SUSA

Enciclopedia Italiana (1937)

SUSA (A. T., 24-25-26)

Piero LANDINI
Anna Maria BRIZIO
Piero BAROCELLI
Armando TALLONE

Cittadina della provincia di Torino, a m. 503 s. m.; sorge su entrambe le sponde della Dora Riparia, del torrente Cenischia, chiusa tutt'intorno da monti di severa bellezza. La sua posizione geografica, a guardia di uno dei più celeri valichi alpini, alla confluenza di due fondamentali vie di passaggio, spiega, in parte, la cospicua importanza storica del centro. Contava 3712 abitanti nel 1931; ivi giunge la rotabile di grande comunicazione proveniente da Torino (km. 53), che biforcandosi porta, da un lato, al Moncenisio (km. 28), dall'altro al Monginevra (km. 42). Mediante tronco ferroviario elettrificato di 8 km., la città è collegata con Bussoleno, sulla ferrovia internazionale Torino-Modane. Servizî automobilistici portano a Novalesa, Exilles, Moncenisio.

Il comune occupa una superficie di kmq. 11,26; di questi 10,11 sono dati dalla superficie agraria forestale. Diffusi sono i seminativi (32,5%), soprattutto i campi di patate; i prati e i pascoli (37,5%); le colture legnose specializzate (16,4%) con larga presenza di vigneti. Notevole è l'allevamento. Le industrie, favorite dall'abbondanza di energia idrica, hanno preso largo sviluppo: nel 1927 si contavano 188 esercizî con 1671 operai, di cui 840 nelle industrie tessili (cotonifici). La popolazione complessiva del comune è salita da 4265 abitanti nel 1871 a 5212 nel 1931, con la fortissima densità di 463 abitanti per kmq.: 1186 individui vivono sparsi nella campagna; gli altri, oltre che nel centro capoluogo, in frazioni.

Monumenti. - Fra i monumenti antichi, oltre ad alcuni tratti delle mura romane, è celebre l'arco trionfale eretto ad Augusto l'anno 9 a. C. Nel Medioevo i monumenti più importanti della città risalgono al periodo romanico, e sono i due campanili superstiti di S. Maria, ora distrutta, e di S. Giusto, l'attuale cattedrale: ambedue appartengono - più imponente il secondo - al tipo diffuso in Piemonte da fra Guglielmo da Volpiano. Invece, la chiesa di S. Giusto, anch'essa originariamente romanica (si ha la carta di fondazione risalente al 1029), è stata rifatta nel periodo gotico, e alterata anche più tardi con sovrastrutture e stucchi. Oltre al campanile, essa conserva, dell'epoca romanica, anche la vasca battesimale e due bellissime maschere leonine di bronzo con armille. Pregevoli inoltre: una croce astile gotica, un trittico di bronzo a rilievi e graffiti del sec. XIV rappresentante al centro la Madonna cosiddetta del Rocciamelone, fra S. Giorgio e un cavaliere presentato da S. Giuseppe; un trittico della fine del sec. XV, di spiccato carattere lombardo - però ampiamente ridipinto - proveniente dalla certosa di Branda, e, nella sagrestia, una Natività di Defendente Ferrari. Accanto al duomo s'eleva la cosiddetta Porta di Savoia, risalente all'epoca romana, le cui torri laterali tuttavia sono state ampiamente rifatte nel Medioevo e abbassate poi di circa metà altezza nel 1789. Altra chiesa degna di menzione è la basilica gotica di S. Francesco, molto rimaneggiata e molto restaurata, con chiostro e piccolo museo annesso. Né il Rinascimento né l'epoca barocca hanno lasciato tracce monumentali degne di nota.

Bibl.: C. Sacchetti, Memorie delle chiese di Susa, Torino 1788; G. Casalis, Dizion. geografico... degli stati del re di Sardegna, Torino 1850, XX, s. v.: F. Genin, Susa antica, Saluzzo 1905; G. Genin, Susa e Moncenisio, Torino 1909; G. T. Rivoira, Le origini dell'architettura lombarda, Milano 1909; A. Venturi, Storia dell'arte ital., III, Milano 1904, pp. 65, 66, 68, 69; A. K. Porter, Lombard Architecture, III, New Haven 1917, p. 436; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I (Il Medioevo), Torino 1927, pp. 126, 552, 1093, 1105.

