TESSUTI

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

TESSUTI

F. v. Lorentz
F. v. Lorentz
H. Reusch
F. v. Lorentz

1. - L'arte del tessere e del filare è tanto antica quanto la civiltà umana. Le sue origini risalgono ad epoche preistoriche e non è possibile fissarle con precisione. A Çatal Hüyük, località nella parte meridionale dell'altipiano anatolico, che ha rivelato 12 strati neolitici, sono stati trovati, nel livello VII, otto sacelli che presentano pareti dipinte: le pareti di due sacelli (il n. 6 e 7) presentano motivi tipici della decorazione di t.: motivo di rombi concentrici (sacello 7) che ritorna a decorare ancora oggi i kilims, e un più complicato motivo (sacello 6) con triangoli rossi e neri affrontati, separati da fasce con motivi correnti (v. preistorica, arte, tav. a colori). In tutti gli strati protostorici delle civiltà svoltesi sul territorio mediterraneo ed europeo, si trovano numerosi i "pesi" in terracotta, che servivano a tener tesi i fili durante la tessitura. Le prime notizie che noi abbiamo sui t. antichi- sia grazie alle fonti letterarie, sia tramite i rinvenimenti- risalgono ad un'epoca in cui l'arte della tessitura ha già raggiunto un notevole grado di perfezione tecnica. La relativa sporadicità dei ritrovamenti si deve ovviamente alla deperibilità del materiale; la fonte principale delle nostre conoscenze è perciò per tutta l'antichità la letteratura, affiancata dalle raffigurazioni vascolari, pittoriche e musive, tutte fonti dunque indirette. Dal momento però che queste fonti abbracciano l'intera antichità, l'argomento si presenta strettamente unitario, tanto più che non va dimenticato che non c'è altra arte così tradizionale quanto quella del tessere, tradizionale tanto per quel che concerne le materie prime con cui vengono fabbricati i t., quanto per i motivi ed i temi figurati della decorazione, tradizionale persino nell'identità dei luoghi di produzione attraverso i secoli.

Dalla più remota antichità ai nostri giorni l'Oriente occupa un posto di primaria importanza, è un centro specializzato e, come oggi quella di "tappeto persiano" è una denominazione tipo, nell'antichità si parlava di βαρβάρων ὑϕάσηατα, di t. barbari (v. anche tappeto). Così, ad esempio, nei tempi antichi la provincia della Belgica era famosa per le sue stoffe di lana pesanti ed in questo stesso paese, nei pressi di Arras e di Tournai (l'antica Turnacum), la tradizione è rimasta viva fino ai nostri giorni. Lo stesso può dirsi dell'Italia meridionale, la cui lana gode di un'ottima fama da molti secoli a questa parte.

Ben presto si sviluppò nell'antichità un intenso commercio di t., dal momento che sia la materia prima che i manufatti erano merci facilmente trasportabili. Per la medesima ragione il sito di produzione non coincideva necessariamente con quello della lavorazione, anche se in molti casi di fatto questa coincidenza esisteva. In breve si svilupparono molti importanti centri di produzione di t. che conservarono inalterata la loro fama per tutta l'antichità.

Già dai tempi più antichi l'Egitto era la patria delle stoffe di lino, che venivano tessute non soltanto nelle case private dalle signore e dalle loro schiave- un'usanza per lungo tempo diffusa ovunque- ma anche in vere e proprie grandi fabbriche. Per la produzione delle stoffe di lino, inoltre, particolarmente famose Tarso e la Cilicia ed anche l'Italia settentrionale era rinomata per le sue estese coltivazioni di lino, mentre la Spagna (Tarraco) esportava principalmente il lino grezzo, particolarmente adatto per confezionare le vele. Molto più diffusa era la lavorazione dei t. di lana e tutti i paesi dell'Oriente Anteriore vantavano un'antichissima tradizione in questo campo, seguiti da presso da molte altre regioni. L'Asia Minore, soprattutto Mileto, era famosa per la produzione di stoffe di lana e Laodicea in Siria, insieme ad Alessandria, era un importante sede di manifatture tessili. In Italia pregevoli stoffe di lana erano confezionate soprattutto nelle regioni del S e del N dove l'allevamento delle greggi era praticato su vasta scala, mentre in Grecia soltanto Corinto aveva raggiunto una certa fama nella manifattura dei tessuti. I paesi occidentali del mondo antico (Gallia e Spagna) esportavano stoffe di lana più pesanti e ruvide adatte a proteggere dai rigori invernali e dalle intemperie.

Quanto alle altre due fibre tessili, il cotone e la seta, sussistono tuttora numerosi interrogativi: entrambe non sono originarie dell'area del mondo antico mediterraneo e furono conosciute relativamente tardi; in seguito però se ne fece un grande uso. La letteratura antica non ci fornisce alcuna notizia precisa su questi due tipi di t. - certamente a causa della loro origine inusitata- perciò ad esempio non si sa ancora se il βύσσος ricordato tanto frequentemente e che compare abbastanza presto nel mondo antico, sia cotone o meno. Si conobbe la seta solo a partire dall'età ellenistica; le stoffe di seta restarono sempre molto costose ed ebbero una maggiore diffusione solo con la crescente sontuosità delle vesti nella tarda età imperiale romana.

Il primo accenno alla seta è dovuto ad Aristotele (Hist. an., V, 19 [17], II [6]), che in ogni caso doveva avere una idea molto vaga del modo in cui veniva prodotta. Secondo il filosofo si trattava della secrezione di un grande baco con le corna, che durante le sue molteplici metamorfosi produceva il filo di seta. In Grecia la prima a filare la seta sarebbe stata Pamphile, la figlia di Plates, sull'isola di Coo. È improbabile però che si tratti delle vesti trasparenti di Coo, perché queste sono ricordate soltanto all'inizio dell'età imperiale e Plinio è l'ultimo a citarle. Vesti simili dovettero comunque essere fabbricate relativamente presto: sono note già ad Aristofane (Lisistr., 48). Durante l'Ellenismo sono chiamate amorgine o tarantine. Non è possibile stabilire se si tratti o meno di t. di seta. Sappiamo che in Grecia le stoffe di seta importate venivano disfatte e che con il filo di seta così ottenuto si confezionavano nuovi tessuti, probabilmente con un ordito di materiale diverso. Si produceva in tal modo una specie di tessuto misto di seta, che rimase nell'uso durante quasi tutta l'antichità. Infatti il segreto della produzione della seta fu gelosamente custodito dai Cinesi fino a quando, sotto Giustiniano, due monaci riuscirono a contrabbandare in Europa le uova dei bachi da seta. Solo a partire da quel momento poté svilupparsi in Occidente una produzione propria della seta.

Poiché almeno per i primi tempi ogni famiglia provvedeva in modo autonomo alla produzione di gran parte dei t. di cui aveva bisogno (vesti, ecc.), in ogni casa doveva esistere un telaio. Si tratta dunque di un oggetto di uso tanto comune da spiegare perché gli scrittori non vi accennino mai nelle loro opere. Dato poi che i telai erano di legno, non se ne è conservato nessuno.

