SUPERSTRUTTURE

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

SUPERSTRUTTURE

Paolo Lugli

Con il termine di superstrutture si indica in fisica dello stato solido una classe di strutture speciali basate su materiali semiconduttori che presentano proprietà elettriche, ottiche e di trasporto sostanzialmente diverse da quelle del materiale di volume da cui sono derivate. L'elemento di base di queste s. è la cosiddetta eterostruttura, ossia un sistema composto da due materiali diversi, in questo caso semiconduttori, posti in intimo contatto l'uno con l'altro.

Generalità sulle eterostrutture. - Le eterostrutture sono diventate negli ultimi anni uno dei sistemi fisici più interessanti sia dal punto di vista della fisica di base (basti ricordare il premio Nobel conferito a K. v. Klitzing nel 1985 per le ricerche sull'effetto Hall quantistico) che da quello applicativo. Questo perché è ora possibile, attraverso un attento controllo della loro progettazione e fabbricazione, variare a piacimento le proprietà elettriche e ottiche di queste strutture, e quindi ottenere effetti prima del tutto impensati o che si riteneva fossero del tutto estranei alla fisica dello stato solido. L'enorme impatto delle eterostrutture deriva in gran parte dal fatto che esse hanno trovato applicazioni dirette nel campo della microelettronica e dell'optoelettronica, sia consentendo il miglioramento delle prestazioni di dispositivi esistenti, sia indicando linee di sviluppo del tutto originali.

Come prototipo di s. consideriamo il sistema illustrato in fig. 1A, composto da due strati di una lega ternaria di AlxGaxAs (alluminio-gallio-arsenico) che circondano lungo una direzione uno strato di GaAs (arseniuro di gallio). Il materiale ternario viene ottenuto attraverso speciali processi di crescita, che tratteremo brevemente nel seguito, sostituendo una frazione x di atomi di gallio con atomi di alluminio e mantenendo intatto il carattere cristallino del materiale. Al variare di x varia l'intervallo di energia proibita Eg (energy gap) fra la banda di valenza e quella di conduzione. La fig. 2 mostra appunto tale variazione dal valore x = 0, corrispondente al GaAs (Eg = 1,43 eV), al valore x = 1 corrispondente all'AlAs (arseniuro di alluminio), con (Eg = 2,2 eV). Le curve Γ, L, X riportano l'andamento dei minimi della banda di conduzione in funzione della composizione, al centro della zona di Brillouin (Γ) e lungo le due direzioni cristallografiche [111] (curva L) e [100] (curva X). Dalla figura si osserva come per 0≤x≤0,45, l'AlxGa〈ID1−xAs mantenga un gap diretto (minimo della banda di conduzione corrispondente al massimo della banda di valenza, entrambi nel punto Γ), mentre per valori maggiori il semiconduttore mostra un gap indiretto (il minimo della banda di conduzione si trova lungo la direzione [111] non sovrapposto al massimo della banda di valenza) e perde conseguentemente gran parte della sua utilità, almeno per le applicazioni ottiche. Per una concentrazione di Al pari a 0,25, valore tipico per eterostrutture GaAs/AlGaAs, il gap energetico dell'AlGaAs è di circa 1,9 eV. La differenza nell'energia del gap dei due materiali viene ripartita tra le bande di valenza e di conduzione (secondo regole che non sono ancora chiarissime dal punto di vista teorico), dando origine a discontinuità di banda di circa 0,18 e 0,29 eV rispettivamente. Il diagramma a bande, relativo ai due estremi di banda, nella direzione ortogonale alle interfacce è mostrato in fig. 1B. In meccanica quantistica, un sistema di questo tipo è detto buca quantica a pareti finite. La soluzione dell'equazione di Schroedinger che descrive le proprietà di questa struttura indica che esistono solo valori discreti di energia permessi agli elettroni, e che in tali livelli l'elettrone è descritto da una funzione d'onda localizzata quasi interamente nella buca di potenziale. Si parla in questo caso di confinamento elettronico in uno dei tre gradi di libertà del sistema, e conseguentemente di gas elettronico bidimensionale. La separazione tra i livelli energetici e il loro numero dipende dalla larghezza della buca di potenziale (oltre che dalla sua altezza che però nel nostro caso è fissata dal tipo di materiali utilizzati). Tanto più stretta è la buca, tanto più spaziati saranno i livelli. Tanto più larga è la buca, tanto più addensati sono i livelli e più è simile la struttura al caso tridimensionale.

