TARIM

Enciclopedia Italiana (1937)

TARIM (A. T., 97-98)

Aldo SESTINI
Carlo ERRERA

È il maggior fiume dei bacini chiusi dell'Asia Centrale. Il suo bacino, dal fondo piano, ha forma quasi regolarmente ellittica, con asse allungato da est a ovest, ed è racchiuso fra il Kuen-lun Occidentale e l'Altyn-tagh a sud, il Tianscian e le sue diramazioni a nord. Il vero nome del fiume è Yarkend-darya anche nel basso corso. Il fiume nasce a 5200 m. d'altezza dalla lingua settentrionale del grande ghiacciaio Rimu nel Karakorum, come fu scoperto dalla spedizione italiana De Filippi nel 1915; raccoglie nel suo corso montano lo Shagskam, più breve ma più ricco d'acqua, e il Tashqurghan. Verso 1650 m. d'altezza sbocca fuori dai monti; fino qui è un torrente violentissimo, ma cambia tosto aspetto, dividendosi in più rami riempiti interamente solo nelle piene di luglio-agosto. A Yarkend (1272 m.), ormai in pianura, cede acque in abbondanza per l'irrigazione, che mantiene la grande oasi di Yarkend. Il corso nel fondo del bacino, diretto nell'insieme verso oriente, descrive un grande arco con la concavità rivolta a sud e discende da 1270 m., a circa 810 m. nella bassura paludosa del Lop Nor, dove il fiume ha termine. La pendenza è piccola, anzi per gran tratto veramente minima, e frequenti sono i meandri. Il fiume sl avvicina assai al piede dei monti settentrionali, mentre rimane lontanissimo (fino 450 km.) da quelli del margine sud. Da questo lato anzi il Tarim viene raggiunto solo da un affluente, il Khotan-darya. Gli altri fiumi o torrenti che scendono dalle montagne meridionali perdono interamente le loro acque o sui grandi conoidi che formano un'estesa fascia pedemontana, o, i maggiori, nella pianura desertica tra questa fascia e il Tarim (deserto di Takla-makan). Le acque che si perdono nelle alluvioni dei conoidi risorgono in parte al piede di essi, e mantengono, insieme con le acque derivate artificialmente dai fiumi, tutta una serie di fertili oasi, che formano una lunga fascia marginale, a cui sono legati i centri abitati e le vie di comunicazione. Ma anche dei corsi d'acqua che scendono dal Tian-scian pochi raggiungono il Tarim, e solo dopo un corso per lungo tratto subparallelo a quello del fiume principale. Questi affluenti sono il Kashgar-darya, l'Aq-su, che dà nuova vita al Tarim, molto impoverito per l'evaporazione, l'Inchike e il Konche-darya. Anche da questo lato si ha una fascia, meno regolare, di conoidi e di oasi abitate. Inferiormente il Tarim ha un corso variabile e complicato; fino al 1921 esso piegava a sud-est e poi a sud, dividendosi in due rami paralleli, ma congiunti tra loro da una fitta rete di bracci secondarî morti o attivi, in modo da formare una fascia instabile e paludosa, con laghi e stagni e una fitta vegetazione di canne e tamarischi, per terminare nel Lop Nor a circa 815 m. d'altezza. Nel 1921 il fiume ha ripreso un vecchio alveo, diretto da ovest ad est (Qum-darya); è quello stesso che il fiume aveva abbandonato nel 330 d. C., provocando l'abbandono della città di Loulan, le cui rovine si trovano oggi nel deserto, e causando il disseccamento del Lop. Questo tratto del corso è oggi in pieno deserto, e solo lungo le rive crescono piccoli pioppi ancora giovani e un'abbondante vegetazione di giunchi e tamarischi.

Il Tarim ha nel corso inferiore una portata assai ridotta (a causa delle perdite per evaporazione), in media di circa 64 mc. al secondo, di 170 mc. al massimo d'ottobre. La portata è del resto molto variabile nei varî tratti del corso e così il regime. La piena causata dallo scioglimento delle nevi è primaverile in montagna, cade nel giugno-agosto a Yarkend, nell'ottobre nel corso inferiore. Una piena secondaria ha origine dal disgelo delle acque stesse del fiume (nel marzo a Yarkend). Il fiume ha una lunghezza di circa 2750 km. e il suo bacino idrografico si stende su kmq. 917.000, dei quali però almeno 470.000 kmq. non dànno affatto acqua.

