TAGIKISTAN

Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

Tagikistan

Adriano Guerra

(XXXIII, p. 179; App. III, ii, p. 895; V, v, p. 387; v. urss, XXXIV, p. 816; App. I, p. 1098; II, ii, p. 1065; III, ii, p. 1043; IV, iii, p. 754)

Geografia umana ed economica

Popolazione

Dopo gli anni di sanguinosa guerra civile che hanno fatto immediato seguito all'indipendenza - guerra alimentata da un intreccio di motivi politici, religiosi ed etnico-regionali, oltre che da interferenze esterne, e costata tra i 30.000 e i 50.000 morti - la pace sembra essere stata raggiunta nel 1997, con un accordo, reso possibile dalla mediazione di Mosca, fra il governo postcomunista e l'opposizione islamica armata. L'elevato acrocoro del Pamir, che rappresenta la parte sud-orientale del T., incuneata fra Afghānistān e Cina (un po' meno della metà della superficie del paese, ma con appena 170.000 ab., per lo più simpatizzanti della guerriglia islamica), fruisce di uno statuto speciale col nome di Repubblica autonoma di Gorno-Badahšan (Kuhiston-i Badakhšon).

La popolazione del T., strutturalmente giovane e con elevato tasso di natalità (27,9‰ nel 1997), è in crescita numerica: secondo una stima del 1998 ha raggiunto i 6.015.000 abitanti, di cui i Tagiki, di religione musulmana prevalentemente sunnita, rappresentano poco meno dei due terzi (questa proporzione sale ai nove decimi nel Gorno-Badahšan, che si caratterizza inoltre per la prevalenza della corrente ismailita dell'Islam) e gli Uzbeki circa un quarto; ci sono poi nel paese alcune centinaia di migliaia di Russi e piccole comunità di Tatari e Kirghizi. Il tagiko, che è un idioma di ceppo iranico, ha sostituito il russo come lingua ufficiale, e anche l'alfabeto cirillico è stato rimpiazzato da quello arabo.

La capitale Dušanbe, situata nell'Ovest del paese, non lontano dal confine uzbeko, ha 528.600 abitanti (1993); seconda città tagika è Hodžand (Khujand), che non arriva a 200.000 ab., mentre Horugh (Khorugh), capoluogo della Repubblica autonoma di Gorno-Badahšan, ne ha appena 15.000.

Condizioni economiche

L'economia tagika è tuttora in larga maggioranza a gestione statale, o comunque collettiva. Già tra le più povere dell'URSS, essa ha attraversato un periodo di profonda crisi. Tuttavia, negli ultimi anni si sono manifestati segnali di ripresa e il PIL, per la prima volta dal 1991, ha registrato un incremento (+1,7% e +4% rispettivamente nel 1997 e 1998, contro −12,4% nel 1995 e −4,4% nel 1996). Peraltro, va ricordato che tali risultati hanno carattere esclusivamente indicativo, in quanto il loro valore complessivo è sicuramente sottostimato. Non vengono computati, infatti, i mercati paralleli, tra i quali l'esportazione illegale di una buona parte della produzione di cotone e di alluminio, che rappresentano i due prodotti più venduti. D'altro canto, l'introduzione del rublo tagiko, che nel 1995 ha sostituito la precedente unità monetaria, il rublo russo, e alcune sia pur timide riforme strutturali hanno cominciato a produrre effetti positivi sull'economia, tra cui la riduzione del tasso di inflazione, passato da oltre il 2000% nel 1993, al 635% nel 1995 e al 40,5% nel 1996, ma poi leggermente risalito nel 1997. Senza esito sono tuttavia gli incentivi agli investitori stranieri, per i quali un forte deterrente è costituito dall'instabilità politica.