Possiamo farcene un'idea soltanto da qualche succinta descrizione (ad esempio Ovid., Metam., vi, 53 ss. e 576 ss.; Senec., Epist., 9, 20) e da qualche rara e non troppo esatta raffigurazione (ad esempio un vaso a figure rosse con Penelope e Telemaco, a Chiusi (v. vol. ii, fig. 751) ed una lèkythos a figure nere del Pittore di Amasis, a New York (Metropolitan Museum). Senza attardarci nei particolari, per altro poco chiari, possiamo asserire con una buona dose di certezza che in tutta l'antichità era noto soltanto il telaio verticale, quello del resto fra i telai a mano largamente in uso ancor oggi. (Anche il telaio per i Gobelins è haute-lisse). I telai di tutti i paesi e di ogni epoca si basano sullo stesso principio costruttivo, a prescindere dalle modifiche subite nel corso del tempo in un sito o nell'altro intese a migliorarne il funzionamento. A stare alla testimonianza delle raffigurazioni, in Grecia, e probabilmente anche in altri siti, la tessitura procedeva dall'alto verso il basso (vi si accenna esplicitamente a proposito della veste del Cristo: Evang. di S. Giovanni, 19, 23); gli Egiziani invece, a quanto dice Erodoto (2, 35) iniziavano la trama dal basso; lo attesta anche una scena raffigurata a Deir el-Bahri. Oltre al telaio verticale, Artemidoro (Oneirocr., 3, 36) cita un "altro" telaio al quale le donne tessono stando sedute. Non è detto che debba trattarsi necessariamente di un telaio orizzontale, perché è ovvio che si possa stare seduti anche tessendo ad un telaio verticale; né ci offre maggiori chiarimenti il passo di Eustachio (ad Il., i, 3, 31, p. 31, 8) ricordato in genere a proposito dell'esistenza del telaio orizzontale.

Di precaria durata erano non soltanto i telai, ma gli stessi t. la cui conservazione presuppone particolari condizioni climatiche. Oltre a qualche esiguo frammento nelle tombe egiziane, tessuti di lana e di seta si sono conservati nei tumuli ghiacciati dell'Altai (v. pazyryk), risalenti al V-IV sec. a. C.; recentemente sono stati trovati piccoli frammenti di t. con fili d'oro in una tomba a cassone della fine del IV sec. a. C. a Derveni (v. salonicco). Altrimenti, solo a partire dalla tarda età imperiale si sono conservati frammenti di t. originali, di cui tratteremo più sotto. Le stoffe tessute o lavorate a maglia erano adibite nell'antichità al medesimo uso che se ne fa oggi, a partire dai capi di vestiario fino alle stoffe destinate a rendere la casa più accogliente e a decorare le stanze; spesso si parla, ad esempio di tappeti per i pavimenti, di tendaggi per le porte e per le finestre e per lo meno due volte sono citati preziosi arazzi (Athen., 15, 691 a; Val. Max., ix, i, 5). È naturale che le descrizioni si riferiscano soltanto ad esemplari di grande valore.

2. - Non tratteremo in questa sede della foggia e del tipo delle vesti, argomento che riguarda la storia dell'abbigliamento e del costume. Nel nostro assunto ci limiteremo a ricordare i disegni ed i motivi ornamentali dei t. sulla scorta delle fonti monumentali e dei frammenti di t. originali pervenuti fino a noi. Non è possibile neppure elencare la provenienza e l'origine dei singoli motivi decorativi, ma si può senz'altro affermare che qualsiasi motivo ornamentale, dovunque appaia, è testimoniato anche sui tessuti. Questo non significa necessariamente che l'origine di questi motivi sia da ricercare nell'arte tessile (come si riteneva un tempo); certo però in molti casi la cosa potrebbe rispondere a realtà. A volte i disegni che appaiono sui t. potrebbero essere ricami, ma poiché è quasi impossibile distinguerli nelle raffigurazioni, non ci porremo in questa sede il problema. Un fenomeno singolare è che una volta apparsi nell'arte tessile, questi disegni o motivi perdurano per millennî, ad esempio il motivo a losanghe, uno dei più antichi esempî di motivo lineare, compare nel mosaico parietale di Warka, concepito come arazzo, e continua ad essere ripetuto nei t. fino alle epoche più tarde. Né è vero che i tappeti posti sul pavimento siano stati imitati in pietra, ossia nei mosaici, per la prima volta in età imperiale romana; già in Assiria esistono pavimenti marmorei con motivi decorativi che sembrano tappeti. Le stesse fabbriche di t. sono fortemente ancorate alla tradizione, quanto nessun'altra bottega di artigianato. I loro prodotti sono di facile trasporto e perciò la loro influenza si esercita su vasta scala in contrade sempre più lontane.

Naturalmente nella decorazione dei t. alla tradizione si affianca, cosa troppo spesso dimenticata, la moda, che da quei tempi ai giorni nostri è sempre stata uno dei fattori più importanti. Bisogna anche smantellare il pregiudizio che l'abito per eccellenza del mondo classico fosse unicamente bianco. Esistono innumerevoli esempî atti a testimoniare che in ogni epoca si portavano abiti multicolori, più o meno decorati da motivi figurati od ornamentali. Al più si potrà constatare una maggiore o minore influenza dell'Oriente sui capi d'abbigliamento. Tutti gli innumerevoli scritti, disseminati nella letteratura antica fino all'epoca più tarda, contro le vesti lussuose e di t. dalla decorazione preziosa, tutti i richiami alla semplicità ed al monocromatismo del buon tempo andato, altro non sono che tòpoi retorici ed al tempo stesso- ed è bene che ciò sia chiaro- testimonianze di come in realtà le cose stessero in modo completamente diverso, al punto che possiamo essere ben sicuri che tutte queste esortazioni erano destinate a priori a cadere nel nulla.

Daremo un rapido sguardo alla tradizione monumentale, esaminando in particolare le fonti sui t. con motivi ornamentali o scene figurate.

