TECNOPOLITICA

Enciclopedia Italiana - VII Appendice (2007)

Tecnopolitica

Stefano Rodotà

La democrazia elettronica

Con il termine tecnopolitica non si intende sottolineare solo che la politica si è sempre servita delle tecniche via via disponibili per finalità di comunicazione, organizzazione, controllo, ma si vuole soprattutto segnalare un fenomeno tipico della fase più recente, che vede le tecnologie dell'informazione e della comunicazione strutturare in forme nuove la stessa politica, creando addirittura sfere pubbliche che sono distinte da quelle costruite attraverso i canali politici tradizionali, mutando anche la natura delle organizzazioni sociali.

L'ampio impiego delle tecnologie della comunicazione si coglie già negli anni Trenta del Novecento con il diffondersi della radio e del cinema. Sono divenute proverbiali le fireside chats, le conversazioni accanto al caminetto del presidente degli Stati Uniti F.D. Roosevelt, che il 12 marzo 1933 si rivolse per radio a tutti gli americani, instaurando con loro un rapporto diretto che si sarebbe istituzionalizzato negli anni successivi. Inaugurando nel 1937 Cinecittà, B. Mussolini parlò del cinema come dell'"arma più potente", cogliendo un aspetto fondamentale dell'importanza del nuovo mezzo, destinato a stabilizzarsi nelle varie sue utilizzazioni come strumento di persuasione. Con l'avvento della televisione tale processo conobbe un'accelerazione forte e decisiva e cominciarono a manifestarsi effetti che mostrarono come il mezzo potesse modificare il modo di essere della politica, imponendo nuove forme di selezione e legittimazione dei candidati (per es., aspetto gradevole, capacità di avvicinarsi a stereotipi collaudati nei programmi di intrattenimento, addirittura passaggio diretto dalla proprietà delle reti a ruoli politici ecc.) e una semplificazione delle modalità della comunicazione politica (che, per tempi e per contenuti, si avvicina allo stile caratteristico dello spot pubblicitario). Il diffondersi delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e in primo luogo l'espansione planetaria di Internet, fanno parlare di un cambiamento radicale. Le tecnologie precedenti instauravano una comunicazione verticale, a una sola via, vale a dire dall'alto verso il basso, esaltando il potere del comunicatore e la passività della platea di coloro i quali ricevevano il suo messaggio. Le nuove tecnologie modificano questo quadro. La comunicazione diventa orizzontale, paritaria, può procedere dal basso verso l'alto, può fare a meno dei tradizionali mediatori sociali, espandendo i poteri individuali e collettivi, e rivelando potenzialità egualitarie. La natura stessa del sistema politico ne risulta influenzata. Nel linguaggio corrente per indicare tale nuovo contesto compare l'espressione democrazia elettronica.

L'impatto delle tecnologie

La tecnologia diventa prodiga di promesse; offre alla democrazia strumenti per combattere l'efficienza declinante e arriva a proporne addirittura una rigenerazione. Si sperimenta sempre più largamente il voto elettronico, non soltanto per semplificare le operazioni elettorali, ma nella speranza che lo snellimento delle procedure di voto sia in grado di contribuire a ridurre l'astensionismo. La prospettiva dei referendum elettronici, o di una immensa electronic town hall (municipio elettronico) corrispondente a un'intera nazione, ha fatto da tempo riproporre l'immagine di una democrazia che, riguadagnato il suo popolo, torna ad abbeverarsi alle antiche sorgenti, alla democrazia diretta ateniese.

Accanto a queste ipotesi estreme si colloca un'infinità di varianti, volte a prospettare in diverse maniere una partecipazione sempre più larga ai processi di decisione. La democrazia deliberativa sembra imboccare le vie obbligate della tecnopolitica. Accompagnando l'intero processo politico e amministrativo, grazie all'ausilio delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, la democrazia si fa 'continua' con il ricorso ai sondaggi e alle mobilitazioni via Internet, con la diffusione delle informazioni e l'accesso planetario alla conoscenza, con la progressiva trasformazione dei rapporti tra politica e cittadini.

Le vie della t. non vanno però in una sola direzione. Al modificarsi del punto di osservazione, ci si avvede che le variegate possibilità offerte dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione trasformano la politica in forme non riconducibili unicamente all'espansione delle possibilità di partecipazione, aprendo invece le porte a processi di manipolazione e di controllo, e anche al potere di gruppi ristretti. La congiunzione tra estrema personalizzazione e uso crescente delle tecnologie per una comunicazione diretta tra leader e cittadini può anche configurare una forma politica congeniale alla democrazia plebiscitaria, al populismo del nostro tempo. Convivono, fianco a fianco, tecnologie della libertà e tecnologie del controllo. Inoltre, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione non arrivano nel mondo della politica allo stato puro. Soprattutto nella fase iniziale di tale processo di assimilazione, la politica ne ha conosciuto la versione elaborata per strategie di mercato. Si è così parlato di marketing politico, con una deformazione dell'idea di politica che le tecniche adoperate hanno trasformato in un prodotto da vendere.

