TELERILEVAMENTO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

TELERILEVAMENTO

Giovanni D'Auria

Il t. considera le tecniche e i fondamenti fisici per acquisire informazioni sulle caratteristiche fisiche o morfologiche di materiali, o sistemi di corpi, posti a distanza dall'osservatore. Le tecniche riguardano la progettazione degli strumenti appropriati, l'estrazione delle grandezze fisiche che forniscono dati, nonché le elaborazioni necessarie per ottenere le informazioni richieste dai dati strumentali. I fondamenti fisici sono basati sulla propagazione, interazione ed emissione propria di onde elettromagnetiche o acustiche riguardanti i mezzi stessi. Le onde elettromagnetiche di maggior diffusione hanno bande di frequenza che vanno dalle basse radiofrequenze a quelle ottiche, attraverso le microonde e l'infrarosso, con una diversificazione delle tecniche usate. Per le onde acustiche le frequenze più usate vanno da pochi Hz a diverse decine di kHz. I mezzi considerati sono per lo più naturali (atmosfera, superficie marina e terrestre) e pertanto descrivibili statisticamente.

Il termine inglese remote sensing esprime meglio di altri lo sviluppo storico e gli intenti dei primi esperimenti che hanno portato all'assetto attuale del telerilevamento. Di fatto, grazie a questi esperimenti condotti intorno agli anni Sessanta e che già si stavano arricchendo di apparati potenti e sofisticati, è stato possibile rilevare e comprendere i processi fisici di fenomeni che si svolgevano a distanza dallo sperimentatore e che altrimenti non si sarebbero potuti osservare. Riprendendo tecniche già note nei decenni precedenti, ma non sufficientemente sviluppate per l'inadeguatezza delle apparecchiature impiegate, si è progressivamente allargato l'interesse e il dominio di utilizzazione di questo tipo di sperimentazione. Le osservazioni hanno riguardato le complesse fenomenologie dell'atmosfera e dello stato del mare, e lo stesso suolo con le sue diversificazioni geologiche, del manto vegetale, nevoso, ecc. Non si è trattato solamente di osservazioni, anche se quantitative, di fenomeni fisici o biofisici, ma anche di un'estensione delle nostre facoltà percettive a distanza, che già la fotografia, molti anni prima, aveva fatto intravedere. Data l'imprecisione di molti esperimenti iniziali, non è facile stabilire una priorità tra le diverse tecniche usate in passato, come predecessori del telerilevamento. Esempi sono stati i sondaggi acustici nel mare e nel sottosuolo, i sondaggi ionosferici mediante tecniche elettromagnetiche impulsive, dunque simili al radar, le stesse osservazioni radar, i rilevamenti fotografici nel visibile e nell'infrarosso, con filtri e con pellicole spettralmente sensibili, ecc. Queste tecniche avevano già avuto un impatto benefico su molte applicazioni, ma non vi è dubbio che l'identità del t. si è delineata quando lo sviluppo delle tecnologie elettroniche ha consentito la costruzione di strumenti di misura (sensori) sensibili e affidabili e l'uso dell'elaborazione elettronica dei dati di misura (v. anche sensore, in questa Appendice). Già a partire dagli anni Settanta alcune riviste in lingua inglese, specializzate in argomenti di geofisica e di fotogrammetria, hanno modificato la propria intestazione aggiungendo il termine remote sensing, e diverse nuove riviste sono apparse con questa intestazione.

Il lancio di satelliti equipaggiati con sensori di t. e il più esteso sfruttamento delle frequenze utilizzate (dall'ottica alle microonde) hanno notevolmente accresciuto le potenzialità del t. e le sue aree di applicazione. Le basi scientifiche del t. risiedono essenzialmente nell'interazione dell'energia elettromagnetica con i mezzi naturali, sicché grande profitto si è tratto dalle conoscenze già approfondite sulla propagazione elettromagnetica. Queste si sono maggiormente accresciute in seguito alla declassificazione militare di molti studi (sul radar, sui sondaggi acustici, all'infrarosso, ecc.), avvenuta dopo la seconda guerra mondiale. Per es. la tecnica radar, già usata per applicazioni militari, è divenuta, nelle diverse forme, d'importanza fondamentale nel telerilevamento.

