Colore, termini di

Enciclopedia dell'Italiano (2010)

colore, termini di

Rita Fresu

Definizione

I termini di colore (detti anche cromonimi) rivestono un ruolo fondamentale per la percezione e per la rappresentazione simbolica (anche emotiva) della realtà. Fino agli anni Sessanta del Novecento lo studio del campo semantico dei colori fu dominato dal relativismo etnolinguistico. La ricerca di Berlin & Kay (1969) – rivoluzionaria malgrado le critiche e le parziali revisioni – dimostrò l’universalità della categorizzazione dei colori. Secondo la tesi che essa sosteneva (un aggiornamento in MacLaury 1999), ogni lingua presenta un insieme, in numero variabile tra 2 e 11, di categorie percettive fondamentali, che servono come referenti di termini di colore basici e che sono codificate in un ordine diacronico parzialmente fisso (sequenza che si rifletterebbe anche nelle fasi dell’apprendimento linguistico): bianco, nero, rosso, verde e giallo (nella stessa posizione evolutiva e interscambiabili), azzurro / blu, marrone, viola / porpora, rosa, arancione, grigio (quest’ultimo può apparire a differenti stati della sequenza evolutiva: Berlin & Kay 1969: 45; cfr. anche Grossmann 1988: 8-27). Pertanto si suppone che tutte le lingue siano dotate di vocaboli per designare i colori basici.

Oltre ai vocaboli basici, della terminologia cromatica fanno però parte una varietà di altre forme: forme che denotano tonalità specifiche (bordò, granata, scarlatto per rosso), parole composte che designano una sfumatura (grigio topo, rosa antico, bianco sporco, anche con due termini di colore base, del tipo grigioverde: Elwert 1989: 538 e 548), parole derivate indicanti il risultato di un processo (annerito, imbiancato, verdeggiante), parole alterate (mediante suffissi) che spesso implicano un giudizio di valore (azzurrino, biancastro, gialliccio, verdognolo, violaceo: Elwert 1989: 545-548). Spiccano in questa serie i termini derivanti dalla denominazione della materia che ne è caratterizzata e il cui colore è noto (Grossmann 1988: 35-37 e 63-73; Elwert 1989: 537-538 e 545): si tratta per lo più di nomi di minerali e metalli (argento, bronzo, cobalto, oro, rame), di pietre (ambra, corallo, giada, perla, turchese), fiori (ciclamino, lilla, pervinca), di ortaggi o frutta (castagna, melanzana, nocciola, oliva, prugna), di prodotti alimentari (biscotto, cannella, crema, latte, panna, senape), di sostanze legate al mondo vegetale e animale (avana, ebano, tabacco; cammello, salmone, tortora).

Usi simbolici e figurati

Oltre a designare colori, i cromonimi si specializzano semanticamente in domini specifici della lingua e della cultura (Elwert 1989: 538 e 542), assumendo di frequente un uso figurato. Essi costituiscono elementi formativi di polirematiche, modi di dire, proverbi in cui orientano il significato, veicolando simbologie ancestrali che spesso si mantengono nella lingua attuale (cfr. Fresu 2006).

In molte culture nero, bianco e rosso rappresentano i colori primari, nella cui organizzazione ternaria si sono strutturati tutti i sistemi simbolici (Pastoureau 1989: 22), nonché l’elaborazione materiale e artistica (Brusatin 1999: 5). I primi due codificano simbolicamente la dualità del sistema visuale (oscurità / notte e luce / giorno) in una opposizione che rappresenta una sorta di universale antropologico e linguistico (cfr. la bibliografia in Fresu 2006: 163, nota 52).

La connotazione negativa di nero si riflette in espressioni allusive alla sfera dell’illegalità (borsa nera, lavoro nero, mercato nero, toto nero), della sventura e del pessimismo (giornata nera, umore nero, vedere nero), della crudeltà e dell’orrore (anima nera, leggenda nera, uomo nero), fino alla sciagura e alla morte (cronaca nera, fine settimana nero), oppure in ➔ polirematiche parole che esprimono una valutazione morale (libro nero, lista nera, pecora nera).

