Illocutivi, tipi

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

illocutivi, tipi

Marina Sbisà

Definizione

Per tipi illocutivi si intendono i tipi di azioni che si eseguono nel proferire parole. L’atto illocutivo, detto anche atto illocutorio (in ingl. illocutionary act), è uno degli aspetti dell’atto linguistico: le parole proferite contano, in virtù di convenzioni tacitamente accettate, come l’esecuzione di un atto che va al di là del semplice dire e comporta effetti convenzionali sui destinatari. Sono quindi atti illocutivi quelli di affermare, diagnosticare, comandare, promettere, ringraziare, fare una domanda, fare un’obiezione, ecc.

La gamma degli atti illocutivi possibili in una data lingua e cultura può essere organizzata in classi secondo criteri dipendenti dalla struttura dell’atto illocutivo stesso. L’assegnazione di un atto linguistico a un certo tipo illocutivo si basa su indicatori illocutivi sia linguistici che non linguistici.

Atto illocutivo e tipi illocutivi

Nel proferire enunciati, eseguiamo atti illocutivi, cioè azioni che comportano effetti convenzionali sui destinatari (Austin 1962; ➔ pragmatica).

I tipi di azione in questione (o forze illocutive) hanno nomi del lessico ordinario, ad es., promessa. I verbi corrispondenti, ad es., promettere, possono essere detti verbi illocutivi e solitamente presentano un’asimmetria fra l’uso della prima persona del presente indicativo attivo e le altre persone o gli altri tempi: mentre egli promette o io ho promesso descrivono o riferiscono l’esecuzione di promesse, io prometto può essere usato per promettere, cioè per produrre occorrenze di atti illocutivi di promessa. Quando un enunciato con il verbo alla prima persona del presente indicativo attivo esegue l’atto illocutivo la cui forza è specificata dal verbo può essere chiamato enunciato performativo (Austin 1962, trad. it. 1987: 9-11); perciò verbi come promettere possono essere chiamati verbi performativi.

La gamma degli atti illocutivi che è possibile eseguire in una lingua corrisponde all’insieme dei verbi illocutivi dotati di uso performativo. Una volta individuati questi verbi, è possibile raggruppare gli atti illocutivi in classi o tipi: i tipi illocutivi.

Verbi performativi

Per il criterio dell’asimmetria della prima persona del presente indicativo attivo, risultano performativi i seguenti verbi italiani:

(1) abolire, abbracciare una causa, acconsentire, affermare, ammettere, annunciare, asserire, assolvere, attestare, augurare, auspicare, avvertire, benedire, caratterizzare, classificare, chiedere, chiedere scusa, comandare, cominciare con, complimentarsi, concedere, concludere con, condannare, congratularsi, consigliare, dare il benvenuto, dare la propria adesione, decretare, dedicare, dedurre, definire, deplorare, deprecare, descrivere, diagnosticare, dimettersi, dolersi, domandare, donare, esemplificare, esortare, fare menzione di, fare voto di, felicitarsi, garantire, giudicare, giurare, incaricarsi, interpretare, ipotizzare, lasciare in eredità, licenziare, lodare, lottare, maledire, mettere in questione, negare, nominare, obiettare, opporsi, ordinare, osservare, postulare, prefiggersi, pregare, promettere, proporsi, protestare, provocare, raccomandare, rendere noto, rendere omaggio, replicare, riconoscere, riferire, ringraziare, rispondere, ritirare (un’affermazione), rivolgersi, salutare, scommettere, sfidare, sottolineare, spiegare, stimare, supplicare, valutare, vietare

I verbi performativi vanno distinti dai verbi di atteggiamento proposizionale come credere, intendere, sperare, temere, dubitare. Questi ultimi alla prima persona del presente indicativo attivo riferiscono stati o atteggiamenti mentali del parlante. Possono anche fungere da indicatori illocutivi: ad es., proferendo intendo partire domani si può eseguire l’atto illocutivo di esprimere un’intenzione, anche se intendere non denomina tale atto illocutivo.

I verbi performativi devono essere distinti dai verbi che annunciano un’azione, o eventualmente un atto linguistico, da compiersi immediatamente dopo il proferimento dell’enunciato: ad es., dicendo dimostro che gli angoli opposti al vertice sono uguali non ho ancora dimostrato che gli angoli opposti al vertice sono uguali, ma ho annunciato l’azione di dimostrarlo, che posso realizzare subito dopo. Alcuni verbi sono usati sia come performativi che per annunciare l’atto illocutivo che denominano: ad es., si può dire ti avverto che il toro è pericoloso, ma anche ti avverto: il toro è pericoloso.

