AQUINO, Tommaso d'

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 3 (1961)

AQUINO, Tommaso d'

Silvano Borsari

Figlio di Atenolfo e nipote di Tommaso (I) di Acerra, nacque probabilmente nel 1226. La posizione del nonno presso Federico II gli rese facile l'accesso alla corte imperiale: nel 1243 era valletto dell'imperatore, di cui sposò una figlia naturale, Margherita. Nel 1247 fu nominato "consiliarius, et coadiutor" di Gualtieri di Manopello, capitano generale nel Regno, e successivamente, verso il 1248-49, capitano imperiale nel ducato di Spoleto. Negli anni immediatamente successivi alla morte di Federico II l'A., che alla morte di Tommaso I - il padre era già morto da lungo tempo - era diventato conte di Acerra, riuscì ad adattarsi molto bene alla situazione del Regno, aderendo sempre a quella parte che momentaneamente sembrava avere la prevalenza. Così nel 1251 egli, insieme al conte di Caserta ed alla città di Napoli, inviò degli ambasciatori ad Innocenzo IV, di cui si professava fedele, ed il pontefice, fidando in lui, gli confermò tutti i beni feudali che gli appartenevano, compresi quelli momentaneamente occupati da Manfredi, e volle che il suo legato nel Regno si consigliasse con lui circa il progettato accordo di Manfredi e del marchese di Hohenburg con la Chiesa. Più tardi, nel 1252, Innocenzo IV confermava arcivescovo di Taranto Enrico Cerasuolo, consanguineo dell'A., "figlio diletto" della Chiesa, che, da parte sua, dava anche militarmente il suo contributo alla guerra contro Corrado IV: è del 1251 un suo tentativo, insieme ad altri alleati del papa, contro la città di Sessa Aurunca, fedele a Corrado.

Ma la fedeltà dell'A. al papato fu di breve durata: ben presto egli offriva i suoi servizi al sempre più potente Corrado, che nell'agosto 1252 lo accolse nel suo favore, perdonandogli le passate "offensas et lapsus" e confermandogli la contea di Acerra (tale conferma fu rinnovata nel giugno 1253). Ciò portò alla revoca della conferma pontificia: la contea fu da Innocenzo IV tolta all'A. e concessa, il 25 nov. 1253, a Marino da Eboli: ma è evidente che si trattava di un provvedimento senza alcuna conseguenza pratica.

Alla morte di Corrado l'A. si schierò dalla parte di Manfredi. Quando questi, in seguito alla uccisione di Borrello di Anglona, si trovò in una situazione che pareva disperata, si rifugiò nel castello di Acerra, ove fu accolto molto benevolmente dall'A., che lo accompagnò anche nella prima parte della fuga verso Lucera, durante la quale Manfredi trovò accoglienza in un altro castello appartenente all'A., a Nusco. A partire da questo momento l'A. appare strettamente legato a Manfredi: alla morte di Innocenzo IV cercò di favorire un accordo tra il nuovo pontefice Alessandro IV e Manfredi, partecipò come testimone al trattato stipulato nel 1257 fra quest'ultimo e Venezia, e costrinse un suo uomo ligio, allora vescovo di Anglona, ad intervenire alle cerimonie per l'incoronazione di Manfredi a Palermo. Naturalmente la sua posizione diventava sempre più alta: nel 1259 si intitolava conte di Acerra "Dei et regia gratia", riusciva ad impossessarsi di beni appartenenti alla Chiesa di Aversa, otteneva in dono da Manfredi il castello di Bisaccia, ed infine fidanzata due suoi figli, Atenolfa e Gubitosa, a due figli di Galvano Lancia, Galeotto e Costanza. Naturalmente la reazione papale non si era fatta attendere: le sue terre, come quelle degli altri principali capi ghibellini, furono sottoposte ad interdetto.

Nuovo mutamento alla discesa di Carlo d'Angiò. Nulla sappiamo sulla sua eventuale partecipazione ad operazioni militari - nel 1264 però egli aveva tentato di far penetrare delle truppe di Manfredi nel castello di Monte S. Giovanni, nella campagna romana - ma sappiamo che subito dopo la battaglia di Benevento egli si accordò con il nuovo sovrano, e dietro invito di Clemente IV si recò alla corte di quest'ultimo, che lo accolse benevolmente. D'ora innanzi la fedeltà dell'A. a Carlo I rimase saldissima: partecipò all'assedio di Lucera nel 1268, ed a quello di Castiglione in Abruzzo, ottenne che fossero sciolti i legami di parentela con i Lancia, rimandando Costanza Lancia alla madre, e richiamando sua figlia Gubitosa; in qualche occasione venne anche incontro, con dei prestiti, alle necessità finanziarie di Carlo I. Naturalmente l'A. profittò di ciò per estendere i suoi domini, e se fu costretto a restituire alcuni beni di cui si era impossessato illegittimamente sotto Manfredi, riuscì ad impadronirsi di molti beni appartenenti a dei nobili che avevano partecipato alla rivolta del 1268. Né pochi furono i favori concessigli da Carlo I: tra l'altro i suoi vassalli furono esonerati dal servizio militare in Acaia ed in Romania.

Morì il 15 marzo 1273, lasciando erede della contea di Acerra e di tutti gli altri suoi beni il figlio Atenolfo.

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