RELATIVITÀ, Teoria della

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

RELATIVITÀ, Teoria della (XXIX, p. 15; App. II, ii, p. 681)

Maria PASTORI

La teoria della r. nella sua prima forma, della r. ristretta, è diventata presupposto indispensabile del progresso della fisica del microcosmo (atomo, nucleo, radiazione) ed ha avuto brillanti conferme sperimentali e applicazioni tecniche. Nella sua seconda forma, r. generale, ha dato luogo a una rigogliosa fioritura di ricerche che, senza alterare le linee essenziali della teoria, ne hanno segnato ulteriori importanti sviluppi. Tali ricerche, da un lato hanno continuato lo studio del "problema unitario" (v. unitarie, teorie relativistiche, in questa App.), dall'altro si sono recentemente rivolte allo studio del moto delle particelle elementari, che era stato in antecedenza solo dominio della r. ristretta. Nuove proposte di conferme sperimentali della r. generale si ispirano all'idea di sfruttare il moto di satelliti artificiali, così da sostituire al campo gravitazionale del Sole o di qualche altra stella più lontana, il campo gravitazionale terrestre. Nuove conferme sembrano infine portare recenti esperienze che, sfruttando una tecnica sensibilissima, sono in grado di rilevare differenze nell'intensità del campo gravitazionale terrestre dovute a dislivelli assai modesti.

Conferme e applicazioni della relatività ristretta. - Dilatazione dei tempi. - Le teorie relativistiche non conferiscono, come è noto, carattere assoluto alle misure che possono eseguire diversi osservatori in moto gli uni rispetto agli altri, bensì alle relazioni tra queste misure, cioè alle leggi fisiche. In altre parole, esse esigono che le leggi siano invarianti nel passaggio da un osservatore a un altro, anche se in moto l'uno rispetto all'altro. Nella r. ristretta ci si limita al moto traslatorio rettilineo uniforme, il che porta (con l'aggiunta del postulato dell'invarianza della propagazione della luce) all'invarianza delle leggi stesse rispetto alle trasformazioni di Lorentz.

Fra le conseguenze che ne discendono, vi sono la contrazione delle lunghezze e la dilatazione dei tempi. Quest'ultima è espressa dalla formula:

dove τ′ rappresenta un intervallo di tempo misurato da un osservatore O′ uniformemente traslante con velocità v rispetto ad un osservatore O, τ lo stesso intervallo valutato da quest'ultimo e β = v/c indica il rapporto tra la velocità di traslazione e la velocità della luce (costante).

Una delle conferme più note della [1] (esperienze di B. Rossi e D. B. Hall) è la variazione, col movimento, della vita media dei mesoni (v. radiazione, App. II, ii, p. 645).

Ma la [1] è stata trovata d'accordo anche con i risultati di altri tipi di esperienze, come quelle che rivelano l'effetto Doppler longitudinale e trasversale (v. doppler, XIII, p. 156). Senza fermarci su di esse, notiamo che in queste esperienze, come in quelle che richiameremo in seguito, i due osservatori O e O′ sono rappresentati da due riferimenti, l'uno solidale col luogo dell'esperienza (il laboratorio, per es.) e l'altro traslante rispetto al primo con la velocità del baricentro della particella o dell'insieme di particelle che si considerano. È la grandezza di questa velocità, quando essa non è troppo lontana da c, che rende sensibili le "correzioni relativistiche".

Variabilità della massa. - Altre correzioni relativistiche si sono rese necessarie per rendere le leggi della dinamica invarianti rispetto alle trasformazioni di Lorentz. Così, in particolare, il teorema della quantità di moto si conserva pur di considerare la massa non costante, bensì variabile con la velocità secondo la formula:

dove m0 è la massa di riposo ed m la cosiddetta massa trasversale.

Una delle conferme della [2] si è avuta per la massa dell'elettrone (v. elettrone, XIII, p. 750); altre si hanno nei fenomeni d'urto tra particelle e nella disintegrazione spontanea di queste, benché la spiegazione completa di questi fenomeni esiga anche l'applicazione del principio di equivalenza tra massa ed energia, che ora richiamiamo.