Le tecniche di t. mettono quindi in grado di ''sentire'' i fenomeni che si svolgono a distanza: sentire nel senso di ''percepire'' e di ''acquisire quantitativamente''. Al riguardo sono stati coniati slogan per evidenziare come, mediante il t., l'uomo abbia esteso le sue facoltà sensoriali. Tutto ciò è in relazione al notevole impatto che il t. ha avuto fin dall'inizio sull'ambiente. È utile ricordare come la storia della civiltà abbia da sempre registrato una continua crescita della dimensione dell'ambiente naturale e una conseguente sempre maggiore interazione dell'uomo con esso. Da un'interazione intesa ai primordi come accettazione passiva di un ambiente limitato e locale, si è progressivamente passati a un'interazione sempre più attiva, in un contesto più esteso e su scala globale. E se si è voluto acquisire una sempre maggiore conoscenza dell'ambiente, ciò è avvenuto per prevederlo, prevenirlo, controllarlo ed eventualmente modificarlo. Ma per realizzare un tale programma, è necessario raccogliere quante più informazioni possibili sull'ambiente. Tuttavia la stessa natura aleatoria dei parametri ambientali esclude che si possa giungere a una significativa raccolta di dati ambientali basandosi solo su sensori locali e spazialmente separati. Occorrerebbe una rete molto fitta di tali sensori funzionanti con continuità, ammesso che ciò sia possibile in località inaccessibili, e che la gestione di una così grande massa di dati sia realizzabile. Il t. si pone in antitesi al metodo della raccolta di dati mediante sensori locali, perché può fornire informazioni ambientali non solo con continuità su località vaste e anche non accessibili, ma pure in forma diversa, non puntuale ma integrata, cosa che può risultare significativa per molte applicazioni.

Le basi del telerilevamento. - Il t. trae profitto dall'interazione dell'energia elettromagnetica (o acustica) con i mezzi naturali per arrivare a determinare i parametri salienti dei mezzi stessi. I sensori costituiscono gli elementi di misura per caratterizzare gli effetti dell'interazione mediante parametri opportuni (parametri d'interazione), quali il coefficiente radar, l'emissività, ecc. I sensori possono essere classificati in attivi e passivi, e corrispondentemente si considerano due diverse tecniche di telerilevamento. I sensori attivi sono costituiti da un ricevitore che preleva il campo elettromagnetico diffuso dal mezzo appositamente irradiato da una sorgente. Nel visibile la stessa radiazione solare può essere usata per questo scopo (camere multispettrali). Il radar, da cui molti sensori attivi traggono origine, dispone di una sorgente propria (trasmettitore), usualmente alloggiata insieme al ricevitore, spesso modulata in guisa che si possa realizzare una più elevata risoluzione. I sensori passivi o radiometri sono ricevitori sensibili, opportunamente tarati per poter captare e misurare la radiazione elettromagnetica prodotta dal mezzo per emissione termica. I parametri che caratterizzano l'interazione elettromagnetica sono funzione dei parametri ambientali, geofisici o biofisici che si vogliano conoscere. Usando tali parametri per descrivere le strutture e le caratteristiche elettromagnetiche del mezzo, mediante modelli elettromagnetici è possibile ricavare i corrispondenti parametri d'interazione. Ciò costituisce la soluzione del problema diretto o di analisi elettromagnetica. Per illustrare le potenzialità attuali del t., nella tabella diamo un elenco esemplificativo dei parametri ambientali per i quali si dispone di modelli matematici sufficientemente affidabili.

