SUONO

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

SUONO

Mario CACIOTTI

(XXXIII, p. 995).

Registrazione e riproduzione dei suoni.

Ripresa dei suoni. - La ripresa microfonica ha per scopo la trasformazione dei s. in segnali elettrici atti ad essere avviati in un conveniente canale elettroacustico (amplificatore più altoparlante, amplificatore più fonoincisore, magnetofono, ecc.). Essa comprende le seguenti operazioni: a) ricerca della giusta posizione dei microfoni e scelta delle loro caratteristiche di direttività, per limitare la mutua influenza fra le varie sorgenti sonore; b) regolazione dei livelli dei segnali dei singoli microfoni, per impedire il predominio di certi s. su altri (mascheramento) e per ottenerne la fusiorie; c) intervento, durante l'esecuzione, sui livelli parziali per mantenere con continuità la condizione b), e sul livello totale per mantenere un adatto rapporto (dinamica) fra s. forti e deboli in modo che il segnale debole sia sempre superiore al rumore di fondo del mezzo usato (disco, nastro, ecc.) e il segnale forte non provochi la saturazione del mezzo stesso.

Per ciò che concerne i microfoni (v. anche App. II, 11, p. 308), l'evoluzione dell'elettroacustica ha avuto profonda influenza sulla tecnica costruttiva di essi. Quelli dinamici hanno beneficiato del grande progresso che s'è avuto nella produzione dei magneti permanenti, con conseguente miglioramento della sensibilità e riduzione delle dimensioni e del peso. Nei microfoni a nastro si tende al cosiddetto "tipo multiplo", che può funzionare a gradiente di pressione, a pressione o in modo misto, con direttività rispettivamente bidirezionale, omnidirezionale o unidirezionale. In sede professionale sono usati largamente anche i microfoni a condensatore, mentre per usi correnti domina tuttora incontrastato il microfono a cristallo piezoelettrico o ad elemento ceramico (titanato di bario) per il basso prezzo, l'alta sensibilità e la grande semplicità.

Nella ripresa la tendenza oggidì più seguita è di usare molti microfoni, alcuni dei quali inseriti saltuariamente nel corso dell'esecuzione, col preciso scopo di rendere evidenti e presenti singole sezioni di s.; questo metodo richiede naturalmente in chi manovra i microfoni una grande abilità tecnica e una certa sensibilità artistica.

Per aumentare l'"effetto di ambiente" si ricorre all'uso di microfoni lontani (microfoni panoramici) e di "riverberazioni artificiali" su parti di orchestra o su voci o su tutto l'insieme, ottenute con camera riverberante (echo room), con magnetofoni speciali o con piastre vibranti.

L'operatore addetto alla ripresa ha a sua disposizione, in una "sala regìa" adiacente normalmente alla sala di esecuzione, un "dosatore" (cioè un insieme di attenuatori graduati), un "indicatore di livello" e un "apparato di ascolto", mediante i quali può effettuare l'opportuna manipolazione dei s. raccolti dai varî microfoni.

Ripresa stereofonica dei suoni. - Un sistema stereofonico è un insieme di apparecchi di ripresa e riproduzione dei s., tale da dare all'ascoltatore la sensazione della distribuzione spaziale delle sorgenti originarie.

La stereofonia, sia pure realizzata con metodi approssimativi (stereofonia guidata), è stata applicata nel cinematografo alcuni anni fa (per es. nel sistema Cinemascope) col preciso scopo di fornire allo spettatore un ambiente sonoro il più possibile vicino alla realtà. Successivamente sono comparsi il nastro magnetico ed il disco stereofonico (1958-59); presso gli enti di radiodiffusione sono attualmente allo studio metodi di trasmissione via radio di programmi musicali stereofonici.

Un sistema stereofonico ideale si può sintetizzare in N microfoni che riprendano i suoni nell'ambiente originario ed N altoparlanti, ad essi collegati con singoli canali elettroacustici, che irradino il suono nell'ambiente di ascolto.

