TANGERI

Enciclopedia Italiana (1937)

TANGERI (fr. e sp. Tanger, ingl. Tangier; A. T., 43)

Riccardo RICCARDI
Pietro ROMANELLI
Marcello GIUDICI

Città costiera del Marocco settentrionale, capoluogo della zona internazionale. Fondata nel Medioevo nei pressi delle rovine della fenicia Tingis, essa si adagia pittorescamente ad anfiteatro su alcune groppe collinose, con le sue case di un biancore abbagliante, intorno a una magnifica baia che si apre sullo Stretto di Gibilterra. Vi si distinguono una parte alta, labirinto inestricabile di stradicciole tortuose, dominata dalla Kasbah e abitata prevalentemente da musulmani; e una parte bassa, di tipo europeo, dove vivono sopra tutto gli Europei e gli Ebrei. La popolazione, che era di forse 20.000 abitanti intorno al 1880, è calcolata di 46.000 nel 1935. Tàngeri ha clima assai dolce, con una temperatura media di 12°,7 nel mese più freddo (è ricercata stazione invernale) e di 24°,5 in quello più caldo; le piogge ammontano a 820 mm. Sbocco naturale del fertile bacino di Fez e dei ricchi piani del Sebou, Tangeri è unita alla capitale marocchina da un'eccellente rotabile che passa per Ksar el-Kebir e Larache, e inoltre da una ferrovia lunga 320 km. (dei quali 14 soltanto dentro la zona internazionale), in esercizio dal 1927. Un'altra rotabile unisce la città a Tetuan. Tanto questa quanto la Tangeri-Fez sono percorse da servizî automobilistici rapidi.

Per un complesso di cause diverse lo sviluppo della città non è adeguato all'importanza della sua posizione su una delle maggiori vie del traffico mondiale e alla convergenza di ragguardevoli strade continentali. Un tempo vi era attivissimo il commercio di transito che ora, peraltro, si va riducendo sempre più, perché pregiudicato dallo sviluppo dei porti di Rabat, Salé e Port Lyautey (Kenitra), nella zona francese (v. marocco), i quali, essendo collegati da strade e ferrovie a Meknès e a Fez, fanno concorrenza a Tangeri nel traffico con i centri dell'interno; e dallo sviluppo del porto di Ceuta, che ha sottratto a Tangeri parte del traffico della zona di Tetuan.

Il porto, difeso da una diga di 1170 m. (alla quale possono attraccare vapori di medio tonnellaggio) e vasto una novantina di ettari, è essenzialmente un porto d'importazione: il valore di questa supera di gran lunga il valore dell'esportazione, come si può vedere nella tabella che segue, dalla quale si rileva anche la fortissima contrazione subita dal commercio tangerino negli ultimi anni, fino al 1934, in cui si avverte una ripresa:

S'importano specialmente cereali e farine, tabacco, zucchero, olio d'oliva, tessuti varî, calzature, automobili, e si esportano pesci freschi, marinati, secchi, salati e affumicati, uova, pelli. Una società franco-spagnola sfrutta le risorse di pesce clella zona del Capo Spartel (tonno e sardine soprattutto). La fabbricazione di conserve alimentari e la manifattura dei tabacchi sono le più ragguardevoli industrie della città. Principale paese importatore è la Francia, seguita dalla Spagna e dalla Gran Bretagna. I maggiori esportatori sono la Spagna e la Francia, seguite dall'Italia e dalla Gran Bretagna.

A Tangeri fanno scalo numerose linee regolari di navigazione italiane, francesi, spagnole, inglesi, ecc. Nel 1935 entrarono nel porto 1980 navi (quasi la metà francesi) per una stazza complessiva di 3.470.947 tonn.

Tangeri è toccata dalla linea aerea Tolosa-Casablanca-Dakar; l'aerodromo è anche molto frequentato dall'aviazione di turismo.

La zona internazionale di Tangeri, confinante col Marocco spagnolo, comprende un territorio, tutt'intorno alla città, ampio 373 kmq. La popolazione è di 51.000 ab., dei quali 35.000 Berberi arabofoni, 11.000 Europei (in prevalenza Spagnoli) e 5000 Ebrei. Il territorio di Tangeri è retto da un Consiglio legislativo internazionale di z7 membri, e da una Giunta amministrativa di 4 (uno italiano, uno francese, uno inglese e uno spagnolo). Presidente del Consiglio legislativo è di diritto il rappresentante del sultano del Marocco.

