TADDEO di BARTOLO

Enciclopedia dell' Arte Medievale (2000)

TADDEO di BARTOLO

G. Neri

Pittore senese (m. nel 1422) attivo in Italia centrosettentrionale dalla seconda metà del 14° al primo ventennio del 15° secolo. Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 309) ipotizzò che T. fosse figlio del pittore Bartolo di Fredi; il padre era invece Bartolo di Mino, barbiere.La data di nascita di T., intorno al 1362, si desume da un documento del 1385 nel quale egli dichiara di essere ancora minorenne: a quel tempo, la maggiore età si raggiungeva a venticinque anni. La prima notizia documentata che lo riguarda è del 1383, quando T. dipinge delle statue di angeli per gli stalli del coro nel duomo di Siena scolpite da Giacomo e Francesco del Tonghio. Nel 1386 esegue di nuovo venti angioletti per il coro del duomo (Milanesi, 1854, p. 312). Un documento del 1388 (1389 nello stile comune), lo cita come consigliere dell' Opera del duomo. Dell'anno successivo è la sua prima iscrizione nel Ruolo dei pittori senesi; allo stesso anno risale la sua prima opera documentata, un polittico per l'oratorio di S. Paolo a Collegarli, vicino a San Miniato (perduto e successivamente riapparso, nel 1950, a un'asta di Christie's). Vasari (Le Vite, II, 1967, p. 310) riporta la notizia di un suo viaggio a Padova, dove avrebbe lavorato per Francesco da Carrara: nonostante non sopravvivano opere del periodo padovano, si può supporre che T. si sia recato in Veneto prima del 1393, anno in cui si trovava a Genova, dove lavorò per la famiglia Spinola, alleata politica dei Carrara. Cattaneo Spinola gli commissionò due tavole d'altare per la chiesa locale di S. Luca, documentate ma disperse. Non documentati, ma probabilmente inseribili in questo primo soggiorno genovese sono inoltre due affreschi raffiguranti santi nella chiesa di S. Girolamo a Quarto, un affresco raffigurante il Redentore nell'abside della chiesa di S. Maria di Castello e i frammenti di una tavola con la Madonna con il Bambino in S. Maria delle Vigne. Nello stesso anno T. risulta essersi recato a San Gimignano, dove eseguiva, sulla controfacciata della collegiata, affreschi raffiguranti il Giudizio universale, l'Inferno e il Paradiso. Nel 1395 si recò quindi a Pisa, dove eseguì una tavola d'altare per la chiesa di S. Francesco, raffigurante la Madonna dell'Umiltà e santi (Budapest, Szépművészeti Múz.), e il polittico per la chiesa di S. Paolo all'Orto (Grenoble, Mus. de Beaux-Arts).Nel 1397 doveva essere ancora a Pisa, dove firmò e datò gli affreschi nella sagrestia di S. Francesco con le Storie della Vergine e figure di evangelisti, Padri della Chiesa e profeti. Nello stesso anno compì un nuovo viaggio in Liguria, dove dipinse, per la collegiata di Triora (prov. Imperia), una tavola con il Battesimo di Cristo. Nel 1399 risulta essere di nuovo a Siena, dove nel 1400 eseguì un trittico per la Compagnia di s. Caterina della Notte; nel 1401 dipinse, per la collegiata di Montepulciano (od. cattedrale), un grande polittico al centro del quale è raffigurata la Madonna assunta e, nel coronamento, l'Incoronazione della Vergine. Nel 1403 chiese e ottenne il permesso di recarsi a Perugia, dove eseguì un polittico a due facce per la chiesa di S. Francesco al Prato, firmato e datato, la cui parte centrale si trova oggi a Perugia (Gall. Naz. dell'Umbria), una santa laterale, identificabile con Elisabetta d'Ungheria, ad Assisi (Sacro Convento, Coll. Mason Perkins), il coronamento con il Redentore a New Haven (Yale Univ., Art Gall.), mentre la predella - smembrata - è divisa tra Hannover (Niedersächsisches Landesmus.) e s'Heersenbergh (Coll. J.H. van Heeck). In questi anni va anche collocata la tavola eseguita per la collegiata di San Gimignano, con, al centro, S. Gimignano e, ai lati, Storie del santo (San Gimignano, Mus. Civ.).Nel 1404-1406 sono documentati i pagamenti da parte dell'Opera del duomo di Siena per la decorazione a fresco, oggi perduta, di una cappella dietro l'altare e per le porte di un organo. Tra il 1406 e il 1408 T. eseguì un'importante commissione per il Palazzo Pubblico di Siena, la decorazione della cappella nella sala del Mappamondo con le Storie della Vergine, la cui iconografia si basa sugli affreschi nella sagrestia di S. Francesco a Pisa, e dell'anticappella con figure allegoriche e uomini illustri. Nel 1409 dipinse un'Annunciazione, datata (Siena, Pinacoteca Naz.). Del 1411 è il polittico con la Madonna con il Bambino a Volterra (Pinacoteca Com.); nel 1416 l'artista lavorò alla decorazione, oggi perduta, di porta Pispini a Siena, mentre al 1418 risalgono l'affresco, mai completato, di porta Romana e una tavola con la Madonna con il Bambino (Cambridge, Harvard Univ. Art Mus., Fogg Art Mus.). L'ultimo suo lavoro datato è la Madonna conservata a Orte (Mus. Diocesano di Arte Sacra), del 1420, anno in cui gli fu commissionata