Esperimenti eseguiti con una "testa artificiale" (dispositivo costituito da due microfoni disposti in modo da simulare i due orecchi) hanno mostrato che per portare l'informazione stereofonica sono sufficienti due soli canali, uno destinato ai s. provenienti prevalentemente da sinistra, l'altro destinato ai s. provenienti prevalentemente da destra. Nell'ambiente di ascolto, le onde sonore emesse da due altoparlanti, alimentati dai due canali e opportunamente distanziati, componendosi fra loro con le proprie relazioni di fase e di intensità, ricostruiscono un'"immagine sonora" per mezzo della quale il nostro sistema uditivo riceve sensazioni molto prossime a quelle che avrebbe se si trovasse nell'ambiente in cui si producono i s. originali. La ripresa stereofonica può essere fatta pertanto con due soli microfoni.

Per analogia con l'apparato uditivo essi dovrebbero essere del tipo a pressione, cioè non direttivi e distanti fra loro circa 20 cm, come gli orecchi; tuttavia sono correntemente usati microfoni unidirezionali spaziati più di 20 cm: gli assi di direttività formano fra loro angoli da 90° a 120°.

Questo tipo di ripresa, di estrema semplicità, fornisce risultati eccellenti; peraltro risultati migliori dal punto di vista musicale sono dati dal sistema di ripresa con molti microfoni analogo a quello usato nella ripresa normale, non stereofonica (monofonica).

Il segnale di ogni microfono viene ripartito fra i due canali per via potenziometrica; è possibile, in particolare, spostare l'immagine sonora a piacere durante l'esecuzione (stereofonia simulata), cosicché, pur restando ferma la sorgente, si ottiene un apparente movimento di essa. Sul tavolo di regìa a ogni attenuatore di regolazione microfonica è affiancato un potenziometro di ripartizione destra-sinistra: i segnali dei canali stereofonici A (sinistra) e B (destra) passano attraverso un attenuatore doppio per la loro contemporanea regolazione; vi sono due indicatori di livello e l'apparato di ascolto ha due altoparlanti distanziati fra loro di circa un metro e posti di fronte all'operatore.

Nella ripresa stereofonica si presenta il problema della compatibilità, ossia la necessità di fornire contemporaneamente all'informazione stereofonica anche un segnale completo monofonico, cioè adatto all'ascolto normale: ciò per evitare l'aggravio di due riprese distinte. La ripresa va quindi fatta in modo che la somma A + B dei segnali dei due canali in fase dia un buon segnale monofonico.

Un esempio di sistema di trasmissione stereofonica compatibile è quello cosiddetto somma-differenza, usato in Italia dalla RAI per i programmi stereofonici filodiffusi (v. filodiffusione, in questa App.).

Questo sistema è basato sul contemporaneo invio dei segnali A + B (in fase) e A − B (in opposizione di fase). ll ricevitore monofonico rivela il segnale completo A + B, mentre quello stereofonico ricostruisce i segnali A e B a mezzo di un "combinatore somma-differenza". Quest'ultimo è un dispositivo elettronico oppure, più semplicemente, il dispositivo a trasforematori schematizzato nella fig. 1: dai due segnali A + B e A − B si ricavano, nel modo indicato in fig., i due segnali stereofonici. Il combinatore a trasformatori è un dispositivo reversibile e come tale può essere usato oltre che per la ricezione anche per la trasmissione.

Registrazione e riproduzione su disco dei suoni. - I progressi della chimica applicata e dell'elettroacustica hanno portato negli ultimi anni a sostanzali modifiche nella tecnica discografica.

Il materiale di stampa (v. anche XVII. p. 651) è ora composto di resine viniliche, di colore generalmente nero senza pigmenti, che hanno sulle vecchie paste a base di gommalacca e polveri varie il vantaggio di un'assenza assoluta di granulosità, ciò che riduce notevolmente l'attrito tra punta e solco e conseguentemente anche il fruscio; la stampa risulta assai più precisa e si ha anche un minor consumo della matrice metallica, che può produrre molte più copie di una volta.