Storia. - Nell'antichità, Tangeri, cioè Tingis (Θίγγις), era considerata fra le città più antiche dell'Africa settentrionale, e la tradizione, ricollegandola con la leggenda di Ercole, ne attribuiva la fondazione ad Anteo, la cui tomba sarebbe stata riconosciuta nelle vicinanze. Il nome della cittàè probabilmente berbero: comunque, è certo che essa fu sempre un centro esclusivamente indigeno, pur avendovi preso stanza Puni e Gaditani, attrattivi, com'è naturale, dalla sua felice posizione a guardia dello stretto. Della civiltà punica essa subì l'influenza, come dimostrano le monete con leggenda neopunica coniate nel secolo I a. C. e nell'età di Augusto.

È probabile che essa fosse già nel secondo e nel primo secolo a. C. residenza di re mauri: un re Ascalis nell'81 a. C. vi fu assediato da Sertorio, che se ne impadronì; nel 38 si ribellò a Bogud determinandone la caduta; per questo ebbe da Ottaviano il diritto di cittadinanza romana, e l'appellativo di Iulia, che Plinio erroneamente muta in quello di Traducta Iulia confondendola con Tingentera in Spagna. Da Claudio la città ebbe lo ius coloniae e fu fatta capitale della Mauretania (v.) occidentale, che da lei stessa prese nome: fino a quando conservasse tale prerogativa non sappiamo.

Bibl.: St. Gsell, Hist. ancienne de l'Afrique du Nord, II, Parigi 1918, p. 168 segg.; Corp. Inscr. Lat., VIII.

La questione di Tangeri.

La città veniva scelta nel 1780 come sede del corpo diplomatico accreditato presso il sultano del Marocco. Ottantacinque anni dopo i ministri stranieri ivi residenti s'intesero col Maghzen o governo marocchino (Convenzione 30 maggio 1865) per la costruzione e la manutenzione, a spese delle potenze rappresentate, del faro del vicino Capo Spartel e s'impegnarono a rispettarne il carattere neutrale; con l'accordo del 29 gennaio 1892 si ottenne a pari condizioni l'impianto di un semaforo a lato del faro. Altra istituzione internazionale era il Consiglio sanitario, costituito dal Corpo consolare investito di attribuzioni formalmente consentite dal sultano (agosto 1840-marzo 1879), per vegliare sulla salute pubblica del litorale dell'impero con proprie risorse ch'esso stesso percepiva e amministrava con prerogative di autonomia. Un ulteriore sviluppo del carattere internazionale di Tangeri segnò nel 1892 la creazione della Commissione internazionale d'igiene che da modeste origini - nel 1853 e nel 1856 - era andata sempre più assumendo tutte le funzioni di una vera municipalità indipendente dal potere centrale.

Tale particolare condizione di Tangeri - una specie di comprotettorato collettivo, un nuovo tipo di servitù internazionale - era stato riconosciuto e sempre meglio precisato in varî atti diplomatici agl'inizî del sec. XX: accordo anglo-francese dell'8 aprile 1904, convenzione segreta franco-spagnola del 3 ottobre 1904, trattato franco-marocchino del 30 marzo 1912 art.1, par. 3 e aceordo franco-spagnolo del 27 ottobre 1912 art. 7. Invero la neutralizzazione della costa marocchina sullo Stretto di Gibilterra e l'internazionalizzazione di Tangeri e suo distretto era la suprema esigenza dell'Inghilterra, che non vi avrebbe tollerato l'elevazione di fortificazioni che diminuissero gravemente l'efficienza strategica della sua formidabile base navale, preoccupata soprattutto che da quella posizione non venisse qualche minaccia alle sue comunicazioni marittime con l'Oriente. È vero però che i propositi britannici circa Tangeri, ancora quasi alla vigilia di quell'accordo del 1904, che sostituendo alla rivalità franco-inglese una serie di transazioni generò l'Intesa cordiale, erano che nell'eventualità di una dissoluzione dell'impero marocchino quel porto di un valore tanto aumentato dovesse essere rivendicato dall'Inghilterra, a cui era appartenuto dal 1662 al 1684, essendole stato dato come dote di Caterina di Braganza.

