TINO di Camaino

Enciclopedia Italiana (1937)

TINO di Camaino

Géza de Francovich

Scultore, nato a Siena probabilmente intorno al 1285, morto a Napoli intorno al 1337. Figlio di Camaino, scultore ed architetto che ebbe la carica di capomastro dell'Opera del duomo senese dal 1300 al 1337, dovette ben presto trasferirsi a Pisa dove il suo nome appare per la prima volta nel 1312 nell'iscrizione del fonte battesimale, eseguito per la Primaziale pisana, e di cui rimangono frammenti nel camposanto e nel museo di Pisa. Nel 1315 lavorava alla tomba dell'imperatore Arrigo VII; e nello stesso anno è menzionato nei registri dell'Opera del duomo come capomastro. Nel 1318 un documento lo ricorda a Siena dove fu capomastro dal 1319 al 1321. Per il duomo senese fece col padre la tomba del cardinale Petroni, terminata tra il 1317 e il 1318. In seguito venne chiamato a Firenze per eseguire nel duomo il monumento al vescovo Antonio d'Orso, morto nel 1321. Questa tomba, al pari di quelle ad Arrigo VII e al cardinale Petroni, fu rimaneggiata e privata di elementi scultorei importanti, oggi sparsi in varî musei (fra questi vi è, ad esempio, la bella Madonna col Bambino nel Museo Nazionale di Firenze). A Firenze si trattenne sin verso il 1325, anno in cui iniziava a Napoli la costruzione del mausoleo della regina Maria nella chiesa di Santa Maria Donnaregina, finito nel 1326. Tra le altre opere di T. a Napoli, accertate da documenti, sono la tomba di Carlo di Calabria terminata nel 1333 e quella di Maria di Valois (1332-1337), entrambe in Santa Chiara. Ebbe durante il suo soggiorno napoletano anche mansioni di architetto e di ingegnere.

Intorno a questo nucleo centrale delle opere di T. la critica recente ha raggruppato un vasto insieme di sculture, non sempre omogeneo per qualità e per stile. Pur volendo in parte assegnare tale discontinuità degli aspetti formali alla collaborazione di aiuti, vi sono, specie nell'attività giovanile di T., mutamenti così repentini del linguaggio figurativo, anche nelle opere più sicuramente sue, da giustificare le incertezze e le contraddizioni degli studiosi nel valutare l'arte di questo singolare scultore, il più notevole senza dubbio, insieme al Maitani, tra gl'immediati successori senesi di Giovanni Pisano. Ma anche T., come il Maitani, persegue ideali estetici intimamente opposti a quelli di Giovanni di cui ripete spesso le forme esteriori, quali panneggi e mosse, trasformando però l'agitazione tesa e drammatica del Pisano in un mondo di pacatezza ferma e serena. Caratteristica per buona parte delle opere toscane di T. è la tendenza verso una plasticità raccolta e densa; l'opera che meglio esprime quest'aspirazione di T. giovane a un compatto serrarsi di volumi sinteticamente squadrati è il gruppo rappresentante Arrigo VII seduto in trono circondato da quattro suoi cortigiani nel camposanto pisano (1313), che fu a torto attribuito a Lupo di Francesco. In altre opere per contro (v. ad esempio l'altare di S. Rainieri, iniziato forse nel 1306, nel camposanto di Pisa) prevalgono un melodioso fluire della linea gotica e una concezione pittorica del rilievo schiacciato. Eleganza sinuosa del contorno e saldezza volumetrica raggiungono, infine, un equilibrio armonioso nei solenni mausolei napoletani di T. che tanto profondamente influirono sulla scultura gotica dell'Italia meridionale.

Bibl.: E. Carli, T. di C. Firenze 1934; L. Becherucci, Marmi di T. di C. a Napoli, in Boll. d'arte, XXVIII (1935), pp. 313-22; W. R. Valentiner, T. di C., Parigi 1935; C. L. Ragghianti, Opere sconosciute di T. di C., in La critica d'arte, VI (1936), pp. 272-76; M. Weinberger, The master of S. Giovanni, in The Burl. Mag., LXX (1937), pp. 24-30.