Fin dalle epoche più antiche l'Egitto era rinomato per i suoi sottilissimi t. di lino, generalmente di colore bianco. Nel caso però di vesti di gala o di sudarî (v. più avanti) si incontrano anche t. tipo Gobelin, lavorati con incredibile perfezione tecnica; si ricordi il frammento della veste di Amenophis II con decorazione a fiori di loto e figure simboliche. A questo tipo di vesti appartengono anche quelle dei rilievi dipinti in pietra calcarea provenienti dalla tomba di Sethos I con la raffigurazione del re e della dea Ḥatḥōr (Parigi, Louvre e Firenze). La dea indossa una veste molto aderente ornata tutt'attorno da strette fasce ornamentali disposte orizzontalmente una sopra l'altra, molto simile a quella più tarda (VII sec. a. C.) della famosa statuetta di bronzo di Takushit (Atene, Museo Naz.) alla quale si sono aggiunte di recente iscrizioni e larghe fasce figurate ad intarsî d'argento. Fra i t. egiziani decorati, le stoffe dipinte formano un gruppo a parte. Compaiono per la prima volta verso la fine del Nuovo Regno e presentano esclusivamente scene figurate di contenuto religioso. Si possono distinguere in due gruppi, che si susseguono nel tempo. Il primo, che è attestato, se pur casualmente, fin dall'inizio del primo millennio, comprende gli esemplari più semplici che presentano esclusivamente scene a mo' di orlo, dipinte con inchiostro rosso o nero sul fondo grezzo del lino (cfr. un esemplare di datazione controversa del museo di Brooklyn). Accanto a questi t. ne esistono di più sontuosi, sempre di lino, con dipinti policromi su fondo giallastro. Il più bell'esemplare, ed al tempo stesso il meglio conservato, di questo tipo si ritrova all'Heckscher Museum di Huntington, Long Island, New York (Inv. n. 59.294). Si tratta di un frammento di stoffa lungo 56 cm su cui è raffigurato un gruppo di sette personaggi raccolti in preghiera di fronte alla dea dalla testa di vacca, Ḥatḥōr. Lo stesso motivo ricompare in numerose varianti anche in altre stoffe, tutte doni votivi rinvenuti nell'area del tempio di Deir el-Baḥrī (v.). Entrambi i tipi di queste stoffe dipinte si continuarono a fabbricare fino all'epoca romana. Quelle che ci sono pervenute sono per lo più sudarî (v. sudario). Gli Egiziani dimostrano un particolare talento nel raffigurare scene in cui compaiono i popoli stranieri, con i quali erano entrati in contatto, rappresentati in tutte le loro caratteristiche salienti: grazie alle lastre di falence della porta del palazzo di Ramesses III (Cairo, museo), sono giunte fino a noi raffigurazioni di Siriani, Libi, Hittiti e Negri nei loro tipici costumi a motivi multicolori che risalgono ad un'epoca in cui nulla di simile si è conservato nei paesi di origine di questi popoli. Appena sulle vesti dei re assiri, Assurnasirpal ed Assurbanipal (rilievi da Ninive e Nimrud) si notano motivi simili, quali rosette e quadrati cui in seguito altri se ne aggiungono: gruppi di animali, scene dell'epopea di Gilgamesh (v.) ed esseri favolosi, tutti motivi dunque già considerati- accanto a molti altri- specificatamente caratteristici dei βαρβάρων ὑϕάσματα, i t. originarî dei paesi barbari, in questo caso l'Oriente. Tipici di questi t. non sono soltanto i singoli motivi ma anche la policromia. Si tratta di manufatti tessili d'ogni genere, non soltanto stoffe per le vesti, ma anche tappeti ed arazzi, rivestimenti per mobili, baldacchini, coperte ecc. Non potremo mai valutare appieno quanto grande sia stata l'influenza esercitata da questi t. in tutto il mondo antico. Naturalmente i motivi venivano leggermente variati a seconda del paese cui i relativi esemplari erano destinati; proprio per l'esistenza di queste varianti ci si può spiegare, ad esempio, come anche artisti greci abbiano a volte creato i disegni per le tessitorie persiane. Non conosciamo in particolare l'organizzazione di queste fabbriche di t.; doveva però senz'altro trattarsi di una grande industria che sopravvisse all'avvicendarsi dei popoli e delle dominazioni, conservando attraverso i secoli la propria tradizione. Basterà anzitutto accennare al baldacchino posto sul trono del re persiano a Persepoli- l'esempio più vicino nel tempo a quelli già citati- ed al fregio di mattonelle smaltate con la serie degli arcieri persiani di Susa (Parigi, Louvre). Fra gli esemplari che risentono dell'influenza della produzione persiana di tappeti ricorderemo l'unico tappeto persiano antico che sia giunto fino a noi, rinvenuto in una tomba a tumulo nella valle di Pazyryk (Altai) assieme a t. di diretta produzione persiana ed a stoffe di seta cinesi, che permettono di datare il complesso al V-IV sec. a. C. (v. altai; pazyryk; tappeto). La diretta dipendenza dai t. dell'Oriente è testimoniata dai motivi usati: grifoni, una sfilata di cavalieri, daini, un motivo quadrilobato ispirato dal motivo a palmette assiro. Il tappeto misura m 1,90 × 2 ed è di lana annodata e rasata (v. vol. i, fig. 390; Rudenko, tavv. 115-116; v. Vol. v, fig. 1219; Grajznowa-Bulgakowa, figg. 58-61). Pazyryk, il luogo di ritrovamento, testimonia l'estensione delle relazioni commerciali e la portata della sfera d'influenza dell'Oriente Anteriore che, attraverso la Scizia, giungono fino in Cina.

(F. v. Lorentz)

3. - Dell'età minoica e di quella micenea (v. minoico-micenea arte) si sono conservati solo pochissimi frammenti di t. sottili e a trama grossa tipo lino, ma privi di disegni, nella V tomba a pozzo di Micene e nella "Chieftain's grave" di Cnosso. Oltre ai resti di queste stoffe sono stati rinvenuti in gran numero pesi da telaio, fusi, spole ed aghi. La raffigurazione assai schematica di un telaio si è tramandata sulle tavolette d'argilla di Haghìa Triada, giacché è un segno della lineare A. Tutti questi rinvenimenti attestano l'esistenza di t., ma le prime notizie per questa epoca di un'arte tessile ad alto livello, ricca di innumerevoli e complicati motivi decorativi, si debbono ai frammenti di stucchi dipinti, databili fra gli anni immediatamente successivi al 1700, ed il 1200 circa, che facevano parte della decorazione dei vani interni dei Palazzi: quelle parti dei fregi in cui sono raffigurati personaggi maschili e femminili, ci consentono di conoscere non solo il tipo di abbigliamento, ma anche i motivi preferiti per adornare le stoffe degli abiti. I resti della decorazione dei soffitti rispecchiano nei loro motivi i rivestimenti in stoffa dei soffitti stessi ed i dipinti dei pavimenti ripetono i motivi con cui erano ornati i tappeti. I disegni delle stoffe al pari dei motivi lineari delle bordure o delle fasce non erano soltanto intessuti, ma con ogni probabilità erano realizzati anche a ricamo e a maglia. Inoltre non bisogna dimenticare le applicazioni in pelle ed in metallo, frequenti soprattutto nelle sontuose cinture.

I motivi che ricorrono nella decorazione delle stoffe sono numerosissimi. I più frequenti sono raggruppati insieme nella nostra pag. 763. A stare a quanto ci mostrano i monumenti conservati, per il rivestimento dei soffitti si prediligeva il tipo di motivo n. 16 ed un disegno ad intreccio di spirali quadrilobate, mentre per i tappeti, le cui imitazioni negli stucchi dipinti dei pavimenti compaiono solo nel mondo miceneo, era di moda un semplice motivo a zig-zag od un reticolato di scaglie ondulate sul tipo del n. 6. Campiture quadrate con questo motivo a scaglie erano alternate a campiture dipinte con motivi figurati- delfini e polipi- o ad imitazione di pietre colorate marezzate, usate anche per il vasellame e per i rivestimenti in alabastro.

Già nei più antichi affreschi minoici che ci sono giunti compaiono i motivi più complicati del patrimonio formale dell'arte tessile, ad esempio, il tipo n. 15 in cui il motivo di fondo, un intreccio di svastiche, è reso spiraliforme. Con il passare del tempo si tende (particolarmente nella età micenea) ad una schematizzazione. Nella prima fase dell'arte micenea (XV-XIV sec. a. C.) si incontrano ancora motivi ingranditi dei tipi n. 2, 5 e 18; più tardi (XIII sec.) compaiono soltanto il semplice motivo a squame, n. 3, ed un reticolato obliquo di linee ondulate. Assurgono però a sempre maggiore importanza i motivi a piccoli disegni sparpagliati, formati da gruppi di linee o di punti.

La stoffa è resa nelle varie tonalità del bianco; numerose le tracce di un azzurro chiaro brillante e di un giallo dorato. La scala dei rossi varia da un rosa delicato ad un rosso bruno scuro. Spesso non è possibile riconoscere una tinta di fondo perché all'interno dei motivi che ornano il t., compaiono uno accanto all'altro, con la medesima frequenza, due colori diversi: si predilige l'alternanza del bianco e del rosso o del blu e del giallo, come nel n. 18. Meno frequenti il grigio ed il nero. Quest'ultimo serve soprattutto a mettere in risalto la struttura del disegno. Il colore verde non è mai usato.