Storia. - L'antica Segusio fu, nell'ordinamento amministrativo augusteo, vicus di diritto latino, sede di Cozio, prefetto della provincia delle Alpi Cozie (v.), già regolo di quelle genti alpine, e in seguito, durante l'impero di Nerone, spentasi la dinastia dei Cozî, del praeses della provincia. S'ignora precisamente quando fu eretta a municipio di diritto romano e ascritta alla tribù Quirina. Segusio era nella migliore posizione per dominare la valle e il transito della grande via imperiale che da Torino per il valico del Monginevra conduceva oltralpe. Non ostante copiosi rinvenimenti archeologici, poco si conosce della distribuzione generale dell'abitato segusino durante l'impero. Segusio fu, sembra, città aperta, fino a quando sul finire del sec. III o al principio del IV, la minaccia delle invasioni barbariche l'obbligò a chiudersi frettolosamente entro forti mura.

Nel Medioevo seguì le sorti delle altre parti d'Italia invase dai barbari; ma durante la guerra gotica un certo Sisige, il cui nome fu poi latinizzato in Sisinnio, capo dei Goti nella valle di Susa, minacciato dai Franchi da una parte e dai Bizantini dall'altra, trattò con questi facendo atto di sottomissione e continuando poi a reggersi di fatto come signore indipendente, nonostante la sua qualità di magister militum preposto dai Greci al comando di quel distretto militare delle Alpi Cozie, destinato a difendere contro gli assalti esterni quella frontiera.

Il suo governo continuò nelle stesse condizioni, anche dopo che i Longobardi ebbero conquistato l'Italia. Questi tentarono di cacciarlo in una delle spedizioni fatte contro i Franchi: sconfitti da Mummolo, figlio di un patrizio della Provenza che in una spedizione precedente era stato ucciso dai Longobardi, si ritirarono a Susa; ma a Sisige riuscì di farli allontanare.

Dopo la scomparsa di questo, Susa e la valle appaiono in potere dei Franchi fino presso ad Avigliana e costituenti un'unica diocesi con la Moriana, fino a che, in epoca incerta, sotto gli ultimi Carolingi, distaccate dal Comitato di Moriana, furono unite a quello di Torino. I Saraceni di Frassineto e forse anche gli Ungari le devastarono nel sec. X.

Susa, compresa nel dominio degli Arduinici, contò fra i suoi signori anche la contessa Adelaide, chiamata erroneamente "di Susa" e, peggio, marchesa di Susa; poi fece parte integrante dei dominî dei conti di Savoia che vi aprirono una zecca fino dai tempi di Pietro I, dopo cessate quelle di Aiguebelle e di San Giovanni di Moriana. Nel 1174 fu incendiata dal Barbarossa, che vi volle tuttavia rispettata la casa del conte di Savoia. Nelle successive divisioni che avvennero nel dominio sabaudo, Susa fu sempre compresa nel territorio dipendente direttamente dal conte di Savoia, a cominciare dal 1235, quando Amedeo IV assegnò a Tommaso II il Piemonte da Avigliana in giù; così i principi di Acaia non vi ebbero alcuna ingerenza.

Cadde sotto il dominio francese nel 1536, rimanendovi fino al 1559, e in tutti i tempi vide passare personaggi ed eserciti stranieri che dal Moncenisio scendevano in Italia. Col trattato di Parigi del 1796 Vittorio Amedeo III si obbligò ad abbatterne le fortificazioni; indi, quando il Piemonte fu unito alla Francia, stette sotto il regime francese fino alla Restaurazione.

Bibl.: E. Ferrero, L'arc d'Auguste à Suse, Torino 1901; P. Barocelli, Segusio, in Bollettino della Società piemontese di archeologia e belle arti, XIII (1929); F. Gabotto, Storia dell'Italia occidentale nel Medioevo (395-1313), I, Pinerolo 1911, in Biblioteca della Soc. storica sub., LXII; T. Rossi e F. Gabotto, Storia di Torino, I (fino al 1280), Torino 1914, ibid., LXXXIII; B. Baudi di Vesme, Sulle origini della Casa di Savoia. La Pace di Dio nel Viennese ed i conti di Vienna, in Boll. stor. bibl. sub., XIX, Torino 1914: L. F. A. Peracca, L'alta valle di Susa dall'anno I al 1804, Torino 1910-1914; M. Buffa, Susa nei tempi antichi e moderni, Susa 1904; G. Monticelli, La valle di Susa e l'abbazia della Novalesa, Pinerolo 1925.