Ripetendo periodicamente la struttura a buca quantica di fig. 1B si ottiene una s. a buche quantiche multiple (multiple quantum well). Se gli strati di materiale a gap largo (AlGaAs) sono sufficientemente sottili (attorno a qualche nm), le funzioni d'onda normalmente localizzate nel materiale a gap stretto si estendono anche fuori di esso, creando una sovrapposizione delle funzioni d'onda di buche quantiche vicine. In questa struttura i livelli discreti che caratterizzano la buca quantica singola vengono sostituiti da insiemi continui di stati di energia permessi detti minibande, come illustrato in fig. 3. L'ampiezza di queste minibande può essere predeterminata; essa infatti cresce al diminuire della larghezza dello strato di semiconduttore con gap maggiore. Questo tipo di struttura viene detta superreticolo in quanto l'alternanza periodica dei due semiconduttori sovrappone una superperiodicità alla periodicità tipica della natura cristallina dei singoli semiconduttori. In presenza di campi elettrici elevati, la sovrapposizione delle funzioni d'onda delle diverse buche quantiche, responsabile per il formarsi delle minibande, tende a diminuire. Come conseguenza, le minibande tendono a spezzarsi in una serie di stati discreti, distribuiti in sequenza lungo la direzione del campo elettrico con una spaziatura che è data dal prodotto del valore del campo elettrico e del periodo del superreticolo. Questa scalinata di livelli, o stark ladder, è un fenomeno di localizzazione previsto teoricamente ma mai osservato nei semiconduttori di volume. Il fatto che le minibande del superreticolo siano molto meno estese che quelle dei materiali di volume ha fatto sì che proprio nei superreticoli si sia potuta verificare sperimentalmente l'esattezza della predizione teorica.

La possibilità di creare nuovi sistemi a semiconduttore con una struttura a bande disegnata a tavolino ha originato il termine ingegneria delle bande. Questo termine è tanto più appropriato visto il fatto che il controllo sulle strutture non si limita ai semplici gradini di potenziale visti finora, ma permette di avere buche di potenziale di diversa altezza compenetrate o anche profili di banda lineari o parabolici, ottenuti attraverso una variazione continua della composizione (si vedano gli esempi mostrati in fig. 4). Questi tipi di s. sono utilizzati per la realizzazione di laser a buca quantica (quantum well laser), permettendo un drastico abbassamento della tensione di soglia del laser (ovvero della potenza necessaria per ottenere azione laser).

La penetrazione della funzione d'onda elettronica attraverso barriere di potenziale sufficientemente sottili, che costituisce fenomeno alla base della formazione delle minibande nei superreticoli, è nota in meccanica quantistica come effetto tunnel. Se una particella con energia cinetica inferiore all'energia potenziale di una barriera incide su di essa, la probabilità che essa riesca a oltrepassarla è diversa da zero (come richiederebbe invece la meccanica classica), tanto più quanto più sottile è la barriera e quanto minore è la differenza tra la sua energia e quella del potenziale di barriera. In base a quanto detto sopra, è sufficiente interporre un sottile strato di AlGaAs tra due strati di GaAs per trovarci esattamente nelle condizioni propizie per avere effetto tunnel. La corrente che si accompagna a tale effetto, detta corrente di tunneling, può essere aumentata se sono presenti delle risonanze legate a stati intermedi.