Il motivo decorativo lineare compare sugli orli dei t. e dei tappeti, sulle cinture e le bende per i capelli. Come la stoffa dell'abito così anche la passamaneria è riccamente decorata, lungo le bordure degli abiti, cioè, compaiono tutti i tipi di motivi lineari, mentre alle altre fasce di t. è riservata solo una scelta di alcuni particolari motivi. Generalmente le bordure constano di una banda centrale con il motivo principale, con ai lati una o più bande secondarie. Tipico di queste ultime è il motivo ornamentale "a pettine": una linea da cui si diparte obliquamente una serie di dentelli più o meno larghi. La banda principale è ornata con fasce a zig-zag od ondulate, con spirali correnti ad S, con spirali a C collegate l'una a l'altra, con serie di ganci a forma di S o di dentelli, inoltre con motivi vegetali come rosette, rosette puntiformi, foglie cuoriformi inserite l'una nell'altra, serie di foglie lanceolate, fiori di giglio e di papiro. Meno frequenti i motivi formati da oggetti, come doppie asce o motivi figurati quali grifoni, sfingi o teste di tori.

Per i disegni lineari delle passamanerie si ripete quanto è già stato accennato in merito ai motivi piani delle stoffe; alla fine dell'età micenea si tende alla semplificazione ed il repertorio si limita a pochi tipi.

La decorazione dei t. minoici e micenei non dipende da quella coeva dell'Egitto e dell'Asia Anteriore. L'area egea esporta però in Egitto t. i cui motivi decorativi ricompaiono fra l'altro nei dipinti dei soffitti delle tombe alla fine del Nuovo Regno. (H. Reusch)

4. - I rapporti fra la Grecia e l'Oriente Anteriore erano intensi fin dai tempi più antichi. Basta un rapido sguardo alle fonti monumentali per constatare che in ogni epoca, proprio nell'àmbito dei tessili di ogni genere, è esistito un reciproco scambio fra i due paesi, più o meno intenso. Nel nostro assunto non tratteremo dell'abbigliamento in sé, cioè della foggia dei vestiti, ma piuttosto della loro decorazione e degli altri tipi di t., ad esempio le coperte delle klìnai e le federe dei cuscini. Quanto a questi si può notare infatti una costante diversità fra prodotti greci e prodotti orientali, pur tenendo sempre presente, però, che la Grecia rielabora secondo uno stile proprio elementi originarî dell' Oriente stesso. Naturalmente la principale fonte monumentale per il periodo arcaico e per quello classico è la ceramica, affiancata dalle opere di scultura quando presentino tracce di colore o motivi incisi.

Fin dalle epoche più antiche compaiono, nella decorazione dei vasi, elementi che ricorrono poi identici anche sulle stoffe, ad esempio il patrimonio formale del Geometrico (v.), particolarmente indicato per i tessuti bicromi e colorati. A partire dunque da questo periodo bisogna già pensare ad abiti colorati. Compaiono i primi motivi decorativi, che consistono però soltanto in un semplice disegno a rombi. Non si sa con certezza quanto quest'innovazione si debba alle importazioni dall'Oriente; è fuor di dubbio però che il commercio con l'Oriente è testimoniato fin dallo stesso Geometrico. Ottimi esempî di questo disegno a losanghe su abiti lunghi fino ai piedi sono due anfore tardo-geometriche di New York: in una delle due il disegno compare su un ampio mantello, rifinito da frange e fermato da due borchie, che uno dei personaggi reca sulle spalle (Buschor, Griech. Vasen, fig. 19 ss.).

Nella prima metà del VII sec. a. C. si ha un cambiamento di stile: i vasi e contemporaneamente anche le stoffe presentano più colori. Compaiono motivi nuovi; sugli abiti in particolare animali esotici, esseri favolosi, sfingi e serie di figure, tutti elementi indicati dagli scrittori antichi come tipici dei t. provenienti dai paesi dei "barbari". L'innovazione si spiega facilmente con la coeva fioritura del commercio fenicio; i nuovi motivi concordano perfettamente con quelli noti dai poemi omerici. Notevole soprattutto il fatto che ora per la prima volta nella decorazione dei t. compare anche la figura umana. Uno degli esempî più antichi è sicuramente un frammento di rilievo fittile di Napoli (A. Levi, Terrec. Figur., fig. 130) nel quale sull'abito di un personaggio femminile è raffigurato oltre ad una serie di figure in marcia, anche Aiace con il cadavere di Achille (cfr. figura a pag. 764). L'abbigliamento delle donne che compaiono in processione su un pìthos a rilievo beota di Boston (Harnpe, Sagenbilder, tav. 37) ricorda da presso il peplo "tessuto dalle donne sidonie" offerto da Ecuba in Iliade, vi, 286 ss. Qui veramente i disegni che decorano il t. consistono esclusivamente in varî tipi di rosette. Circa alla stessa epoca appartiene l'anfora beotica di Atene, Museo Naz. n. 5893, con la πότνια ϑηρῶν che indossa un abito a righe orizzontali sul davanti, con l'orlo inferiore decorato da un grosso pesce.

Nella successiva fase stilistica, il periodo dedalico, gli abiti continuano ad essere colorati; lo testimoniano per la prima volta- accanto alle raffigurazioni vascolari- la grande plastica e le grandi opere pittoriche.

Sulle vesti della statuetta di Auxerre (vol. i, fig. 1169) si notano ancora i segni graffiti di un grande disegno a quadri che forma un'ampia striscia centrale sul davanti della figura. Più simili a rosette e a elementi della decorazione orientale, i motivi della veste di una statua seduta dell'acropoli di Gortina (Iraklion, museo). Esempî della grande pittura di quest'epoca sono le metope fittili di Thermos (v.) soprattutto quella con le tre Canti, le cui vesti sono letteralmente ricoperte da disegni, tutti a noi già noti come tipici del repertorio dell'arte tessile: meandri, zone a rosette, il "cane corrente", animali fantastici racchiusi in cornici quadrate. Una novità sembra essere l'accentuato risalto dato alle vesti all'altezza del petto con una serie di grandi palmette, una moda che però è di breve durata e ricompare appena nei vasi a figure rosse più tardi. L'uso di motivi decorativi che ricoprono l'intero abito è indicativo solo fino ad un certo punto sotto il profilo dell'influsso esercitato dalla pittura sull'arte tessile perché gli stessi motivi sono sempre comparsi anche sulle stoffe. Mentre in questo periodo sono sparsi a profusione sugli abiti, nelle epoche successive vanno man mano scomparendo fino a cessare del tutto.

È da notarsi che come ad Atene nella prima metà del VI sec. a. C. questi motivi ornamentali scompaiono, soprattutto nei vasi di Sophilos in cui sembra si possano ravvisare i primi esempî di una nuova moda che a poco a poco rinunzia sempre di più alla decorazione figurata ed ornamentale, per giungere a quello che generalmente è considerato il tipico abbigliamento classico dei Greci, ma che in realtà rappresenta solo una breve parentesi nel corso della storia del costume greco. A dire il vero sia Sophilos (v.) che il suo giovane contemporaneo Kleitias (v.) sono ancora legati al tipo di abiti decorati con scene figurate (frammenti di un cratere con il corteo nuziale di Peleo). Nei dipinti di entrambi, le vesti adorne di fasce orizzontali a motivi figurati e decorativi sono in parte ricoperte da manti a tinta unita gettati sulle spalle. Ma sul vaso François (Firenze), Kleitias ha dipinto le vesti delle Horai, delle Moire e di Urania senza coprirle di manti monocromi (v. più avanti fig. 891).

