TABE dorsale

Enciclopedia Italiana (1937)

TABE dorsale (lat. tabes dorsalis)

Vittorio Challiol

Malattia legata costantemente a un'infezione sifilitica, con sintomi prevalenti a carico del midollo spinale, ma estesa anche all'encefalo. L'antico concetto secondo il quale la tabe sarebbe una manifestazione della metasifilide o sifilide quaternaria è ormai superato. Esistono infatti tabi precoci contemporanee a fenomeni terziarî e seguenti abbastanza rapidamente alle manifestazioni del periodo secondario. Oltre a ciò è stato constatato, sia pure in casi molto rari, la presenza del treponema nel midollo e nelle radici posteriori dei tabetici. La condizione sine qua non è l'infezione luetica (nulla tabes sine lue); le cause predisponenti non si può dire abbiano importanza decisiva; forse l'alcoolismo e i traumi pregressi possono portare a una manifestazione più rapida dell'affezione. Il periodo d'incubazione è generalmente abbastanza lungo se si considera l'inizio dei segni clinici evidenti, ma è ormai accertato che questi segni compaiono quando le lesioni sono già avanzate. Non sempre la cura antiluetica, praticata in un soggetto che s'è accorto d'essersi contagiato, può evitare l'insorgenza della tabe. Il periodo d'incubazione, che oscilla tra i 5 e i 15 anni, nella maggioranza dei casi è tanto più breve, quanto più avanzata è l'età in cui il soggetto ha contratto la lue. I fautori della concezione del virus sifilitico neurotropo pensano che la tabe, come la demenza paralitica, sia una manifestazione dell'azione di questo virus. Per parecchio tempo s'è considerata questa malattia come la conseguenza di un'infezione parenchimatosa primitiva a punto di partenza situato nel nervo radicolare. Oggi però molti autori tendono ad ammettere che la neurite radicolare trasversa sia secondaria a un processo di meningite cronica specifica propagantesi ai prolungamenti cilindrassili provenienti dai ganglî spinali, in quel tratto in cui essi aitraversano le meningi. Comunque sia, l'anatomia patologica della tabe ha come lesione principale l'atrofia delle radici posteriori e la sclerosi conseguente dei cordoni posteriori del midollo. In questi cordoni le fibre appaiono grandemente ridotte di volume, con una distribuzione sistematica in rapporto col territorio delle radici posteriori lese. I ganglî spinali e le radici posteriori appaiono diminuiti di volume: le lesioni principali si constatano nella porzione delle fibre contenuta tra il polo centrale del ganglio spinale e l'ingresso nel cavo aracnoideo. Le meningi sono lese in modo evidente appunto in questa regione. Vi ha infiltrazione linfocitaria e proliferazione vascolare. I nervi periferici sono spesso sede di un processo infiammatorio che ha termine in atrofia; i nervi cranici possono essere danneggiati come i nervi periferici. La degenerazione può risalire allora verso i centri nervosi.