Il mantenimento del regime particolare, risultante dai trattati, di Tangeri posta definitivamente sotto il controllo internazionale era anche per l'Italia il presupposto in base al quale aveva riconosciuto il protettorato franco-spagnolo sul Marocco, giacché riteneva che tale organizzazione di regime generasse una garanzia di stabilità non necessaria di fronte a uno stato marocchino indipendente, ma indispensabile in un Marocco sottoposto al protettorato di una grande potenza: l'attribuzione di Tangeri alla Francia o alla Spagna sarebbe equivalso al pericolo che fra Gibilterra britannica e Tangeri francese o spagnola la marina e il commercio italiani fossero, in determinate eventualità, imbottigliati nel Mediterraneo.

In seguito tuttavia, in varie circostanze, più o meno esplicitamente, con maggiore o minore vivacità, si manifestò da parte delle due potenze maggiormente interessate la tendenza all'incorporazione di Tangeri. La Spagna, che dalla cacciata dei Mori alla vigilia della Conferenza di Algeciras non aveva cessato di aspirare al dominio di tutto il Marocco e che a malincuore si era rassegnata a vedere diminuita dall'enclave internazionale di Tangeri la tanto ridotta zona assegnatale nella partizione di quell'impero, cominciò poco prima della guerra mondiale e continuò durante il primo periodo delle ostilità a non celare il desiderio di fare sua completamente quella città che già aveva posseduto dal 1578 al 1656. Si ricorse allora da parte spagnola ai soliti mezzi di propaganda per accreditare l'opinione che il governo internazionale di Tangeri fosse una fucina di disordini e d'intrighi e il suo immediato territorio fosse pieno di pericoli. Dopo il rovescio militare del luglio 1921 nella regione di Melilla fu unanime il riconoscimento da parte degli Spagnoli che per salvare la loro zona occorreva il possesso di Tangeri, eterno rifugio di ribelli (da Abd el-Kader ad ar-Raisŭlī), piazza di rifornimento dei Riffani, porta d'accesso al Gebala e chiave della tranquillità di questa zona selvaggia. E dopo la vittoria franco-spagnola nel Riff e la resa di Abd el-Krim avvenuta nel maggio 1926 si rinnovò da parte della Spagna la richiesta per l'inclusione di Tangeri nella zona del suo protettorato anche per la popolazione in grande maggioranza spagnola; ma fu respinta, e la conferenza a due, tenuta a Parigi nel giugno e nel luglio, non arrivò ad alcuna conclusione, salvo alcune concessioni riguardo il comando della gendarmeria.

Però dopo la guerra mondiale si manifestarono più specialmente le velleità d'annessione francese, ricorrendo alle stesse arti di propaganda con l'esagerare i difetti del regime internazionale non ancora definitivamente organizzato, per effetto appunto degli ostacoli frapposti dagli stati, che speravano di sfruttarne la eliminazione; di più i Francesi vantavano che i loro interessi nella banca, nel commercio, nelle industrie, negl'immobili erano preponderanti. Ancora nel 1914 la Francia era favorevole a uno schema di statuto di Tangeri elaborato nel 1913 e informato al concetto dell'internazionalizzazione, che costituiva allora una difesa di tutti e in particolare della Francia contro le mire tedesche. Soltanto nel febbraio del 1919 la diplomazia francese improvvisamente sostenne che il suo paese era stato costretto ad accettare l'atto di Algeciras da una Germania strapotente e che questo atto estorto con la violenza doveva essere annullato e in conseguenza dell'annullamento Tangeri doveva formare parte della zona francese e la Spagna doveva essere considerata nei riguardi della sua zona d'influenza come concessionaria della Francia, unico stato protettore del sultano del Marocco. In realtà il regime di Tangeri non era stato creato dall'atto d'Algeciras, ma si era venuto concretando con le convenzioni del 1865, del 1879, del 1891 e del 1892, nonché con gli accordi del 1904; l'atto d'Algeciras non venne che a riconoscere e a precisare le attribuzioni degli organismi internazionali e il carattere speciale della zona, che è sempre stata considerata, prima della guerra mondiale, un'entità distinta dal territorio marocchino. Pertanto il memoriale francese presentato alla conferenza della pace per ottenere l'annessione non fu accolto.