Equivalenza tra massa ed energia. - I due principî di conservazione della massa e dell'energia della meccanica classica sono sostituiti nella meccanica relativistica dal principio di conservazione della somma della massa e dell'energia (tradotta in termini di massa), o, se si vuole, della somma dell'energia e della massa (tradotta in termini di energia). Viene cioè ammessa un'equivalenza tra massa ed energia nel senso che ad ogni energia E (cinetica o di altra natura) si ammette associata una massa m = E/c2 e viceversa ad ogni massa m, un'energia E = mc2. Quando in una trasformazione appare violata la legge classica di conservazione della massa, si deve pensare che la differenza sia rappresentata da energia, e reciprocamente per la legge di. conservazione dell'energia.

La microfisica ha confermato pienamente questa veduta, anzitutto nelle reazioni nucleari, mediante il confronto tra l'energia sviluppata e le differenze di massa (che si possono esattamente valutare con lo spettrografo di massa); poi nella constatazione (v. nucleo, App. II, ii, p. 420) di un difetto di massa nei nuclei atomici stabili e nella verifica che questo difetto eguaglia l'equivalente in massa dell'energia di legame. Ulteriori conferme vengono dalla spiegazione di altri fenomeni fisici, quali, per es., l'urto tra particelle e la disintegrazione di queste, secondo quanto si è già ricordato; la trasformazione di un fotone in due elettroni (l'uno positivo e l'altro negativo), o il fenomeno inverso, esempî della possibilità di trasformazione dell'energia raggiante in materia e viceversa; e ancora, dalle varie utilizzazioni dell'energia nucleare che hanno precisamente nel principio di equivalenza qui richiamato la loro ultima spiegazione.

Altre importanti applicazioni tecniche della r. ristretta si hanno nel campo dell'elettronica e in quello delle macchine acceleratrici di particelle. In varî tipi di tubi elettronici gli elettroni raggiungono infatti velocità tanto grandi che le correzioni relativistiche non si possono trascurare ed il comportamento di tali tubi, così come quello delle grandi macchine acceleratrici (betatroni, sincrotroni, ciclotroni, ecc.: v. per es. in App. II, ii, p. 831, e acceleratore, in questa App.), risulta governato dalle leggi della relatività.

Meccanica quantistica. - Le correzioni relativistiche non sono le sole modificazioni che ha subìto la meccanica classica nel campo della microfisica. Nello studio dell'interazione tra elettroni e radiazioni luminose, o più in generale tra particelle cariche e campo elettromagnetico, viene usata la meccanica quantistica, che ha avuto per fondamento un'equazione alle derivate parziali: l'equazione d'onda. Ma l'equazione d'onda che venne da prima proposta, quella di Schrödinger, non era invariante per le trasformazioni di Lorentz; ad essa fu sostituita più tardi l'equazione di Dirac che a tale invarianza soddisfa. Ebbene, diversi fenomeni che non venivano completamente spiegati partendo dall'equazione di Schrödinger hanno invece trovato un'interpretazione soddisfacente partendo dall'equazione di Dirac. Tali sono per es., l'effetto fotoelettrico e l'effetto Compton dei raggi X e γ. Il primo consiste, com'è noto, nell'emissione di elettroni da un metallo colpito da radiazione: la necessità dell'impostazione relativistica si presenta allorché il "quanto" incidente ha energia molto elevata e mette quindi in libertà gli elettroni degli strati interni degli atomi. Il secondo consiste in una variazione di lunghezza d'onda subìta dalla radiazione diffusa in un mezzo gassoso, liquido o anche solido. Fra le altre conferme della teoria quantistico-relativistica, ricordiamo i risultati ottenuti nello studio dell'atomo d'idrogeno: la teoria quantistica prerelativistica prevedeva solo la posizione delle corrispondenti righe spettrali come se fossero semplici, quella relativistica prevede anche la scomposizione di tali righe (struttura fina) che strumenti ad alto potere dispersivo hanno effettivamente rilevato.