L'agricoltura rimane la principale attività economica (vi si dedica, infatti, oltre la metà della popolazione attiva), anche se solo una minima parte (6%) del territorio tagiko, date le condizioni morfologiche, è coltivato: vi si ricavano, con rese molto basse, grano e altri cereali (la cui produzione tuttavia raggiunge appena il 50% del fabbisogno interno), ortaggi e cotone; quest'ultimo rimane la principale coltura agricola, malgrado una progressiva contrazione della produzione, passata dalle 800.000 t della fine degli anni Ottanta alle attuali 350.000 t. Più estesi i pascoli, che occupano un quarto della superficie del paese e assicurano nutrimento a ovini (pecora karakul), caprini e bovini (rispettivamente 1.600.000, 620.000 e 1.000.000 nel 1998), mentre la maggior parte del territorio (69,2%), scarso anche di foreste, è incolto o comunque improduttivo.

Il sottosuolo, pur essendo molto ricco, è poco sfruttato a causa dell'arretratezza delle tecnologie estrattive; al contrario, la costruzione di alcune centrali ha permesso l'utilizzo, anche se parziale, della straordinaria ricchezza idroelettrica del T., che nei primi anni Novanta era in grado di soddisfare oltre il 75% della domanda energetica del paese. Modeste risorse di combustibili fossili e piccoli giacimenti di svariati minerali metallici sono sfruttati dalle industrie locali, che tuttavia hanno risentito pesantemente degli anni di guerra civile: tra il 1990 e il 1995 la produzione del settore secondario è diminuita del 60%; così la fabbrica di alluminio di Tursunzade nel 1995 non ha fornito che 200.000 t di metallo, cioè metà della sua capacità produttiva. Nel campo dell'industria leggera hanno una certa importanza la filatura del cotone e la confezione dei tappeti, nonché la lavorazione di prodotti alimentari.  *

bibliografia

International Monetary Fund, Tajikistan, Washington 1994; The World Bank, Statistical handbook 1995. States of the former USSR, Washington 1995; A. Giroux, Tadjikistan 1997. Un timide retour à la stabilité, in Courrier des pays de l'Est, 1998, 428-429, pp. 156-60.

Storia

di Adriano Guerra

Il trattato di pace firmato a Mosca il 27 giugno 1997 alla presenza del presidente russo B. El´cin, del presidente tagiko I. Rahmonov, del leader dell'opposizione S.A. Nuri, capo dell'OTO (Ob´edinënnaja Tadžikskaja Oppozicija), del Ministro degli Esteri iraniano Vaylati e del rappresentante dell'ONU D. Merrem, pur non ponendo fine alla guerra civile che per anni aveva insanguinato il T. (ora Jumhuri-i Tojikiston) causando diverse decine di migliaia di morti e almeno 500 mila profughi, determinò tuttavia, col rientro di buona parte dei profughi politici dall'esilio afghano, l'avvio dell'integrazione delle forze armate dell'opposizione nell'esercito nazionale tagiko e la decisione di assegnare a uomini dell'OTO il 30% dei posti governativi, una situazione del tutto nuova.

La pace faticosamente conquistata continuò a essere minacciata dagli atti terroristici compiuti in varie aree del paese e dal persistere di fazioni opposte, sia nell'ambito governativo sia in seno all'opposizione. Inoltre, a seguito dell'occupazione da parte dei Ṭālibān di gran parte dell'Afghānistān, comprese le aree del Nord ai confini dell'ex URSS, i dirigenti di Russia, Uzbekistan, Kazakistan e Kirghizistan, agendo sotto l'egida dell'ONU, concentrarono gli sforzi politici, diplomatici e anche militari per indurre le parti a deporre le armi.

Nella situazione di pace, sia pur precaria, venutasi a creare in seguito agli accordi raggiunti fra governo e opposizione, il T. ha potuto contare per la ricostruzione sul sostegno dei paesi vicini, soprattutto dell'Uzbekistan, particolarmente esposto ai contraccolpi dell'instabilità del T. e interessato a frenare il flusso migratorio proveniente dalle aree investite dalla guerra civile. Ma è soprattutto sulla Russia - la cui presenza militare svolge ancora un ruolo importante sia ai confini con l'Afghānistān sia nell'interno del paese, per la difesa del 'cessate il fuoco' - che il T. punta per trovare soluzioni ai problemi della sicurezza e dello sviluppo economico. Tuttavia, proprio a causa della sostanziale dipendenza della sua economia dalla Russia, il T. è, all'interno della CSI, uno degli Stati che ha maggiormente subito le conseguenze della grave crisi economica e finanziaria che colpì la Russia nell'estate del 1998.