Nel frattempo nelle isole e a Corinto restano di moda i numerosi e svariati motivi decorativi che ricoprono l'intero abito; particolarmente sui vasi cicladici (v.) compaiono stoffe ricche di disegni. Non di rado i vasi di Fikellura sono completamente ricoperti di un motivo a rombi. La progressiva diminuzionei dei motivi di riempimento testimonia chiaramente la parallela scomparsa del senso di horror vacui; a questo stesso fenomeno si ricollega con ogni probabilità il fatto che cadano in disuso gli abiti troppo carichi di motivi ornamentali.

Verso la metà del VI sec. a. C. Exekias (v.) incide con grande accuratezza i motivi decorativi sui mantelli dei suoi eroi che giocano a scacchi e sulla veste di Leda sul lato opposto dell'anfora del Vaticano: un altro bell'esempio dell'influenza dei t. variopinti orientali sull'arte greca (vol. i, fig. 249).

Il grande cambiamento di stile del 530-25, che nella pittura vascolare è riecheggiato dal profondo mutamento segnato dal passaggio alla tecnica a figure rosse, non passa inavvertito neppure nella produzione tessile. Le sontuose vesti dell'età dei Pisistratidi, riccamente decorate ed eseguite in t. chiaramente pesanti scompaiono e vengono sostituite da abiti leggeri, che ricadono in panneggi dalle pieghe sottili, resi ancora più vaporosi nella nuova tecnica pittorica. Probabilmente dipende anche dalla leggerezza delle nuove stoffe la progressiva sostituzione delle ampie fasce a motivi decorativi e figurati, che spesso si allargavano a formare vere e proprie "scene", con un repertorio di disegni più piccoli, più fini: si preferiscono motivi disseminati qua e là su ampi tratti di stoffa mentre le fasce a decorazione figurata si fanno più sottili e diventano sempre più rare. Va però tenuto presente che del patrimonio formale precedentemente acquisito nulla va perduto: malgrado la mutata situazione politica- il fenomeno va riferito anche all'epoca delle guerre persiane e dei decennî successivi- tutto ciò che era già stato assimilato, dall'arte greca per influenza dell'arte tessile orientale, permane inalterato nelle epoche successive.

Il peplo, che entra ora a far parte dei principali capi di abbigliamento greci, è sempre quasi del tutto privo di elementi ornamentali. L'unico motivo decorativo che vi compare di tanto in tanto consta di sottili fasce lungo i bordi. È indicativo che nel momento stesso in cui il peplo comincia a passare di moda, tornino in voga i t. riccamente decorati e ben presto quelli addirittura sovraccarichi di motivi ornamentali.

Alcuni esempî possono testimoniare la continuità dell'uso di stoffe ricamate nei cento anni immediatamente successivi al 525 a. C. Il Pittore di Andokides (v.) è ancora saldamente aticorato alla tradizione delle vesti sontuose ma decorate esclusivamente di motivi ornamentali (anfore di Monaco 2301 e di Parigi, Louvre F 204). Invece Oltos (v.) dipinge ancora vesti decorate da motivi figurati: la pantera (kỳhx di Casde Ashby) ed il corteo dei cavalieri sulla coperta di una klìne (kỳlix di Monaco 2618), mentre generalmente, sia per le coperte delle klìnai che per i cuscini delle sedie, è preferito il motivo a rombi. In ogni caso, nonostante la loro palese scomparsa dai t. di uso comune, questi motivi continuano a comparire sugli abiti festivi e quelli cultuali delle divinità, che sembrano maggiormente legati alla tradizione. E proprio grazie a questi capi di abbigliamento che il ricco patrimonio decorativo dei t. riesce a sopravvivere alla moda degli abiti a tinta unita, per trionfare nuovamente in tutto il suo splendore alla fine del V sec. a. C., sia pure per un breve periodo di tempo: cfr. Demetra su un'oinochòe del Pittore di Eucharides (Londra, E 279) e- con una veste dalla ricca decorazione figurata- su uno skỳphos di Makron (Londra, E 140). Per la verità questa decorazione figurata è assai modesta, ma la sua sopravvivenza è indicativa perché dimostra come l'abbigliamento, tanto rigorosamente privo di ornamenti dell'epoca dello stile severo e dell'età di Pericle, non sia dovuto a tendenze nazionalistiche, di dichiarata opposizione all'Oriente, bensì unicamente ad un cambiamento di moda. La nostra asserzione è confortata proprio da questa sopravvivenza, sia pure in misura modesta, della decorazione, che si può seguire per lo più su prodotti di un filone secondario (Polinice sulla pelike del Pittore di Chicago a Lecce e la famosa tela di Penelope tesa sul telaio sul menzionato skỳphos di Chiusi). È sicuramente parte dell'abbigliamento festivo della divinità il manto che Hera indossa su una kỳlix a fondo bianco del Pittore di Sabouroff a Monaco. Questo manto, reso in maniera un po' confusa, è decorato lungo i bordi con strisce ornamentali ed al centro da una fascia a palmette che lo attraversa diagonalmente. Forse anche la decorazione ornamentale e figurata dello Zeus di Fidia ad Olimpia- che però è leggermente più tardo- era dello stesso tipo. Nonostante il declino, chiaramente riscontrabile, dei t. riccamente decorati alla metà del V sec. a. C., è proprio da questa epoca che prende le prime mosse quel lento sviluppo che porterà al tipo di abbigliamento sontuoso predominante negli anni immediatamente precedenti ed in quelli immediatamente successivi al 400 a. C. Così la decorazione dei bordi della veste di una delle "danzatrici Ercolanesi" a Napoli (Ruesch 846), una specie di motivo a zig-zag, ed il motivo "a pettine" (κτενωτόν) del vaso dei Giganti da Milo al Louvre, si collocano su una medesima linea di svolgimento, i cui punti intermedi sono segnati dal cratere del Pittore dei Niobidi con Amazzonomachia a Napoli e dallo stàmnos del Pittore del Deinos di Berlino con la festa di Dioniso, sempre a Napoli, che è coevo al frontone del Partenone.

Verso la fine dei V sec. si riversa sulla Grecia una nuova ondata di influenze delle tessitorie orientali. Siamo alla epoca in cui compare per la prima volta la denominazione di "βαρβάρων ύϕάματα" Ora però si è pienamente consapevoli di questa influenza, consapevolezza che non verrà mai meno fino alla tarda antichità. Quello che si afferma in questo momento è uno stile fastoso orientale, ma già fortemente ellenizzato. I singoli elementi di cui è composto sono tratti in gran parte dall'antico patrimonio formale dell'arte tessile, ma il carattere dell'insieme è completamente diverso da quello degli sfarzosi abiti arcaici. Non si può neppure parlare di un fenomeno di arcaismo giacché non si tende affatto a richiamare la produzione antica in alcuna manifestazione esteriore. Anche per questo nuovo stile una delle fonti principali sono le rappresentazioni vascolari, alle quali si affianca ora un'altra produzione artistica, non testimoniata nelle epoche precedenti ed alla quale si attaglia in misura decisamente maggiore la denominazione di βαρβάρων ύϕάσματα: i mosaici pavimentali a ciottoli, che ora compaiono in tutto l'ambito del mondo di cultura greca, numerosissimi ad Olinto, distrutta nel 348 a. C. Nonostante la loro vasta diffusione, lo stile di questi mosaici in un primo tempo è unitario; risalgono dunque con ogni probabilità ad una fonte comune. In questi mosaici, che hanno preso il posto dei tappeti, compaiono gli stessi motivi ornamentali e figurati dei fastosi t. delle raffigurazioni vascolari. Esiste dunque fra le due produzioni una stretta connessione le cui ragioni vanno ricercate nel rinnovato influsso delle industrie tessili orientali. D'altra parte i ricchi mosaici a ciottoli scoperti a Pella (v.) ci mostrano come rapidamente essi si svincolassero dalla imitazione dei t. per gareggiare con la pittura.

