Terapia genica neurologica

Dizionario di Medicina (2010)

terapia genica neurologica


La terapia genica è una tecnica che permette di prevenire o curare una malattia tramite il trasferimento di DNA. Per le malattie genetiche, in cui un gene è difettoso o assente, la terapia genica cerca di introdurre la versione funzionante del gene individuato nel paziente come difettoso, in modo da rimediare al difetto. L’avanzamento delle biotecnologie del DNA ricombinante e la conoscenza del genoma umano hanno portato a sviluppare tecniche che permettono di introdurre geni, previamente inseriti in opportuni vettori (plasmidi, virus), in appropriate cellule del paziente. Per alcune patologie monogeniche, come la talassemia, l’emofilia, le immunodeficienze primitive, la distrofia muscolare di Duchenne o la fibrosi cistica, la terapia genica rappresenta una potenziale via terapeutica definitiva. La scelta delle cellule o dei tessuti bersaglio, i sistemi di trasduzione e di espressione dei geni, che devono essere efficienti e sicuri, la prevenzione dell’insorgenza di potenziali reazioni immunitarie verso molecole riconosciute come estranee dall’organismo che le riceve, sono alcuni dei problemi da affrontare in modo specifico, poiché spesso la terapia da applicare non solo è diversa per ogni malattia considerata, ma anche da paziente a paziente.

Malattie genetiche recessive e dominanti

Le malattie ereditarie sono determinate da geni mutati, con funzioni alterate, che vengono trasferiti dai genitori ai figli come materiale genetico contenuto nei gameti. Il gene mutato può alterare le funzioni cellulari in due modi, sia producendo una proteina incapace di svolgere la funzione necessaria alla vita cellulare e quindi dell’organismo, sia dando origine a una proteina con una funzione dannosa per l’organismo stesso. Il primo tipo di gene mutato si definisce recessivo, perché sia il gene paterno sia quello materno devono essere mutati per dare completa assenza di funzione. Il secondo tipo di mutazione si definisce invece dominante, perché basta che uno dei due geni ricevuti dai genitori sia divenuto dannoso per provocare la malattia. Nelle malattie genetiche recessive viene introdotto nelle cellule alterate il gene capace di produrre quantità sufficienti di proteina normale, mentre nelle patologie dovute a geni dominanti la terapia deve inattivare il gene mutato, in modo da impedirgli di produrre la proteina dannosa. Biotecnologie della terapia genica. La terapia genica attualmente proposta non mira a introdurre materiale genico ereditabile dalla progenie, ma a modificare direttamente il DNA delle cellule somatiche dei tessuti colpiti dalla patologia. Lo strumento biotecnologico capace di veicolare il DNA dall’esterno è un vettore genetico naturale molto antico: il virus. Le biotecnologie hanno reso possibile la modificazione del virus nelle sue parti patogene per l’ospite, sfruttando l’involucro virale, e riuscendo così a trasferire all’interno di un virus ‘vuoto’ un gene sano/terapeutico che, trasportato dentro la cellula ‘mimetizzato’ da virus, viene poi liberato al suo interno, per ristabilire la funzione alterata. I principali vettori utilizzati per uso clinico sono i vettori retrovirali, adenovirali e adenoassociati, gli herpesvirus e i recenti lentivirus derivati dal virus HIV. Ancora non è stato generato un vettore virale universale da poter utilizzare nelle svariate applicazioni della terapia genica.

Criticità della terapia genica

Le sperimentazioni hanno evidenziato principalmente tre tipi di criticità. La prima sta nella possibilità che la proteina sana generata dai geni introdotti con la terapia venga riconosciuta come estranea, e come tale attaccata dal sistema immunitario tramite gli anticorpi del paziente. La seconda criticità è rappresentata dall’eventualità che il vettore virale utilizzato per trasferire il materiale genetico sia incapace di integrarsi stabilmente nel genoma dell’ospite, quindi nel tempo venga perso in virtù della normale attività proliferativa delle cellule; inoltre, l’integrazione parziale del vettore fa sì che il gene veicolato occasionalmente possa essere inserito ‘a ridosso’ di altri geni sani, i quali a loro volta potrebbero essere danneggiati. Un terzo problema è dovuto alla possibilità che il virus riesca a veicolare il gene terapeutico solo nelle cellule in attiva riproduzione e risulti inattivo su cellule quiescenti, come nel tessuto nervoso e muscolare, spesso colpiti da molte malattie ereditarie. Pur con diverse difficoltà la terapia genica sta mettendo a punto nuove strategie per superare gli ostacoli del trasferimento del materiale genico; proprio nei tempi più recenti, molecole di RNA (RNA antisenso, microRNA) capaci di regolare l’espressione genica si stanno dimostrando utili per controllare gli oncogeni nei tessuti tumorali, o per riprogrammare cloni di cellule immunitarie specifiche per il gene terapeutico, in modo da abolirne il rigetto.

Terapia genica nelle malattie neurologiche

Nell’ambito delle malattie neurologiche la terapia genica rappresenta una delle frontiere più promettenti, proprio perché gli strumenti terapeutici attualmente diffusi nella pratica clinica possiedono diversi limiti. Delle due categorie di terapia genica, in vivo ed ex vivo, applicate al sistema nervoso, la prima è più diffusa. Trial clinici per la terapia della malattia di Parkinson prevedono l’utilizzo di vettori virali per il trasferimento genico di tipo hAAV2 (human Adeno-Associated Virus serotype 2). Tramite l’iniezione intracerebrale di vettori virali, si cerca di ottenere il trasferimento di specifici geni in specifiche aree cerebrali, come nel caso del trasferimento nel putamen del gene umano della decarbossilasi degli amminoacidi aromatici (hAADC), o del gene di una neurotrofina nota come neurturina, o del gene della glutammicodecarbossilasi nel nucleo subtalamico. Analogamente sono in corso (2010) trattamenti clinici sperimentali per fini terapeutici di altre malattie neurologiche croniche, come la malattia di Alzheimer e la leucodistrofia. Per la malattia di Alzheimer si fa riferimento al trasferimento genico dell’NGF tramite hAAV2, e dell’enzima aspartoacilasi (ASPA) per la leucodistrofia (morbo di Canavan).

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