., Potenza), Rionero in Vulture 2015, pp. 153 s.; L. Saut, Il monumento funebre a Giuseppe Mancinelli nel Recinto degli Uomini Illustri a Napoli, in Studi di Scultura. Dall’età dei lumi al ventunesimo secolo, a cura di I. Valente, Napoli 2015, pp. 119-125; E. Di Paola, Bassorilievo in gesso di T. S. Materiali e metodi di restauro, tesi di diploma accademico di II livello in Restauro, Accademia di belle arti di Napoli, a.a. 2015-2016 (relatori: proff. B. Di Odoardo et al.); Decolonising Imperial Heroes. Cultural legacies of the British and French empires, a cura di M. Jones et al., London-New York 2016, pp. 49 s.; I. Valente, La divina bellezza. L’immagine di Dante nelle arti figurative nei secoli XVIII-XXI, in Opere di Dante, IV, Le vite di Dante dal XIV al XVI secolo - Iconografia dantesca, a cura di M. Berté et al., Roma 2017, pp. 377-452, tavv. 26-108 (in partic. pp. 422-425, tavv. 90-91); I. Valente, Le statue nel chiostro monumentale, pantheon del sapere, in L. 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