L'esempio più semplice, e anche più significativo, è fornito da una variante della buca quantica prototipo illustrata sopra. In questo caso consideriamo le due barriere di AlGaAs molto sottili (qualche nm) e poniamo ai due lati degli strati di GaAs molto drogati. La funzione di questi strati è quella di permettere la realizzazione di buoni contatti ohmici. All'equilibrio termico il diagramma a bande della struttura è mostrato in fig. 5A, I. Nelle zone drogate gli elettroni sono in condizioni degeneri e riempiono la banda di conduzione fino al livello di Fermi. All'interno della buca esiste una serie di livelli quantizzati. Applicando ora un potenziale all'elettrodo di destra, si ottiene la curva caratteristica illustrata in fig. 5A, II. Per la spiegazione di questo andamento si può fare riferimento alla figura stessa, dove vengono mostrati i diagrammi a bande relativi a tre diverse condizioni di polarizzazione. Dato che le zone di contatto sono molto drogate, tutto il potenziale applicato cadrà sulle barriere e sulla buca centrale, dando luogo a un forte campo elettrico che viene evidenziato dalla pendenza della banda. Per bassi potenziali (regione I nella fig. 5B) la probabilità di tunneling attraverso la doppia barriera degli elettroni di sinistra è molto bassa, e così è la corrente tra i due elettrodi. Quando il potenziale applicato è tale che l'energia del primo stato quantizzato della buca è allineata con gli stati occupati in banda di conduzione dagli elettroni dell'elettrodo di sinistra, si ha quello che viene detto tunnelling risonante e la corrente cresce drammaticamente (regione II). Quando il livello quantizzato cade, a potenziali ancora maggiori, sotto il minimo della banda di conduzione, il tunneling risonante non è più possibile e la corrente cala drasticamente (regione III). A potenziali molto elevati, la seconda barriera non gioca più nessun ruolo, e la corrente ricomincia a crescere per effetto del tunneling attraverso la prima barriera, per altro ridotta dal campo elettrico esistente.

Dalla prima osservazione del tunneling risonante da parte di L. Chang, L. Esaki e R. Tsu nel 1974, un notevole interesse si è concentrato su questa struttura. Da un lato esso è stato motivato dall'interesse di arrivare alla piena comprensione della fisica coinvolta (in quanto la semplice descrizione data sopra, che di fatto presenta la struttura quantistica negli stessi termini di un risonatore ottico Fabry-Perot, dove le barriere di potenziale giocano il ruolo di specchi parzialmente riflettenti, non interpreta in modo completamente soddisfacente le evidenze sperimentali che indicano la presenza simultanea di meccanismi di tunneling non risonante); dall'altro, dall'esigenza di sfruttare al meglio la resistenza differenziale negativa presente nella curva caratteristica del diodo, fondamentale per la realizzazione di dispositivi ad altissima frequenza. Utilizzando eterogiunzioni tra InAs (arseniuro di indio) e AlSb (antimoniuro di alluminio) si è arrivati a diodi oscillanti fino a frequenze superiori ai 700 GHz. Si può infine ricordare come l'inserzione di strutture a tunneling risonante all'interno della base di transistori bipolari a eterogiunzione abbia portato alla progettazione di una nuova classe di dispositivi, che anziché operare con una logica binaria on/off, sono in grado di fornire funzioni logiche multiple, aprendo così la strada a un'elettronica completamente nuova.

La possibilità di sfruttare i concetti sopra esposti è legata all'effettiva realizzabilità di strutture reali che si comportino come quella ideale che abbiamo preso a esempio. Il modo più ovvio per assicurarsi che ciò avvenga è di garantire che, sia nella scelta dei materiali che durante la preparazione dell'eterostruttura, venga mantenuta intatta la struttura perfetta del cristallo. Le moderne tecniche di crescita epitassiale offrono proprio questa possibilità.

La crescita di un sottile strato cristallino di materiale semiconduttore le cui caratteristiche cristalline e in particolare l'orientazione cristallografica risultino determinate dal sottostante substrato, anch'esso cristallino, viene definita epitassia (v. in questa Appendice). Se il materiale semiconduttore è lo stesso di quello del substrato, come, per es., Si su Si, il processo è chiamato omoepitassia e la struttura omogiunzione. Se invece il materiale semiconduttore dello strato sottile è diverso da quello del substrato, come, per es., AlxGa1xAs su GaAs, il processo è chiamato eteroepitassia e la struttura eterogiunzione. Normalmente i materiali semiconduttori che costituiscono l'eterostruttura, pur essendo di diversa composizione, devono avere parametri reticolari molto simili (entro pochi per mille) per poter essere cresciuti in modo cristallino l'uno sull'altro. Se facciamo riferimento alla fig. 6, che mostra un diagramma gap/parametro reticolare per vari materiali semiconduttori, la scelta è ristretta a quei materiali, o loro leghe, che si trovano sulla stessa verticale.

