TIMO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

TIMO

Giuseppe Tridente-Dunia Ramarli

(XXXIII, p. 852)

Il microambiente timico è un sistema complesso, multicellulare, nella cui compagine avviene il differenziamento della linea linfoide T, cui è affidata la funzione di sorvegliare l'integrità dell'organismo eliminando sia agenti endogeni o esogeni in grado di turbarne l'equilibrio, sia cellule aberranti. Tale funzione presuppone che i linfociti T maturi siano in grado di discriminare i propri antigeni (self) da tutte le forme antigeniche estranee (non self). L'apprendimento di ciò che è self avviene nel t., e tale processo è stato oggetto negli ultimi anni di indagini approfondite tese alla conoscenza dei meccanismi biomolecolari che ne stanno alla base.

Il marchio del self è rappresentato, nell'uomo, dalle molecole del sistema Major Histocompatibility Complex (MHC) di classe i (A, B e C) o di classe ii (DR, DP, DQ). Le prime sono presenti sulla quasi totalità delle cellule dell'organismo, mentre le seconde vengono co-espresse con le prime di preferenza sulle cellule del sistema immunocompetente. I linfociti T non sono in grado di legare antigeni solubili, ma necessitano della cooperazione delle cellule presentatrici (macrofagi e cellule dendritiche), le quali assolvono il compito di fagocitare e trasformare complessi molecolari in piccole sequenze peptidiche (12÷18 aminoacidi) che, associate alle molecole MHC nel citoplasma, vengono trasportate ed esposte o ''presentate'' sulla membrana. Solo nella cornice di tale associazione (complessi antigene/MHC), peculiare per ciascun individuo, i linfociti T riconoscono gli antigeni esogeni ai quali rispondere secondo le specifiche funzioni per cui sono programmati (fenomeno della restrizione), così come quelli endogeni da ignorare. Se la presenza di molecole MHC è condizione indispensabile per il riconoscimento delle cellule T, sia helper che citotossiche, l'assenza delle stesse molecole (mancanza del self) alla superficie di una qualsiasi cellula dell'individuo è segnale, per una peculiare sottoclasse di linfociti (cellule Natural Killer o NK), di una diversità che deve essere eliminata immediatamente mediante lisi del clone aberrante. Si presume che tale meccanismo possa intervenire nel controllo della crescita di cellule neoplastiche.

Il TcR, o recettore nominale per l'antigene, è la struttura di membrana attraverso cui avviene il riconoscimento del complesso antigene/MHC da parte dei linfociti T. Tale complesso multimolecolare è costituito da una porzione costante, cioè uguale per tutti i cloni linfocitari, formata da 5 catene polipeptidiche (CD3), cui si associa una porzione clonotipica, cioè diversa per ogni singolo clone linfocitario, formata da 2 catene polipeptidiche (αβ o γδ). Il 90% dei linfociti circolanti esprime TcR CD3-αβ.

Alla porzione clonotipica è squisitamente affidato il riconoscimento dei complessi antigene-MHC, mentre la porzione costante trasferisce il segnale dell'avvenuto riconoscimento al citoplasma cellulare, da dove verrà trasferito al nucleo solo se, contemporaneamente, giungeranno altri segnali inviati dalle molecole che coadiuvano il TcR nella sua funzione. Tali molecole accessorie di superficie sono i recettori CD4, espressi dai T helper, e i recettori CD8, espressi dai T citotossici, che legano rispettivamente molecole MHC di classe ii e di classe i. Il coinvolgimento contemporaneo del TcR e della molecola accessoria che ne lega lo stesso MHC è condizione indispensabile per l'ulteriore trasferimento dei segnali dal citoplasma al nucleo e, di conseguenza, per l'attivazione funzionale della cellula. La molteplicità dei cloni cellulari che compongono la popolazione dei linfociti T assicura al sistema immunitario un repertorio di TcR almeno equivalente alla molteplicità delle forme antigeniche. La formazione e l'addestramento funzionale, o educazione, del repertorio cellulare recettoriale dei linfociti T e delle cellule NK avviene nel microambiente timico, quale risultato delle interazioni molecolari fra le strutture di superficie espresse dalla componente linfoide (TcR, CD4, CD8) e dalla componente non linfoide (MHC di classe i e ii), rappresentata essenzialmente da cellule epiteliali e, in misura inferiore, da macrofagi e da cellule dendritiche. Altrettanto importante per la funzionalità di tale microambiente è la presenza di fattori solubili quali le citochine e i neuropeptidi (tab. 1).

L'architettura lobulare interna del t. è costituita essenzialmente da un reticolo di cellule epiteliali connesse da giunzioni desmosomali, nelle cui maglie sono alloggiati i timociti. La disponibilità di anticorpi monoclonali diretti contro citocheratine e antigeni di superficie ha permesso di confermare e ampliare gli studi morfologici ed elettromicroscopici della fine degli anni Ottanta sull'eterogeneità cellulare dell'epitelio timico, di cui s'identificano attualmente sei varianti morfo-funzionali dislocate a gradiente dalla regione subcapsulare alla porzione midollare del singolo lobulo.