Il bianco mantiene una valenza iniziatica, indicando assenza o mancanza di qualcosa (andare in bianco, firmare in bianco, mangiare in bianco, notte o nottata bianca o in bianco, matrimonio [in] bianco, voci bianche) e/o neutralità (risultato bianco) o non-opposizione (bandiera bianca), in accordo con il significato della radice indoeuropea di «pallido, vuoto», allato a quello di «brillante, vivido». Il suo uso figurato è spesso favorito dall’alternanza con altri colori (carne bianca ~ carne rossa), in particolare nero: dare a intendere (o far credere o far vedere) bianco per nero; prendere nero per bianco, ecc.

Ai tratti di energia e vitalità è riconducibile la simbologia connessa a rosso, impiegato per indicare pericolo, rischio, interdizione o impedimento (andare in rosso in opposizione a in nero «in attivo»; bandiera rossa, disco rosso, fascia rossa, zona rossa), emergenza (linea rossa o telefono rosso), ma anche emozioni forti come la rabbia (vedere rosso) o la trasgressione (a luci rosse).

Nella varietà odierna giallo indica attenzione o divieto (bandiera gialla «segnale di quarantena nelle navi militari», cartellino giallo) e sembra rivestire una funzione delimitante (linea gialla, striscia gialla, zona gialla). In molte lingue è associato a sentimenti negativi, come l’invidia (essere giallo dalla rabbia, ridere giallo), o ancora al tradimento e alla gelosia, oppure alla vigliaccheria e alla malattia, di cui un colorito malsano è prerogativa (si pensi all’espressione mal giallo «itterizia»). Tanto la funzione delimitante quanto la connotazione negativa sono attribuibili al progressivo svalutarsi di questo cromonimo (Faloppa 2000: 21), che in passato arrivò a marcare l’alterità, rappresentando categorie sociali come ebrei, meretrici, lebbrosi (berretta gialla e stella gialla erano marchi distintivi degli ebrei; cfr. anche croce gialla «croce di panno sullo scapolare indossato dai condannati a morte dall’Inquisizione»; Fresu 2006: 167, nota 76). L’uso sostantivato di giallo si è lessicalizzato (per tramiti del tutto peculiari) passando a designare «storia, romanzo, film poliziesco».

Il verde evoca la natura (pollice verde, zona verde, anche verde pubblico) e, per traslato, i principi ecologici a cui si ispira l’attenzione verso l’ambiente (benzina verde, energia verde, treno verde). In rapporto al mondo umano si conserva l’originaria dualità di significati in locuzioni connesse da una parte, negativamente, a uno stato di eccitazione emotiva in espressioni rare, che presentano spesso sovrapposizione con giallo (con cui tale colore in origine coincideva: cfr. l’etimo unico galbinum «verde pallido, giallo»), del tipo essere o farsi o diventare giallo o verde dalla o di bile o invidia; dall’altro lato, in accezione positiva, collegate al vigore e alla freschezza giovanili (anni verdi, verde età, anche carta verde «tessera di riduzione ferroviaria per giovani»), con sfumatura negativa rappresentata dall’idea dell’acerbità, conservata per lo più in espressioni relative al mondo vegetale (pomodori verdi). Recentemente il cromonimo designa anche la possibilità di usufruire di un servizio privo di costi (numero verde), con allusione probabile al verde del semaforo.

Piuttosto articolata la copertura semantica di blu, che può indicare una riserva (fascia blu, parcheggio blu, striscia blu), un’assegnazione di privilegi (auto blu, telefonini blu), un contrassegno di qualità (bollino blu). Trasparente il richiamo al mare (parco blu, bandiere blu in contrapposizione alle bandiere nere) e in generale all’idea di pulizia e purezza (si pensi ai marchionimi di acque oligo-minerali dalle proprietà depurative come Brio Blu Rocchetta oppure ai nomi di detergenti come Ace Blu Densa-Attiva, spesso accompagnati da denominazioni sinestesiche come Blu Action; Freschezza Blu; Forza Blu; ➔ nomi commerciali), o, ancora, al carburante meno inquinante BluDiesel.

Altissimo il grado di specializzazione semantica per il grecismo porpora, associato al potere imperiale o regale, alla dignità cardinalizia, alle alte magistrature (aspirare o elevare alla porpora, indossare la porpora). Anche come tecnicismo medico-scientifico il lemma si è ritagliato uno spazio specifico, indicando alterazioni dermatologiche costituite da macule rossastre dovute a emorragie e, per estens., patologie la cui sintomatologia si presenta attraverso tali eruzioni cutanee.