Nonostante queste contrastanti aspirazioni, sul finire del 1913 e nei primi mesi del 1914 si era convenuto tra Francia, Spagna e Inghilterra di arrivare ad un regolamento definitivo internazionale di Tangeri, quale era previsto dai precedenti trattati; ma i negoziati iniziati a Madrid furono interrotti dallo scoppio della guerra mondiale. Alla fine di settembre 1923 si riprendevano tra Francia, Spagna ed Inghilterra delle conversazioni a Londra per procedere alla determinazione definitiva del regime di Tangeri, e l'Italia non vi fu invitata con la scusa che non vi fosse convocata una conferenza, ma una semplice riunione d'esperti. Al principio d'ottobre a Parigi alle medesime delegazioni si conferirono i pieni poteri della rappresentanza, e allora il governo italiano domandò formalmente che un rappresentante italiano prendesse parte alle trattative, anzitutto perché l'Italia, come grande potenza mediterranea, riteneva di avere diritto d'intervenire al regolamento di ogni questione mediterranea, anche per la parte da essa avuta nella vittoria degli Alleati, la quale aveva reso possibile nella questione in esame l'esclusione della Germania e dell'Austria dagli affari marocchini, poi perché per tutto il complesso dei suoi interessi non poteva non essere considerata alla stregua degli altri firmatarî dell'atto d'Algeciras. Tale richiesta italiana non fu accolta per opposizione speciale della Francia, che esigeva il disinteressamento dell'Italia per la sorte di Tangeri, perché anche la zona tangerina doveva venire considerata sotto il protettorato francese. Argomentazione speciosa e arbitraria: quando il 28 ottobre 1912 era stato firmato l'accordo italo-francese, in cui sarebbe stato l'impegno di detto disinteressamento, si era già stabilito il protettorato della Francia sul Marocco, il quale protettorato, anche per espressa disposizione dell'art. 1 del trattato franco-marocchino (30 marzo) che lo costituiva, non comprendeva la zona di Tangeri. D'altra parte la Francia non oppose mai all'Inghilterra il trattato dell'8 aprile 1904 del reciproco disinteressamento nell'Egitto e nel Marocco per cercare d'escluderla dall'assetto internazionale di Tangeri. Il fatto poi che l'Italia nel 1913, preoccupata com'era di compiere la conquista libica non avesse chiesto d'intervenire nelle discussioni, non poteva significare rinuncia a un diritto che le competeva, giacché in diritto internazionale non esistono termini perentorî, entro i quali a pena di decadenza si debbano far valere le proprie ragioni, e il diverso orientamento assunto dalle trattative di fronte a quello di dieci anni prima portava a un tale mutamento dello stato di fatto da creare ex-novo nello stato italiano il diritto d'intervenire nelle discussioni. Di più nell'accordo del 9 marzo 1916 l'Italia aveva accettato l'abolizione delle capitolazioni dalla zona francese dell'impero sceriffiano: ora tale abolizione non era stata estesa a Tangeri, proprio perché questa città col suo distretto non faceva parte della zona stessa. Infine nella triplice divisione del protettorato marocchino vi era per l'Italia quell'equilibrio d'influenze nel bacino occidentale del Mediterraneo che la rassicuravano: non si può in via di massima rinunziare ad espliciti vantaggi, che provengono da trattati in vigore, se non con precise pattuizioni esplicite: occorreva che una rinuncia dell'Italia ad occuparsi di quella zona fosse stata esplicitamente formulata. Ora tale rinuncia non vi fu, né le rinunce si possono presumere. Il governo italiano pertanto rinnovò le sue più ampie riserve circa le deliberazioni che fossero state adottate a Parigi; conseguentemente a Tangeri restava ancora in vigore per gl'Italiani il regime delle capitolazioni con tutti i privilegi e con tutte le esenzioni giurisdizionali e fiscali che ne derivavano, continuando a sussistere gl'istituti internazionali convalidati dall'atto d'Algeciras.