L'epitelio sottocapsulare (tipo 1) accoglie per primo i precursori che arrivano dal midollo emopoietico; esso è costituito da cellule MHC classe ii negative e produce la gran parte degli ormoni timici conosciuti (timulina, timosina α1, timopentina 5). All'epitelio del tipo 1 si associano grandi cellule pallide (tipo 2), cellule elettron lucide a intensa attività citochino-produttrice (tipo 3) e piccole cellule scure (tipo 4) a formare il reticolo della regione corticale. Alcune cellule di tipo 2 e 3 avvolgono i timociti immaturi in complessi epitelio-timocito-stromali chiamati nurse cells che contengono neuropeptidi.

L'esistenza in vivo di tali complessi, a lungo discussa in passato, è stata di recente confermata, ma la loro funzione sul differenziamento dei linfociti T resta ancora oscura. A differenza dell'epitelio sottocapsulare, quello corticale è fortemente MHC classe ii positivo. I timociti più indifferenziati della regione subcapsulare transitano attraverso la regione corticale, dove vengono sottoposti a un processo di proliferazione ed espansione selettiva (selezione positiva). Lo stretto reticolo epiteliale della regione corticale si estende in maglie più larghe nella regione midollare. Lo compongono cellule di tipo 3 insieme con elementi indifferenziati (tipo 5) ed elementi metabolicamente attivi (tipo 6) caratterizzati da vacuoli citoplasmatici a probabile contenuto ormonale. È peculiare della regione midollare la presenza dei cosiddetti corpi di Hassall, ritenuti espressione della differenziazione terminale di cellule epiteliali cheratino-produttrici e il cui significato funzionale è a tutt'oggi sconosciuto.

Tutto l'epitelio midollare esprime molecole MHC di classe ii. In questa regione, dalla moltitudine dei timociti espansi nell'area corticale vengono deleti i cloni potenzialmente autoreattivi (selezione negativa). Anche se all'interno del lobulo sono identificabili aree sprovviste di cellule epiteliali, in queste zone la presenza di molecole MHC di classe i e ii viene comunque assicurata dai macrofagi e/o dalle cellule dendritiche. I macrofagi timici sono una popolazione eterogenea presente soprattutto nelle aree subcorticali e corticali, e decisamente meno frequenti in quella midollare dove cedono il posto alle cellule dendritiche. Anche la matrice extracellulare partecipa alle funzioni del microambiente timico, ed è costituita da collageni, reticulina, glicosaminoglicani e glicoproteine (laminina e fibronectina). Sia la componente linfoide sia quella epiteliale possiedono recettori di membrana per l'adesione ai vari componenti della matrice, la quale esercita un ruolo attivo nei contatti intercellulari, nella proliferazione epiteliale e nel differenziamento dei timociti.

Differenziamento intratimico. - Durante la permanenza nel t. i precursori linfoidi subiscono profonde modificazioni che coinvolgono: il riarrangiamento dei geni che codificano per le catene αβ o γδ della porzione clonotipica del TcR; la progressiva acquisizione e/o la perdita di marcatori di superficie (tab. 2); la progressiva espressione sulla membrana di uno dei dimeri αβ o γδ, legato alla porzione costante CD3; la coespressione di recettori CD4 e CD8 e la scelta dell'espressione di uno dei due come molecola accessoria alla funzionalità del TcR.

Lo studio di questi processi è stato reso possibile dalla disponibilità di anticorpi monoclonali diretti contro le singole strutture di superficie in aggiunta a sofisticate tecniche d'ingegneria genetica applicate al modello animale murino. Il maggior numero di informazioni che sono state in tal modo ottenute riguarda il recettore CD3/αβ, che verrà descritto quale modello di differenziamento intratimico. I precursori che colonizzano la regione subcapsulare lobulare esprimono ancora alcuni marcatori midollari (CD34 + ), ma non ancora quelli linfoidi (CD3CD4CD8), e conservano, in condizioni appropriate, la capacità di generare elementi della linea mieloide e monocito-macrofagica, oltre che di quella linfoide.

