TELL el- ‛AMĀRNAH

Enciclopedia Italiana (1937)

TELL el- ‛AMĀRNAH

Giuseppe Furlani

Questo nome porta ora un piccolo villaggio tra Minyeh e Asiūṭ, nella valle del Nilo, così chiamato dalla tribù degli el-‛Amārnah. Esso sta sul sito dove sorgeva la capitale dell'Egitto fondata dal faraone Amenofi IV (1370-1352), noto per le sue riforme religiose. Nell'anno 1887 furono trovate a Tell el-‛Amārnah circa trecento tavolette in caratteri cuneiformi babilonesi e in lingua babilonese, le quali rappresentano i resti dell'archivio del Ministero degli esteri dell'Egitto dei tempi di Amenofi III (1405-1370) e Amenofi IV. Esse contengono per la maggior parte la corrispondenza diplomatica dell'Egitto con i principi, re e residenti egiziani di Palestina e Siria e con i re di Babilonia, Mitanni, Assiria e di qualche altro stato, come di Arzawa. Siccome esse gettano vivissima luce sulle condizioni politiche e culturali dell'Oriente del tempo dei due faraoni succitati, questo periodo si suole chiamare il periodo delle lettere di Tell el-‛Amārnah, oppure semplicemente il periodo di el-‛Amārnah. Le tavolette, non ci hanno però conservato soltanto le lettere che dalla Siria e dalla Palestina i potentati scrivevano al faraone ma anche alcuni scritti di carattere mitologico, come una parte del mito di Adapa e il mito di Ereshkigal.

La stragrande maggioranza delle tavolette è scritta in lingua babilonese, che allora era sulle coste orientali del Mediterraneo e nel loro retroterra la lingua della diplomazia e dei rapporti internazionali, ma la Lettera di Tushratta è redatta in lingua mitannica (hurrita), e vi sono inoltre due lettere in lingua hittita, mandate dal re di Arzawa (è circa la Cilicia) al faraone; tutte sono però scritte in caratteri cuneiformi. La lingua babilonese adoperata tradisce nella fraseologia la lingua materna degli scrivani. Nelle lettere palestinesi sono intercalate glosse in lingua cananea.

Nel periodo di Tell el-‛Amārnah la prima potenza del mondo allora noto agli abitanti del Mediterraneo era l'Egitto, che, grazie all'attività bellica dei suoi re, era assurto a un vasto impero che arrivava fino ai contrafforti del confine meridionale dell'Asia Minore. Tutta la Palestina e la parte meridionale della Siria erano allora sotto protettorato egiziano, mentre nella parte mediana qualche stato godeva più o meno completa libertà, ma non poteva seguire una politica apertamente ostile all'impero degli Hittiti, che dominava invece nella parte settentrionale (v. siria). L'Egitto, dopo aver conquistato il paese, aveva lasciato ai suoi protetti la più ampia libertà politica, religiosa e culturale, contentandosi di manifestazioni di lealismo da parte dei principi e regnanti del paese e del pagamento dell'annuo tributo che doveva affluire in Egitto. Il paese era retto da una grande quantità di piccoli potentati, chiamati sia khazānu, sia re, oppure era amministrato da corpi politici a carattere repubblicano. Nei regni e stati più importanti risiedevano rappresentanti del faraone, il quale ogni tanto, quando le circostanze lo consigliavano, mandava suoi incaricati speciali col compito di far eseguire gli ordini impartiti ai vassalli. Per assicurarsi la fedeltà e lealtà dei vassalli il faraone invitava alla sua corte i figli loro e li faceva educare secondo lo spirito egiziano. Quando qualche circostanza rendeva necessaria la trattazione diretta degli affari politici, i principi si recavano alla corte del re egiziano e là trattavano i loro affari, non senza abbandonarsi a intrighi contro le persone dei re e principi loro vicini. Nelle città d'importanza strategica guarnigioni egiziane custodivano le posizioni militari, ma negli altri luoghi le milizie erano locali, tutt'al più inquadrate da ufficiali egiziani. I principi cercavano di allargare il proprio dominio a spese dei loro vicini e degli Egiziani, dal cui giogo essi cercavano di liberarsi appoggiandosi magari al re di Khatti. Tutti avevano molto da soffrire dai continui attacchi dei beduini, chiamati Khabiru (in questi alcuni studiosi vogliono vedere i primi Ebrei che penetrarono in Palestina), i quali però qualche principe più avveduto, come Aziru di Amurru, cercava di far entrare nel proprio giuoco politico.

Le lettere di Tell el-‛Amārnah ci rivelano che la Babilonia, allora chiamata Karduniash, era discesa sotto la dinastia dei Cassiti a un livello politico molto basso e non era più in grado di fare una politica attiva tra le grandi potenze dell'Asia occidentale. Parte importante nel giuoco politico internazionale di quel tempo aveva invece il regno di Mitanni nella Mesopotamia settentrionale e nelle regioni finitime della Siria. Sotto il suo re Tushratta esso acquistò grande prestigio anche agli occhi dei faraoni. Sta di fatto che già la figlia di Artatama di Mitanni era andata in Egitto e fu la madre di Amenofi III. Questo faraone sposò Gilu-Khepa, sorella di Tushratta, e poi verso la fine del suo regno Tadu-Khepa, figlia dello stesso re mitannico. Col faraone corrispondeva allora anche il re di Assiria. Questo paese era nominalmente sotto dominio babilonese, ma in realtà il re di Assiria poteva fare una politica di principe indipendente perché la Babilonia era affatto impotente. L'Egitto intratteneva rapporti stretti anche con i principi della costa meridionale dell'Asia Minore e dell'isola di Cipro, detta Alashia.

Bibl.: O. Schroeder, Die Tontafeln von El-Amarna, Lipsia 1915; Winckler, in Keilinschriftliche Bibliothek, V; J. S. Knudtzon, Die El-Amarna Tafeln, Lipsia 1915 (Vorderasiatische Bibliothek, II); sul periodo di el-‛Amārnah si vedano le storie dell'Oriente antico e dell'antichità del Meyer, del Maspero, del Hall, la Cambridge Ancient History; Fr. Bilabel, Geschichte Vorderasiens und Ägyptens vom 16.-11. Jahrhundert v. Chr., Heidelberg 1927, pp. 73-93; C. Niebuhr, Die Amarna-Zeit, Lipsia 1903; A. Moret e G. Davy, Des clans aux empires, Parigi 1923; A. Moret, Au temps des pharaons, ivi 1922; J. Baikie, The Amarna age, Londra 1926.

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