Delblanc ‹dëlblànk›, Sven. - Scrittore svedese (n. Swan River, Manitoba, 1931 - Uppsala 1992). Partecipe al dibattito culturale e politico della nazione, nei primi romanzi (Eremitkräftan "Il paguro", 1962; Prästkappan "Il mantello del prete", 1963; Homunculus, 1964; Nattresa "Viaggio notturno", 1967) ha affrontato, spesso in forma allegorica, il tema del conflitto tra libertà assoluta e legge. Professore-ospite presso l'univ. di Berkeley durante la contestazione studentesca, descrisse questa sua esperienza nel racconto-diario Åsnebrygga ("Il ponte dell'asino", 1969). Fu poi tra i primi a intraprendere quella ricerca di radici familiari e nazionali nella provincia che ha dominato la narrativa svedese degli anni Settanta, con la serie dedicata all'immaginaria comunità di Hedeby (Åminne "Memoria del fiume", 1970; Stenfågel "Uccello di pietra", 1973; Vinteride "Letargo invernale", 1974) e con la tetralogia di Samuel (Samuels bok "Il libro di Samuele", 1981; Samuels döttrar "Le figlie di Samuele, 1892; Kanaans land "La terra di Canaan", 1984; Maria ensam "Maria sola", 1985). Tematicamente legati ai primi romanzi sono Grottmannen ("L'uomo della caverna", 1976) e Jerusalems natt (1983; trad. it. La notte di Gerusalemme, 1988).
svenire v. intr. [der. di venire, col pref. s- (nel sign. 1)] (coniug. come venire; aus. essere). – Perdere la coscienza per debolezza, commozione o mancanza improvvisa (che si dice anche, nel linguaggio com., venir meno): per il caldo e la calca molti...
svenare v. tr. [der. di vena2, col pref. s- (nel sign. 4)] (io svéno, ecc.). – 1. Uccidere tagliando le vene, cagionare la morte per dissanguamento: lei gridante mercé e aiuto svenarono (Boccaccio). Più com. il rifl. svenarsi, recidersi le vene, uccidersi...