Il fondo piano del bacino del Tarim, esteso circa kmq. 470.000, è elevato 1400-1000 m. presso i margini e circa 800 nella parte orientale, mentre le catene montuose che lo recingono raggiungono altezze di 7-8000 m. a sud, 6-7000 m. a nord, formando muraglie imponenti. L'enorme dislivello è in relazione a dislocazioni almeno in parte molto recenti. I numerosi ghiacciai di queste catene alimentano fiumi perenni, che hanno costruito al piede delle montagne i grandi conoidi cui si è accennato. Il clima del bacino è naturalmente un clima continentale estremo, aridissimo, con temperature molto basse nell'inverno. Le scarse precipitazioni (pioggia o neve) sono episodiche e violente, e cadono di regola nell'inverno. Prevalgono venti dei quadranti settentrionali, che provocano spaventosi uragani di sabbia (xara-buran), e hanno trasportato il löss sui pendii delle montagne fino a 4000 d'altezza. L'estesissimo deserto di Takla-makan presenta grandi dune in serie orientate da nord-ovest a sud-est, potenti specialmente in vicinanza di ostacoli. Tra le dune si avvallano conche dal suolo argilloso e qualche volta salato. Il sustrato delle dune è formato da sedimenti argillosi o sabbiosi, fluviali o lacustri, di età anche molto recente. Le coltivazioni sono limitate a una fascia marginale e così gli abitati; oltre questa, si trova vegetazione solo lungo le rive dei fiumi (pioppi, tamarischi, canne, ecc.).

Alcuni cambiamenti osservati nella regione, come variazioni del Lop Nor, invasione delle sabbie nella zona marginale delle oasi, presenza di foreste morte in mezzo al deserto, hanno fatto sorgere l'ipotesi di un disseccamento dell'Asia Centrale durante i tempi storici, dovuto a un progressivo inaridimento del clima. Specialmente E. Huntington ha sostenuto l'ipotesi di grandi "pulsazioni" climatiche; ma gli studî successivi, pur spiegando variamente i fatti, hanno generalmente rigettato l'idea di una sensibile variazione climatica in tempi storici o almeno l'hanno dichiarata come non dimostrata. Alcuni cambiamenti osservati, possono dipendere da variazioni nel corso dei fiumi, e una diminuzione di portata di questi, che mantengono, come si è detto, la vegetazione coltivata o naturale nel bacino, è stata da molti posta in relazione con l'impoverimento delle riserve di ghiaccio delle montagne, per il ritiro dei ghiacciai dopo l'ultima espansione glaciale. Secondo altri, lo spostamento verso i monti della fascia delle oasi, documentato dalle tracce di insediamenti abbandonati, sarebbe in relazione con un processo erosivo al margine del bacino, che provocherebbe la discesa a maggiore profondità delle acque sotterranee.

Già noto agli Occidentali nell'antichità, perché seguito più o meno dappresso dalla via carovaniera conducente dalla Serica ai paesi dell'Asia Anteriore, compare nella Geografia di Tolomeo col nome di Oihardes. Dimenticato poi per lunghi secoli, ne ebbe una discreta conoscenza (come mostra una carta tracciata da lui) lo svedese Gustavo Renat, venuto in servizio della Russia fra il 1716 e il 1733; riscopre il fiume il russo N. M. Prževalskij, che nel 1877 ne segue il corso inferiore volto in complesso da N. a S.; lo stesso tratto a un dipresso è riconosciuto dall'inglese A. D. Carey nel 1886, dal russo V. Pevcov tre anni più tardi, e nel 1896 dal francese P.-G. Bonvalot nel suo viaggio al Tibet con Enrico d'Orléans. Di massima importanza il recente viaggio dello svedese Sven Hedin che, volendo chiarire il disputato problema della disseccazione progressiva dell'Asia Centrale, esplora il corso superiore, ancora ignoto, del fiume, scendendo dapprima lo Yarkend-darja, poi discoprendo e rilevando con una pericolosa navigazione tutto il corso maggiore dal 27 ottobre al 20 dicembre 1899 fino a Jangi-köll, e nel successivo febbraio determinando con precisione il corso inferiore dai molti e mutevoli rami.

Bibl.: S. Hedin, Die geogr.-wissenschaftl. Ergebnisse meiner Reisen in Zentralasien 1894-1897, in Petermanns Mitteilungen, suppl., CXXXI (1900); id., Scientific results of a journey in Central Asia 1899-1902, Stoccolma 1904-05; E. Huntington, The pulse of Asia, 2a ed., 1919; A. Stein, Memoirs on maps of Chinese Turkestan and Kansu, Debra Dun 1923; id., Innermost Asia, in Geogr. Journ., 1925; R. C. F. Schomberg, River changes in the eastern Tarim Basin, Geogr. Journ., 1929; E. Trinkler, Tarimbecken und Taklamakan-Wüste, in Zeit. Ges. Erdk. zu Berlin, 1930; H. De Terra, Zum Problem der Austrocknung des westlichen Innerasiens, ibid., 1930; S. Hedin, Across the Gobi Desert, New York 1932; E. Norin, Quaternary climatic changes within the Tarim Basin, in Geogr. Review, 1932.