Le buone qualità di questi materiali hanno condotto alla sostituzione progressiva dei dischi comuni con quelli a microsolco. Questi sono dischi con solchi di dimensioni ridotte, che girano a velocità ridotta (33 e ⅓; 45; eccezionale: 16 giri al minuto), rispetto alla vecchia velocità di 78 giri al minuto, che tende ad essere abbandonata. Il disco a microsolco presenta, rispetto al vecchio disco a solco normale, un minor peso (da 1/3 a 1/4 a parità di diametro), dovuto al minor peso specifico del materiale e al minor spessore, una maggiore durata di registrazione (da 4 a 5 volte a parità di diametro), un'assoluta infrangibilità e, soprattutto, una assai più elevata qualità di riproduzione.

Al miglioramento della qualità di riproduzione hanno anche grandemente contribuito i molti perfezionamenti introdotti in tutti i componenti della catena elettroacustica (microfoni, amplificatori, testine di incisione e riproduzione) e l'adozione di opportune caratteristiche di registrazione.

Precisamente si adotta un'amplificazione maggiore (enfasi) sulle frequenze elevate, così da avere un più alto rapporto segnale-disturbo nella zona maggiormente infestata dalle componenti del fruscio; il punto di transizione, in cui si passa da incisione ad ampiezza costante a quella a velocità costante, non è più a 250÷300 Hz (v. App. II, 1, p. 1074), ma spostato verso i 1000 Hz in modo che l'ampiezza delle frequenze elevate ne risulta aumentata. Le caratteristiche di registrazione e quelle, complementari, di riproduzione, sono state normalizzate in sede internazionale (fig. 2).

Un disco moderno confrontato con quello di alcuni anni fa presenta un miglioramento nella banda di frequenze (50÷12.000 Hz contro 50÷6000 Hz), nella dinamica (45 dB contro 30÷35 dB), nel rumore di fondo (−50 dB contro circa −40 dB) e nella distorsione armonica (1,5÷2% contro 4÷5%).

Notevoli miglioramenti si notano anche nei giradischi.

Le testine di riproduzione (pick-up) hanno, senza più eccezioni, puntina fissa di zaffiro o di diamante che forma un corpo unico con l'organo mobile per diminuire la massa vibrante e ottenere così una migliore risposta alle alte frequenze. Per permettere anche la riproduzione dei vecchi dischi a 78 giri, in genere la testina ha due punte, con raggio di curvatura rispettivamente di 0,07 mm per il solco normale di 0,02 mm per il microsolco, facilmente spostabili in modo che si possa presentare al disco quella adatta (v. fig. 3). Il peso con cui la puntina grava sul solco è ridotto a 2-6 gr. Il tipo di testina è, secondo le marche, a ferro mobile, a bobina mobile, e, assai frequentemente, piezoelettrico. Il motore (generalmente a induzione e spesso sincrono) è accoppiato al piatto portadischi con una ruota oziosa di gomma spostabile sui gradini della puleggia del motore in modo da potersi facilmente cambiare la velocità. Molti giradischi sono dotati di cambiadischi automatico; un interessante tipo di giradischi a funzionamento completamente automatico è quello a moneta (juke-box) che, importato dagli S. U. A., ha avuto una larga diffusione anche nel nostro Paese.

Dischi stereofonici. - I primi dischi stereofonici avevano due solchi affiancati da esplorare con due puntine separate. Successivamente si è pensato di usare un unico solco (e un'unica puntina) con due incisioni a 90° coesistenti, una in profondità e l'altra laterale, corrispondenti l'una a uno dei due canali stereofonici, l'altra all'altro.

La puntina riceve in tal caso dal solco sollecitazioni che variano a seconda della relazione di fase e di intensità, tra l'incisione verticale e quella orizzontale. Gli organi sensibili (piezoelettrici o elettromagnetici) sono due, orientati a 90° e disposti in modo che uno raccolga la componente verticale, l'altro quella orizzontale della sollecitazione istantanea; i due organi sensibili danno così luogo ai due segnali stereofonici.

Questo sistema però dava i due segnali con differenze notevoli di qualità. In suo luogo è stato adottato e normalizzato (1957-58) il cosiddetto sistema 45/45.

In questo sistema ogni canale partecipa a deviazioni verticali e orizzontali in egual misura. Ciò è stato ottenuto semplicemente rotando di 45° nello stesso verso la deviazione verticale e quella orizzontale: i due segnali risultano così affidati a deviazioni in profondità sui lati del solco (fig. 4). Anche gli organi sensibili nell'interno della testina sono stati rotati contemporaneamente di 45°.