La prima modificazione indotta dalla permanenza nella regione subcapsulare è l'attivazione di due geni, RAG1 e RAG2 (Recombination Activating Genes), i cui prodotti promuovono l'inizio del riarrangiamento dei geni che codificano per la catena β del TcR. Contemporanea all'attivazione dei due geni è la perdita da parte dei precursori della totipotenza e l'indirizzo irreversibile verso il differenziamento linfoide. Il riarrangiamento delle catene del TcR procede in modo simile a quello dei geni delle immunoglobuline, tramite la giunzione sequenziale di segmenti di DNA (regioni C, D, J, V) dalla cui varia combinazione origina la molteplicità dei recettori codificabili. Al riarrangiamento dei geni della catena β e alla conseguente comparsa in membrana di un pre-TcR costituito da CD3/ββ (invece che CD3/αβ) segue un passaggio di stadio maturativo caratterizzato dalla coespressione di recettori CD4 e CD8, dalla perdita del recettore per l'interleuchina 2 (CD25), dall'inizio del riarrangiamento del gene per la catena α del TcR e dalla transizione dallo stadio di quiescenza dei timociti CD3CD4CD8 all'intensa proliferazione dei timociti CD3 + /−CD4 + CD8 + (prima selezione positiva). L'antigene intratimico riconosciuto dal pre-TcR CD3/ββ è sconosciuto, ma l'importanza di questa prima selezione positiva è dimostrata dal fatto che animali geneticamente incapaci di attivare RAG1/RAG2 o di esprimere un pre-TcR funzionale bloccano i timociti allo stadio più immaturo (CD3CD4CD8). La disponibilità di catena α del TcR coincide con la sostituzione progressiva del pre-TcR CD3/ββ con l'espressione di basse quantità di TcR maturo CD3/αβ e con l'entrata dei timociti CD3 + /−CD4 + CD8 + nella regione corticale.

Durante il transito in questa regione viene operata una seconda selezione positiva tramite i TcR CD3/αβ, i cui ligandi sono invece conosciuti e rappresentati dalle molecole MHC espresse dalle cellule epiteliali, macrofagiche e dendritiche. Solo i cloni di timociti che esprimono TcR in grado di legare i complessi antigene-MHC di classe i o di classe ii presentati dalla componente stromale verranno stimolati alla proliferazione e, nell'ambito di questi, solo quelli che accoppiano la molecola accessoria, CD4 o CD8, che ne lega lo stesso MHC (doppio stimolo) progrediranno sulla via del differenziamento. Tutti i cloni timocitari che esprimono TcR inutili o accoppiati con la molecola accessoria che non lega lo stesso MHC vanno incontro ad apoptosi, cioè a un tipo particolare di morte cellulare caratterizzato dalla progressiva frammentazione nucleare in assenza di rotture della membrana citoplasmatica. I cloni selezionati positivamente inattivano quindi i geni RAG1-RAG2, la cui funzione è terminata, esprimono quantità crescenti di TcR alla superficie cellulare e progrediscono verso lo stadio più maturo CD3 + CD4 + CD8 o CD3 + CD4CD8 + (singoli positivi). Questi timociti passano attraverso il filtro delle cellule dendritiche e macrofagiche affollate alla giunzione cortico-midollare e completano il differenziamento intratimico con la delezione, sempre per apoptosi, dei cloni potenzialmente autoreattivi. Il processo di delezione clonale, o selezione negativa, avviene in conseguenza degli stessi legami TcR/antigene-MHC che sono alla base della selezione positiva.

Nel tentativo di spiegare questo paradosso, che rimane il punto più oscuro del differenziamento intratimico, sono state elaborate varie teorie, ciascuna confortata e/o contrastata da evidenze sperimentali. Una prima ipotesi ritiene che i timociti rispondano ai segnali inviati dai recettori di membrana in modo diverso a seconda del loro stadio di differenziamento. In accordo con questa ipotesi, il legame TcR/antigene-MHC potrebbe indurre proliferazione in timociti CD3 + /−CD4 + CD8 + e apoptosi in elementi più maturi. Una seconda ipotesi suggerisce che le cellule epiteliali e quelle dendritiche presentino in modo diverso gli stessi antigeni. Le prime sarebbero in grado d'indurre selezione positiva, le seconde selezione negativa. La terza ipotesi, più recente e più accreditata, si fonda sull'osservazione che la stessa interazione molecolare TcR/antigene-MHC possa indurre proliferazione (selezione positiva) o apoptosi (selezione negativa) secondo la forza con cui si stabilisce il legame fra cellule presentanti e timociti. A tale forza contribuiscono fattori diversi, quali il legame del TcR per il proprio ligando, la quantità di quest'ultimo alla superficie cellulare, il contributo funzionale della molecola accessoria CD4 o CD8 coinvolta e delle molecole di adesione, che mediano i contatti fra le cellule e tra queste e la matrice extracellulare. In tale contesto l'affinità TcR/ligando gioca comunque il ruolo principale, e dal momento che gli antigeni self rappresentano, nel t., la quota maggiore degli antigeni presentati, i cloni timocitari che esprimono TcR autoreattivi verranno deleti preferenzialmente. La drastica delezione clonale che viene operata nella regione midollare completa il differenziamento intratimico e assicura l'entrata in circolo di linfociti T tolleranti ai propri antigeni, e di linfociti pronti a rispondere alle perturbazioni della propria immagine molecolare indotte da quelli esogeni.

L'educazione della linea linfoide T avviene tramite la molteplicità delle interazioni cellulari che si stabiliscono fra la componente linfoide e non linfoide nei diversi compartimenti anatomo-funzionali del lobulo timico e dei rapporti che le singole componenti cellulari contraggono con la matrice extracellulare e con i gradienti di citochine presenti. Alla corretta operatività di questo sistema multifattoriale è affidato il successo di tale educazione, che rappresenta il nodo centrale del funzionamento del sistema immunocompetente.

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