Il problema inverso, caratteristico del t., consiste nel risolvere l'equazione che lega i parametri d'interazione a quelli ambientali, rispetto a questi ultimi. I parametri d'interazione sono spesso legati ai parametri ambientali da relazioni integrali, e la soluzione della corrispondente equazione non ha in genere una soluzione unica. Gli algoritmi utilizzati per il calcolo comunque palesano l'insorgere di errori e imprecisioni. La stessa antenna presente in ogni sensore (e qui per antenna intendiamo la struttura capace di convogliare la radiazione elettromagnetica verso il ricevitore, indipendentemente dalla forma che essa assume per le diverse bande di frequenza, ottica o a microonde) effettua un'operazione d'integrazione sul campo elettromagnetico incidente, riducendo la risoluzione spaziale. Anche qui siamo in presenza di un problema inverso nel caso si voglia ricostruire l'informazione presente nel campo elettromagnetico incidente. C'è anche da considerare che la radiazione incidente sul sensore non contiene solamente l'informazione voluta sull'effetto d'interazione, perché altri fenomeni (quanto meno l'attenuazione di percorso) possono essere contemporaneamente presenti contaminando l'informazione stessa. Altre volte i modelli fisico-matematici su cui bisogna operare l'inversione sono troppo labili o imprecisi. In questi casi si può ricorrere a modelli interpretativi basati sul confronto con situazioni di riferimento rilevate direttamente in situ. Questi e altri motivi rendono di grande importanza lo studio degli algoritmi di estrazione nel telerilevamento. Per la determinazione del parametro ambientale ricercato e del suo andamento spaziale sono in genere richieste più misure, il più possibile indipendenti tra loro. A tal fine, dal punto di vista operativo, è necessario variare le condizioni di misura in successione o fare uso di più sensori. La possibilità di movimento del sensore, sia esso angolare (sensori a scansione) oppure di traslazione perché a bordo di piattaforme mobili (aerei o satelliti), consente l'osservazione dello scenario sotto diverse angolazioni. Inoltre può essere variata la frequenza, nella stessa banda o in bande diverse (sensori multicanale), oppure la polarizzazione dell'onda trasmessa e/o ricevuta. La tendenza attuale è verso l'uso di sensori non solo multiparametro, ma anche di tipo diverso (sinergismo di sensori), quali per es. radar e radiometri operanti contemporaneamente per un più accurato telerilevamento.

Utilizzo dello spettro elettromagnetico nel telerilevamento. - Data la grande estensione dello spettro elettromagnetico utilizzato per il t. e, conseguentemente, della varietà delle tecnologie impiegate nei sensori e delle caratteristiche di utilizzazione, è conveniente suddividere le tecniche di t. per bande di frequenza. Così si parlerà di t. a microonde, a onde millimetriche e submillimetriche, all'infrarosso e ottico, per citare le bande di maggiore rilevanza. In fig. 1 è riportata per l'intera estensione dello spettro la corrispondenza tra la lunghezza d'onda λ e la frequenza ν. Le proprietà d'interazione con i mezzi naturali variano considerevolmente con la banda usata. All'aumentare della lunghezza d'onda la penetrazione della radiazione elettromagnetica nel mezzo diviene maggiore, consentendo di estrarre informazioni dagli strati più profondi dello scenario. Viceversa, al diminuire della lunghezza d'onda le informazioni estraibili riguardano solo un sottile strato superficiale. Quando la lunghezza d'onda è comparabile alla dimensione prevalente degli oggetti nello scenario, le caratteristiche di forma geometrica acquistano maggiore importanza.

Nelle diverse bande anche le proprietà di assorbimento del mezzo variano. Per i mezzi gassosi, quali l'atmosfera, molte bande hanno picchi di assorbimento in corrispondenza di determinate frequenze (righe di emissione dei vari costituenti). L'uso di queste frequenze può consentire il t. delle concentrazioni del costituente stesso e di altri parametri atmosferici; tuttavia, poiché l'atmosfera s'interpone comunque fra lo scenario e il sensore, l'assorbimento e quindi l'attenuazione prodotta diviene sempre un fattore negativo per il telerilevamento. Per es., in presenza di nuvole, l'assorbimento aumenta considerevolmente rendendo praticamente impossibili le osservazioni. Solo nelle bande delle microonde e per frequenze inferiori, l'assorbimento si mantiene entro valori accettabili, facendo dunque preferire questa banda per osservazioni in quasi ogni condizione meteorologica. Le tecnologie dei sensori sono diverse per le varie bande e così pure le loro prestazioni. In particolare la dimensione dell'antenna, comparata con la lunghezza d'onda, determina la risoluzione spaziale del sensore che migliora al diminuire della lunghezza d'onda. Poiché intervengono sempre difficoltà tecniche nella costruzione e installazione di antenne di grandi dimensioni, se ne conclude che bande a frequenza più alta agevolano l'ottenimento di alte risoluzioni.