La qualità elettroacustica dei dischi stereofonici 45/45 è paragonabile a quella di un normale disco microsolco. La distorsione armonica è però dell'ordine del 4÷5%; la diafonia tra un canale e l'altro è compresa tra 15 e 25 dB, a seconda della frequenza.

Un giradischi stereofonico può riprodurre i dischi a microsolco ordinarî a deviazione laterale, collegando in parallelo e in fase le due uscite della testina; com'è naturale, non è invece possibile adoperare un giradischi ordinario per riprodurre un disco stereofonico.

Registrazione e riproduzione magnetica dei suoni. - Viene effettuata a mezzo di speciali apparecchi, detti magnetofoni o registratori magnetici: si tratta di apparecchi reversibili, atti cioè tanto alla registrazione quanto alla riproduzione.

Principî della registrazione magnetica. - Il principio di funzionamento dei magnetofoni è, in breve, il seguente. Un nastro (meno frequentemente un filo) di materiale ferromagnetico viene fatto scorrere a velocità costante tra le espansioni polari di un elettromagnete (testina magnetica) alimentato dalla corrente fonica: si determina in conseguenza nelle varie zone del nastro uno stato di magnetizzazione variabile il cui andamento riproduce quello della corrente fonica. Facendo poi scorrere il nastro, alla stessa velocità, davanti allo stesso elettromagnete (o a un altro analogo), nell'avvolgimento di questo viene indotta una tensione variabile che, amplificata e trasdotta, riproduce i suoni che avevano dato luogo alla corrente fonica usata in registrazione.

La magnetizzazione del materiale può essere trasversale, cioè in direzione perpendicolare al movimento del nastro, oppure longitudinale, cioè parallela al movimento stesso. Dei due sistemi, questo ultimo è quello oggi correntemente usato, mentre il primo è stato abbandonato per il suo basso rendimento.

Nella magnetizzazione trasversale infatti, a causa della ridottissima lunghezza (dell'ordine dello spessore del nastro) dei magnetini elementari indotti e della loro vicinanza si produce una notevole azione smagnetizzante, che non si ha viceversa nell'altro caso.

Per poter utilizzare il nastro per successive e diverse registrazioni si usa un dispositivo di cancellazione, costituito da un elettromagnete alimentato con corrente continua (cancellazione in corrente continua) o, come si fa oggidì, con corrente alternata a frequenza ultraacustica (cancellazione con corrente alternata).

Perché la registrazione e la riproduzione avvengano senza distorsione occorre che la magnetizzazione del nastro sia effettuata senza uscire dalla zona lineare del ciclo di isteresi magnetica del materiale di cui il nastro stesso è costituito. Ciò si consegue spostando il punto di lavoro in posizione opportuna sul ciclo di isteresi a mezzo di un campo premagnetizzante e tenendo entro opportuni limiti l'intensità della corrente fonica.

Nella registrazione con cancellazione in corrente continua, il nastro, una volta fuori del campo saturante di cancellazione, acquista l'induzione residua corrispondente al punto b della fig. 5. Per la registrazione, il campo costante di premagnetizzazione sposta il punto di lavoro sul ciclo di isteresi in d; il campo del segnale acustico a fa variare lo stato magnetico intorno a d, nei limiti c-e, con induzioni residue comprese tra i limiti cr er. Lo sfruttamento del materiale è limitato soltanto ai tratti pressocché rettilinei di metà del ciclo di isteresi; inoltre, a causa della componente continua della magnetizzazione, risulta un notevole rumore di fondo (−35 dB rispetto al segnale massimo).

