SUPERCONDUTTIVITÀ

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

SUPERCONDUTTIVITÀ (v. Sopraconduttori, XXXII, p. 148; Temperatura: Resistenza elettrica e superconduttività, App. III, 11, p. 928)

Carlo Rizzuto

Questo fenomeno, che nelle sue manifestazioni più evidenti consiste nella sparizione della resistività elettrica e nel fortissimo diamagnetismo (espulsione del campo magnetico), fu osservato da H. Kamerlingh Onnes nel 1911, per la transizione resistiva.

Esso si osserva, in campo magnetico nullo, a temperature inferiori a una temperatura Tc, caratteristica del materiale considerato. Attualmente la più alta osservata di tali temperature è quella del composto intermetallico Nb3Ge (Tc = 23,2 °K).

La resistività elettrica ρ di un superconduttore, per correnti e campi continui, è effettivamente nulla rispetto alle più basse resistività osservate a queste temperature nei campioni più puri di conduttore normale. I limiti sperimentalmente osservati sono ρ ≤ 4 • 10-27 Ᾱm per il superconduttore, contro ρ ≤ 10-14 Ᾱm per metalli purissimi monocristallini (per es., Al, Ga). Il limite sperimentale è stato ottenuto (National bureau of standards, SUA) osservando il decadimento di una corrente elettrica persistente indotta in un anello superconduttore.

In presenza di un campo magnetico, la transizione superconduttiva avviene a temperature inferiori a Tc e, per ogni temperatura T Tc, si può osservare la transizione allo stato normale (resistivo e debolmente dia- o paramagnetico) per una data intensità di campo magnetico applicato, Hc(T) (campo critico).

La relazione tra il campo critico e la temperatura è descritta con buona approssimazione da un andamento parabolico:

I materiali in cui si è osservata la s. sono nella grande maggioranza metalli (metalli puri, leghe o composti intermetallici). Comunque essa è stata osservata anche in alcuni semiconduttori, come per es., Ge, Si e P sotto pressione, in alcuni composti a struttura lamellare come, per es., quello formato da solfuro di tantalio e piridina, TaS2 • 1/2 C5H5N, e seleniuro di niobio e idrogeno, 2H-NbSe2; e in un polimero, (SN)x.

Speculazioni sulla possibilità che sia stato osservato un fenomeno precursore della s. in composti metallorganici unidimensionali (v. metalli, XXIII, p. 23) e a temperature relativamente assai più elevate (60 °K) non hanno ancora avuto conferma. Tentando una previsione sulla base dei risultati ottenuti finora sulla s., non si può attualmente prevedere la scoperta di materiali superconduttori con temperature critiche superiori a 25 ÷ 30 °K a meno che non venga trovato un meccanismo di transizione completamente nuovo.

La tab. 1 indica gli elementi in cui è stata osservata la superconduttività. In alcuni casi la s. è stata osservata solo sottoponendo l'elemento a pressioni elevate, in altri casi è stata osservata solo nell'elemento preparato allo stato amorfo per deposizione sotto vuoto su substrato freddo. La tabella riporta i valori caratteristici di Tc e di Hc(0).

Il fenomeno del diamagnetismo (effetto Meissner) fu scoperto da F.W. Meissner e R. Ochsenfeld nel 1933. È importante osservare che lo stato diamagnetico è reversibile e non dipende dal modo in cui s'induce la transizione. Si ottiene infatti espulsione del flusso di campo magnetico sia quando il superconduttore viene raffreddato sotto Tc in presenza di campo magnetico, sia quando il campo viene applicato dopo la transizione. Questo comportamento è diverso da quello prevedibile per un conduttore perfetto che "congelerebbe" il flusso esistente prima della transizione; da ciò si può rilevare l'importanza che, nel definire il fenomeno in esame, hanno sia le proprietà di conducibilità elettrica, sia quelle magnetiche.