Interazione elettromagnetica con i mezzi naturali. - I fenomeni d'interazione sono essenzialmente due: l'assorbimento (con associata emissione) e la reirradiazione (riflessione e diffusione), ed è quindi necessario definire adeguati parametri per caratterizzare questi fenomeni. La loro definizione, data la natura aleatoria del problema, si deve effettuare in ambito statistico, e ciò comporta sempre un'operazione di media da effettuare nell'insieme delle possibili realizzazioni del mezzo stesso. La terminologia in uso non risulta tuttora unificata variando principalmente, per tradizione, per le diverse bande di frequenza, dall'ottica alle microonde. Qui si farà riferimento alla terminologia delle microonde solo perché è di più recente introduzione e forse più mirata alle applicazioni del telerilevamento.

Come esempio facciamo riferimento al caso (fig. 2) di una superficie naturale estesa, illuminata da un'onda elettromagnetica generata da un trasmettitore a sufficiente distanza. Si suppone che lo spazio sia libero al di sopra della superficie. In un elemento di superficie ΔA incide una densità di potenza P0 (intensità del vettore di Poyting, in Wm-2). L'area illuminata è tuttavia maggiore di ΔA e dipende dal diagramma di radiazione dell'antenna trasmittente, e approssimativamente si assume che sia l'impronta del lobo principale sulla superficie. Il ricevitore ha un'antenna con area equivalente Aeq ed è ugualmente posto a grande distanza dalla superficie osservata sotto una data angolazione θr. Nel caso monostatico le direzioni di puntamento delle due antenne coincidono. Della potenza incidente in ΔA, supponendo il mezzo sottostante la superficie comunque con perdite e di notevole spessore, una parte viene assorbita e l'altra diffusa in ogni direzione. La distribuzione angolare della potenza diffusa è legata alla rugosità della superficie. Minore è la rugosità e più la potenza diffusa tende a concentrarsi nella direzione speculare.

Per la superficie si definisce un coefficiente di diffusione bistatico, o coefficiente radar, nel seguente modo:

in cui i pedici ij indicano la polarizzazione dell'onda trasmessa e ricevuta (per es. orizzontale o verticale), la parentesi acuta indica l'operazione di media statistica, R la distanza di ΔA dal ricevitore e Pr la densità di potenza che giunge al ricevitore. La dimensione dell'elemento ΔA dev'essere scelta in relazione alla scala della rugosità superficiale, in modo che sia rappresentativa della sua statistica. L'operazione di media che si effettua fa sì che σ0ij possa ritenersi una funzione continua di punto sulla superficie; in forma differenziale può scriversi:

dove r è la densità di potenza media ricevuta e σ0ijdA è la sezione radar differenziale dell'elemento di superficie. Poiché la potenza ricevuta Wr da un'antenna è: Wr = PrAeq, la [2] può anche scriversi:

dove con dΩ si è indicato l'elemento di angolo solido che sottende dA. Per ottenere la potenza Wr ricevuta occorre integrare l'equazione [3] sugli angoli incidenti e diffusi corrispondenti all'area illuminata. La [3] o il suo integrale costituisce la base del t. attivo, mediante il quale è possibile appunto caratterizzare il mezzo attraverso il coefficiente σ0ij.