I due metodi principali per realizzare eterostrutture sono l'epitassia da fasci molecolari (Molecular Beam Epitaxy, MBE) e la deposizione da fase vapore con metallorganici (Metal-Organic Chemical Vapour-phase Deposition, MOCVD). Rinviando alla voce epitassia in questa Appendice per le caratteristiche della MBE, osserviamo che essa è una tecnica estremamente versatile, e anche per questo è molto utilizzata nella fabbricazione di numerosi dispositivi. Inoltre, poiché la crescita MBE avviene nel vuoto, è possibile inserire nella camera numerose tecniche analitiche per controllarne la dinamica. Tuttavia con l'MBE la crescita è lenta, e tipicamente uno o pochi dei substrati si possono processare contemporaneamente; rimangono quindi ancora difficoltà da superare per progettare apparecchiature MBE da impiegare in produzioni industriali.

Un secondo metodo di crescita epitassiale di semiconduttori composti è la deposizione chimica da fase vapore con metallorganici. Il processo è basato sulla pirolisi di composti metallorganici di metalli del iii gruppo in presenza di idruri di elementi del v gruppo. Le molecole dei composti metallorganici e degli idruri vengono portate da un gas di trasporto in prossimità o sulla superficie del substrato mantenuto ad alta temperatura, e qui si dissociano depositando gallio, alluminio e arsenico che, se nella giusta proporzione, formano uno strato di semiconduttore epitassiale. Normalmente nel MOCVD l'As entra come gas di arsina, che è estremamente velenoso, tuttavia si stanno studiando altri composti organici e volatili dell'As da utilizzare nel processo. Anche con tale tecnica si può drogare il semiconduttore che si sta crescendo. Per es., atomi di silicio possono essere aggiunti immettendo gas silano oppure selenio, anch'esso donatore, attraverso l'immissione di gas seleniuro d'idrogeno. Il metodo MOCVD, anche se meno flessibile del MBE, risulta molto promettente per la produzione industriale di eterostrutture di materiali semiconduttori composti in quanto con questo metodo si possono processare contemporaneamente molti substrati, e le velocità di crescita degli strati epitassiali sono maggiori di quelle che si possono ottenere con il MBE. A favore del MBE gioca una migliore uniformità di spessore e di drogaggio, e una più alta mobilità elettronica delle strutture prodotte. D'altro lato, il costo di un'apparecchiatura MBE è attualmente di circa tre volte superiore al MOCVD, e la sua resa nettamente inferiore.

Come detto in precedenza, l'integrità dal punto di vista della struttura cristallina dell'eterointerfaccia viene garantita dal fatto che i materiali che la formano hanno la stessa costante reticolare. Quando questo requisito non è soddisfatto, i due reticoli tentano di adattarsi l'uno all'altro lasciando spesso vuoti alcuni siti atomici all'interfaccia. Queste vacanze danno luogo alle cosiddette dislocazioni, che possono essere pensate come vere e proprie fratture nel reticolo cristallino altrimenti perfetto, che si estendono nella struttura alterandone negativamente le potenzialità elettriche e di trasporto. Si è scoperto che quando uno degli strati che compongono l'eterostruttura è sufficientemente sottile, è possibile far accomodare i due reticoli di passo diverso attraverso la deformazione elastica che si viene a creare vicino all'interfaccia e che espande o comprime uno dei due reticoli fino a farlo coincidere con l'altro evitando così l'insorgere di dislocazioni. Questo fatto è di grandissima importanza in quanto estende enormemente le possibili combinazioni tra materiali semiconduttori da cui ottenere s. di elevata qualità, altrimenti limitata ai pochi materiali con uguale passo reticolare. Per es., la possibilità di realizzare tali strutture, dette pseudomorfiche, apre al silicio (cioè il materiale di gran lunga più utilizzato nelle applicazioni microelettroniche) quelle potenzialità offerte dalle eterostrutture altrimenti limitate ai materiali del gruppo iii-v o ii-vi. Un primo importante risultato è stato la fabbricazione di un transistore bipolare basato sull'eterogiunzione Si/SiGe in grado di operare attorno ai 100 GHz, una frequenza che prima d'ora si pensava irraggiungibile da dispositivi al silicio. Altre eterostrutture pseudomorfiche di notevole interesse sono quelle GaAs/InGaAs (importanti per la realizzazione di dispositivi HEMT ad alta velocità, vedi oltre) e CdZnSe/ZnSe (grazie alle quali è stato possibile realizzare recentemente il primo laser operante con luce verde/blu).