Gli esempî più ricchi di un nuovo stile pomposo per gli abiti sono il vaso di Talos a Ruvo (v. fig. 700), il cratere con Gigantomachia del Louvre, il cratere di Andromeda a Berlino, il vaso con scena di dramma satiresco di Napoli ed un vaso del castello di Fasanerie (v. vol. ii, p. 450, fig. 631) con Cecrope ravvolto in una veste, su cui è ricamata una nereide, che gli ricopre l'intero corpo. Spesso, invocando la testimonianza del vaso con dramma satiresco, questo tipo di abbigliamento è stato definito "da scena", ma a torto, perché solo nel caso dell'esemplare di Napoli- e di pochi altri chiaramente riconoscibili come tali si tratta di scene di teatro. Per l'abbigliamento degli attori tragici Eschilo deve essersi attenuto alla tradizione. Noi non sappiamo in che consistesse questo abbigliamento ai tempi del grande tragico, ma era sicuramente diverso da quello che appare sui vasi citati. La moda testimoniata da questi ultimi dura esclusivamente per quasi tutto il primo venticinquennio del IV sec.; subito dopo gli abiti- e con essi i costumi degli attori- tornano alle stoffe a tinta unita e prive di disegui. Con la decadenza e la scomparsa della pittura vascolare perdiamo la maggior fonte monumentale sui t. e solo sulla base di singoli pezzi, isolati e di disparata provenienza, come ad esempio la veste della Despoina di Lykosoura, (vol. ii, fig. 1255) ci è dato di constatare che lo stile a motivi figurati dei "tessuti barbari" continua anche in seguito ad esercitare la sua influenza. A stare alla testimonianza delle rare fonti letterarie sembra che la preziosità degli abiti sia ora soprattutto nella qualità della stoffa (v. anche sybaris, 2°).

5. - Principalmente sulla scorta degli affreschi è possibile tracciare una rapida panoramica dell'arte tessile italica. Generalmente nelle pitture tombali compaiono abiti a tinta unita, al più con i bordi ornati di passamanerie di colore diverso, spesso a piccoli disegni. Circa al medesimo periodo in cui inizia in Grecia la pittura a figure rosse, risale la figura di un giovane servo della Tomba del Barone a Tarquinia, che indossa un abito completamente ricoperto di motivi decorativi, assai simile alla veste di un personaggio femminile della Tomba del Triclinio della fine dell'epoca arcaica. La stoffa leggera, trasparente, con ornamenti minuti di punti o crocette si trova riprodotta anche nella Tomba del Padiglione di Caccia di recente scoperta a Tarquinia (v. pittura; tappeto). Circa coeva a quest'uitilna (e sempre a Tarquinia) è la coperta di una klìne della Tomba della Pulcella con fasce a meandro e con un motivo a scacchiera; nella stessa tomba compaiono abiti riccamente decorati. Nel periodo successivo si preferiscono, come in Grecia, stoffe prive di disegni. Poi, verso la fine del V sec., la moda cambia, i t. si fanno più ricchi, compare con particolare frequenza il motivo a pettine nel momento stesso in cui appare in Grecia, anche se in forme meno complicate (Tomba Golini a Orvieto e Tomba dell'Orco a Tarquinia). Nella Tomba François (da Vulci, a Villa Albani Collezione Torlonia, Roma) del periodo immediatamente successivo alla metà del IV sec. a. C., si incontrano i fregi con animali e con lotte di animali, che risalgono ai "tessuti barbari", disposti ad incorniciare le scene principali. I lunghi e slanciati guerrieri ivi dipinti sulla veste del personaggio Vel Saties non possono essere altro che ricami. La coperta della klìne nella Tomba degli Scudi (Tarquinia), che rispetto a quella della Tomba della Pulcella si è arricchita solo di alcuni motivi, dimostra quanto a lungo duri un tipo di decorazione una volta trovato. Forse l'ultimo esempio di motivo a pettine si incontra in un affresco con scene di toletta proveniente da una tomba di Cuma, ora a Napoli. È un esempio di particolare importanza perché si tratta di una scena della vita di ogni giorno ed in nessun caso gli abiti possono essere considerati costumi teatrali.

Accenneremo infine ad una cista prenestina (Berlino Dahlem, già Musei di Stato), un esemplare che non ha confronti sia per il tema della rappresentazione che per l'abito del generale latino vittorioso, raffigurato mentre compie il sacrificio. Questi indossa brache attillate di un t. che presenta un singolare disegno, per quanto ci consti, non documentato altrove. L'incisione rimane dubbia.

Come in Grecia anche in Italia le fonti monumentali sui t. si diradano con l'inizio dell'ellenismo.

6. - Nell'età imperiale romana gli esempî dell'influenza dei motivi decorativi dei t. sono a tal punto numerosi che è impossibile ricordarli tutti. In ogni manifestazione di arte decorativa fra i motivi figurati sono particolarmente preferiti i girali d'acanto con al centro esseri viventi, siano essi uomini, aminali o esseri favolosi. È un motivo che si ritrova dappertutto: negli affreschi, negli stucchi, sulle lastre Campana, nei fregi architettonici, sugli altari funerarî e su oggetti di oreficeria.

Proprio grazie agli stucchi trovati a Roma, questo motivo ricompare in tutta la sua vitalità durante il Rinascimento italiano per entrare poi a far parte del patrimonio decorativo di tutti i paesi europei. Sembra invece che piacciano meno i fregi con animali e i gruppi di animali in lotta. Il cosiddetto III stile della pittura ad affresco romana merita un cenno particolare (v. pompeiani, stili). Si tratta di uno stile puramente ornamentale, dal momento che con estrema logicità tende a sopprimere ogni illusione spaziale. Il più noto ed il migliore esempio, malgrado appartenga già all'ultima fase di questo stile, è una parete della Casa di M. Lucrezio Frontone a Pompei. Tipiche per questa decorazione le stoffe figurate, tese fra le esili architetture, che coincidono con quanto ci è documentato dalla descrizione della tenda di Tolemeo Filadelfo (Athen., 5, p. 196 a-197 c). V. anche tappeto.

Stoffe figurate, probabilmente anche di seta, sono riprodotte sovente sui sarcofagi attici del II e III sec. d. C., sia sui materassi della cline, sia sulle coperte pendenti tra le gambe del letto (sarcofago di S. Lorenzo, Roma).