Nel t. passivo, l'antenna ricevente preleva la potenza Wr dalla radiazione elettromagnetica emessa per effetto termico dalla superficie, in virtù della sua temperatura fisica. Tale radiazione è espressa dalla brillanza B, definita come potenza per unità di area e di angolo solido (unità di misura Wm-2 sr-1). Per un mezzo generico si ha: B = ej BCN, dove viene indicata con BCN la brillanza emessa da un corpo nero alla stessa temperatura T e data dalla formula di Planck, mentre con ej s'indica il coefficiente di emissività della superficie, per la polarizzazione j, che è una funzione di punto, della direzione di emissione e delle caratteristiche della superficie. Ancora per la proprietà dell'antenna ricevente si può scrivere:

dWr = 1ejBCN Aeq dΩ [4]

La [4] o il suo integrale costituisce la base del t. passivo in cui il coefficiente ej rappresenta la caratterizzazione del mezzo. Si osserva che le [3] e [4] hanno una formula strutturale simile che può così esprimersi:

dWrAeq dΩ [5]

in cui la funzione Φ rappresenta secondo una trattazione generalizzata una densità spettrale spaziale di quantità fisiche pertinenti la superficie. Del resto i due coefficienti σ0ij ed ej, non sono tra loro indipendenti, e si può mostrare che l'emissività ej è ricavabile da σ0ij mediante un'integrazione sull'intero angolo solido relativo al semispazio superiore (formula di Peacke).

La temperatura fisica che un corpo assume in condizione di equilibrio con lo spazio circostante è una conseguenza dell'emissione termica (di cui è descrittore l'emissività ej) e della frazione di potenza che esso è capace di assorbire dall'esterno (assorbività). Questa è il complemento a uno dell'albedo (frazione di potenza che è reirradiata dalla superficie), che a sua volta si ottiene per integrazione di σ〈ΦΟ>0ij sull'intero angolo solido. Da ciò discende che la differenza tra t. attivo e passivo non è sostanziale, ma la scelta operativa è legata alla facilità o meno di estrarre il parametro ambientale richiesto, considerando anche le prestazioni del sensore e le altre condizioni di misura.

A modifica di quanto detto interviene la presenza dell'atmosfera soprastante la superficie. Per il t. attivo ciò comporta la presenza di un fattore di attenuazione nei due percorsi trasmettitore-superficie e superficie-ricevitore. Nel t. passivo il problema è più complesso perché l'emissione propria atmosferica o di altre sorgenti extraterrestri incide sulla superficie che ridiffonde l'energia verso il ricevitore. Si può tener conto di ciò modificando la brillanza propria della superficie (brillanza apparente). Nel caso di mezzi penetrabili quali l'atmosfera si fa ricorso ad altri coefficienti di diffusione definiti per unità di volume. Il coefficiente di diffusione bistatico viene così definito:

in cui ΔV rappresenta un elemento di volume del mezzo attraversato dalla radiazione dove esistono elementi diffondenti, per es. goccioline di pioggia per la banda delle microonde, oppure aerosoli per quella ottica o dell'infrarosso. Affinché le particelle presenti in ΔV abbiano proprietà diffondenti è necessario che le loro dimensioni non siano molto più piccole della lunghezza d'onda della radiazione. Definendo in modo analogo altri coefficienti per l'assorbimento e l'emissione, si può giungere a un'equazione che descrive l'andamento della brillanza lungo un percorso nel mezzo attraversato (equazione del trasferimento radiativo). Mediante tale equazione si stabiliscono molti dei modelli necessari per l'estrazione dell'informazione ambientale.

Algoritmi di estrazione dell'informazione ambientale: il problema inverso. -Se si dispone di un adeguato modello fisico matematico è spesso possibile giungere a una formulazione approssimata del problema di t. nel seguente modo:

in cui g(ym) è il risultato della misura al variare del parametro ym, f(x) è la grandezza richiesta, s(ym;x) il nucleo d'integrazione o funzione peso e n(ym) rappresenta gli errori introdotti di diversa natura (rumore, errori di modello, di calcolo numerico, ecc.). La [7] rappresenta un'equazione integrale di Fredholm di prima specie e in generale non ammette soluzione unica. Per un calcolo numerico, mediante quadratura, si giunge all'equazione matriciale:

G = [S]F + N [8]

in cui G, F e N rappresentano vettori e [S] una matrice p × q dove q è il numero di punti in cui la f(x) è calcolata. Spesso pq e una stima della soluzione F̂ può ricavarsi:

F̂ = ([S]T[S])−1[S]T(G + N) [9]

dove [S]T è la matrice trasposta di [S]. La [9] rappresenta l'essenza del problema inverso. Risulta che la stima trovata è fondamentalmente instabile, in quanto anche piccoli valori di N danno luogo a esaltate variazioni in F̂. Ciò è dovuto al malcondizionamento della matrice ([S]T[S]), sicché il problema inverso dà generalmente luogo, in questo senso, a un problema malposto.