Confinamento degli elettroni e mobilità. - Supponiamo di avere un superreticolo o una struttura a buca quantica multipla, uniformemente drogata con atomi donatori. Gli elettroni di conduzione diffonderanno dallo strato con gap maggiore, per es. AlxGa1−xAs, verso lo strato con gap minore, per es. GaAs, favoriti dal fatto che il minimo della banda di conduzione del GaAs è inferiore a quello dell'AlxGa1−xAs. Di conseguenza gli elettroni si trovano confinati in una buca di potenziale quantica in coabitazione con un numero elevato d'impurezze donatrici ionizzate (gli atomi donatori presenti nel GaAs). Sfortunatamente gli atomi donatori in un semiconduttore non servono solo per fornire elettroni indispensabili per la conduzione, ma contemporaneamente ne riducono la mobilità in quanto ionizzandosi danno luogo a un campo elettrico che interagisce con gli elettroni di conduzione frenandoli. Nei dispositivi elettronici questo è uno svantaggio in quanto i portatori di carica non si muovono con la mobilità che potrebbero raggiungere nel materiale puro, cioè in assenza d'impurezze donatrici (o di accettori). La soluzione di questo dilemma fu suggerita da Esaki e Tsu (IBM) nel 1969 e la sua fattibilità dimostrata da H. Stormer e collaboratori (Laboratori AT&T Bell) nel 1979. Il concetto di base è quello d'isolare gli elettroni di conduzione dagli atomi donatori che li hanno generati. Ciò si ottiene drogando con atomi donatori solo il materiale con gap maggiore, mentre il materiale a minor gap viene cresciuto senza drogaggio. Questa tecnica è detta modulazione di drogaggio.

Anche in questo caso gli elettroni generati dai donatori diffonderanno attraverso l'interfaccia per andare a occupare gli stati di energia più bassa del materiale a gap più piccolo, formando un gas bidimensionale di elettroni confinati nella buca quantica e spazialmente separati dagli atomi donatori che li hanno generati. La conducibilità degli elettroni lungo la buca quantica, parallelamente all'interfaccia, risulta enormemente migliorata rispetto alla conducibilità in materiale massivo con equivalente densità di portatori, proprio a causa dell'assenza delle interazioni con le impurezze donatrici ionizzate. La separazione spaziale degli elettroni dagli atomi donatori che li hanno generati e la formazione di un gas bidimensionale confinato in una buca quantica può essere ottenuta anche all'interfaccia di una singola eterogiunzione, come mostrato in fig. 7 nel caso di un'eterostruttura fra AlxGa1−xAs drogato n e GaAs non drogato. Infatti, a causa dei diversi valori di gap, gli elettroni presenti nell'AlxGa1−xAs diffondono attraverso l'interfaccia nel GaAs. Il trasferimento degli elettroni dall'AlxGa1−xAs al GaAs genera un elevato campo elettrico (dell'ordine dei 100 kV/cm), perpendicolare all'interfaccia, che a sua volta genera un incurvamento delle bande in prossimità dell'interfaccia. L'incurvamento delle bande crea una buca di potenziale di forma quasi triangolare e di circa 10 nm di profondità in cui rimangono confinati gli elettroni, dando luogo anche in questo caso a un gas elettronico bidimensionale. Il vantaggio della modulazione di drogaggio risulta maggiore a basse temperature dove la mobilità è controllata principalmente dall'interazione degli elettroni con le impurezze ionizzate. A temperature più alte, quando è invece l'interazione con i fononi (vibrazioni reticolari) a determinare la mobilità dei portatori, il vantaggio della modulazione di drogaggio risulta ridotto anche se rimane presente a temperatura ambiente. È stato per es. possibile ottenere mobilità dell'ordine di alcuni milioni di cm2/(Vs), alla temperatura dell'elio liquido (4,2 K). Tali valori sono indice non solo dell'efficacia della modulazione di drogaggio, ma anche dell'ottima qualità delle interfacce, che altrimenti agirebbero, attraverso la loro rugosità, come fattore limitante della mobilità, come avviene per es. all'interfaccia tra silicio e ossido di silicio.