Nella registrazione con cancellazione a frequenza ultraacustica, il materiale è sottoposto ad un campo alternato saturante e percorre molti cicli di isteresi in modo da raggiungere gradualmente un'induzione residua nulla. Per la premagnetizzazione si adopera in questo caso un campo alternato anch'esso a frequenza ultraacustica, di ampiezza uguale al campo coercitivo proprio del materiale stesso; a questo campo è sovrapposto il campo a frequenza fonica. Nella fig. 6 I è considerato l'istante in cui il campo fonico ha il valore E e il campo a frequenza ultraacustica uguaglia il campo coercitivo Hc. Il materiale percorre il ciclo d'isteresi BCDF′; l'induzione residua R è, istante per istante, proporzionale all'ampiezza del campo del segnale fonico. La fig. 6 II mostra l'andamento del fenomeno in relazione alla curva di prima magnetizzazione a del materiale: il segnale acustico b risulta trasferito punto per punto (d) con induzioni residue positive e negative; la frequenza ultraacustica c serve soltanto da supporto per interessare i tratti rettilinei AB e CD della curva e non lascia tracce magnetiche. Rispetto al sistema con corrente continua, il materiale risulta sfruttato in tutto il ciclo d'isteresi e, inoltre, il rumore di fondo è notevolmente più basso (−60 dB rispetto al segnale massimo).

Caratteristiche di registrazione e di riproduzione. - Mantenendo nella testina di registrazione una corrente fonica costante al variare della frequenza, il flusso nel traferro dovrebbe mantenersi costante e dovrebbe produrre nel materiale tracce magnetiche di ugual induzione residua. In pratica, ciò è vero fino a una certa frequenza, al disopra della quale si cominciano a manifestare due perdite, una per effetto di traferro e l'altra per effetto del campo smagnetizzante.

La perdita per effetto di traferro dipende dal rapporto tra la larghezza d del traferro della testina magnetica e la lunghezza d'onda λ della corrente fonica registrata sul nastro. Si dimostra che ogniqualvolta d è un multiplo intero di λ, la perdita diviene infinitamente grande, cioè si ha un segnale registrato nullo; l'effetto di questa perdita si fa sentire notevolmente anche prima e dopo di ogni valore singolare, cosicché anche se il primo minimo (che si ha per d = λ) cade fuori della banda da riprodurre, si nota una progressiva diminuzione del livello nella parte alta della banda stessa.

La perdita per effetto del campo smagnetizzante, che si aggiunge alla precedente, diventa sempre più importante con l'aumentare della frequenza in conseguenza del fatto che le tracce magnetiche sono sempre più fitte e ravvicinate via via che la frequenza aumenta, cioè via via che λ diminuisce.

La caratteristica di registrazione risultante è, per varie velocità del nastro, del tipo di quella indicata con a in fig. 7.

Se ω è la pulsazione della corrente fonica, il flusso nel traferro della testina di registrazione è ?ϕ = Φmax sen ωt; la tensione indotta nella testina di riproduzione, investita dal flusso prodotto dai poli elementari del nastro magnetizzato, risulta poi: V = NωΦmax cos ωt, se N è il numero delle spire della testina. Se Φmax fosse costante, V dovrebbe crescere linearmente con la frequenza (6 dB per il raddoppiare della frequenza o, come si dice, 6 dB per ottava): peraltro, come si vede, la caratteristica al disopra di 2000 Hz va sempre più scostandosi dalla retta dei 6 dB (tratteggiata in fig.) a causa delle perdite anzidette: lo scostamento aumenta col diminuire della velocità di scorrimento.

La caratteristica indicata con b in fig. 7 è la caratteristica di riproduzione, cioè quella da assegnare all'amplificatore di riproduzione per ottenere una risposta lineare a tutte le frequenze: essa è, naturalmente, complementare di quella di registrazione.

Accanto alle perdite proprie della registrazione magnetica vanno poi considerate quelle che inevitabilmente intervengono nei processi di trasferimento del segnale elettrico sotto forma magnetica e viceversa. In pratica un buon magnetofono ha una curva livello-frequenza lineare entro ± 1 dB da 50 a 15.000 Hz, una distorsione inferiore al 2%, un rumore di fondo di −60 dB e una dinamica di 55 dB.

Il magnetofono. - Il processo di registrazione magnetica fu inventato nel 1898-99 dal danese V. Poulsen, che presentò all'Esposizione di Parigi del 1900 un apparecchio denominato Telegraphone: in questo un filo d'acciaio era avvolto ad elica su di un cilindro rotante, affacciato al quale era un elettromagnete che serviva per registrare, cancellare e riprodurre in una cuffia telefonica segnali telegrafici e telefonici.

