DAL VERME, Taddeo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 32 (1986)

DAL VERME, Taddeo

Michael E. Mallett

Figlio di Bartolomeo e di Margherita di Pietro Belgarzone de' Brugnoli da Vicenza, nacque a Verona sulla metà del secolo XIV. Nel 1354 il padre venne esiliato per aver partecipato alla fallita congiura di Fregnano Della Scala. Si trasferì allora con la famiglia a Milano dove rimase fino al 1377, quando fu riammesso a Verona grazie alla politica di pacificazione decisa nei riguardi dei fuorusciti dal governo scaligero per togliere ogni motivo di intervento nel Veronese a Regina Della Scala, moglie di Bernabò Visconti.

Il primo servizio militare del D. a noi noto risale al 1386 e si svolse a favore dei Della Scala, con cui la famiglia Dal Verme si era ormai da tempo riconciliata: egli risulta al comando di una squadra della cavalleria veronese inviata da Antonio Della Scala in sostegno dei Veneziani contro i Carraresi. L'anno successivo, poi, prese parte alla battaglia di Castagnaro, guidando, insieme con Andronico Della Rocca, la quinta divisione dell'esercito scaligero: nella battaglia sostenne un duro scontro con Cermisone da Parma, prima che il contrattacco di Giovanni Acuto decidesse la battaglia in favore dei Padovani. Al pari della maggior parte dei comandanti veronesi venne allora fatto prigioniero e condotto a Padova.

Quando, poi, il 18 ott. 1387 i Visconti occuparono Verona, il D. si mise al servizio di Milano e per i successivi quindici anni operò in stretta collaborazione con suo cugino Iacopo, capitano generale di Giangaleazzo Visconti. Nel 1391 fu al comando della guamigione viscontea a Brescia e partecipò all'azione diretta ad ostacolare l'avanzata dell'Acuto ad occidente di Padova, mentre Iacopo Dal Verme era impegnato con il grosso delle truppe milanesi contro jean d'Armagnac ad Alessandria. Dopo questa vittoriosa campagna, mosse con il cugino verso la Toscana ed era al comando della retroguardia alla battaglia di Tizzana, dove fu catturato dall'Acuto.

Negli anni successivi prese parte alle campagne militari promosse da Giangaleazzo Visconti. Nel 1397 era nell'esercito che mosse contro Mantova, dove si indirizzava l'espansionismo milanese bloccato ad occidente verso Genova, e fu catturato a Governolo nella grande disfatta inflitta da Carlo Malatesta alle forze viscontee. Successivamente fu nel 1401 alla difesa di Brescia contro Roberto, duca di Baviera e re dei Romani, il quale aspirava alla conquista del Milanese, vantando diritti ereditari sul dominio visconteo e prese parte allora alla battaglia che costrinse Roberto a ritirarsi. Nulla indica che fosse presente alla battaglia di Casalecchio del 1402, dove le forze viscontee inflissero una pesenta sconfitta alle truppe bolognesi e fiorentine.

Rimasto al servizio dei Visconti anche dopo la morte di Giangaleazzo, nel 1404 era al comando della guamigione di Vicenza quando i Padovani avanzarono per conquistare la città. In quei giorni Iacopo Dal Verme si trovava a Venezia per negoziare il passaggio di Verona e di Vicenza al dominio della Serenissima in cambio dell'alleanza contro i Carraresi. Seguendo le istruzioni di Iacopo e pressato dagli ottimati vicentini, il D. decise allora di prevenire l'attacco dei Padovani cedendo la città a Venezia: il 28 apr. 1404 accettò una "provvisione" veneziana di mille ducati, consegnò la città e si mise al servizio veneziano con cento lance. Nei successivi diciotto mesi svolse un ruolo preminente nei combattimenti che ebbero luogo intorno a Padova. Il 30 sett. 1404 comandava una forza di trecento lance che scortava un grosso convoglio di rifornimenti da Mestre al campo veneziano a Noale, quando il convoglio cadde in un'imboscata tesagli da Niccolò d'Este e da Ugo di Monforte: dopo un duro scontro il D. venne catturato insieme con 40.000 ducati di bottino. Trattenuto prigioniero a Ferrara per alcuni mesi, venne rilasciato dopo la tregua fra Ferrara e Venezia e raggiunse l'esercito veneziano che assediava Padova. Nella primavera del 1405 comandò la forza terrestre di sostegno alla flotta fluviale di Fantino Michiel sul Brenta. Conquistò il bastione di Pomero e quindi, con l'aiuto dell'esperto ingegnere Domenico de' Benintendi da Firenze, prese d'assedio l'importante fortilizio padovano di Castelcarro: in questa azione rischiò di morire per una pietra scagliata dai difensori.