La singola eterostruttura mostrata in fig. 7 è alla base di un nuovo transistore chiamato HEMT (High Electron Mobility Transistor) che ha trovato una grandissima diffusione in ricevitori e trasmettitori a microonde grazie alle elevate frequenze e al basso rumore ottenibili (si pensi per es. che ogni disco per la ricezione della TV via satellite contiene un HEMT a basso rumore). Il nome del dispositivo viene dal fatto che il canale conduttivo è costituito dalla buca triangolare ad alta mobilità all'interfaccia AlGaAs/GaAs, come mostrato in fig. 8. Il funzionamento dello HEMT è del tutto analogo a quello di altri transistori a effetto campo: gli elettroni viaggiano da source a drain, e il loro flusso è modulato dal potenziale di gate. Le elevate prestazioni dello HEMT derivano sia dall'alta mobilità del canale, sia dal confinamento elettronico nella buca quantica, che permette un più efficace controllo della corrente da parte dell'elettrodo di gate. Recentemente, l'utilizzo di strutture pseudomorfiche AlGaAs/InGaAs cresciute su substrato di GaAs da un lato, e di strutture con accordo reticolare InAlAs/InGaAs cresciute su substrato di InP (fosfuro di indio) dall'altro, ha permesso di utilizzare l'InGaAs come materiale per il canale, sfruttando così la più elevata velocità degli elettroni in questo materiale e il maggiore confinamento derivante dalla doppia eterostruttura, e ottenendo un ulteriore miglioramento delle prestazioni del transistore HEMT.

Proprietà ottiche. - Abbiamo fin qui evidenziato i vantaggi offerti dalle strutture bidimensionali per quanto riguarda il trasporto di carica e le proprietà elettriche. Altrettanto importanti sono i miglioramenti che derivano da confinamento e quantizzazione sulle proprietà ottiche. Per quanto riguarda i laser, l'utilizzo di eterogiunzioni per confinare i portatori di carica e i fotoni prodotti, nonché per definire con precisione la zona in cui avviene l'inversione di popolazione, porta a notevoli vantaggi in quanto fa aumentare l'efficienza d'iniezione e diminuire la corrente di pilotaggio. Per questi laser, che costituiscono per es. l'elemento fondamentale dei lettori di compact disc, la zona attiva è dell'ordine di qualche decimo di μm, quindi troppo grande per dare luogo a quantizzazione. Un ulteriore notevole miglioramento, in termini sia di corrente che di larghezza di riga, viene proprio dalla riduzione delle dimensini fino a quelle di una buca quantica.

Il vantaggio di un laser di questo tipo è riconducibile alla distribuzione energetica di elettroni e lacune in presenza di quantizzazione. In fig. 9 viene mostrata la densità degli stati dei sistemi di varia dimensionalità, che ne illustra il numero di stati energetici permessi. Tipicamente, nel caso tridimensionale (materiale di volume) il numero degli stati cresce come la radice quadrata dell'energia; la probabilità che elettroni e lacune occupino questi stati è determinata dalla statistica di Fermi-Dirac, che dà un andamento rapidamente decrescente con l'energia. Il risultato complessivo è che le cariche sono distribuite su un intervallo abbastanza ampio di energie, con una densità molto bassa attorno agli estremi di banda. Come conseguenza, è abbastanza difficile (o gravoso in termini di potenza richiesta) ottenere l'inversione di popolazione necessaria per l'azione laser. Nel caso di un sistema bidimensionale invece la densità degli stati presenta dei gradini in corrispondenza dei diversi livelli quantizzati. Questo fa sì che la popolazione di elettroni e lacune in vicinanza di questi livelli sia molto più alta nel caso tridimensionale, e che la loro distribuzione energetica sia più stretta. Ciò si traduce immediatamente in una maggiore facilità nell'ottenere inversione di popolazione e in una curva di guadagno (cioè dell'intervallo di energie su cui si ha amplificazione) più stretta. Come già citato in riferimento alla fig. 4, è poi possibile ottimizzare i laser a buca quantica progettando opportunamente il profilo degli strati adiacenti alla buca stessa. Attraverso il controllo della larghezza della buca quantica in cui avviene la transizione radiativa e del materiale che la compone, si può variare la lunghezza d'onda del laser su un intervallo molto ampio che va dall'infrarosso al visibile. Particolarmente importante per le comunicazioni ottiche, che ormai stanno acquistando un ruolo sempre più di punta nell'ambito delle telecomunicazioni, è l'utilizzo di materiali quaternari InGaAsP cresciuti su substrati di InP; per questi materiali si può avere emissione sia a 1,3 che a 1,5 μm, cioè proprio alle lunghezze d'onda dove si hanno i due minimi di attenuazione delle fibre ottiche.

