TITANIO

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

TITANIO (XXXIII, p. 934)

Dante Buttinelli

Le eccellenti caratteristiche meccaniche e la discreta resistenza a corrosione del t., unitamente al suo basso peso specifico, hanno aperto di recente a questo metallo numerosi campi di applicazione, in cui si è già rivelato pressoché insostituibile, e altrettante possibilità d'impiego sarebbero facilmente prevedibili qualora si riuscisse a portarlo sul mercato a prezzi competitivi con altri materiali. La sua produzione, iniziata appena nel 1950 su scala semindustriale, ammonta attualmente ad alcune decine di migliaia di t/anno ed è svolta per la quasi totalità in pochi paesi: Stati Uniti, Rep. Fed. di Germania, URSS, Giappone e Gran Bretagna.

Metallurgia. - I notevoli tentativi e gli studi svolti hanno condotto da tempo a un processo industriale, alla cui realizzazione un ampio e fondamentale contributo è stato dato da W. J. Kroll che può, a giusta ragione, essere considerato il padre della metallurgia del titanio.

La materia prima per la sua estrazione è il biossido, TiO2, più o meno puro, quale viene industrialmente ricavato, sia per arricchimento dei minerali di rutilo, sia soprattutto dall'elaborazione delle ilmeniti. Dal biossido, applicando un procedimento metallo-alogeno-termico, si ottiene con due successive fasi il metallo abbastanza puro. La prima fase consiste nella trasformazione del biossido in tetracloruro di t., secondo la reazione: TiO2 + 2C + 2 Cl2 ⇄22222222222222222222222222222 TiCl4 + 2 CO, che è effettuata in speciali forni elettrici, simili a quelli usati per la preparazione del cloruro di magnesio (XXI, p. 920), facendo agire il cloro gassoso sulla miscela, in bricchette, di biossido di t. e carbone. Data la temperatura che regna nel forno, dell'ordine di 800 ÷ 900° C, il tetracloruro di t. (p. eb. 136° C) è allo stato di vapore e, come tale, insieme con l'ossido di carbonio, con il cloro in eccesso, con gli altri cloruri volatili, formatisi dalle impurezze contenute nei materiali di partenza, viene allontanato dal forno e liquefatto a parte in un condensatore.

Il liquido grezzo che così si ricava dev'essere sottoposto a purificazione, mediante distillazione frazionata in colonne di quarzo, per poi procedere all'estrazione del t., secondo la reazione schematica: TiCl4 + Me ⇄ Ti + MeCl4. Come metallo di spostamento, Me, si deve impiegare un elemento avente affinità per il cloro maggiore di quella del t. e che risponda nello stesso tempo ai requisiti di basso costo ed elevata purezza. Di norma è usato il magnesio, ma anche il sodio o il calcio si presterebbero bene.

La reazione è svolta in un reattore cilindrico di acciaio (v. fig.), munito di coperchio a tenuta di vuoto, nel quale viene inizialmente caricata un'opportuna quantità di pani di magnesio. Effettuato il lavaggio con un gas inerte, in genere argo, per evacuare l'aria, si fa il vuoto e si riscalda dall'esterno per fondere il magnesio e iniziare l'immisione, in maniera lenta e graduale, del tetracloruro di t. attraverso gli appositi tubicini di alimentazione disposti nel coperchio. Essendo la reazione fortemente esotermica, una volta innescata, non abbisogna di alcun apporto di calore esterno, anzi occorre controllare che la temperatura non superi di molto i 1000 °C, limitando le aggiunte di tetracloruro. Quando si ritiene esaurita la carica di magnesio, si raffredda il reattore e con opportune modalità lo si apre per estrarne il t. che, sotto forma di "spugna", si è depositato sulle pareti e sul fondo. La "spugna", dopo l'allontanamento con una lisciviazione acida, oppure per distillazione sottovuoto, degli altri reagenti rimasti occlusi, è sottoposta a rifusione all'arco elettrico con la tecnica dell'elettrodo autoconsumabile, per ottenerne lingotti di caratteristiche e dimensioni adatte alle successive lavorazioni.