una pala, oggi perduta, per la chiesa di S. Agostino a Siena, alla quale lavorò insieme al figlio adottivo Gregorio di Cecco, anch'egli pittore, con il quale aveva bottega.La ricostruzione del corpus di T. non ha subìto sostanziali cambiamenti fin dalle notizie e commenti riportati da Cavalcaselle (Crowe, Cavalcaselle, 18992), che utilizzava i documenti pubblicati da Milanesi (1854); importanti per una ricostruzione degli anni pisani sono le ricerche documentarie pubblicate da Tanfani Centofanti (1897). Poche sono le aggiunte successive al catalogo dell'artista, fino alla sistemazione forse leggermente restrittiva della monografia di Symeonides (1965), che espunge dal corpus dell'artista alcune opere di grande qualità, in seguito reinserite da Chelazzi Dini (1982): la Crocifissione di Avignone (Mus. du Petit Palais, inv. nr. 227) e, a Siena, la Natività, l'Adorazione dei Magi, il trittico e la cuspide di polittico (Siena, Pinacoteca Naz., inv. nrr. 122, 127-128, 132).Il percorso artistico e stilistico di T. prende le mosse dai pittori senesi della metà del Trecento, in particolar modo Luca di Tommè e Francesco di Vannuccio, attraverso i quali T. risale ai modi di Simone Martini e, in misura minore, dei Lorenzetti. Il suo stile ben riconoscibile si avvale di una salda padronanza dei mezzi tecnici, grazie alla quale le sue opere, che siano affreschi o pitture su tavola, sono in ottimo stato di conservazione. Una sua certa propensione verso volumetrie piene e ben modellate ebbe influenze su artisti rinascimentali successivi quali Domenico di Bartolo.Importanti sono i suoi soggiorni fuori dai confini della città natale sia per il contributo che apportarono alla diffusione di un gusto seneseggiante nella pittura (per es. i pittori pisani di fine Trecento, in cui palese appare l'influenza dello stile di T.) sia per gli influssi ed esperienze che T. riportò in patria: in certa misura determinante dovette infatti essere l'incontro con Barnaba da Modena, a Pisa negli stessi anni, da cui T. mutuò tratti stilistici quali un uso del chiaroscuro più pesante di quello tipico nella pittura senese o la rivisitazione di certi elementi arcaici come la bizantineggiante lumeggiatura delle vesti, utilizzata nel polittico del 1395 di Grenoble e in seguito ripresa da artisti senesi del primo Quattrocento. Secondo Brandi (1949), invece, il particolare e denso chiaroscuro di T. è da attribuirsi alle influenze di Turone da Verona e Altichiero, conosciuti durante il suo soggiorno padovano. Il polittico di Grenoble, il cui impianto iconografico è simile a quello della pala del 1389 per S. Paolo a Collegarli, mostra una maggiore fluidità di linee e una resa dei volumi accentuata grazie all'uso del chiaroscuro. Oltre all'influenza di Barnaba da Modena, T. pare aver preso atto anche degli affreschi di Piero di Puccio nel Camposanto di Pisa. Nella pala del 1395 già a Pisa (Budapest, (Szépművészeti Múz.), le fluenti linee gotiche del manto della Madonna dell'Umiltà si uniscono a una marcata plasticità e a una resa volumetrica piena senza essere pesante.Le opere degli inizi del Quattrocento, cioè le pale di Montepulciano, Perugia e San Gimignano, rappresentano forse l'apice della produzione dell'artista: nella pala di San Gimignano, le Storie del santo rivelano una sorprendente agilità di tratto nella descrizione dei dettagli, confermando la versatilità e la padronanza dei mezzi tecnici di T., evidentemente a suo agio non solo in opere di grandi dimensioni. Nella pala di Montepulciano invece, più evidenti si fanno le sue radici artistiche senesi, con richiami a Simone Martini soprattutto nella delicatezza di espressione e nella dolcezza di lineamenti delle figure femminili, che in questi anni si uniscono a un'attenzione per il dettaglio naturalistico che pone l'artista in linea con le più recenti tendenze del Gotico internazionale; la Madonna di Cambridge denota infatti una conoscenza dell'arte di Gentile da Fabriano, con cui dovette entrare in contatto a Perugia. Inoltre, gli affreschi nel Palazzo Pubblico con le Storie della Vergine sembrano riecheggiare, negli sfondi descrittivi della città - e soprattutto nella scena con i Funerali della Vergine -, le invenzioni architettoniche di Altichiero, con cui T. doveva essere entrato in contatto a Padova (Bellosi, 1982). Il tema neoumanistico degli affreschi dell'anticappella, raffiguranti dei ed eroi romani, la mappa di Roma, Aristotele e le Virtù cardinali, si innesta su di un nuovo filone iconografico, preludio rinascimentale, ricollegabile alla ripresa di temi classici da parte di Jacopo della Quercia nella Fonte Gaia, ancora in Palazzo Pubblico. Nelle ultime opere di T. la vena creativa pare andare esaurendosi, e si risolve, a partire dalla metà del secondo decennio del Quattrocento, in formule e stilemi ripetitivi, per quanto ben collaudati.

