Tarlati

Enciclopedia Dantesca (1970)

Tarlati

Renato Piattoli

Famiglia di origine longobarda, discesa da un tal Teuzone dei marchesi di Colle, poi marchesi di Santa Maria; capostipite dei T. storici sarebbe stato un Adalberto vissuto nel sec. XI; secondo altri scrittori, come il cronista in versi aretino Bartolomeo di ser Gorello, proverrebbero da Tuliano, castello del Casentino. Quando Arezzo divenne comune, i T. se ne sentirono attratti, e, per esservi più vicini o a maggior contatto, si costruirono un valido castello a otto chilometri dalla città nella località Pietramala, donde presero il nome. Costituirono una delle tantissime stirpi di feudatari minori, di nobili che spadroneggiarono in Toscana nei secc. XIII e XIV, soprattutto nelle zone appenniniche; fedelissimi all'Impero, ne sostennero la potenza a spada tratta.

Alla metà del sec. XIII emerge come esponente, poi capo della fazione ghibellina di Arezzo, Tarlato T., che troviamo impegnato nelle varie lotte della sua Parte contro Firenze; fu capitano, poi podestà di Pisa (1276-1277) e sindaco di Castiglion Aretino (1286): in tale veste prestò giuramento di fedeltà al re Roberto d'Asburgo.

L'impegno per la causa ghibellina e la conseguente ostilità contro Firenze fu motivo dominante nella condotta politica dei T., che nel 1297 troviamo a fianco degli Ubertini combattere il vescovo di Arezzo, Bandino dei conti Guidi, favorevole ai guelfi fiorentini; la pace con i Guidi fu fatta nel 1300 mediante il matrimonio di una figlia di Tegrimo Guidi con un figlio di Masio Tarlati. Allorché in Arezzo ci fu la scissione della Parte ghibellina in Verdi e Secchi, i primi furono capeggiati da Uguccione della Faggiuola che faceva leva sulla Parte popolare, mentre gli altri che raccoglievano l'elemento aristocratico-nobiliare furono capeggiati dai T.; da qui l'ostilità fra le due famiglie che si sanò solo nel 1331 col matrimonio di Francesca di Pier Saccone T. con Francesco di Neri della Faggiuola. I T., odiati dalla democrazia, nel 1308 furono esiliati e si rifugiarono in Pisa, ma l'anno successivo furono riammessi in città.

La famiglia raggiunse l'apogeo della potenza nella prima metà del sec. XIV quando Guido di Pietramala fu vescovo di Arezzo dal 1312 e signore della città dal 1321. Acceso sostenitore della causa ghibellina, il T. fu con Uguccione della Faggiuola, Federico da Montefeltro e Castruccio Castracani a capo di tutte le imprese militari della Parte, incorrendo nelle severe censure ecclesiastiche: fu infatti sospeso e poi deposto dalla cattedra vescovile (1325, 1326) e al suo posto fu messo, quale amministratore della sede aretina, Boso Ubertini. Il vescovo scomunicato (nel 1326) mantenne il suo potere nella città tanto da impedire l'insediamento dell'Ubertini; fu quindi con Castruccio a capo delle milizie ghibelline ad Altopascio e nel maggio del 1327 incoronò a Milano Ludovico il Bavaro; seguì poi l'imperatore all'assedio di Pisa, ma subito dopo, durante il viaggio di ritorno in patria, si ammalò e morì nel castello di Montenero d'Orda (21 ottobre 1327). I fratelli di Guido, Tarlatino e Pier Saccone, furono anch'essi significativi esponenti di Parte ghibellina: parteciparono a tutte le imprese del vescovo, di cui ebbero l'eredità mondana; Tarlatino fu nominato dal Bavaro vicario di Pisa (1329), mentre Pier Saccone, vicario imperiale dal 1327, successe al fratello nella signoria di Arezzo ed estese il suo dominio a tutto il Valdarno superiore; fu anche signore di Città di Castello dal 1325 al 1335. La potenza di Pier Saccone allarmò Firenze che promosse una lega contro il T., il quale fu costretto nel 1336 a vendere all'avversaria Arezzo e il Valdarno; tentò quindi di riconquistare la sua signoria, ma riottenne soltanto Sansepolcro, ove morì nel 1356.

D. conobbe il castello di Pietramala e forse lo stesso Pier Saccone quando fu in Arezzo nei primi tempi dell'esilio; ma nelle sue opere non troviamo alcun accenno a membri della famiglia T., neppure al vescovo guerriero che una così gran parte ebbe nelle vicende del ghibellinismo italiano. Il parere unanime dei commentatori, tuttavia, indica ne l'altro ch'annegò correndo in caccia (Pg VI 15) un Guccio T. che però non siamo in grado d'identificare storicamente (v. TARLATI, GUCCIO).

Bibl. - E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, I, Firenze 1668, 194-210; U. Pasqui, Documenti per servire alla storia della città di Arezzo nel Medioevo, III, ibid. 1937, con albero genealogico dei T. per i secoli XI-XVI.

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