In base alle proprietà diamagnetiche i materiali superconduttori si distinguono in due tipi. Quelli del "I tipo" (metalli puri e molte leghe) presentano, al disotto di Tc e di Hc, l'espulsione del flusso di campo magnetico da tutto il volume a eccezione di un sottile strato superficiale di spessore λ (spessore di penetrazione) dell'ordine di 102 ÷ 103 Å (per T Tc); in questo spessore circola una corrente elettronica che genera un campo magnetico opposto a quello applicato e quindi un'intensità di magnetizzazione M (fig.1).

I superconduttori del "II tipo" (leghe concentrate e la massima parte dei composti intermetallici), presentano espulsione totale, tranne che per lo spessore λ del campo magnetico fino a un campo d'intensità Hc1 (primo campo critico). Al di sopra di Hc1 il campo magnetico penetra nel superconduttore sotto forma di "filetti di flusso" isolati nella matrice diamagnetica. Questi filetti sono descrivibili come "vortici" di corrente elettronica che scherma, su distanze dell'ordine di λ, il flusso magnetico penetrato; il flusso di campo magnetico associato a questi vortici è quantizzato e ha un valore Φ0 = 2 • 10-15 Wb = hc/(2e) (h = costante di Planck, c = velocità della luce, e = carica dell'elettrone). Il materiale, in questo stato a "effetto Meissner incompleto", presenta ancora resistività nulla, ma diamagnetismo non perfetto fino a campi magnetici pari a Hc2 (secondo campo critico: fig. 1). Al disopra di Hc2 si ha completa penetrazione del flusso del campo magnetico e, in genere, il ritorno alla resistività osservata sopra Tc. In particolari circostanze (per film sottili sottoposti a campi magnetici paralleli alla superficie) è possibile osservare la persistenza di una resistività nulla, per corrente continua e per conducibilità superficiale, fino a un campo Hc3 > Hc2.

I valori massimi prevedibili per le induzioni corripondenti ai campi magnetici Hc2 sono dell'ordine di 50 ÷ 60 T. In tab. 2 riportiamo le temperature di transizione Tc e le induzioni Bc2 corrispondenti al campo critico Hc2 per i superconduttori di II tipo più interessanti per le applicazioni. Mentre gli elementi hanno campi critici bassi rispetto al campo di saturazione del ferro, che rappresenta il limite d'impiego degli elettromagneti a nucleo convenzionali, esistono superconduttori del II tipo con campi critici di più di un ordine di grandezza superiore a questo limite. Molti dei composti intermetallici d'interesse hanno struttura cristallina del tipo A15 (sistema cubico).

Si può avere transizione dallo stato superconduttore allo stato normale anche facendo passare nella sostanza una corrente con densità sufficientemente grande (effetto Silsbee, 1916). L'osservazione di questo effetto è generalmente dovuta al campo autoindotto dalla corrente circolante. In realtà la vera densità di corrente critica, che è legata a una velocità critica per gli elettroni di conduzione, non è stata ancora osservata chiaramente, e ha un valore previsto di circa 1011 ÷ 1012 A/m2. La densità di corrente che viene osservata, in superconduttori del II tipo sopra Hc1, dipende fortemente dalle condizioni metallurgiche del superconduttore, e in particolare dalla presenza di difetti e imperfezioni capaci d'impedire, ai "filetti" di flusso, di muoversi sotto l'azione della forza di Lorentz.

Le densità massime finora osservate sono dell'ordine di 5 • 109 A/m2 (tab. 2).

Per correnti alternate, al di sotto di Hc in superconduttori di I tipo e di Hc1 in superconduttori di II tipo, si osserva una resistività praticamente nulla fino a frequenze dell'ordine del GHz, mentre a frequenze più alte si ha una graduale riapparizione di fenomeni dissipativi fino al raggiungimento di una resistività pari a quella dello stato normale (v. corrente: Elettricità, XI, p. 480) per frequenze superiori a 1010 ÷ 1012 Hz.

Per superconduttori del II tipo, in campi magnetici superiori a Hc1, si hanno invece sensibili effetti dissipativi, collegati al movimento e alla creazione e distruzione dei filetti di flusso magnetico, anche a frequenze molto basse (inferiori a 100 Hz), ciò limita fortemente le possibilità attuali di applicazioni industriali.