Non solo l'emissione coerente, ma anche altre proprietà ottiche cambiano drasticamente nelle buche quantiche. Per es. i fenomeni ottici non lineari legati a variazioni del coefficiente di assorbimento o dell'indice di rifrazione sono molto più forti in strutture bidimensionali che nei materiali di volume. Questo fa sì che sia possibile progettare modulatori e interruttori ottici interamente basati sulla tecnologia delle eterostrutture, e quindi completamente integrabili con altri tipi di dispositivi. Il prodotto da questo punto di vista più eclatante è il circuito integrato optoelettronico, in cui su una stessa piastrina miniaturizzata sono montate migliaia di dispositivi ottici come laser e fotorivelatori e di dispositivi elettronici dei circuiti di amplificazione.

Superstrutture a bassissima dimensionalità. - Abbiamo descritto fino a questo punto i principi fisici di base, le proprietà e le applicazioni di strutture bidimensionali, dove cioè la dinamica elettronica è confinata in una delle direzioni. Dal punto di vista teorico è abbastanza ovvio che qualora la barriera di potenziale responsabile del confinamento elettronico non fosse limitata a una direzione ma fosse presente anche in altre, il confinamento interesserebbe anche queste ultime. Si può così arrivare ai cosiddetti fili quantici (quantum wires), in cui il moto elettronico può avvenire lungo una sola direzione, e ai pozzi quantici (quantum dots) in cui l'elettrone non ha più gradi di libertà accessibili ed è completamente confinato. Le proprietà quantistiche di queste due strutture sono un'estensione immediata di quelle delle buche quantiche. Nei fili quantici si hanno due direzioni in corrispondenza delle quali si hanno livelli discreti, e la terza lungo la quale l'elettrone è ancora particella libera, ovviamente con la massa efficace del materiale in cui si trova. Nel caso dei pozzi quantici, l'energia elettronica è completamente quantizzata in livelli discreti. Per questo motivo i pozzi quantici vengono anche detti atomi artificiali, essendo il loro spettro di energia del tutto simile a quello degli atomi. A differenza degli atomi, la separazione dei livelli è, almeno entro certi limiti, a discrezione di chi progetta la struttura.

L'elemento di partenza per la realizzazione di sistemi a una o zero dimensioni è sempre una buca quantica del tipo descritto in precedenza. Il modo concettualmente più semplice per realizzare un filo o un pozzo quantico è quello di scavare gli strati cresciuti epitassialmente con l'aiuto di reagenti chimici che agiscano su aree preselezionate. In questo modo si ottengono delle strutture che sono lateralmente confinate in aria (il che equivale a una barriera di potenziale praticamente infinita), mentre nella direzione verticale il confinamento è lo stesso della buca quantica di partenza. Purtroppo questo metodo presenta delle grosse difficoltà dal punto di vista tecnologico. Infatti questo attacco (etching) selettivo è controllabile solo su dimensioni dell'ordine del migliaio di ], e quindi ancora lontano dall'assicurare le dimensioni necessarie per un vero confinamento quantistico (con livelli energetici cioè sufficientemente spaziati). In alternativa sono state suggerite altre tecniche che sono però ancora in fase di messa a punto.

Le potenzialità dei fili quantici si possono evincere direttamente dalla fig. 9, già utilizzata in precedenza per descrivere le proprietà dei sistemi bidimensionali. In un filo quantico, a differenza di tali sistemi, la distribuzione degli stati energetici consentiti (quelli associati all'unica direzione libera rimasta agli elettroni) è estremamente piccata, per cui gli elettroni tenderanno a sistemarsi tutti molto vicino ai livelli quantizzati. Visto che le proprietà ottiche per quanto riguarda sorgenti e modulatori (larghezza di riga, guadagno differenziale, tensione di soglia, efficienza di pilotaggio) dipendono da quanto stretta è la distribuzione energetica degli elettroni, ecco che un sistema unidimensionale è preferibile rispetto a quelli a più alta dimensionalità. Ancora migliori sono, da questo punto di vista, le potenzialità dei pozzi quantici: in essi infatti gli elettroni sono distribuiti esclusivamente sui livelli quantizzati discreti.

Per quel che riguarda i fili quantici, vi è un ulteriore vantaggio potenziale sul trasporto di carica. L'efficacia dei meccanismi diffusivi (fononi, impurezze, ecc.) dipende infatti dal numero di stati finali accessibili per le transizioni da essi provocate. Nei fili quantici, grazie alla forma assunta dalla densità degli stati, questi meccanismi sono penalizzati e gli elettroni possono muoversi con altissima mobilità senza subirne l'effetto deleterio.