Questa invenzione rimase dimenticata per molti anni. Nel 1930 fu realizzato dalla Marconi Company, principalmente per la sonorizzazione dei film, un apparecchio (denominato Battnerphone) che usava un nastro d'acciaio in bobine, scorrente alla velocità di 1,50 cm/sec. Macchine del genere, costruite da varie ditte, si diffusero presto nell'ambito delle società radiofoniche per la ritrasmissione dei programmi.

Nel 1931 F. Pfleumer costruì in Germania un apparecchio di registrazione magnetica, denominato Magnetophone, che usava un nastro di cellulosa su cui era steso uno strato di ossidi ferromagnetici tenuti insieme da adatto legante. La registrazione e la cancellazione erano fatte con corrente continua; il nastro scorreva alla velocità di 77 cm/sec. Per la leggerezza del nastro fu possibile realizzare i primi registratori portatili, poi largamente usati in guerra dall'esercito tedesco.

Nel 1941 M. Camras e D. E. Woolridge negli Stati Uniti, H. T. Von Braunmuhl e W. Weber in Germania proposero e introdussero praticamente il sistema di cancellazione e di premagnetizzazione con correnti alternate a frequenza supersonica.

Un moderno magnetofono è schematizzato, nelle sue linee essenziali, in fig. 8.

Il nastro magnetico è trascinato da un perno d'acciaio collegato a un motore, generalmente sincrono; sul perno, per assicurare l'aderenza, è pressata una puleggia di gomma. Il nastro scorre a velocità costante davanti alle testine magnetiche, svolgendosi dalla bobina debitrice e raccogliendosi sulla bobina raccoglitrice.

Le testine ormai sono tutte del tipo ad anello (vedi fig. 9). Quella di cancellazione ha un traferro relativamente largo (da 0,1 a 0,5 mm), e in essa viene inviata la corrente alternata a frequenza ultraacustica che produce il campo di cancellazione: questa testina provoca l'annullamento di qualsiasi precedente segnale e prepara il nastro per la registrazione. Nel traferro della testina di registrazione (largo da 10 a 25 μ), il nastro è sottoposto al campo ultraacustico di premagnetizzazione, al quale è sovrapposto il campo prodotto dal segnale da registrare; sul nastro rimangono soltanto le tracce magnetiche variabili del segnale acustico. Queste tracce investono il traferro della testina di riproduzione (largo da 5 a 15 μ) e inducono nel circuito magnetico di essa variazioni di flusso atte a ricostruire il segnale primitivo.

All'asse della bobina raccoglitrice è applicata un'adatta coppia meccanica, che ha lo scopo di permettere la regolare raccolta del nastro mano a mano che defila dalla puleggia traente. All'asse della bobina debitrice è applicata una debole coppia meccanica contraria, che ha il solo scopo di tenere in lieve tensione il nastro.

Queste coppie possono essere derivate con rinvii a cinghia e frizioni dal motore principale, oppure prodotte da motori appositi; si hanno quindi magnetofoni a un solo motore, a due motori, a tre motori. La soluzione con tre motori, di estrema semplicità meccanica, è preferita nei magnetofoni professionali (fig. io), nei quali hanno scarsa rilevanza le considerazioni relative alle dimensioni e al peso; nei magnetofoni domestici e portatili è usato generalmente un solo motore. Appositi dispositivi consentono la manovra di riavvolgimento del nastro, sulla bobina debitrice, ad alta velocità (da 4 a 10 volte la velocità normale).

Le velocità normali di scorrimento del nastro (standard internazionali) sono le seguenti: 30 pollici/sec, pari a 76,2 cm/sec (in via d'abolizione per usi professionali); 15 pollici/sec, pari a 38,1 cm/sec (per usi professionali); 7,5 pollici/sec, pari a 19,05 cm/sec (per usi professionali e correnti); 3,75 pollici/sec, pari a 9,5 cm/sec (per usi non professionali), e così via in progressione geometrica di ragione 2.

Gli altri elementi di un magnetofono sono: un oscillatore a frequenza ultracustica (che fornisce la corrente di cancellazione e di premagnetizzazione), un amplificatore di registrazione (con ingresso adatto per microfono nei magnetofoni portatili); un amplificatore di riproduzione con altoparlante; uno strumento di controllo modulazione, che nei magnetofoni domestici è costituito semplicemente da un indicatore elettronico di livello (occhio magico), e, infine, un adatto alimentatore.