Il cromonimo grigio ha un ampio uso figurato (anche in altre lingue: Ross 1989: 202), esprimendo mancanza di vivacità e di chiarezza (avallata spesso nelle definizioni lessicografiche da accostamenti a oggetti prototipici sgradevoli come la cenere, il fumo e sim.), di indefinitezza (letteratura grigia, zona grigia, anche eminenza grigia), di irregolarità (lavoro grigio, mercato grigio), di scialbore (città grigia; anche grigiore), di desolazione, spesso in associazione a categorie temporali (giornata grigia, momento grigio, vita o esistenza grigia), della meschinità (anima grigia, individuo grigio).

Compatta l’area di significati per rosa, che marca il femminile (colletto rosa, lobby rosa, quota rosa, telefono rosa, striscia rosa), in contrapposizione al maschile, rappresentato, molto più debolmente, da azzurro (cristallizzato in poche polirematiche come fiocco azzurro) in allotropia con un altrettanto sbiadito celeste, almeno per il campo lessicale dell’infanzia (ma si veda anche telefono azzurro, riferito ai minori senza distinzione di genere; ancora più genericamente questa tinta può riferirsi all’aspetto esteriore: pesce azzurro, principe azzurro).

Dalla sfera femminile si ha lo slittamento verso la designazione di prodotti di massa di scarso spessore, sentimentali o sconfinanti nel frivolo (cronaca rosa, film rosa, stampa rosa), talvolta fino allo scabroso (scandalo rosa). Assume connotazioni ottimistiche in espressioni come previsioni rosee, vedere rosa (talvolta con una sfumatura negativa di superficialità) allato a vedere rosso e vedere nero (uno dei rari casi in cui non si realizza la coppia oppositiva nero ~ bianco).

Difficile descrivere la copertura semantica di arancione per la sua natura debole di colore non basico, apparso relativamente tardi nella lingua, come rosa (d’uso più frequente e maggiormente produttivo in senso figurato) e viola (Fresu 2006: 172-173, note 102 e 105), e condizionato, come questi ultimi, dall’origine nominale (Ross 1989: 205-206). I tre cromonimi sono accomunati da una sostanziale instabilità morfologica (si tratta di termini spesso accompagnati da color o sostituiti dai relativi aggettivi roseo, violaceo, aranciato e sim.). Per arancione non sembra essersi ancora sviluppata una simbologia specifica tradotta in unità lessicali superiori come per altri colori (osservazioni sulle coniazioni recenti e ulteriore bibliografia in Fresu 2006: 173-174).

Studi

Berlin, Brent & Kay, Paul (1969), Basic color terms. Their universality and evolution, Berkeley - Los Angeles, University of California Press.

Brusatin, Manlio (1999), Storia dei colori, Torino, Einaudi.

Elwert, Wilhelm T. (1989), Appunti sui termini di colore in italiano e spagnuolo, in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia a cinquant’anni dalla sua laurea, Modena, Mucchi, 4 voll., vol. 2°, pp. 537-549.

Faloppa, Federico (2000), Lessico e alterità. La formulazione del diverso, Alessandria, Edizioni dell’Orso.

Fresu, Rita (2006), Neologismi a colori. Per una semantica dei cromonimi nella lingua italiana, «LId’O. Lingua italiana d’oggi» 3, pp. 153-179.

Grossmann, Maria (1988), Colori e lessico. Studi sulla struttura semantica degli aggettivi di colore in catalano, castigliano, italiano, romeno, latino e ungherese, Tübingen, Narr.

MacLaury, Robert E. (1999), Basic color terms: twenty-five years after, in The language of color in the Mediterranean. An anthology on linguistic and ethnographic aspects of color terms, edited by A. Borg, Stockholm, Almquist & Wiksell International, pp. 1-37.

Pastoureau, Michel (1989), Couleurs, images, symboles. Études d’histoire et d’anthropologie, Paris, Le Léopard d’Or.

Ross, Dolores (1989), La semantica dei colori: aspetti teorici e analisi dei cromonimi in italiano e neerlandese, «Rassegna italiana di linguistica applicata» 21, 3, pp. 185-211.

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