Non sono verbi performativi scherzare, citare, recitare, che (alla prima persona) fungono da segnali ‘metacomunicativi’. Non sono verbi performativi neppure quelli con cui si afferma l’ottenimento di conseguenze non convenzionali di un atto linguistico e cioè l’esecuzione di atti perlocutivi, ad es., convincere o dissuadere.

Come classificare gli atti illocutivi

Per tracciare le distinzioni fra diversi tipi illocutivi è necessario fare riferimento a caratteristiche dell’atto illocutivo che, essendo soggette a variazioni, sono adatte a essere usate come criteri di classificazione. Bisogna perciò anzitutto prendere in considerazione la struttura dell’atto illocutivo: le fasi o elementi, centrali o marginali, che possiamo distinguere nella sua esecuzione.

Ogni occorrenza di atto illocutivo è caratterizzata da:

(a) un effetto convenzionale;

(b) i requisiti o precondizioni che devono essere soddisfatti dal contesto perché le parole proferite possano avere quell’effetto convenzionale;

(c) l’intenzione o scopo del parlante;

(d) la forma linguistica usata;

(e) le altre caratteristiche del proferimento (➔ intonazione, tono di voce, enfasi, ➔ gesti di accompagnamento o coverbali).

È in certa misura controverso se ogni occorrenza di atto illocutivo debba essere riconducibile a un atto illocutivo dotato di un nome nella lingua naturale di riferimento, così che sia sempre possibile riformulare l’enunciato che esegue l’atto come performativo esplicito. La struttura dell’atto illocutivo sarà esemplificata facendo riferimento ad atti illocutivi che hanno un nome in italiano. Così, una domanda:

(a) ha l’effetto convenzionale di assegnare al destinatario l’obbligo di dare una risposta;

(b) presuppone che chi la fa sia nella posizione di poterla fare;

(c) presuppone l’esistenza di ciò riguardo a cui la domanda viene fatta;

(d) viene generalmente fatta per farsi dare un’informazione;

(e) viene fatta usando un enunciato dalla forma sintattica interrogativa, con un’intonazione caratteristica.

Una promessa invece:

(a) ha l’effetto convenzionale di assegnare a chi la fa l’obbligo di fare quanto promette;

(b) presuppone in chi la fa la capacità di eseguire quanto promette;

(c) presuppone che l’azione non sia stata già eseguita;

(d) ha per il parlante lo scopo di impegnarsi a fare qualcosa;

(e) la forma linguistica può comprendere l’uso della prima persona dell’indicativo attivo del verbo promettere (io ti prometto), con valore performativo e cioè costitutivo dell’azione di promettere, oppure la specificazione dell’azione promessa al tempo futuro accompagnata da avverbi (sicuramente) o da altre espressioni idiomatiche collegate all’atto di promettere (puoi contarci).

Le distinzioni fra tipi illocutivi possono basarsi sul tipo di effetto convenzionale e sugli aspetti convenzionalmente regolati del contesto (tecnicamente, i requisiti o precondizioni) (Austin 1962; Sbisà 1989), oppure sulle intenzioni o scopi del parlante (Searle 1975; Bach & Harnish 1979); possono tenere in maggiore o minor conto quegli aspetti della forma linguistica degli enunciati che contribuiscono a determinare il tipo di atto illocutivo eseguito, ma in nessun caso corrispondono perfettamente a distinzioni fra forme di enunciati. Per i tipi di frase in italiano e le loro relazioni con atti illocutivi, si veda Fava (1995).

Cinque tipi illocutivi

Sulla base delle proposte fatte da John L. Austin (1962, trad. it. 1987: 110-120) si distinguono i seguenti cinque tipi illocutivi: (a) verdettivo, (b) esercitivo, (c) commissivo, (d) comportativo, (e) espositivo.

I primi quattro tipi si distinguono l’uno dall’altro per gli effetti convenzionali cui mirano e i requisiti o precondizioni a cui danno importanza (Sbisà 1989). Il quinto tipo si distingue dagli altri perché gli effetti convenzionali degli atti illocutivi che possono esservi assegnati sono situati a livello del comportamento linguistico (Searle 1975).

I verdettivi consistono nell’emissione di un giudizio sulla base di prove o ragioni. Può trattarsi di giudizi ufficiali o informali, definitivi o provvisori, a proposito di fatti oppure di valori. Presuppongono che il parlante abbia accesso a quanto necessario (dati, criteri) per dare un giudizio. Sono atti verdettivi: caratterizzare, classificare, descrivere, diagnosticare, giudicare, interpretare, stimare, valutare. I verdettivi che non sono eseguiti nella forma di enunciati performativi espliciti possono essere eseguiti pronunciando frasi di tipo dichiarativo, con il verbo al modo indicativo.