Per economia, la riproduzione dei segnali può anche essere affidata alla stessa testina di registrazione e all'amplificatore relativo; in questo caso, per la riproduzione, si commuta la testina dall'uscita all'ingresso dell'unico amplificatore, al quale viene anche collegato l'altoparlante.

Nastro magnetico. - I materiali magnetici usati nei primi magnetofoni erano leghe ternarie di ferro-nichel-cobalto e ferro-cromo-nichel sotto forma di filo o di nastro. Il nastro moderno è composto di un supporto di materia plastica (acetato, diacetato, triacetato di cellulosa, cloruro di polivinile, mylar, ecc.), spesso circa 35 μ, sul quale è steso uno strato, spesso circa 15 μ, di ossido magnetico di ferro con adatto legante. L'altezza nominale è di 6,35 mm; nastri più alti (12,7; 25,4; 50,8 mm) sono riservati a usi speciali (memorie magnetiche) nelle macchine da calcolo, registrazione di segnali televisivi, ecc. Esistono anche nastri perforati nelle misure standard cinematografiche (35; 16; 8 mm). Per sonorizzare i film d'amatore è invalso l'uso di stendere una pista magnetica laterale sulla pellicola. Le lunghezze standard del nastro sono 90; 180; 360; 720 m.

Il materiale magnetico è composto di minutissimi cristalli di Fe2O3 fase gamma; è preferita la forma aghiforme (granuli di 0,1÷0,2 μ) perché il campo smagnetizzante è più debole ed è migliore quindi la resa alle frequenze elevate.

I progressi nel processo di fabbricazione dei nastri magnetici sono stati rapidi e decisivi. Per aumentare la durata di registrazione si è ridotto lo spessore del supporto sino a 18÷20 μ e quello dell'ossido a 10÷12 μ (nastri che a parità di diametro di bobina consentono registrazioni per un tempo pari a una volta e mezzo il normale) ed anche a 15 μ più 10 di ossido (nastri per un tempo due volte il normale). Con questi spessori prende consistenza il problema della resistenza meccanica del supporto, per il quale si sono trovati materiali speciali molto resistenti (per es. il mylar). Nella scelta del supporto, tuttavia, non conta soltanto la resistenza meccanica ma anche l'allungamento permanente sotto sforzo; questi materiali molto resistenti hanno allungamenti notevoli, per cui il loro uso diventa di grande delicatezza e si dimostra più adatto per basse velocità.

Con spessori molto piccoli viene anche ad essere aumentato l'effetto "di stampaggio" o "di eco" consistente nel fatto che, dopo un certo tempo di conservazione, un segnale registrato a forte livello in una spira del nastro si ritrova stampato permanentemente a basso livello nelle spire contigue. Questo difetto limita in pratica le possibilità di sfruttamento del nastro che potrebbero essere anche maggiori.

Per economia, si è sviluppato, per usi correnti, il sistema di registrare sullo stesso nastro due "piste", la prima nel senso dell'andata, la seconda nel senso del ritorno, in modo che la durata di registrazione a parità di lunghezza di nastro sia aumentata di conseguenza. Il sistema delle piste multiple è adottato anche in sede professionale, per es. nelle produzioni discografiche e cinematografiche, usando i nastri alti o quelli perforati. In questi casi le testine sono allineate l'una sopra l'altra e le piste vengono registrate o contemporaneamente, per es. registrando su ognuna di esse i segnali acustici di una sezione di orchestre o di voci, oppure successivamente, per es. registrando prima su una pista l'orchestra, su quella successiva l'orchestra mescolata con il canto e su un'altra ancora l'orchestra, il canto e il suono di un altro strumento qualunque. In questo modo si può ottenere un'alta precisione di montaggio sonoro e una varietà notevole di effetti in sede di elaborazione finale.