La transizione allo stato superconduttore è contrassegnata dalla variazione di altre proprietà macroscopiche e microscopiche rispetto a quelle del metallo normale. V. in fig. 2 le più significative.

Il calore specifico elettronico ha una discontinuità a Tc, passando a un valore circa doppio di quello normale. Al di sotto di Tc e per T → 0 esso ha un andamento esponenziale, da confrontare con l'andamento lineare (ce = γT) tipico dei conduttori normali. Un tale andamento esponenziale è una chiara indicazione della presenza di un intervallo di energia proibita nello spettro di eccitazione degli elettroni del superconduttore vicino all'energia di Fermi (EF).

La conduttività termica nello stato superconduttore è inferiore a quella osservata nello stato normale. Lo scostamento dal valore normale aumenta al diminuire della temperatura fino ad aversi conducibilità termica praticamente nulla o trascurabile per T/Tc ≈ 0,2. Questo fenomeno indica una progressiva "incapacità", da parte degli elettroni della sostanza superconduttrice, di condurre e scambiare calore. Esso è stato spesso utilizzato per realizzare interruttori di flusso termico che vengono chiusi con l'applicazione di un campo magnetico superiore ad Hc.

L'attenuazione ultrasonora diminuisce anch'essa, indicando un'interazione tra elettroni e fononi che diminuisce fortemente al di sotto di Tc. La stessa indicazione si ha dalla variazione del tempo di rilassamento spin-reticolo.

L'assorbimento e la trasmissione nel lontano infrarosso, come pure la conducibilità elettrica alle frequenze del lontano infrarosso, confermano la presenza dell'intervallo di energia proibita. Si ha infatti un marcato passaggio a un comportamento dissipativo di tipo normale per frequenze dell'ordine di kBTc/h (kB = costante di Boltzmann) in accordo con le misure di calore specifico.

La misura più diretta dell'intervallo di energia proibita si ottiene però osservando la corrente che passa tra un metallo normale e un superconduttore (o tra due superconduttori) per effetto tunnel (I. Giaever 1960).

Questo metodo di misurazione è descritto in fig. 3. Si usa un diodo tunnel, costituito da due metalli separati da una sottile pellicola di materiale isolante (spessore 20 ÷ 100 Å), in genere ottenuto per evaporazioni successive dei metalli in esame, separati da uno strato di ossido che si fa formare sul primo metallo evaporato (fig. 3A); i metalli più comunemente usati come base, per la semplicità di controllo dello strato di ossido, sono Al, Sn, Pb e più recentemente Nb.

Applicando una tensione tra i due metalli (fig. 3B), si ha un passaggio di elettroni, per effetto tunnel, attraverso la barriera di potenziale costituita dallo strato di ossido. La "probabilità quantistica di tunnel" dipende dalla costituzione e dallo spessore dell'ossido, ed è proporzionale al prodotto delle densità di stati elettronici nei due metalli all'energia EF aumentata o diminuita (a seconda della polarità) della tensione applicata. La conduttività, data dalla derivata rispetto alla tensione V dell'intensità I della corrente misurata, dI/dV, è direttamente proporzionale alla densità degli stati.

Per un diodo costituito da metalli non superconduttori la corrente tunnel obbedisce alla legge di Ohm, essendo la densità degli stati costante per piccole tensioni applicate. Per un diodo costituito da un superconduttore e un metallo normale si ottiene la caratteristica di fig. 3C. Per un diodo costituito da due superconduttori di Tc diversa si ottiene la caratteristica di fig. 3D.

Queste misure indicano chiaramente l'esistenza, per temperature inferiori a Tc, di un intervallo di energia proibito di larghezza, per T → 0, 2 Δ(O) = ≈ 3,5 kBTc, con Δ(T) ≈ Δ(O) [i − (T/Tc)2].

Quando il diodo tunnel ha uno spessore di ossido inferiore a circa 20 Å e quando gli elettrodi sono entrambi superconduttori, si ottiene la caratteristica di fig. 3E (effetto Josephson continuo) in cui si osserva una corrente tunnel continua con resistenza nulla fino a Ij:

Quando il diodo viene irradiato con microonde (frequenza ν ≈ 10 ÷ 30 GHz) si ottiene la caratteristica a gradino indicata in fig. 3E (effetto Shapiro): essa è una manifestazione dell'effetto Josephson (1961) in corrente alternata. I gradini si osservano a tensioni perfettamente determinate dalla relazione Vn = nhν/(2e). Questa proprietà è attualmente utilizzata per definire lo standard di tensione internazionale.