Gli esercitivi consistono nell’esercizio di autorità o influenza. Presuppongono l’autorità o autorevolezza del parlante e assegnano o cancellano diritti o obblighi al o dal destinatario. Sono atti esercitivi: abolire, annunciare, avvertire, assolvere, chiedere, comandare, concedere, condannare, consigliare, decretare, dedicare, dimettersi, donare, esortare, lasciare in eredità, licenziare, nominare, ordinare, pregare, raccomandare, supplicare, vietare. Alcuni esercitivi (fra cui: abolire, decretare, dimettersi, lasciare in eredità, nominare) sono atti di carattere istituzionale e sono stati anche chiamati dichiarativi, in quanto pongono in essere lo stato del mondo che dichiarano esistente (Searle 1975). Altri esercitivi (fra cui: comandare, consigliare, pregare, vietare) possono essere eseguiti mediante frasi di tipo imperativo e sono anche chiamati direttivi, in quanto caratterizzati dallo scopo di far fare qualcosa al destinatario (Searle 1975).

I commissivi consistono nell’assunzione di impegni. Presuppongono la capacità riconosciuta del parlante di eseguire ciò a cui si impegna. Assegnano al parlante un impegno o obbligo, che può riguardare una singola azione oppure più genericamente un certo tipo di comportamento, e al destinatario la corrispondente legittima aspettativa. Sono atti commissivi: acconsentire, dare la propria adesione, fare voto di, garantire, giurare, incaricarsi di, lottare per, promettere, prefiggersi di, proporsi di, opporsi a, schierarsi con, scommettere.

I comportativi consistono nel prendere una posizione o produrre una risposta, tali da soddisfare un obbligo o debito nei confronti del destinatario o comunque un’aspettativa sociale. Non presuppongono uno status particolare nel parlante, ma il suo trovarsi nelle circostanze appropriate. Autorizzano asserzioni riguardanti il parlante e suoi stati e atteggiamenti psicologici, e per questo sono stati caratterizzati come espressivi (Searle 1975). Sono atti comportativi: augurare, auspicare, benedire, chiedere scusa, complimentarsi, congratularsi, dare il benvenuto, deplorare, deprecare, fare le condoglianze, felicitarsi, lodare, maledire, protestare, provocare, rendere omaggio, ringraziare, salutare, sfidare. Questi atti usano spesso formule convenzionali di forma diversa dalla prima persona del presente indicativo attivo del verbo illocutivo (salve!, scusa!, complimenti!).

Gli espositivi consistono nelle funzioni esercitate dagli enunciati nel discorso o nella conversazione di cui fanno parte. Sono in genere descrivibili allo stesso tempo anche come verdettivi, esercitivi, commissivi, oppure comportativi (Austin 1962, trad. it. 1987: 111, 118). Sono atti espositivi: affermare, ammettere, asserire, attestare, cominciare con, concludere con, dedurre, definire, domandare, esemplificare, fare menzione di, ipotizzare, mettere in questione, negare, obiettare, osservare che, postulare, rendere noto, replicare, riconoscere, riferire, rispondere, ritirare (una affermazione), rivolgersi a, spiegare, sottolineare.

Indicatori illocutivi dell’italiano

L’esecuzione di atti illocutivi che hanno un nome nel lessico ordinario è resa riconoscibile (e con ciò possibile, visto che l’atto illocutivo riesce solo se viene riconosciuto) dall’uso di indicatori illocutivi, sia linguistici che paralinguistici o gestuali, oltre che dall’inserimento dell’enunciato in un testo e in una situazione.

Gli indicatori illocutivi linguistici possono essere lessicali, morfologici, o sintattici, e non sono in genere usati in isolamento né in modo autosufficiente. Li si trova per lo più usati assieme: determinano, in ciascun enunciato, una fisionomia dell’atto linguistico, che può legittimare l’attribuzione all’enunciato di una forza illocutiva lessicalmente fissato (un atto illocutivo che ha un nome nella lingua italiana), oppure la presa di un effetto illocutivo più generico o sfumato (comunque descrivibile nei termini dei tipi illocutivi principali verdettivo, esercitivo, commissivo, comportativo).