Sviluppi promettenti e insidie della tecnologia

Nei primi anni del 21° sec. ha perduto forza l'ipotesi estrema di una democrazia elettronica che, in una rozza versione della democrazia dell'agorà, avrebbe dovuto portare alla cancellazione dei luoghi della rappresentanza. Si è divenuti consapevoli del fatto che, in tal modo, si sarebbe piuttosto materializzato uno dei sogni d'ogni populista, la cancellazione del Parlamento attraverso il rapporto diretto tra il leader al vertice della piramide del potere e la massa dei cittadini.

Messo da parte tale pericoloso modello nel quale, dietro l'illusione della sovranità, si scorgeva il rischio di un'estrema manipolazione dei cittadini, la democrazia elettronica ha percorso altre strade. L'attenzione è stata rivolta alle nuove forme di distribuzione del potere, all'emergere di nuovi soggetti e di nuove forme della politica. È stata privilegiata la dimensione locale, facendo crescere l'efficienza amministrativa e creando così le condizioni concrete per poter tornare a riflettere sulla partecipazione dei cittadini senza peraltro nulla concedere a tentazioni plebiscitarie. Si usa Internet, il maggior spazio pubblico che l'umanità abbia conosciuto, cercando di garantire rispetto dei diritti, opportunità di partecipazione, accesso alla conoscenza. Internet si è così rivelato un incubatore di forme di partecipazione dal basso della politica, ben diverse da quelle tradizionali della democrazia rappresentativa. Si tratta di una rivoluzione che ha dissolto vecchi legami sociali e politici, ha accelerato i fenomeni di deterritorializzazione, ha contribuito alla nascita di un mercato globale e di nuove forme di controllo dei soggetti che vi agiscono, ha, infine, determinato la nascita di comunità software free e open source. L'esplosione della blogsfera ha prodotto un nuovo spazio pubblico.

Tuttavia lo sguardo non può essere rivolto solo a taluni promettenti sviluppi, trascurando altri fenomeni che, invece, insidiano la democrazia. Spesso ai cittadini viene promesso un futuro pieno di efficienza amministrativa e occultato un presente in cui si moltiplicano gli strumenti di un controllo sempre più invasivo e capillare. Sembra quasi che si stiano realizzando due mondi non comunicanti e che l'e-government, l'amministrazione elettronica, possa evolversi senza tener conto della contemporanea compressione di diritti individuali e collettivi, motivata da esigenze di efficienza o di sicurezza. La 'resa democratica' delle tecnologie dev'essere misurata considerando l'insieme dei loro effetti sociali; in caso contrario si originerebbe una sorta di schizofrenia istituzionale. Non è possibile separare la questione dell'e-government da quella dell'e-democracy. Nel momento in cui la tecnologia viene sempre più massicciamente impiegata per la creazione di una società della sorveglianza, della classificazione e del controllo, bisogna in ogni momento definire le condizioni necessarie allo scopo di evitare che la società della sorveglianza si risolva nel controllo autoritario, nella discriminazione, in vecchie e nuove stratificazioni sociali produttive di esclusione, nel dominio pieno di una logica di mercato che cerca una ulteriore legittimazione proprio nella tecnologia. Ciò esige processi sociali, soluzioni istituzionali capaci di tener fermo il quadro della democrazia e dei diritti di libertà.

La nuova dimensione offerta da una t. al servizio della libertà si coglie nel significato diverso che luoghi tradizionali e tecniche abituali assumono per il fatto di essere collocati in una struttura diversa, orizzontale e non verticale, in una rete di rapporti che dà rilievo a ogni partecipante. Il diffondersi della possibilità di essere 'ovunque', e il poterlo fare senza dover seguire indicazioni provenienti dall'alto, mette in discussione l'idea di una politica fatta di spazi chiusi, di luoghi deputati accessibili soltanto mediante procedure selettive. L''ubiquità' delle persone, consentita dall'impiego delle nuove tecnologie, modifica i processi sociali, politici, economici, della conoscenza. Siamo di fronte a forme inedite di creazione di spazi pubblici, di espaces citoyen, che non portano naturalmente impresso il marchio della democrazia, ma sicuramente possono ribaltare gerarchie e liberare da vincoli impropri, con effetti immediati di rafforzamento dell'eguaglianza. Si avviano così processi di inclusione in una sfera pubblica rinnovata e diversa da quella che conoscevamo, rappresentata da Internet, grande metafora di tutte le potenzialità nascenti, per la quale si pone il problema di una 'costituzione' che ne garantisca le possibilità di utilizzazione libera.

bibliografia

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