Nuovi sviluppi della relatività generale. - Richiami sulla teoria newtoniana della gravitazione. - La r. generale, oltre a dare alle leggi fisiche forma invariante di fronte a un cambiamento delle quattro variabili spazio-temporali e, in particolare, di fronte a un generico movimento relativo degli osservatori (principio di relatività generale), raggiunge un altro obiettivo: quello di fornire una pura teoria geometrica dell'inerzia e della gravitazione. Essa, se concettualmente si differenzia profondamente dalla legge di Newton, coincide con quest'ultima in prima approssimazione e presenta, nella sua impostazione originale, una certa analogia con la teoria newtoniana per quel che riguarda il problema del moto di un corpuscolo.

Richiamiamo lo schema newtoniano. Il moto di un corpuscolo in un campo gravitazionale è retto da due tipi di equazioni: a) l'equazione fondamentale della dinamica riferita al corpuscolo, che dà luogo a tre equazioni differenziali del secondo ordine nelle coordinate del punto:

dove U è il potenziale gravitazionale; b) l'equazione di campo cui soddisfa il potenziale U: questa è sempre un'equazione alle derivate parziali del secondo ordine; se il punto è esterno alle masse che creano il campo, è l'equazione di Laplace

se il punto fa parte di tali masse, è l'equazione di Poisson

dove h è la costante di gravitazione universale e ρ è la densità di materia.

Analogia col primo schema relativistico. - Mentre nella concezione newtoniana il movimento di un corpuscolo è dovuto all'attrazione delle masse che creano il campo, nella concezione relativistica esso è un moto spontaneo in uno spazio-tempo incurvato dalle masse. Malgrado questa diversa concezione, il problema presenta col caso newtoniano delle analogie formali.

Anche qui il moto del corpuscolo è retto da due tipi di equazioni: a) quelle, riferentisi al corpuscolo, che assicurano la spontaneità del movimento (legge della geodetica) e possono compendiarsi nel principio variazionale

ove ds è l'elemento d'arco, esprimente la stazionarietà della lunghezza spazio-temporale e traducentesi in tre equazioni differenziali del secondo ordine (apparentemente quattro, ma legate da un'identità) nelle coordinate spazio-temporali del punto:

dove {p/qr} sono i simboli di Christoffel, costruiti coi potenziali gravitazionali gpq e con le loro derivate prime; b) l'equazione tensoriale di campo cui soddisfano i potenziali. Questa compendia dieci equazioni alle derivate parziali del secondo ordine e, nel caso esterno, ha la forma

dove Rpq si ottiene, in modo opportuno, dal tensore di curvatura; mentre nel caso interno è invece:

dove R è ancora ottenuto dal tensore di curvatura, χ è una costante universale e Tpq (tensore energetico) rappresenta la distribuzione delle masse nello spazio e nel tempo.

La [7] può dedursi dal principio variazionale

ove dΩ è l'elemento di estensione dello spazio-tempo, esprimente la stazionarietà (minimo) della sua curvatura media R. Esso può enunciarsi, grosso modo, dicendo che lo spazio-tempo, esternamente alle masse, si incurva bensì, ma il meno che può.

Se la [7] valesse, senza eccezione alcuna, in tutto lo spazio-tempo, e questo fosse ovunque regolare, lo spazio-tempo non potrebbe che ridursi a quello pseudo-euclideo della r. ristretta. Non così se si debbono escludere le "sorgenti gravitazionali", ritenendo la [7] non valida su quelle linee dello spazio-tempo che rappresentano il movimento delle masse e che, sotto l'aspetto matematico, si presentano come singolarità. Ora l'analisi matematica insegna a integrare le equazioni compendiate nella [7], escludendo dal campo delle regioni che isolino le varie singolarità e poi passando al limite col far tendere a zero queste regioni. Con tali "condizioni al contorno" la [7] fornisce dei potenziali gravitazionali che corrispondono a uno spazio-tempo curvo. Determinato questo spazio-tempo, si ricorrerà alla legge della geodetica [6] per studiare il moto delle particelle. Anche nel caso interno, va dapprima integrata la [8] e poi applicata la legge della geodetica.

Tutto ciò è analogo al procedimento newtoniano nel quale si determina dapprima il potenziale che soddisfa la [4] o la [5] e poi si applica la legge fondamentale [3].