I tipi illocutivi possono essere usati nell’analisi del discorso come punti di riferimento per la descrizione delle caratteristiche degli atti linguistici eseguiti: l’effetto convenzionale, i requisiti o precondizioni che sono dati per soddisfatti, l’intenzione o scopo del parlante che vengono manifestati. Questa descrizione va fatta tenendo conto degli indicatori illocutivi. Nelle conversazioni è importante tenere conto della sequenza di turni in cui l’enunciato è inserito e in particolare della risposta che riceve, che indica il modo in cui esso è stato preso dal ricevente e quindi rivela se la forza illocutiva suggerita dagli indicatori ha o meno dato luogo al suo effetto convenzionale.

Verbi illocutivi

Si tratta dei verbi esaminati nel § 3. Sono usati performativamente (alla prima persona del presente indicativo attivo) se la situazione, per il suo grado di formalità o per la necessità di insistere, richiede esplicitezza, oppure per conferire enfasi a ciò che si intende fare.

Due esempi da conversazioni (nella resa del linguaggio orale il corsivo indica enfasi, la virgola intonazione sostenuta, il punto intonazione discendente, il punto interrogativo intonazione ascendente, la lineetta ‹–› uno stacco o breve pausa, il simbolo ‹=› un cambio di turno senza pausa; sono sottolineati gli indicatori illocutivi):

(2) No – io le chiedo – non interessa qua quanti della famiglia della proprietaria c’erano. [...] le chiedo se è ver – se riconosce che qualche cliente? dopo av – che l’ha vista nelle condizioni in cui era? – ha deciso di andarsene via insomma (Sbisà 1988: 219; il parlante è un giudice che interroga l’imputato e riformula performativamente una domanda che gli ha già rivolto in modo informale)

(3) io le assicuro, guardi, dottore, che se io, guardi, ma le giuro, guardi, sulla mia vita, e su quella di mia figlia, che se io potessi parlare con mio marito, parlerei con mio marito, hh, ma (Fele 1991: 205; la forza commissiva dell’atto linguistico della parlante risulta enfatizzata dai due verbi commissivi usati performativamente)

I verbi illocutivi (ad es. avvertire) e i nomi a essi collegati (ad es. avvertimento) possono essere usati anche per annunciare o commentare in una glossa (ad es. questo è un avvertimento) la forza illocutiva da attribuire a un certo enunciato.

Tipi di frase

Le frasi all’➔imperativo sono generalmente usate per eseguire atti direttivi.

Le frasi di tipo interrogativo sono usate per fare domande (atti espositivi assimilabili a esercitivi; ➔ interrogative dirette) e per eseguire atti direttivi quali, ad es., le richieste; più raramente (nelle cosiddette ➔ interrogative retoriche) sono usate per fare affermazioni (espositivi assimilabili a verdettivi).

Oltre che per i verdettivi, le frasi di tipo dichiarativo possono essere usate per atti di quasi qualunque tipo, purché contengano altri indicatori illocutivi più specifici, oppure in virtù del tipo di contenuto o della collocazione dell’enunciato in un testo e un contesto.

Modi e tempi verbali

Il modo ➔ condizionale può segnalare che l’enunciato in cui ricorre è un’ipotesi anziché una vera e propria affermazione. Per questo è anche usato come mitigatore della forza dell’affermazione, quando il parlante non vuole assumersi in pieno la responsabilità di affermare qualcosa (➔ mitigazione).

Il modo ➔ congiuntivo in frasi indipendenti può caratterizzare atti comportativi come quelli di augurarsi o auspicare qualcosa.

Il tempo ➔ futuro può caratterizzare certi verdettivi (le previsioni) oppure (rispettivamente alla seconda e alla prima persona) certi direttivi e commissivi.

Verbi modali e di atteggiamento proposizionale

I verbi modali italiani dovere e potere (➔ modali, verbi) svolgono svariate funzioni come indicatori illocutivi.

Ne possono dare un’idea i seguenti esempi:

(4) Ecco. Emilio. Lei deve mettersi un momentino nei miei panni = (Leonardi & Viaro 1990: 112; atto esercitivo)

(5) secondo me i bambini dovrebbero essere lasciati fuori (Sbisà 2001, da conversazione registrata; atto verdettivo di carattere valutativo)

(6) Una lingua straniera? ecco fatto. In 48 ore, puoi iniziare a parlare (Sbisà 2001, da un annuncio pubblicitario: puoi autorizza il destinatario ad avere un’aspettativa, conferendo al testo forza commissiva)

(7) In ogni caso se davvero il suo malessere di adolescente è reale, può uscirne solo rifiutandosi di adeguarsi a chi non le piace e l’avvilisce (Sbisà 2001, da «Venerdì di Repubblica», Questioni di cuore; atto esercitivo di consiglio)

Dovere ha anche un uso epistemico per previsioni probabilistiche e, usato alla prima persona, può servire a eseguire atti commissivi. Potere serve a formulare ipotesi e a eseguire vari atti illocutivi intermedi fra commissivi ed esercitivi quali permessi, proposte, offerte.