Dopo la resa di Padova nell'ottobre del 1405 il governo veneziano discusse a lungo in merito alla consistenza dell'esercito permanente da destinare in tempo di pace alle difese del nuovo Stato di terraferma. Alla fine fu deciso di mantenere in servizio 500 lance e il 17 marzo del 1406 il D. ricevette il comando di questa forza con una condotta personale di cento lance e di cento fanti. Egli stabilì il quartier generale a Verona, ma il governo veneziano gli impose di alloggiare una parte della compagnia nel Padovano, per evitare una sua presenza militare troppo consistente a Verona. Quale ricompensa per i servizi resi alla Serenissima gli fu permesso di acquistare nel 1406 l'importante proprietà di Pontepossero, già appartenuta agli Scaligeri, che in seguito egli vendette, nel 1410, alla famiglia Orimani.

Nei cinque anni precedenti lo scoppio della prima guerra ungarica nel 1411, il D. mantenne l'incarico di comandante delle forze permanenti dei Veneziani. Egli non ebbe il titolo e l'autorità di capitano generale, poiché la Repubblica non era ancora pronta a concedere questa carica in tempo di pace. Tuttavia la sua influenza e il suo prestigio in quegli anni furono considerevoli ed egli può a ragione essere considerato il primo dei cosiddetti Marcheschi, i condottieri che nella prima metà del XV secolo si misero al servizio permanente di Venezia.

Allo scoppio della crisi ungarica nell'autunno del 1411 il D. mosse le sue truppe per difendere la linea della Livenza, dove un'elaborata rete di fortificazioni campali era stata precipitosamente costruita per impedire la discesa di Pippo Spano e della sua cavalleria verso la laguna. Il governo veneziano, però, comprese immediatamente che occorreva un esercito molto più forte per resistere all'attacco ungherese ed iniziò trattative con Carlo Malatesta, perché assumesse il comando come capitano generale. Con l'arrivo del Malatesta nel maggio del 1412 l'autorità del D. si esaurì. Tuttavia egli continuò a prestare servizio sotto il nuovo comandante e prese parte all'azione vittoriosa a La Motta contro gli Ungheresi il 24 ag. 1412: nello scontro fu gravemente ferito al viso da un colpo di spada. Subito dopo la battaglia la sua condotta fu rinnovata per duecento lance e mille fanti; all'inizio dell'anno successivo, durante la fase finale della guerra, egli comandò la guarnigione di Verona e compì sortite per recuperare i castelli dagli Ungheresi. Sempre nel 1413 fu incluso nell'infeudazione di Correggio Veronese concessa alla famiglia Dal Verme dal vescovo di Verona.

Mancano sicure testimonianze sulla sua permanenza al servizio della Serenissima dopo la tregua firmata con gli Ungheresi il 17 apr. 1413: capitano generale di Venezia era allora Pandolfo Malatesta e negli anni successivi fu il suo luogotenente, Martino da Faenza, a comandare la guarnigione di Verona. Manca ogni altra notizia sul D. nelle fonti a noi note, di modo che è lecito presumere che egli si ritirò a vita privata alla fine della guerra, forse seriamente sofferente per le gravi conseguenze delle ferite riportates e che probabilmente morì poco dopo.

Il D. si era sposato due volte: i nomi delle due mogli non sono stati accertati con sicurezza. Dai suoi matrimoni ebbe cinque figli - tra cui Bartolomeo, che fu abate della S. Trinità di Verona - e una figlia di nome Paola, la quale sposò il patrizio veneziano Francesco Michiel.

Fonti e Bibl.: Scarse sono le notizie sul D. nelle fonti più note del periodo: solo gli anni del servizio veneziano sono documentati con maggior abbondanza, poiché il suo nome appare con una certa frequenza nelle "deliberazioni segrete" del Senato. Per una breve traccia della sua vita, cfr. P. Litta, Famiglie celebri ital., sub voce Dal Verme di Verona, tav. I. Tra le fonti edite, cfr.: M. Sanuto, Vitae ducum Venetorum, in L. A. Muratori, Rer. Ital. Script., XII, Mediolani 1733, ad Indicem; G. e B. Catari, Cronica Carrarese, in Rer. Ital. Script., 2 ed., XVII, 1, a cura di A. Medin - G. Tolomei, ad Indicem; Cronica di ser Guerriero da Gubbio, ibid., XXXI, 4, a cura di G. Mazzatinti, p. 35; Cronachetta veneziana dal 1402 al 1415, a cura di V. Joppi, in Archivio veneto, XVII (1879), p. 311; I libri commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli, Venezia 1876-96, III, p. 298. Si vedano inoltre: S. Romanin, Storia documentata della Repubblica di Venezia, Venezia 1853-61, IV, pp. 19, 59; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, Firenze 1875, I, p. 389; L. Simeoni, Le Signorie, Milano 1950, I, ad Indicem; G. M. Varanini, Il distretto veronese nel Quattrocento, Verona 1980, pp. 48, 110; M. E. Mallett-J. R. Hale, The Military Organisation of a Renaissance State: Venice c. 1400-1617, Cambridge 1984, pp. 25-28.

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