I "diodi Josephson" possono essere realizzati anche mediante giunzioni a punta metallica o con riduzioni di sezione localizzate in una zona ristretta di superconduttore ("connessioni deboli").

L'insieme delle proprietà sopra ricordate indica che nello stato superconduttore gli elettroni sono soggetti a un'interazione che li porta a uno stato fondamentale collettivo diverso dallo stato normale; è possibile dimostrare con considerazioni termodinamiche che questo stato ha entropia più bassa dello stato normale.

La variazione delle proprietà al disotto di Tc può essere bene descritta ammettendo la coesistenza, nel metallo, di elettroni superconduttori e di elettroni normali. Gli elettroni superconduttori sono caratterizzati da un valore finito dell'energia necessaria per riportarli allo stato normale, dell'ordine di 3,5 kBTc, e dal fatto che il flusso di campo magnetico connesso con correnti superconduttrici è quantizzato in unità pari a due volte la carica elettronica.

Altre proprietà che si sono rivelate importanti per la comprensione del meccanismo che dà origine alla s. sono: l'effetto isotopico (1950) per cui la Tc di isotopi diversi di uno stesso superconduttore varia per diversi elementi in accordo con la relazione TcMa = costante, con M = massa atomica dell'isotopo, a ≈ 0,5; la variazione della Tc con la valenza e con la struttura (regole di Matthias, 1957), che indica che la s. è favorita dalla presenza di un'alta densità di stati elettronici, e dalla presenza di modi di vibrazione fononica a frequenza bassa.

La teoria microscopica (BCS). Tale teoria venne proposta da J. Bardeen, L. Cooper e J.R. Shrieffer nel 1957 ed è basata sulle ipotesi che l'interazione responsabile della comparsa della s. avvenga tra coppie di elettroni, e tramite il reticolo cristallino. La prima ipotesi fu poi confermata nel 1961 con la misurazione della quantizzazione del. flusso che, come abbiamo visto, indica in 2e la carica dei portatori nel superconduttore. La seconda tiene conto dell'effetto isotopico.

L'interazione postulata nella teoria BCS è un'interazione attrattiva tra coppie di elettroni, mediata dal reticolo. Questa interazione (fig. 4) può essere così visualizzata: un elettrone (negativo) che si muove nel reticolo attrae a sé gli ioni positivi circostanti, i quali, avvicinandosi dinamicamente, alterano lo stato di elettroneutralità locale e producono una distorsione che, per un secondo elettrone distante dal primo, rappresenta una carica localizzata positiva che segue il primo elettrone. Il secondo elettrone, in condizioni favorevoli, può così essere attratto dal primo e portare a uno stato legato che vedrà i due elettroni muoversi con una coerenza spaziale, e quindi descrivibili da una singola funzione d'onda. Questa interazione viene descritta come interazione attrattiva tra elettroni, mediata da un fonone virtuale.

Le condizioni più favorevoli per l'accoppiamento in presenza d'interazione attrattiva si hanno per elettroni aventi spin e impulso opposti: si vengono così a formare delle coppie con spin e impulso risultante nullo, che possono quindi, sotto questo aspetto, avere carattere di particelle che obbediscono alla statistica di Bose (anziché a quella di Fermi, seguita dagli elettroni singoli) e avere tutte la stessa quantità di moto per basse temperature. Sotto questo aspetto esistono analogie nel comportamento delle coppie di elettroni superconduttori e quello degli atomi di 42He superfluido (v. superfluidità, in questa Appendice).