Un motivo fisico di ciò va ricercato nel fatto che le funzioni peso s(ym;x) al variare di ym parzialmente si sovrappongono, cosicché le diverse misure non sono tra loro indipendenti. Diversi algoritmi sono stati proposti per trovare stime adeguate al problema inverso. Alcuni introducono un fattore di smorzamento per evitare che la stima assuma una componente oscillatoria incontrollata (Twomey). Altri fanno uso della conoscenza statistica che si può avere della funzione f(x) e dell'errore n(ym) (Strand e Westwater) come vincolo sulla soluzione. Senza dubbio ogni conoscenza a priori di f(x) che s'imponga alla soluzione (per es. la positività o la limitatezza) mostra effetti benefici nella risoluzione del problema inverso.

In molti problemi le misure possono essere condotte variando con continuità ym (ymy), inoltre si può ammettere invarianza spaziale per la funzione peso, cioè s(y;x) = s(y-x). L'integrale della [7] diviene in questo caso di convoluzione, sicché nel dominio Fourier-trasformato delle frequenze spaziali s, la [7] può scriversi:

G(s) = S(s)F(s) + N(s) [10]

dove con le lettere maiuscole si sono indicate le F-trasformate delle corrispondenti funzioni di punto. Per es., questo è il caso del problema inverso rappresentato da un'antenna che esegue una scansione angolare. Dalla [10] appare che l'antenna agisce come un filtro di frequenze spaziali con funzione di trasferimento S(s). In fig. 3 è rappresentata la funzione S(s) per un'antenna monodimensionale. Si osserva che non vengono riprodotte frequenze spaziali superiori a quella di taglio, cioè non vengono riprodotti i dettagli fini dello scenario, con conseguente riduzione della risoluzione. Si ripresentano qui, in un altro contesto, le considerazioni già fatte sui problemi malposti.

Non sempre è possibile fare ricorso per l'estrazione dell'informazione a formulazioni matematiche del tipo [7]. Per talune applicazioni (mappe tematiche) la quantità osservata viene semplicemente rappresentata in mappa con una scala dei grigi o con un'opportuna codifica di colori, dopo un'eventuale correzione di errori in essa presenti e un posizionamento topografico. Se il sensore lo consente (per es. sensori multispettrali), si possono produrre più mappe sovrapponentisi, variando i parametri di misura. In questi casi l'obiettivo è la rilevazione delle caratteristiche salienti dell'immagine (per es. tessitura, caratteristiche spaziali e spettrali, ecc.) che è di grande utilità per la classificazione del territorio o per rilevare l'insorgere di fenomeni importanti. In questi casi il t. si presenta come un'estensione della potenzialità e dei metodi propri della fotogrammetria, disponendo di una più larga varietà di sensori.

Possibilità di uso dei vari sensori. - Nella tabella è riportato un limitato elenco dei parametri ambientali che si possono ricavare a seconda dei sensori, e sono riportate anche le diverse forme in cui i dati ambientali vengono generalmente forniti per i fini degli utilizzatori, e le rispettive aree applicative.