Nuovi impieghi. - Importanti consumi del metallo e delle sue leghe si hanno nel settore aeronautico e missilistico dove il pregio di avere strutture più leggere compensa ampiamente il maggiore costo del materiale. In particolare s'impiega per parti di motori, turbine, compressori, telai di supporto, serbatoi e componenti strutturali: in alcuni aerei supersonici il 60% in peso della struttura è costituito da leghe di titanio. Tra queste le più importanti e diffuse sono quelle con Al(6%)-V(4%), con Al(7%)-Mo(4%) e con Al(4%)-Mo(3%)-V(1%), il cui uso si va estendendo anche all'industria dell'auto e della moto, sebbene limitatamente ai modelli da corsa o speciali, e all'industria chimica che se ne serve per la costruzione di scambiatori di calore, valvole, pompe, serbatoi, ecc., destinati agl'impianti per il cloro e i suoi prodotti e per la dissalazione delle acque marine. Per quest'ultimo impiego e per altri in cui è richiesta una particolare resistenza all'acqua marina viene spesso usata la lega con Al(6%)-Nb(2%)-Mo(1%) mentre per usi criogenici è specialmente adatta la lega con Al(5%)-Sn(3%).

Bibl.: J. Barksdale, Titanium, New York 1966; The science, technology and application of titanium (a cura di R. I. Jaffee, N. E. Promisel), Oxford 1970.

Composti. - Biossido di titanio. Fra i composti del t. ha assunto notevole interesse il biossido, TiO2, che trova largo impiego nell'industria ceramica, in quella elettronica, ma soprattutto come pigmento per pitture e nella patinatura della carta.

La produzione mondiale di biossido di t. è oggi all'ordine dei 2 milioni di t/anno. Al sistema al solfato, che è stato il primo a essere usato, si è aggiunto più recentemente quello al cloruro; il processo al solfato è quello attualmente ancora più applicato per la preparazione del biossido di t. come pigmento.

Si parte da ilmenite (XVIII, p. 865), possibilmente ad alto titolo, che viene essiccata, macinata e poi miscelata con acido solforico; la miscela è agitata da una corrente di aria e in essa s'immette vapore vivo per innalzare la temperatura della massa a circa 160°C; in corrispondenza di tale temperatura si verifica una forte reazione esotermica. La massa spugnosa che si ottiene viene poi trattata con acqua, addizionata di ferro metallico per ridurre a ferrosi i sali ferrici presenti, si separano le parti insolubili e la soluzione è raffreddata a ≈ 10°C per far cristallizzare i sali di ferro presenti (come solfato ferroso), che sono allontanati, mentre la soluzione che contiene il t. sotto forma di solfato di titanile viene idrolizzata in condizioni controllate in modo da far precipitare il t. come biossido idrato; questo si filtra, si lava e si calcina in forni rotanti. Durante questa fase è importante controllare la temperatura per ottenere sia la trasformazione dell'anatasio in rutilo sia una giusta grandezza delle particelle.

Per facilitare la formazione della fase rutilo si aggiungono al prodotto prima della calcinazione germi di cristallizzazione. Il prodotto della calcinazione è raffreddato, macinato per rompere gli aggregati formatisi, e addizionato di agenti aventi lo scopo di migliorarne la durabilità (diminuire l'ingiallimento), la resistenza allo sfarinamento, la facilità di dispersione. Ciò si ottiene facendo in modo che le aggiunte (silice, allumina, ossido di zinco, ecc.) formino un velo superficiale sui granuli e non una miscela con i granuli TiO2.

Il processo al cloruro consiste nel trattare il minerale con cloro in presenza di coke come riducente; si parte da minerali ricchi in rutilo (XXX, p. 352), almeno 95%, per evitare un eccessivo consumo di cloro. Il minerale miscelato con coke in polvere è trattato con cloro in reattori a letto fluido a temperatura di 800 ÷ 1000°C; si ha la reazione:

oppure

Il prodotto di reazione condensato è filtrato per eliminare le particelle solide, poi distillato per allontanare alcune delle impurezze presenti.

