TIDEO

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

Vedi TIDEO dell'anno: 1966 - 1973

TIDEO (Τυδεύς)

E. Paribeni

Eroe figlio di Oineo e fratello per altra madre di Meleagro. Nell'Iliade non appare altro che di riflesso in relazione al suo famoso figlio Diomede. È tuttavia presumibile che i caratteri distintivi di questo eroe unitamente ai lineamenti più caratteristici della sua storia si trovino già fissati nei poemi epici per noi perduti relativi alle guerre tebane.

T. appartiene alla stirpe di Ares, ed è in effetti uno dei più furiosi, crudeli e implacabili strumenti di guerra dell'antichità. La sua vita trascorre tra battaglie, grandi spedizioni di eroi, cacce e occasionali massacri per ragioni private negli intervalli. Il motivo ben noto dell'uccisione involontaria di un congiunto che motiva l'esilio e di conseguenza l'inserzione di un eroe in un altro ambiente e in un altro contesto mitico, ritorna più di una volta nella storia di Tideo; mentre almeno due fratelli, tra cui in fonti tarde anche Meleagro, vengono ricordati come vittime involontarie, che determinarono l'esilio ad Argo presso il re Adrasto e quindi l'amicizia con Polinice e l'impresa contro Tebe.

In seguito a questa vicenda T., che appartiene alla stirpe reale di Etolia, entra di pieno diritto nell'ambiente mitico argivo ed appare inserito nella serie di statue dei re di Argo che esistevano a Delfi e ad Argo stessa. Se la sua partecipazione alla spedizione degli Argonauti è attestata solo da tardi autori, la sua presenza tra i protagonisti della caccia calidonia è naturale per esser T. un eroe di Etolia e fratello di Meleagro, il principale attore di questa impresa. L'eroe peraltro non è sicuramente identificabile nelle figurazioni di questa storia, e sarà al più da ricercare tra i partecipanti anonimi alla caccia.

Nei fregi del Trono di Amicle, e di conseguenza in un monumento tra i più importanti e ufficiali in ambiente peloponnesiaco, T. appariva in lotta tra Licurgo e Adrasto presumibilmente in difesa di Ipsipile, colpevole per i parenti della morte del bambino Archemoros.

La storia dell'uccisione di Ismene, attestata in un frammento di Mimnermo, compare agli inizî del VI sec. a. C. nella nota anfora corinzia del Louvre (E 640) che ha dato il nome al Pittore di Tydeus (v.) e in un frammento di skỳphos attico dell'Acropoli (n. 603). Non si hanno elementi sicuri per ricostruire la storia nei suoi sviluppi. È stato notato tuttavia un singolare parallelismo con la storia di Troilo e Polissena. In ambedue i casi ritorna il motivo della persecuzione da parte di un eroe adulto e crudele contro una ragazza e un giovinetto. In confronto alla storia di Troilo, che del resto rappresenta un episodio di insolita crudeltà in Achille e tale che l'eroe stesso pagherà con la vita, la più intensa nota di orrore che s'incontra nella storia di Ismene che si conclude con la morte della fanciulla, è perfettamente coerente con la personalità spietata di Tideo.

Una kotỳle calcidese di Copenaghen databile intorno al 540-530 a. C. ci presenta T. supplice con Polinice alla corte del re Adrasto. I due eroi siedono a terra come mendicanti, appoggiati a una colonna del palazzo e chiusi nel mantello, come due blocchi oscuri di fronte alla kline dove il re solennemente banchetta.

In mancanza di identificazioni sicure è presumibile che T. figuri nelle rappresentazioni collettive dei Sette contro Tebe in particolare in quella "contesa degli eroi" che appare con il nome di Partenopaios in una coppa laconica di Cirene e anonima in numerosi altri monumenti ceramici a figure nere e rosse. Nella ben nota gemma etrusca con il concilio di guerra dei Sette, T. è figurato stante e armato in contrasto ai compagni seduti e pensosi in primo piano. Un altro scarabeo etrusco, con l'iscrizione tute, che figura un atleta con lo strigile, è stato tentativamente posto in relazione con le attività sportive dell'eroe in occasione della fondazione dei giochi nemei.

Un motivo iconografico del tutto nuovo è stato suggestivamente ricostruito da J. D. Beazley dalle figurazioni incomplete di due vasi attici della metà del V sec. a. C. È questa la storia di Athanasia, attestata da un poema di Bacchilide, l'immortalità concessa e poi ritolta a T. in punizione dell'inumana crudeltà dell'eroe che divora il cranio del nemico morto Melanippo. Il tema della storia bene rientra nella serie di quei destini oscillanti tra la vita e la morte di cui i miti di Orfeo, di Alcesti, dei Dioscuri, di Protesilao e di tanti altri eroi offrono drammatici esempî. E in accordo con la nuova tradizione narrativa, che preferisce ritrarre stati d'animo invece che azioni violente, il T. aggressivo e inesorabile che aggredisce e trafigge Ismene, ci appare giovanile e patetico, seduto su una roccia in atto di grave malinconia, il cranio del nemico abbandonato a terra, mentre Athanasia si allontana a malincuore, condotta per mano da Atena.

Un T. giovanile e senza problemi presenta ancora una volta la ceramica attica verso la fine del V sec. in un cratere a campana del Pittore del Deinos: si tratta di una scena apparentemente senza riferimenti mitici precisi, che avvicina T. a Castore, figurati entrambi come giovani cacciatori. Una grande anfora tarantina del museo di Napoli raffigura invece sotto il tabernacolo centrale il talamo con Meleagro morente sorretto da un altro giovane eroe che l'iscrizione designa come Tideo. La figurazione verrebbe intesa da alcuni non tanto come un atto di pietà fraterna, quanto di possibile colpevolezza da parte di T. nella morte di Meleagro.

Nella scena del duello finale tra i fratelli nemici, Eteocle e Polinice sotto le mura di Tebe nel fregio di Gjölbaschi Trysa, il guerriero caduto raffigura presumibilmente T., il più duro a morire tra i Sette. L'eroe doveva necessariamente figurare in un dipinto descritto da Filostrato relativo al seppellimento dei Sette contro Tebe.

Bibl.: O. Jahn, in Ber. Sächs. Gesellschaft, 1853, p. 21 ss.; J. Schmidt, in Roscher, V, 1916-24, c. 1388 ss., s. v. Tydeus; W. Aly, in Pauly-Wissowa, VII A, 1948, c. 1702 ss., s. v. Tydeus, n. i; H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, p. 141; J. D. Beazley, in Journ. Hell. St., LXVII, 1947, p. i ss.; id., in Amer. Journ. Arch., LIV, 1950, p. 311; id., Development, p. 63; F. Brommer, Vasenlisten, Marburg 1960, p. 344 ss.