Differenze tra il caso interno e il caso esterno. - La trattazione matematica dei due casi, esterno ed interno, corrispondenti alle equazioni di campo [7] e [8], presentò però una differenza notevole. Si trovò che, in quest'ultimo caso, quando il corpuscolo rappresenta una particella di materia disgregata, la legge della geodetica discende con un semplice calcolo matematico dalle equazioni di campo: dunque la [6] è una conseguenza della [8], e il postulato della geodetica si rende inutile. Nel caso esterno questo non avviene.

Ma fu osservato da Einstein che il procedimento usato nel caso interno per dedurre il moto delle particelle dalle equazioni di campo conservava la sua validità anche quando il tensore energetico Tpq era ovunque nullo nello spazio-tempo, salvo entro tubi di sezione infinitesima rappresentanti il moto delle particelle. Tutto ciò faceva pensare alla possibilità di trattare con procedimento analogo i due casi, interno ed esterno, e di dedurre, anche in quest'ultimo, dalle equazioni di campo [7], valide esternamente alle masse, il moto dei corpuscoli, rappresentati da singolarità influenzantesi tra loro. Tale risultato ottennero infatti Einstein e alcuni suoi collaboratori (L. Infeld e B. Hoffmann in particolare), sfruttando le cd. identità di Bianchi cui soddisfa il tensore di curvatura.

Il nuovo schema relativistico. - I risultati precedenti portarono alla nuova impostazione einsteiniana del problema gravitazionale. In essa lo spazio-tempo è concepito come generalmente vuoto, ad eccezione di regioni infinitesime che isolano le singolarità. Queste rappresentano il movimento dei corpuscoli, movimento che vien calcolato direttamente dalla [7] così che si rende inutile l'introduzione del tensore energetico Tpq che figura nella [8]. E si trova che, quando la massa di un corpuscolo è piccola in confronto a quella degli altri, il suo moto è rappresentato da una geodetica dello spazio-tempo, incurvato dalla presenza dei corpuscoli rimanenti.

In tal modo il movimento gravitazionale einsteiniano è regolato dalla sola equazione di campo [7] o, se si vuole, dal principio variazionale [9], da cui essa può farsi discendere. La legge della geodetica, estensione della legge d'inerzia, viene verificata, non postulata.

Tutto questo rappresenta una differenza, anche formale, rispetto allo schema newtoniano nel quale non c'è speranza di poter dedurre le equazioni [3] del moto del corpuscolo dalle equazioni di campo [4] e [5] e ciò perché esse presentano, rispetto a quelle relativistiche di campo, una differenza per dir così costituzionale sotto l'aspetto matematico: esse sono lineari nelle derivate di ordine massimo, mentre quelle dello schema einsteiniano non lo sono. "La mancanza di linearità delle equazioni di campo distingue il campo einsteiniano dagli altri campi classici, il gravitazionale newtoniano e l'elettromagnetico maxwelliano, e non vieta che il campo manifesti in sé il legame che intercede tra il moto delle sue sorgenti" (B. Finzi).

La quantizzazione in relatività generale. - Se per lo studio del moto gravitazionale col nuovo schema si può fare a meno del tensore energetico Tpq e della forma [8] delle equazioni di campo, essi si rendono necessarî quando si tratta di particelle che sono soggette, oltre all'azione del campo gravitazionale, anche a quella di altri campi o di altre forze. D'altra parte, per lo studio di certe particelle elementari si presenta come particolarmente adeguata la meccanica quantistica. Varî tentativi, alcuni assai recenti, sono stati fatti per accordare la meccanica quantistica con la r. generale o, per lo meno, prescindendo dalla gravitazione, col principio d'invarianza rispetto a un generico cambiamento di coordinate spazio-temporali. Ma nessuno è stato finora pienamente soddisfacente.

D'altronde la meccanica quantistica e le vedute statistico-probabilistiche su cui essa si fonda sono sempre state considerate come affette da un certo carattere di provvisorietà da Einstein, che, almeno come programma, mirava a una teoria dei campi in senso classico, valida anche per la microfisica. "Io sono fermamente convinto", egli scriveva, "che il carattere essenzialmente statistico della teoria quantistica contemporanea deve essere attribuito unicamente al fatto che essa opera con una descrizione incompleta dei sistemi fisici". Altri studî recenti che si collegano con la teoria quantistica riguardano onde e radiazioni gravitazionali.