Le potenzialità dei sistemi a bassissima dimensionalità sono rimaste finora in gran parte sulla carta. Infatti, per poter sfruttare a pieno queste potenzialità è necessario soddisfare due condizioni: la prima è che le dimensioni del filo o del pozzo quantico siano tali da avere una spaziatura tra i livelli quantizzati di alcune decine di MeV. Se così non fosse, e i livelli fossero addensati su intervalli di energia più ridotti a causa dell'eccessiva larghezza della struttura, non sarebbe più possibile distinguere le loro caratteristiche da quelle delle strutture a più alta dimensionalità. La seconda condizione è che si sia in grado di connettere elettricamente i singoli fili o i singoli pozzi. In entrambi i casi la tecnologia attuale non è ancora matura.

Come ultimo argomento di questa rassegna vale la pena citare una serie di strutture, dette mesoscopiche, in cui il confinamento unidimensionale viene ottenuto attraverso una modulazione elettrica. Si utilizza una struttura a buca quantica con contatti del tutto simili a quelli di un transistore planare (come lo HEMT visto in precedenza): source e drain sono contatti ohmici tra i quali scorre la corrente, mentre il gate ne controlla il flusso attraverso la zona di svuotamento creata dalla barriera Schottky della giunzione metallo-semiconduttore. L'unica differenza è che ora il contatto di gate è interrotto (split gate) per un tratto di dimensioni dell'ordine del micrometro.

Quando si applica un potenziale negativo all'elettrodo di gate, si può arrivare a una situazione in cui il canale di conduzione, in questo caso formato dalla buca quantica, è completamente svuotato tranne che in corrispondenza dell'interruzione. La corrente fluirà così dal source al drain attraverso questa costrizione, la cui larghezza dipende dal potenziale applicato. Per valori di potenziale opportuni, si ha quantizzazione bidimensionale dei livelli energetici, e la struttura si comporta come un filo quantico. Se si utilizza una buca quantica ad altissima mobilità, e quindi con un cammino libero medio molto lungo, e si lavora a bassissima temperatura, tipicamente qualche millesimo di kelvin, si può arrivare a una situazione in cui l'elettrone transita nel filo quantico in modo balistico, senza cioè subire alcuna diffusione. Le proprietà elettriche sono allora completamente controllate dai contatti e dalle caratteristiche quantistiche del canale quantizzato. Per valori di potenziale source-drain sufficientemente bassi, la curva di conducibilità in funzione del potenziale di gate presenta dei gradini in corrispondenza di multipli interi di 2e2/h, dove e è la carica elettrica elementare e h la costante di Planck. Questo fenomeno viene detto quantizzazione della conduttanza (conductance quantization).

Se si utilizzano due split gates paralleli l'uno all'altro, è possibile formare un pozzo quantico, anch'esso controllato elettricamente, e arrivare alla condizione in cui pochi elettroni (al limite un singolo elettrone) attraversano la struttura. Quando l'elettrone si trova all'interno del pozzo quantico, la sua carica negativa previene l'entrata di altri elettroni a causa della repulsione elettrostatica tra di essi. Questo cosiddetto blocco coulombiano (Coulomb blockade) fornisce di fatto un interruttore quantistico.

Non è per ora chiaro se questi concetti porteranno a qualche applicazione, anche se molti già parlano di elettronica da singolo elettrone e sognano di strutture formate da milioni di fili e pozzi quantici su un singolo pezzo di semiconduttore, ma certamente hanno messo in luce una serie di fenomeni del tutto inaspettati e di grande contenuto fisico, oltre ad avere permesso una serie di esperimenti affascinanti come per es. l'osservazione dell'interferenza di elettroni utilizzando due split gates adiacenti come fenditure.

Bibl.: H.C. Casey Jr., M.B. Panish, Heterostructure lasers, New York 1978; R. Dingle, Applications of multiquantum wells, selective doping and superlattiers, ivi 1987; Physics and fabrication of nanostructures, a cura di M.A. Reed e W.P. Kirk, ivi 1989; Physics of quantum electron devices, a cura di F. Capasso, ivi 1990; C. Weisbuch, B. Vinter, Quantum semiconductor structures, Orlando 1991.