La fragilità dell'intesa raggiunta fra le forze che erano state protagoniste della guerra civile continuò a essere causa di instabilità anche nei vertici politici del paese, benché le elezioni presidenziali (6 novembre 1994), che avevano decretato la vittoria di I. Rahmonov (58,32% dei voti), e le successive elezioni politiche (28 febbraio 1995), vinte dal Partito comunista ma giudicate non democratiche dall'OSCE (che aveva rifiutato di mandare suoi osservatori), avessero notevolmente mutato la situazione. Il 7 marzo 1998 rientrò in patria dall'esilio di Teherān il capo riconosciuto dell'opposizione islamica, K.A. Turajonzoda, che ottenne l'incarico di vice primo ministro nel governo di coalizione costituitosi dopo che, a conclusione di una ennesima crisi, il presidente Rahmonov aveva accolto le richieste presentate dall'OTO concedendo a essa alcuni posti di comando (Economia, Lavoro, Comitato per il miglioramento del sistema irriguo, Dogane, Comitato per il controllo tecnico) nel governo e mettendo in libertà oltre 300 prigionieri dell'opposizione.

Il nuovo vice primo ministro dichiarò subito che nel T. un regime islamico non sarebbe stato imposto con la forza. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni ottimistiche dei membri del nuovo governo, gli scontri armati tra le forze islamiche integraliste contrarie all'accordo, sostenute militarmente dai Ṭālibān afghani, e le forze governative proseguirono in varie zone del paese e soprattutto nella regione di Kofernihan, dal 1991 controllata interamente dall'opposizione e patria di Turajonzoda. Il 21 luglio 1998 in una zona montagnosa a 170 km dalla capitale furono uccisi quattro osservatori dell'ONU incaricati di controllare l'attuazione degli accordi di pace, determinando, mentre l'ONU ritirava per qualche tempo dal paese i propri osservatori, un ulteriore indebolimento del governo di coalizione. Alla fine del 1998 era comunque chiaro che l'accordo del 27 giugno 1997 poteva dirsi realizzato solo in parte: alcune centinaia di combattenti dell'OTO, insieme a un numero ancora più rilevante di profughi civili tagiki, si trovavano ancora nell'Afghānistān, e all'interno del paese solo il 50% delle forze irregolari risultava integrato nell'esercito regolare tagiko. Per far fronte alla situazione, Rahmonov intensificò le richieste di sostegno alla Russia. Un accordo politico pluriennale - che prevedeva fra l'altro il rafforzamento della presenza militare russa nel paese ai confini con l'Afghānistān - fu firmato a Mosca nell'aprile 1999. Successivamente Rahmonov, che nel settembre 1999 grazie a una modifica della Costituzione aveva aperto la strada alla legalizzazione dei partiti islamici ed era stato riconfermato presidente nel mese di novembre con voto plebiscitario (97%), indisse le elezioni politiche, le prime dopo la guerra civile. Le elezioni (27 febbraio 2000) si conclusero con la vittoria del Partito popolare democratico, fedele al presidente, mentre i comunisti ottennero il 12%. Il Partito della rinascita islamica, che aveva guidato la lotta dell'OTO, denunciando di essere stato vittima di brogli e soprusi, conquistò il terzo posto. Secondo gli osservatori dell'OSCE, che hanno confermato in parte le denunce dell'opposizione islamica, le elezioni rappresentarono un importante passo avanti per il conseguimento della pace.

bibliografia

Nation and politics in the Soviet Successor States, ed. J. Bremmer, R. Ray Taras, Cambridge 1993.

After empire: the emerging geopolitics of Central Asia, ed. J. Snyder, New York 1995.

Central Asia in transition. Dilemma of political and economic development, ed. B. Rumer, London 1996.

M. Buttino, L'Urss a pezzi. Nazionalismi e conflitti etnici nel crollo del regime sovietico, Torino 1997.

G.R. Capisani, I nuovi Khan, popoli e Stati dell'Asia centrale desovietizzata, Milano 1997.

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