Per alterare lo stato di moto di una coppia di elettroni superconduttori e per dar luogo a processi resistivi, è necessario che sia distrutta la coerenza spaziale tra essi esistente: questo può avvenire solo cedendo alle coppie un'energia superiore a quella di legame, e cioè all'intervallo proibito, che, calcolato con la teoria BCS, è 2Δ(0) = 3,5 kTc, in accordo con l'esperienza. A temperature inferiori a Tc non si hanno più fononi in grado di cedere questa energia, e anche i normali processi di urto contro impurezze non sono in grado di coinvolgere uno scambio di energia così relativamente alto. La coerenza spaziale di una coppia superconduttrice si estende su 103 ÷ 104 Å. Entro questo spazio si hanno numerose altre coppie, per cui la coerenza spaziale si estende a tutto il superconduttore in esame.

L'energia necessaria a distruggere le coppie può venire raggiunta o accelerando gli elettroni al di sopra di una velocità tale che l'energia cinetica superi l'energia d'interazione (campo magnetico critico e corrente critica) oppure introducendo impurezze magnetiche, cioè campi magnetici locali, capaci di agire direttamente sugli spin dei singoli elettroni delle coppie.

La teoria BCS fornisce una relazione che lega la Tc a parametri caratteristici del materiale in esame:

in cui ωD è la frequenza di Debye, N(0) è la densità degli stati elettronici alla EF e V è il potenziale attrattivo tra gli elettroni (mediato dal fonone virtuale descritto sopra).

Purtroppo questa relazione è poco utile per la sua forma esponenziale che amplifica enormemente le incertezze nella determinazione di N(o) e ancor più del parametro V, che a sua volta dipende sia da N(o) sia dalle proprietà elastiche del reticolo (ωD).

Ulteriori elaborazioni della teoria BCS, fatte riducendo alcune semplificazioni introdotte dai primi autori, hanno portato a. formule più utilizzabili nel confronto con i risultati sperimentali o nella loro previsione. In particolare è stato possibile spiegare l'assenza o l'anomalia dell'effetto isotopico in molti metalli di transizione.

Per poter comprendere e prevedere le proprietà macroscopiche del superconduttore, e in particolare quelle vicino alla transizione, o quelle sopra Hc1, è opportuno servirsi delle varie trattazioni termodinamiche che furono sviluppate in gran parte prima della teoria BCS (F.W. London, 1935; V.L. Ginzburg e L.D. Landau, 1950) e poi perfezionate (per es., L.G. Aslamazov e A.I. Larkin, 1968).

Uno dei concetti base che viene utilizzato in queste teorie, e che ha riscontro nella teoria microscopica, è quello della "lunghezza di coerenza" (ξ) che, confrontata con lo spessore di penetrazione (λ), dà le condizioni per cui il superconduttore è di I tipo (ξ ≫ λ) o di II tipo (ξ ≪ λ): poiché λ dipende dal libero cammino medio degli elettroni, si può passare dal I al II tipo quando si passi dal metallo puro a una lega. Nel caso di alcuni metalli (per es., Nb, La) si passa dal I al II tipo a concentrazioni molto basse di impurezze, mentre nella generalità dei casi ciò avviene per leghe concentrate.

Le applicazioni della superconduttività. - Due aspetti hanno suscitato molto interesse per le loro caratteristiche insostituibili:

1) la capacità di condurre correnti elettriche molto intense e in campi magnetici molto elevati con dissipazione nulla;

2) le proprietà dello stato quantico macroscopico: coerenza e quantizzazione del flusso magnetico concatenato con un superconduttore.

Lo sfruttamento di entrambi gli aspetti è iniziato dopo il raggiungimento della comprensione teorica del fenomeno. Le applicazioni sono state facilitate dallo sviluppo di attrezzature criogeniche affidabili (v. criogenia, in questa Appendice).

Il primo aspetto sopra indicato è utilizzato per quelle applicazioni in cui sono necessari campi magnetici con induzioni maggiori di circa 2 T e in grandi volumi. Infatti in queste condizioni l'impiego di solenoidi di tipo convenzionale, con avvolgimenti di rame, presenta consumi praticamente insostenibili e grossi problemi per l'estrazione dell'energia dissipata per effetto Joule.