Un ricco repertorio di questi motivi figurati ed ornamentali ripresi dai t. ci è fornito in tutto l'ambito dell'Impero Romano dai mosaici, ormai veri e proprî tappeti di pietra, assai frequenti nell'Africa settentrionale e ad Antiochia dove sono testimoniati ininterrottamente fino alla conquista araba. I mosaici antiocheni riprendono al tempo stesso la più antica tematica orientale, attestando in tal modo l'accresciuta influenza del regno sassanide, che in arte si richiama volutamente all'antica produzione indigena (v. vol. iv, tav. a colori p. 208). Un bell'esempio dell'interdipendenza fra mosaici e t. si incontra in Roma stessa: la decorazione parietale in opus sectile della basilica di Giunio Basso che nel suo complesso ci è nota solo da un disegno di Giuliano da San Gallo del 1485 circa. Pendono dalle pareti tendaggi su cui sono ricamate figure: Ila e le Ninfe, fregi con motivi egiziani (v. vol. iv, tav. a colori p. 102). È una ripresa di quanto già si trovava nel III stile pompeiano. Di poco posteriori sono i mosaici dei soffitti di Santa Costanza a Roma, disseminati di disegni che derivano senz'altro dai t. (v. vol. v, tav. a colori p. 234). Nel V sec. d. C. l'influenza dell'arte tessile ricompare nei mosaici delle vòlte e nelle lunette ornamentali e simboliche della tomba di Galla Placidia a Ravenna. L'ultimo ed al tempo stesso il più tardo esempio di raffigurazioni di t. preziosi che ricorderemo è il mosaico di Teodora in San Vitale a Ravenna. Lungo l'orlo inferiore del manto di porpora dell'imperatrice è ricamato ancora una volta un motivo figurato: i Magi sapienti dell'Oriente. Le dame che accompagnano l'imperatrice indossano abiti preziosi, alcuni di stoffa dorata, altri ricoperti di motivi intessuti.

Altra fonte di conoscenza dei t. tardo-antichi sono i dittici (v. dittico; avorio).

7. - Oltre ai ritrovamenti di t. originali avvenuti in casi isolati negli scavi delle regioni del Mar Nero e dell'Asia Centrale (v. altai; pazyrik; tappeto) e al già menzionato trovamento di frammenti di sottile stoffa di lino intessuta a fili d'oro, con motivi a fogliame, avvenuto in una tomba della fine del IV sec. a. C. a Derveni (Salonicco), la più ampia documentazione di stoffe tessute e ricamate, di lana e di seta, databili attorno all'inizio dell'èra volgare, proviene dalla spedizione Kozlov nel bacino del fiume Slenga nella Mongolia settentrionale (Noin-Ula, a S del lago Baikal). Le tombe ivi esplorate fra tre gruppi di sepolture comprendenti in totale oltre 200 tumuli, erano costituite di regola da due camere di circa m 5,50 × 4, costruite in tronchi d'albero. Le camere sepolcrali erano ricoperte, nelle pareti e nel soffitto, di stoffe e sul pavimento erano stesi tappeti; ma anche oggetti di vestiario erano conservati nelle tombe e nel corridoio di accesso. Come nelle tombe dell'Altai, si hanno importazioni dalla Cina (qui di epoca Han) e dall'occidente (probabilmente dalla Battriana e l'Iran).

Numerosi frammenti di t. di età romana, in lana e in seta, si sono rinvenuti in Siria (Dura, Palmira); ma la grande massa delle stoffe antiche proviene dall'Egitto (Antinoe, Akhmin) e appartiene ai secoli dalla metà del III al VI d. C. In gran parte degli altri casi non è possibile datare con esattezza i singoli ritrovamenti; esistono però alcuni punti fissi di riferimento. Dura fu conquistata dai Sassanidi nel 256, Palmira fu abbandonata nel 273. I frammenti di stoffe conservati in Egitto si distribuiscono lungo un tempo che va dalla fine circa del II sec. d. C. alla conquista araba. Una tenda, trovata nella tomba di un Aurelius Colluthus ad Antinoe viene probabilmente, ma non sicuramente, datata dai papiri trovati insieme, che furono redatti negli anni 454-456 d. C. Si tratta principalmente di stoffe di lana, accompagnate quasi sempre anche da t. di seta. Accanto a disegni ornamentali compaiono composizioni figurate, alcune volte corredate da iscrizioni. Sono frequenti le scene di caccia ed i temi mitologici. La tematica cristiana si trova sulle stoffe copte (v. copta, arte) solo a partire dalla seconda metà del V sec. e per lungo tempo continua ad essere accoppiata, come nei mosaici, a scene del repertorio pagano. I frammenti di t. conservatisi appartengono a capi d'abbigliamento, rivestimenti di cassette, coperte da letto ed alcuni di quelli più grossi, a tende ed arazzi. Non è stato possibile fino a questo momento localizzare i luoghi di produzione dei t. nonostante i numerosi tentativi condotti sulla base non solo delle particolarità stilistiche, ma soprattutto delle caratteristiche tecniche (trama, materiale, colori). Poiché le stoffe sono una merce di facile trasporto, sussiste sempre la possibilità che il luogo di ritrovamento sia lontano da quello di produzione. Nella tarda età imperiale esiste anche una specie di "stile fiorito", che rende ancora più difficile una localizzazione dei siti di produzione. Sui tessitori poi non sappiamo assolutamente nulla, a meno che non si vogliano considerare quali firme di maestri le iscrizioni- in ogni caso tarde- di un Zaccaria o di un Giuseppe. Sicuramente dovettero esistere alcuni grossi centri con manifatture tessili. È recente il tentativo di spiegare come marchio di fabbrica l'iscrizione mutila che compare su una stoffa del Museum of Textiles a Washington (fig. 888).

L'ipotesi, già di per sé improbabile, è risultata completamente falsa dal momento che integrando l'iscrizione, assai mutila e disposta su due righe, in "Herakleias", sarebbe risultato che essa andava letta dal basso in alto. Herakleia sarebbe stata l'antica Perinto (v.) che cambiò nome al tempo di Diocleziano. Grandi manifatture di t. sono spesso le botteghe di età imperiale dette γυναικεῖα, alcune delle quali sono citate nella Notitia dignitatum. È impossibile dire di più sulla scorta di esemplari isolati.

8. Ricorderemo infine alcune delle principali fonti letterarie sui t. nell'antichità. Va esaminata in primo luogo la denominazione di βαρβάρων ύϕάσματα che in tutto il mondo antico è sempre servita ad indicare tutto ciò che aveva a che fare con t. a motivi figurati e con ricca decorazione. La denominazione stessa induce a concludere che questo tipo di stoffe è originario dell'Oriente o che per lo meno si indichino con questo nome i t. fabbricati in Oriente. Il termine compare per la prima volta verso la fine del V sec. a. C., in un'epoca dunque in cui le fonti monumentali ci permettono di constatare quanto l'abbigliamento greco sia ricco di ornamenti (Eurip., Ion, 1141-1162; Xenoph., Anab., vii, 3, 18; cfr. anche Aristoph., Ran., 937 s.). Ma t. di questo tipo sono noti e fabbricati già in tempi molto più antichi: Omero descrive Elena che tesse una grande tela raffigurandovi le lotte fra Greci e Troiani (Il., iii, 125) ed Andromaca che tesse invece motivi vegetali (Il., xxii, 441). In sostanza dunque già in quest'epoca così antica è possibile trovare tutto ciò che più tardi è considerato tipico dei t. orientali. Naturalmente sono soltanto t. particolarmente preziosi quelli che vengono ricordati e minuziosamente descritti come vere meraviglie nelle opere letterarie. Il padiglione eretto da Ione (Eurip., Ion, loc. cit.) si richiama espressamente alla famosa tenda di Serse caduta nelle mani dei Greci dopo la battaglia di Platea (Herod., ix, 82), che a sua volta con il suo fastoso arredo sarebbe servita da modello allo odèion di Pericle (Plut., Pericl., 13, 9; Paus., i, 20, 4). In tutta la letteratura antica si incontrano descrizioni di t. preziosi che attestano l'esistenza di stoffe con scene mitologiche, storiche e simboliche, tutti motivi che sono parte integrante del patrimonio formale dei "tessuti barbari" insieme agli esseri favolosi soprattutto teriomorfi- alle scene di lotta fra animali e a quelle di caccia, sempre di moda. Dobbiamo ad Ovidio una descrizione particolarmente viva della creazione di uno di questi tappeti con scene mitologiche (Ovid., Metam., 6,70-128) quando racconta della lotta fra Atena ed Aracne.