Sintomatologia. - Disturbi della sensibilità. - Dal punto di vista subiettivo sono importantissimi i dolori che compaiono generalmente in un periodo abbastanza precoce della malattia; hanno la caratteristica di essere violenti e rapidissimi, da cui la denominazione di dolori "folgoranti o lancinanti": generalmente limitati agli arti inferiori, essi si ripresentano abitualmente sempre nello stesso posto. Possono avere la caratteristica di bruciature, di morsi, di stilettate, di punture profonde. Le parestesie sono frequenti sotto forma di prurito, di formicolio, di addormentamento. Dal punto di vista obiettivo il disturbo tipico è la cosiddetta dissociazione tabetica della sensibilità: abolizione o diminuzione della sensibilità tattile e della profonda, conservazione delle sensibilità termica e dolorifica. Le alterazioni sensitive hanno sul corpo del malato una distribuzione nettamente radicolare. Particolarmente importanti sono i disturbi della sensibilità profonda. Nel tabetico la pressione del tendine d'Achille è, contrariamente alla norma, indolore (segno di Abadie); il tabetico tollera una percussione anche energica delle creste ossee sottocutanee; lo stesso si dica per la compressione dei tronchi nervosi periferici, per es., quella del cubitale nella doccia olecranica (segno di Biernacki), del popliteo esterno contro la testa del perone (segno di Bechterew), ecc. Frequentissime sono anche le analgesie viscerali (epigastrio, trachea, lingua, testicoli, mammelle, ecc.). Altri disturbi gravi della sensibilità sono le crisi viscerali: i dolori gastrici sono sintomi frequentissimi nei tabetici: insorgono violentemente, sono accompagnati da vomito prima alimentare, poi bilioso o addirittura sanguigno e raggiungono un tale acme di dolore che dopo una crisi, la quale può durare anche parecchi giorni, lo stato generale del paziente appare deperito anche in modo preoccupante. Fra una crisi e l'altra generalmente non si avvertono disturbi della funzione gastrica. Altre crisi viscerali sono quelle vescicali, dolorosissime, intestinali, esofagee, faringee. Queste ultime sono talvolta accompagnate da vertigine e da una fugace perdita di coscienza (ictus faringeo). Dal punto di vista motorio il disturbo principale è l'atassia (v.) che consiste in un disturbo della coordinazione dei movimenti, tale da simulare una paresi che contrasta con la conservazione della forza muscolare. L'atassia statica degli arti è evidente quando il paziente li protende e li solleva. Si notano allora oscillazioni grossolane che impediscono al soggetto di mantenere gli arti nella posizione primitivamente impressa a questi. L'atassia del tronco si mette in evidenza saggiando il segno di Romberg: il soggetto a occhi chiusi è incapace di mantenere la stazione eretta a piedi giunti. La deambulazione s'effettua nel seguente modo: movimenti bruschi, piede alzato troppo in alto e troppo bruscamente e ricadente sul terreno in modo violento, gambe lanciate con violenza in alto e all'infuori. Il soggetto guarda il suolo e controlla costantemente con gli occhi i proprî movimenti. A uno stadio più grave l'andatura diventa impossibile. Agli arti superiori l'atassia dinamica si manifesta con una grave mancanza di destrezza e di precisione negli atti per l'esecuzione dei quali è necessaria una certa nettezza di movimenti. Alterazioni dei riflessi: tutte le volte che il processo morboso tabetico colpisce le radici II-IV lombare o V lombare e I sacrale, si osserva la scomparsa rispettivamente dei riflessi rotulei (segno di Westphal) o degli achillei. È questo uno dei sintomi più frequenti della tabe. Anche i riflessi tendinei degli arti superiori possono scomparire. Sintomi a carico dell'apparato visivo: si ha spesso diminuzione progressiva della potenza visiva, fino ad arrivare talvolta alla cecità: questa è preceduta dall'acromatopsia e dal restringimento del campo visivo. Oftalmoscopicamente si nota atrofia dei nervi ottici. È interessante notare che nella cosiddetta tabe amaurotica tutti gli altri sintomi si arrestano o per lo meno rallentano notevolmente la loro evoluzione. Si possono osservare anche segni di lesione dei nervi oculomotori, soprattutto dell'oculomotore comune (III paio): strabismo esterno, midriasi, ptosi palpebrale. L'abducente è leso più raramente. Le pupille sono generalmente ristrette e disuguali: quasi costante, e di grande importanza diagnostica, è il segno di Argyll-Robertson: abolizione del riflesso irideo alla luce, conservazione del riflesso all'accomodazione e alla convergenza.

Disturbi trofici: artropatie, talvolta ingenti con abbondanti versamenti sierofibrinosi, assolutamente indolenti, fratture spontanee, anch'esse indolori, che, appunto per questa caratteristica, si saldano talvolta in atteggiamento vizioso, edemi, male perforante plantare, atrofia muscolare, distrofia dell'iride. Disturbi a carico degli sfinteri, più frequentemente vescicale, più raramente rettale: si tratta per lo più d'incontinenza o di ritenzione incompleta. Si ha talvolta, al contrario, ritenzione urinaria e stipsi. Frequenti sono le alterazioni della funzione sessuale, soprattutto sotto forma di diminuzione dell'appetito venereo e della potenza. Finalmente si possono osservare segni di lesioni cerebrali a focolaio, dovuti a processi arteritici luetici. Dal punto di vista psichico non è raro uno stato depressivo, che trova la sua prima ragione nella frequenza e nella violenza dei dolori, nell'impotenza sessuale, ecc. La sfera intellettiva rimane integra. Ciò non si verifica però se alla tabe s'aggiunga la paralisi progressiva, sia contemporaneamente, sia in un secondo tempo. Il quadro psichico è allora, naturalmente, quello della stessa paralisi progressiva. Nel sangue, la reazione di Wassermann è quasi sempre positiva; lo stesso si dica per il liquido cefalo-rachidiano dove si riscontra anche iperalbuminosi, iperglobulinosi, ipercitosi e positività delle reazioni colloidali. Avviene però talvolta, nelle forme a lentissimo decorso, che il liquor sia completamente, o quasi, negativo.

Come si vede, la sintomatologia della tabe è estremamente multiforme: quasi sempre, pochissimi dei sintomi ora enumerati sono presenti. Il decorso è oggi generalmente più benigno e più lento di quello che non fosse una volta; è raro che s'arrivi al periodo atassico, il quale un tempo era invece tutt'altro che infrequente.

La cura fondamentale della tabe è la terapia antiluetica: arsenobenzoli, mercurio, bismuto, iodio. La piretoterapia chimica ha indicazioni meno precise che nella paralisi progressiva; s'è osservato soprattutto che essa può aggravare o addirittura provocare i dolori lancinanti. Indicazioni più precise ha la marconiterapia. Talvolta si deve agire chirurgicamente sulle radici spinali posteriori, in caso di crisi viscerali, estremamente violente. Si usano anche, come tonici, il fosfuro di zinco, la stricnina, l'arsenico. Come sedativi i composti salicilici, la belladonna, l'oppio, l'idroterapia. Grave è il pericolo che i tabetici diventino morfinomani. Recentemente è stata adottata con successo contro le crisi gastriche l'atropina (da uno a tre milligrammi al giomo di solfato per via endovenosa).