Attualmente il maggior numero di applicazioni di questo tipo si ha per solenoidi o avvolgimenti impiegati per esperienze di fisica nucleare (induzioni magnetiche dell'ordine di 3 ÷ 5 T in volumi di diametro fino a 5 m, con energia immagazzinata fino a 800 MJ) o per la generazione di campi magnetici intensi per studi di struttura della materia (si raggiungono attualmente induzioni fino a 15 T in volumi di alcuni cm3 e con uniformità di campo fino a 1/106 sul cm3).

Per alcune applicazioni di fisica nucleare sono stati sviluppati magneti per campi pulsati, con il limite attuale di : ≈ 1 Hz.

Sono ora iniziati e sono attualmente in notevole sviluppo studi e prove su prototipi per applicazioni industriali. In molte nazioni, inclusa l'Italia (Ansaldo), sono stati costruiti motori-generatori in corrente continua omopolari (fig. 5): gli esemplari più grandi, di potenza dell'ordine di alcuni MW, sono stati costruiti in Gran Bretagna (IRD) per prova in impieghi industriali (pompe di circolazione d'acqua in centrale elettrica) e per impieghi militari (accoppiamento turbina a gas - elica in navi). Una delle applicazioni che in prospettiva desta più interesse è quella della costruzione di turboalternatori a induttore superconduttore: si ritiene infatti che questi possano essere competitivi con i turboalternatori convenzionali per potenze dell'ordine di 1500 ÷ 2000 MVA, che rappresentano il limite raggiunto con le tecniche convenzionali (v. motore: Motori elettrici, in questa Appendice).

Un vantaggio del turboalternatore superconduttore è quello di essere più compatto a parità di potenza per l'assenza del circuito magnetico di ferro (riduzione dei volumi fino a un quinto). Attualmente sono stati costruiti alcuni modelli sperimentali di turboalternatori con potenza dell'ordine di 2 ÷ 6,5 MVA e sono allo studio progetti preliminari di turboalternatori da 1200 ÷ 1600 MVA.

Altra applicazione in fase di prova, in particolare in Giappone e in Germania, è il trasporto con levitazione magnetica. Nei modelli ora in fase di sperimentazione si utilizzano solenoidi superconduttori a bordo della vettura per generare campi magnetici intensi su una larga area del sottostante binario costituito da una lastra di alluminio. Al disopra di una velocità dell'ordine di 30 ÷ 80 km/h insorgono nel binario correnti indotte tali da formare un campo immagine repulsivo che produce un sostentamento del veicolo a un'altezza di o,20 ÷ 0,50 m dal suolo: onde il vantaggio di essere inerentemente stabile, rispetto a quello basato sull'attrazione tra elettromagneti a nucleo.

Altri studi, per ora in fase più preliminare rispetto ai precedenti, riguardano l'impiego di solenoidi superconduttori per l'accumulo di energia (capacità prevista 10 MJ/m3 a 5 T e rendimento superiore al 90%), il contenimento del plasma nei reattori a fusione termonucleare, la purificazione delle acque e la separazione di minerali, sfruttando in questi ultimi due casi i forti gradienti di campo magnetico esterno ai solenoidi. In medicina, si è proposto di utilizzare i campi e gradienti di campo generati da superconduttori per il posizionamento di cateteri e di sostanze di contrasto nel corpo umano.

I materiali utilizzati nelle applicazioni sono attualmente in massima parte leghe di Nb-Ti (tab. 2) per campi fino a 10 T, e i composti intermetallici Nb3Sn e V3Ga per campi superiori (fino a 17 T).

Nelle applicazioni ad alti campi è importante assicurare la stabilità delle prestazioni del filo superconduttore: questa si ottiene suddividendo la sezione utile superconduttrice in molti sottili filamenti (tipicamente di diametro compreso tra 6 ÷ 100 μm) inglobati in matrice di metallo normale (Cu, Al o lega Cu-Ni). Nella disposizione spaziale dei fili superconduttori si adottano le precauzioni normalmente utilizzate nei fili per alta frequenza onde evitare l'accoppiamento elettromagnetico tra i vari fili (avvolgimento elicoidale più trasposizione). Questa configurazione dei fili superconduttori ha finora favorito l'impiego delle leghe Nb-Ti (duttili) nei confronti dei composti intermetallici (fragili). Gli avvolgimenti inoltre devono venire bloccati contro ogni possibile movimento meccanico a bassa temperatura; ciò causerebbe dissipazioni di calore tali da superare Tc (la capacità termica a basse temperature è estremamente bassa): per far ciò s'impiegano resine epossidiche caricate con nastrature o polveri di vetro per aggiustare i coefficienti di espansione termica.