Verbi di atteggiamento proposizionale quali credere, pensare, intendere possono caratterizzare l’enunciato che introducono come l’espressione di uno stato psicologico, conferendogli forza illocutiva comportativa. Il verbo modale volere può essere usato per presentare cortesemente come espressione di un desiderio quella che in realtà è una richiesta o addirittura un comando.

Elementi lessicali non descrittivi

Numerosi aggettivi (ma anche nomi o verbi o avverbi) il cui significato non è (o non è soltanto) descrittivo fungono da indicatori illocutivi per i verdettivi di carattere valutativo oppure per esercitivi come il consiglio, l’esortazione, l’approvazione o ancora per comportativi che costituiscono una reazione, positiva o negativa, nei confronti di qualche persona o evento:

(8) Eppure, mi pare una sentenza giusta. Perché tien conto che non si tratta di una sperimentazione che distribuisce incertezza, ma che distribuisce speranza (articolo da quotidiano, in Sbisà 2007: 82; atto verdettivo di carattere valutativo)

(9) Vediamo questo braccialetto [lo guarda] è carinissimo (Alfonzetti 2006: 87; atto comportativo di fare un complimento, intensificato dal superlativo).

Avverbi e congiunzioni

Numerosi ➔ avverbi e ➔ congiunzioni (fra i quali quindi, infatti, ma, cioè) possono essere usati per segnalare e precisare il ruolo che un enunciato svolge nel discorso o nella conversazione e con ciò l’atto espositivo che esegue:

(10) Quasi nulla, infatti, viene considerato bello contemporaneamente da tutti i popoli della Terra e in qualunque epoca (Sbisà 2007: 131; atto di spiegazione, espositivo assimilabile a un esercitivo)

(11) A: io ero molto più agitata prima del concorso di ricercatore

B: ma io a Palermo ti ho vista agitata anche prima del concorso di associato (Alfonzetti 2006: 119; atto di fare un’obiezione, espositivo assimilabile a un comportativo)

Alcuni di questi avverbi o congiunzioni possono segnalare anche atti illocutivi non espositivi: ad es., ma può indicare un atto comportativo di protesta.

Studi

Alfonzetti, Giovanna (2006), I complimenti nella conversazione, Roma, Editori Riuniti University Press.

Austin, John L. (1962), How to do things with words, Oxford, Clarendon Press (2a ed. 1975; trad. it. Come fare cose con le parole. Genova, Marietti, 1987).

Bach, Kent & Harnish, Robert M. (1979), Linguistic communication and speech acts, Cambridge (Mass.), The MIT Press.

Fava, Elisabetta (1995), Tipi di atti e tipi di frasi, in Grande grammatica italiana di consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi & A. Cardinaletti, Bologna, il Mulino, 1988-1995, 3 voll., vol. 3° (Tipi di frase, deissi, formazione delle parole), pp. 19-48.

Fele, Giolo (1991), L’insorgere del conflitto. Uno studio sull’organizzazione sociale del disaccordo nella conversazione, Milano, F. Angeli.

Leonardi, Paolo & Viaro, Maurizio (1990), Conversazione e terapia. L’intervista circolare, Milano, Cortina.

Sbisà, Marina (1988), Remarques sur la conversation en tribunal, in Échanges sur la conversation, sous la direction de J. Cosnier, N. Gelas & C. Kerbrat Orecchioni, Paris, Éditions du Centre National de la Recherche Scientifique, pp. 211-220.

Sbisà, Marina (1989), Linguaggio, ragione, interazione. Per una teoria pragmatica degli atti linguistici, Bologna, il Mulino (nuova ed. 2009; versione digitale: http://www.openstarts.units.it/ dspace/handle/10077/3390).

Sbisà, Marina (2001), I verbi modali come indicatori di forza, in Modalità e Substandard. Atti del convegno internazionale (Forlì, 26-27 ottobre 2000), a cura di W. Heinrich & C. Heiss, Bologna, CLUEB, pp. 109-130.

Sbisà, Marina (2007), Detto non detto. Le forme della comunicazione implicita, Roma - Bari, Laterza.

Searle, John R. (1975), A taxonomy of illocutionary acts, in Language, mind and knowledge, edited by K. Gunderson, Minneapolis, University of Minnesota Press, pp. 344-369 (trad. it. in Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, a cura di M. Sbisà, Milano, Feltrinelli, 1978, pp. 168-198).

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