L'accordo delle tre potenze condusse intanto alla convenzione del 18 dicembre 1923, che sostanzialmente modificò le condizioni anteriori di Tangeri pure mantenendo la neutralità navale, terrestre ed aerea della zona e la porta aperta per il commercio di tutte le nazioni, e salvaguardando l'eguaglianza di trattamento economico per tutti gli stati. Lo statuto di Tangeri costituì appositi organi per l'esercizio dei pubblici poteri: a) il Mendūb o rappresentante del sultano con funzioni amministrative e giudiziarie di fronte ai soli indigeni; b) l'Assemblea legislativa internazionale per l'elaborazione delle leggi e dei regolamenti costituita da 26 membri, 17 dei quali rappresentanti delle colonie straniere e 9 sudditi marocchini; la presiede il Mendüb, ma senza prendere parte al voto; c) il comitato di controllo composto dei consoli di carriera per garantire i diritti delle potenze firmatarie dell'atto d'Algeciras col principio dell'eguaglianza economica; d) l'amministratore che concerne il potere esecutivo. La zona è dunque nominalmente soggetta alla sovranità del sultano, che vi è effettiva soltanto per quanto concerne l'amministrazione degl'indigeni non protetti; la zona possiede quindi una propria personalità di diritto internazionale: a condizionarla, non a sopprimerla, vi è la finzione della delega dei poteri legislativi e amministrativi da parte del sultano; ma il dahir (ẓahīr) imperiale non fa che riprodurre e dare esecuzione a una convenzione stipulata da tre potenze straniere senza l'intervento del governo sceriffiano.

L'Italia, richiesta della sua adesione, rispose che non si riteneva per nulla obbligata a rispettare il nuovo accordo, sostenendo che la posizione speciale goduta da Tangeri era stata sancita dall'atto d'Algeciras, per cui sole le potenze firmatarie dell'atto potevano modificare o regolamentare tale stato di diritto; considerava perciò il patto di Parigi come res inter alios acta e quindi priva di effetto e inapplicabile nei suoi confronti, e le sue proteste di non riconoscimento culminarono con la visita della divisione navale italiana del 1927 sotto gli ordini del principe di Udine.

Dopo lunghi contrasti, visto che altrimenti la riforma non poteva attuarsi - il rifiuto italiano a collaborare alla messa in azione dell'accordo tripartito aveva accresciuto il caos amministrativo della città e della zona internazionale, che venivano ad avere due diversi sistemi legislativi - il diritto dell'Italia ad intervenire nell'organizzazione dello statuto di Tangeri veniva finalmente riconosciuto; e in virtù dell'accordo concluso il 3 marzo 1928 tra la Francia e la Spagna, l'Italia e l'Inghilterra venivano invitate a partecipare ad una conferenza a Parigi da convocarsi il 3 marzo per la revisione delle decisioni del 1923. Si procedette anzitutto all'esame delle richieste, che l'Italia aveva da tempo presentate, relative alla sua maggiore partecipazione nei varî organi internazionali incaricati del governo della città. Tali richieste, salvo alcune modifiche necessarie per armonizzarle col testo della convenzione del 1923, venivano accolte integralmente nel protocollo firmato il 25 luglio 1928 ed entrato in vigore il 14 gennaio 1929: furono così concessi all'Italia un amministratore aggiunto incaricato dei servizî giudiziarî, un magistrato e un cancelliere nel tribunale misto, un ufficiale per la verifica della smilitarizzazione, un'assoluta parità per il capitale e la mano d'opera italiana, tre membri invece di due nell'assemblea legislativa internazionale e un vicepresidente.

Bibl.: V. la bibl. alla voce marocco, XXII, p. 402, e inoltre: M. Giudici, L'internazionalizzazione di Tangeri, Cremona 1919; R. Cantalupo, Tangeri, in Politica, 1920; E. Catellani, La questione di Tangeri, in Nuova Antologia, 1922; M. Gravina, Tangeri, in Rassegna it. del Mediterraneo, 1923; G. Piazza, La Conferenza per Tangeri e l'Italia, in Riv. coloniale, 1923; E. Catellani, Lo statuto di Tangeri e l'Italia, in Nuova Antologia, 1924; C. Masi, La nuova fase della questione di Tangeri, in Politica, 1926; P. D'Agostino Orsini di Camerota, L'Italia nella politica africana, Rocca S. Casciano 1926; F. Nobili Massuero, Ombre e luci di due continenti, Milano 1926; G. Ambrosini, L'Italia nel Mediterraneo, Foligno 1927; V. M. Castellani, La questione di Tangeri, Roma 1926; J. Sibiende, La question de Tanger, Montpellier 1927; H. Graham Stuart, The International city of Tangier, Stanford 1931; L. Bragadin, Tangeri, Piacenza 1927; C. Baldoni, La zona di Tangeri nel diritto internazionale e nel diritto marocchino, Padova 1931.