Alcune altre applicazioni, il cui studio va ricordato, sono: cavi per alta potenza (su cui si ha un notevole impegno negli SUA e in Germania), le cavità risonanti per acceleratori (si raggiungono fattori di merito superiori a 109), e infine, i cavi coassiali per comunicazionì (si sono ottenute perdite di 0,55 dB/km a 1 GHz).

Le applicazioni del secondo aspetto si hanno essenzialmente sull'impiego dell'effetto Josephson (v. Josephson, in questa Appendice). Sulla base della teoria BCS la corrente osservata nell'effetto Josephson in corrente continua può essere descritta come uno sfasamento della funzione d'onda superconduttiva nel passaggio attraverso la barriera tunnel. Uno sfasamento simile si ha quando un campo magnetico è concatenato con un circuito superconduttore che contiene la giunzione. Quando si supera la corrente Ij, o si sottopone la giunzione all'effetto di campi magnetici continui o alternati sufficientemente intensi (per es., irradiandola con microonde), lo sfasamento di cui sopra può superare 2π rad, e si provoca uno "sganciamento" tra le fasi della funzione d'onda nei due elettrodi, con una continua rotazione di fase. Ciò porta a una corrente alternata che circola nella giunzione polarizzata con una tensione continua. L'effetto Shapiro (fig. 3E) è una manifestazione di tale corrente.

Sfruttando la possibilità di rilevare gli sfasamenti indotti da campi magnetici esterni con la misurazione d'intensità di corrente e di tensioni, si costruiscono apparecchi in grado di misurare flussi o variazioni di flusso con sensibilità (dipendente dalla banda passante) di

Magnetometri e gradiometri basati su questo principio sono ora impiegati anche per la rilevazione di giacimenti minerali e per la misurazione delle fluttuazioni del campo magnetico terrestre. Si sono realizzati apparecchi per ottenere magnetocardiogrammi e magnetoencefalogrammi e sono stati fatti studi preliminari per rilevare la distribuzione di particelle magnetiche nel corpo umano.

Inserita opportunamente in determinati circuiti, la giunzione Josephson viene impiegata come galvanometro (sensibilità circa 1012A su 10-3Ᾱ) o come voltmetro (sensibilità fino a 10-15V con tempi di risposta di circa 1 sec su 10-3Ᾱ).

La configurazione più utilizzata negli strumenti di cui sopra è quella dello SQUID (Superconducting Quantum Interference Device) in cui un cilindro o due cilindri di Nb sono chiusi da una giunzione debole. Mediante un segnale a radiofrequenza si determina il fattore di merito della cavità costituita dal cilindro; questo fattore è funzione periodica del flusso concatenato con esso, con periodo pari a un flusso quantizzato (2 • 10-15Wb). In questo modo sono apprezzabili frazioni di flusso fino a ≈ 10-178Wb.

La non linearità della caratteristica delle giunzioni Josephson, infine, è utilizzata per la miscelazione e rivelazione di onde elettromagnetiche a frequenze superiori a 100 GHz e per la realizzazione di elementi logici per grandi calcolatori, su cui lavorano laboratori di ricerca industriali (si sono ottenuti tempi di commutazione dell'ordine di pochi picosecondi, con potenze dissipate circa 1000 volte inferiori a quelle degli elementi logici a stato solido più avanzati).

Bibl.: R.D. Parks, Superconductivity, vol. I e II, New York 1969; B.W. Roberts, Properties of selected superconductive materials, National Bureau of standards, technical note n. 724, Washington 1972; J.P. Burger, La supraconductivité des metaux, des alliages et des films minces, Parigi 1974; S. Foner, B.B. Schwartz, Superconducting machines and devices, New York 1974; id., Superconductor applications: SQUIDs and machines, ivi 1977.

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