Il cloruro di t. è trasformato in ossido o per idrolisi in fase vapore

o per ossidazione

La reazione di ossidazione (o di combustione) del TiCl4 in ossigeno o in aria deve avvenire a temperatura elevata; il calore sviluppato non è sufficiente ad assicurare tale temperatura; la quantità mancante può essere fornita in diversi modi: aggiungendo un gas combustibile (come, per es., CO) o facendo passare i gas in un letto fluidizzato di materiale inerte (silice, ecc.) caldo, ecc.

Alla miscela gassosa reagente si aggiunge un po' di vapor d'acqua che ha funzione di nucleante, favorendo la formazione di particelle idonee per usi pigmentari. Il prodotto che prende origine dalla reazione dev'essere rapidamente raffreddato per evitare un eccessivo ingrossamento delle particelle, neutralizzato, macinato.

Sia col sistema al solfato sia con quello al cloruro si ottiene un prodotto di buone caratteristiche pigmentarie. Il sistema al cloruro ha il vantaggio di evitare la formazione dei cosiddetti "fanghi rossi" (costituiti dai sali di ferro che si separano dal solfato di titanile) che creano difficoltà per il loro smaltimento.

Le proprietà pigmentarie del biossido di t. dipendono: dalla mancanza di assorbimento di radiazioni visibili, dall'alto indice di rifrazione e dalla possibilità di ottenere un prodotto di forma e grandezza tali da favorire la massima opacità. I pigmenti a base di biossido di t. si producono nelle due forme di rutilo e anatasio, così detti perché presentano struttura cristallina analoga a quella dei corrispondenti minerali; entrambi presentano scarso assorbimento nel visibile (il rutilo assorbe solo un po' nell'estremo violetto), però il rutilo presenta un indice di rifrazione più elevato 2,71 (invece di 2,57). In base a questo valore si può calcolare che la grandezza ottimale dei cristalliti per ottenere il massimo di opacità dev'essere dell'ordine di 0,25 μm (nei prodotti del commercio le particelle del tipo rutilo hanno diametro medio di 0,35 ÷ o,40 μm). I pigmenti con la struttura del rutilo tendono a sfarinare meno di quelli con la struttura dell'anatasio; in entrambi i casi si ha un miglioramento con i trattamenti superficiali più sopra citati, che rappresentano anche un sistema per far variare la proprietà di bagnabilità e di dispersione del pigmento.

Titanati. - Sono i sali degli acidi titanico (H4TiO4) e metatitanico (H2TiO3); i più importanti dal punto di vista applicativo sono i titanati alcalino-terrosi. Così i titanati di calcio, di stronzio, ma soprattutto di bario trovano larga applicazione per le loro proprietà dielettriche, ferroelettriche, piezoelettriche.

Il titanato di bario si prepara mescolando quantità stechiometriche di carbonato di bario e biossido di t., macinando a umido in mulini a palle rivestiti internamente di gomma, filtrando la sospensione, aggiungendo alla massa pastosa un agente legante, pressando e calcinando la massa a temperatura di ≈ 1300°C. Il prodotto sinterizzato si macina, si aggiungono eventualmente altri componenti per variare le proprietà e le caratteristiche del prodotto finito, si foggia il tutto a pressione nelle forme desiderate e si cuoce in condizioni controllate per regolare lo sviluppo dei cristalli del prodotto e la densità dei manufatti, fattori dai quali dipendono in larga misura le proprietà elettriche.

Fra i titanati dei metalli pesanti il più importante è il metatitanato di piombo, PbTiO3, che si ottiene facendo reagire a circa 400 °C ossido di piombo e biossido di t.; costituisce un solido di colore giallo, che si usa come pigmento caratterizzato da elevata durabilità.

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