Per quel che concerne l'abbigliamento possiamo constatare che con il passar del tempo le vesti si fanno sempre più fastose. Per soddisfare il bisogno di lusso nessuno dei materiali preziosi sembra troppo caro; è letteralmente incredibile lo spreco di denaro. Si prendono di continuo provvedimenti, sempre privi di efficacia. Si pensi ad esempio alle cosiddette stoffe "attaliche", a stoffe cioè intessute d'oro (Plin., Nat. hist., viii, 96; xxxiii, 63). Anche esse vengono dall'Oriente, sono già ricordate nell'Antico Testamento (Esodo, 28, 5-8; 39, 2-8) e servivano per confezionare gli abiti del re di Persia (Curt. Ruf., 3, 3, 18); diffuse ben presto in Grecia, assursero in Roma ad un fasto senza pari perché l'intero tessuto era realizzato esclusivamente in oro (Plin., Nat. hist., xxxiii, 62-63; Sueton., Calig., 19; Lamprid., Elag., 23). Lo stesso dicasi per i t. di seta: dapprima esclusivamente misti, passano poi gradualmente ad essere realizzati in pura seta; è ancora una volta Elagabalo il primo ad indossare un abito di seta pura (Lamprid., Elag., 26) la cui materia prima naturalmente dovette essere importata a prezzo astronomico dalla Cina. Più tardi Giustiniano, venuto a conoscenza del segreto della produzione della seta, riservò al monopolio imperiale sia la sua fabbricazione che il relativo commercio (Procop., Histor. arc., 25).

(† F. v. Lorentz*)

Bibl.: (generale): H. Blümner, Technologie und Terminologie der Griechen und Römer, Lipsia-Berlino 1912; E. Buschor, Beiträge zur Geschichte der griechischen Textilkunst und der orientalische Import, Monaco 1912. Sulla tecnica della tessitura: B. Kurth, Die deutschen Bildteppiche des Mittelalters, Vienna 1926. Sacelli di Catal. Hüyük: J. Mellaart, Earliest of Neolithic Cities: the third Season of Excavations at Anatolian Chatal Huyuk, parte I e II, in The Illustrated London News, i e 8 febbraio 1964, pp. 158 ss.; 194 ss. Egitto faraonico: stoffa del Brooklyn Museum (Coll. of the New York Historical Society), n. 37. 1820 E (inedita). Stoffa di Huntington: R. de Rustafjaell, The Light of Egypt, Londra 1909, p. 46 ss., tav. 25. Motivi assiri e babilonesi: W. Reimpell, Geschichte der babylonischen und assyrischen Kleidung, Berlino 1921. Trovamenti dell'Altai: S. I. Rudenko, I trovamenti dell'antico Altai e gli Sciti (in russo), Leningrado 1952; id., Culture delle popolazioni dei monti dell'Altai nel periodo scita (in russo), Mosca 1953; M. Griaznowa-A. Bulgakowa, L'antica arte dell'Altai (in russo), Mosca 1953; M. Griaznowa-A. Bulgakowa, L'antica arte dell'Altai (in russo), Leningrado 1958. Motivi minoico-micenei: A. Evans, The Palace of Minos, Londra 1921-1935, I, pp. 546-550; II, i, p. 206 s.; II, 2, pp. 725; 730-734; III, pp. 37-41; IV, i, pp. 178-192; D. Levi, L'archivio di cretule di Festos, in Ann. Sc. Arch. It. Atene, XXXV-XXXVI, 1957-8, p. 7 ss.; F. Matz, Die frühkretischen Siegel. Eine Untersuchung über das Werden des minoischen Stiles, Berlino-Lipsia 1928, pp. 149-153; 170-185; H. Reusch, Die kretisch-mykenische Textilornamentik, Diss., Berlino 1945 (senza illustrazioni); G. Rodenwaldt, Tiryns. Die Ergebnisse der Ausgrabungen des Instituts, II, Die Fresken des Palastes, Atene 1912, pp. 57; 73-80; 95 ss.; 161; 174; 219-221; 226-234; id., in Arch. Anz., XXVII, 1912, pp. 144 ss.; id., in Jahrbuch, XXXIV, 1919, pp. 98-106; id., in Arch. Anz., XXXVII, 1920, p. 13 ss.; ibid., XXXVIII-IX, 1923-24, pp. 268-276.

Motivi greci: A. Kloss, Gewandornamentik auf griech. Vasenbildern des orientalisierenden und schwarzfigurigen Stils, in Mitt. Deutsch. Archaol. Inst., V, 1952, p. 80 ss.; F. v. Lorentz, Βαρβάρων ὑϕασματα, in Röm. Mitt., LII, 1937, p. 165 ss. Mosaici di Antiochia: D. Levi, Antioch Mosaic Pavements, Princeton 1947. Trovamenti di Kozlov: W. P. Yetts, Discoveries of the Kozlov expedition in Northern Mongolia, in Burlington Magaz., 1920 (aprile); G. Boroffka, Wanderungen eines archaisch-griechischen Motivs über Skythien u. Baktrien nach Alt-China, in 25 Jahre Röm.-Germ. Kommission, Berlino-Lipsia 1929, p. 52 ss.; id., Griechische Stickereien aus d. Mongolei, in Die Antike, III, 1927, p. 64 ss.; C. Trever, Excavations in Northern Mongolia 1924-25, Leningrado 1932. Stoffe da Dura e Palmira: R. Pfister, Textiles of Palmyra, Parigi 1934-40; id. - L. Bellinger, The Textiles. Dura-Europos, Final Report, IV, pat. II, New Haven 1945. Stoffe dall'Egitto: J. Capart, in Rec. Mon. Egypte, II, 1905, tav. C; M. Dimand, Die Ornamentik d. ägyptische Wollwirkereien; Lipsia 1924; id., Classifications of Coptic Textiles, Brooklyn Museum, 1944, p. 55 ss.; Koptische Kunst, Catal. Mostra Copta, Villa Hügel, 1963; K. Wessel, Koptische Kunst, Recklinghausen 1963; P. de Bourquet, Musée Nat. du Louvre, Catalogue des étoffes coptes, I, Parigi 1964. Periodo tardo-antico: A. Alföldi, Theaterkönig und Gewaltherrscher, in Late Class. and Mediaev. Stud. A. M. Friend, Princeton 1955. A. Gejer, E. B. Thomas, The Viminacium Gold Tapestry, in Meddel. Lunds Univ. Historika Museum, 1964-65, p. 223 ss.

(H. Reusch - F. v. Lorentz)