Nuove proposte per le conferme sperimentali. - La r. generale non ha ancora avuto le conferme numerose e sicure della r. ristretta, ma solo l'appoggio di alcune esperienze astronomiche. Esse hanno avuto essenzialmente di mira la conferma di tre effetti: lo spostamento del perielio dei pianeti, lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali (effetto Einstein), la deflessione dei raggi luminosi. Il campo gravitazionale al quale finora si era fatto ricorso è quello solare, salvo che per l'effetto Einstein per cui si era dimostrato più adatto quello di stelle di grande densità come il compagno di Sirio.

Ma la missilistica moderna offre la possibilità di sfruttare anche il campo gravitazionale terrestre, e diverse proposte di esperienze sono state fatte in questo senso. Anzitutto i satelliti artificiali possono prestarsi alla verifica dello spostamento del perigeo; mentre infatti per i pianeti l'effetto relativistico dello spostamento del perielio è soltanto secolare, l'effetto analogo può rendersi manifesto in molto minor tempo per un satellite artificiale, che può fare una rivoluzione completa intorno alla terra in poche ore. Ma anche in queste esperienze non mancano difficoltà, la più grave delle quali è di separare l'effetto relativistico da altri effetti perturbatori.

Altre proposte sono state fatte per la verifica dell'effetto Einstein. Poiché si tratta di mettere a confronto campi gravitazionali di diversa intensità, è stato proposto di sfruttare il campo gravitazionale terrestre sulla superficie terrestre e a bordo d'un satellite artificiale, confrontando le frequenze di due orologi atomici eguali nelle due posizioni. Meno semplice sembra invece una verifica terrestre della deflessione dei raggi luminosi per la difficoltà di mettere in evidenza l'influenza del campo gravitazionale sulla velocità di propagazione della radiazione. Comunque si tratta di esperienze proposte, ma non concluse.

Esperienze già eseguite sull'effetto Einstein per mezzo del campo gravitazionale terrestre si basano sulla tecnica di Mössbauer, capace di rilevare differenze nel campo stesso dovute a dislivelli assai modesti. La più recente è quella di R. V. Pound e G. A. Rebka Jr., che vuole evitare alcune critiche mosse ad un'esperienza analoga eseguita ad Harwell alcuni mesi prima. Per quanto le interpretazioni di queste esperienze diano ancora luogo a discussioni, pare tuttavia che esse portino nuove conferme alla teoria della relatività.

Bibl.: Cinquant'anni di relatività, Firenze 1955 (in particolare gli articoli di P. Caldirola e B. Finzi); Fünfzig Jahre Relativitätstheorie, in Helvetica Physica Acta, Suppl. IV (1956); Albert Einstein, scienziato e filosofo, Torino 1958; Vedute e problemi attuali in relatività generale, Roma 1958 (Centro intern. matem. estivo, litogr.); Problèmes actuels en théorie de la relativité, Parigi 1959; Colloque international sur les théories relativistes de la gravitation, Parigi (in corso di stampa); A. Einstein, The meaning of relativity, 5ª ed., Princeton 1955 (traduz. ital. del 1950 e del 1953); C. Møller, The theory of relativity, Oxford 1952; A. Lichnerowicz, Théories relativistes de la gravitation et de l'électromagnétisme, Parigi 1955; P. G. Bergmann, Introduction to the theory of relativity, Englewood Cliffs, N. J., 1958 (8ª ed.); W. Pauli, Teoria della relatività, trad. it., Torino 1958; J. L. Synge, Relativity. The general theory, Amsterdam 1960. Vedi anche gli articoli di: B. Finzi, in Rend. del seminario matem. e fisico di Milano, XXVIII (1958); M. Pastori, in Il Pensiero, II (1957); S. F. Singer, in Physical Reviews, CIV (1956); B. Hofmann, ibidem, CVI (1957); C. Møller, in Nuovo Cimento, Supplemento (1957); R. V. Pound e G. A. Rebka Jr., in Phys. Rev., Letters, IV (1960). Si può infine utilmente consultare l'accurata ed aggiornata rassegna (non ancora stampata, ma già diffusa) Experiments of gravitation, di B. Bertotti, R. Krotkov, B. Brill dell'università di Princeton.

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