Bibl.:

Fonti. - E. Romagnoli, Biografia cronologica de' bellartisti senesi 1200-1800, Firenze 1976, III, pp. 447-498 (ed. in facsimile del ms. del 1835); G. Milanesi, Documenti per la storia dell'arte senese, I, Siena 1854; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai documenti pisani, Pisa 1897, pp. 473-477.

Letteratura critica. - J.A. Crowe, G.B. Cavalcaselle, Storia della pittura in Italia dal secolo III al secolo XVI, III, Firenze 18992, pp. 256-294; M.H. Bernath, Due disegni di Taddeo di Bartolo nella Biblioteca Comunale di Assisi, RassASen 5, 1909, pp. 78-79; Van Marle, Development, II, 1924, pp. 544-569; P. Bacci, Documenti e commenti. Taddeo di Bartolo e le sue figure del Testamento Vecchio nel Duomo di Siena, La Balzana 1, 1927, pp. 225-226; G.H. Edgell, A History of Sienese Painting, New York 1932; F.M. Perkins, Pitture senesi, Siena 1933; C. Brandi, La Regia Pinacoteca di Siena, Roma 1933; id., Quattrocentisti senesi, Milano 1949; E. Carli, La pittura senese, Milano 1955; N. Rubinstein, Political Ideas in Sienese Art: the Frescoes by Ambrogio Lorenzetti and Taddeo di Bartolo in the Palazzo Pubblico, JWCI 21, 1958, pp. 179-207; E. Carli, La pittura pisana del '300, Milano 1961; S. Symeonides, Taddeo di Bartolo, Siena 1965; H. Van Os, Sienese Paintings in Holland, Groningen 1969; G. Moran, Christ as Saviour by Taddeo di Bartolo, Yale University Art Gallery Bulletin 35, 1975, 3, pp. 4-7; E. Carli, La pittura senese del Trecento, Milano 1981; L. Bellosi, La ripresa tardogotica in Toscana e a Siena, in Il Gotico a Siena: miniature, pitture, oreficerie, cat. (Siena 1982), Firenze 1982, pp. 291-294; G. Chelazzi Dini, Taddeo di Bartolo, ivi, pp. 335-337; E. Solberg, A Reconstruction of Taddeo di Bartolo's Altarpiece for San Francesco a Prato, Perugia, BurlM 134, 1992, pp. 646-653; L. Borri Cristelli, Influenze senesi in Parri Spinelli, AV, 32, 1993, 3-4, pp. 15-24.G. Neri

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