I radar operano a microonde e quindi sono adatti a osservazioni anche con coperture nuvolose. Il trasmettitore è generalmente modulato o a impulsi (coerenti o non) o in frequenza o in entrambe le modulazioni (compressione d'impulso). In questo modo è possibile separare i contributi di diffusione che provengono da corpi a diversa distanza (discriminazione di distanza). Questa proprietà, nell'osservare mediante scansione dell'antenna uno scenario su una data superficie, si traduce in una risoluzione spaziale non più solamente legata all'ampiezza del lobo di antenna (e quindi alle sue dimensioni). I radar meteorologici, oltre a essere provvisti di scansione angolare, possono rilevare gli scostamenti di frequenza rispetto alla portante per effetto Doppler e, quindi, determinare la velocità di spostamento di masse d'aria e di sistemi nuvolosi. I radar altimetri sono installati su piattaforme mobili (aerei o satelliti), non hanno scansione e sono puntati verso il nadir, usando la discriminazione di distanza per determinare i livelli della superficie, generalmente marina. Gli scatterometri sono radar predisposti per la misura accurata della potenza diffusa. Hanno antenne a più lobi che, puntati sulla superficie marina, ricavano la velocità e la direzione del vento sovrastante, mediante la determinazione del moto ondoso (a piccola scala) che si sviluppa per azione del vento. I radar d'immagine consentono la produzione di mappe anche senza scansione perché installati su piattaforme mobili. Nello SLAR (Side-Looking Airborne Radar) il puntamento dell'antenna è trasversalmente obliquo rispetto al movimento. Nel SAR (Synthetic Aperture Radar), con analogo puntamento, si ottiene un'elevatissima risoluzione (circa 25 m × 25 m), indipendente dall'altezza del sorvolo, per il particolare trattamento del segnale ricevuto: infatti, sfruttando l'effetto Doppler, si possono anche discriminare i diversi elementi d'immagine (pixel) per la loro diversa componente radiale di velocità relativa.

Il lidar, di più recente introduzione, usa il laser (nel visibile o nel vicino infrarosso) come trasmettitore e può considerarsi la versione ottica del radar. Data la più complessa interazione con i mezzi naturali nella banda ottica (effetto Raman, fluorescenza, ecc.) per la presenza anche di diffusione anelastica, il lidar può presentare, in molte applicazioni, una più elevata sensibilità.

Il sonar usa energia acustica come sorgente e pertanto sfrutta l'interazione delle onde acustiche con il mezzo. È molto sensibile alle irregolarità di alcuni parametri del mezzo (per es. la temperatura).

Le camere multispettrali, nel visibile o nel vicino infrarosso, usano l'energia solare come sorgente illuminante; il loro uso è quindi limitato alle ore diurne con atmosfera chiara. Comprendono più ricevitori operanti su scelte frequenze; in una prima versione (MSS) le camere multispettrali sono state installate sul Landsat, il primo satellite operativo di t. per usi civili. I sensori passivi sono detti radiometri e operano nell'infrarosso o a microonde, sfruttando l'emissione propria dei corpi. Sono di vasto impiego in installazioni sia al suolo sia aeree o spaziali. Possono prevedere un moto di scansione dell'antenna e, in più, utilizzare il movimento proprio del velivolo per produrre mappe; in genere hanno requisiti limitati di costo, ingombro, peso e consumo. I radiometri a infrarosso sono limitati nell'uso per l'opacità atmosferica (nuvole e bande assorbite), ma hanno elevata risoluzione. Invece i radiometri a microonde hanno minore risoluzione, ma possono operare in quasi ogni condizione atmosferica. In generale i radiometri possiedono più ricevitori (canali) a diverse bande ovvero possono effettuare uno spazzolamento continuo in frequenza (spettrometri). I ricevitori dei radiometri hanno elevata sensibilità e possiedono sorgenti interne di riferimento per effettuare la calibratura della brillanza misurata. Vedi tav. f.t.

Bibl.: F.T. Ulaby, R.K. Moore, A.C. Fung, Microwave remote sensing, 3 voll., Londra 1981, 1982, 1986; Manual of remote sensing, a cura di R.N. Colwell, 2 voll., Falls Church (Virginia) 1983; C. Elachi, Introduction to the phisics and techniques of remote sensing, New York 1988. Articoli sull'argomento compaiono correntemente sulle seguenti riviste: IEEE Transaction on Geoscience and Remote Sensing; Photogrammetry Engineering and Remote Sensing; International Journal of Remote Sensing; Remote Sensing of Environment, e sulla rivista italiana Alta Frequenza.

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