Registrazione stereofonica su nastro magnetico. - I magnetofoni stereofonici sono normalmente a due piste, una per i segnali relativi alla parte sinistra e l'altra per quelli della parte destra; le due piste vengono registrate e riprodotte contemporaneamente, ma separatamente, in modo da costituire due canali indipendenti. Per economia di nastro, si usano anche 4 piste con inversione del senso (due per l'andata e due per il ritorno). Il nastro magnetico stereofonico a due piste è "compatibile", perché se si riproduce su un magnetofono a pista intera, le due piste vengono a sommarsi in fase originando un normale segnale monofonico.

Riproduzione ad alta fedeltà. - Con la locuzione alta fedeltà si qualifica una riproduzione che restituisca i s. originali nel modo più fedele possibile. In pratica l'"alta fedeltà" viene definita in rapporto a determinate caratteristiche che debbono essere possedute dagli organi facenti parte della catena elettroacustica di riproduzione. Alcune di tali caratteristiche sono le seguenti: a) banda di frequenze riprodotte da 30 a 15.000 Hz, lineare entro una fascia compresa al più tra − 5 e + 5 dB negli altoparlanti ed entro ± 0,5 dB negli amplificatori; b) distorsione armonica degli amplificatori a tutte le frequenze inferiore all'1%; c) rumore di fondo almeno 50 dB sotto il segnale massimo; d) potenza indistorta, almeno 10÷15 W disponibili sugli altoparlanti in ambienti normali, 50÷75 W in grandi ambienti.

Un impianto ad alta fedeltà monofonico usa in generale più altoparlanti, divisi in due o più gruppi (canali) ognuno dei quali ha il compito di riprodurre soltanto una zona della banda di frequenze. Generalmente un solo amplificatore fornisce tutta la potenza che, con filtri passa-banda, viene ripartita tra i varî canali: questi sono di norma due, uno per le basse e medie frequenze e l'altro per le alte (es.: 30 ÷ 1500 e 1500 ÷ 15.000 Hz), raramente tre (es.: 30 ÷ 300; 300 ÷ 6000; 6000 ÷ 15.000 Hz).

Gli altoparlanti per le frequenze basse hanno grande diametro (fino a 40 cm), grandi bobine mobili e cono robusto e pesante, a profilo esponenziale, per evitare vibrazioni di sotto armonica; quelli per le frequenze alte hanno piccolo diametro, cono leggero e spesso sono dotati di una lente acustica per allargare il campo di radiazione. Esistono anche altoparlanti multipli, con due o tre coni coassiali; sono peraltro preferiti altoparlanti separati disposti generalmente in un unico grande mobile in modo da irradiare in fase. La disposizione tipica prevede, nel mobile, uno o più grossi altoparlanti centrali per le basse frequenze e due altoparlanti piccoli laterali per le alte frequenze; in qualche caso è usato anche un altoparlante piccolo centrale per rendere la radiazione più uniforme.

Cura particolare è dedicata al regolatore di intensità sonora (volume sonoro) in modo che le variazioni siano le più adatte alla sensibilità dell'orecchio: per es., a bassi livelli di ascolto devono essere esaltate tanto le basse quanto le alte frequenze. Ogni esecuzione, di norma, va riprodotta a un livello sonoro che sia il più vicino possibile al livello originale: così, una sola voce dovrà essere ascoltata a intensità moderata; un coro, una grande orchestra, ecc. vanno invece ascoltati a livelli elevati.

Il regolatore di tono è doppio in modo che si possano regolare indipendentemente le alte e le basse frequenze per adattare l'ascolto a qualsiasi ambiente e a qualsiasi gusto personale. L'ambiente di ascolto di una riormale abitazione ha un tempo di riverberazione di 0,5 ÷ 0,7 sec alle frequenze medie; questo tempo è peraltro variabile con la frequenza e risulta minore sulle alte frequenze per l'assorbimento prodotto dalla presenza di tappeti, tendaggi, mobili imbottiti, ecc. Si può compensare questo assorbimento esaltando opportunamente il livello di riproduzione delle frequenze alte; la regolazione delle basse frequenze, che sono di norma poco assorbite, è lasciata piuttosto al gusto personale.

A mezzo di un commutatore può essere selezionata l'adatta caratteristica di riproduzione dei dischi, cioè quella per i vecchi dischi a 78 g/m e quella per i microsolco moderni, non solo, ma anche quella per le varie marche di dischi, con caratteristiche lievemente diverse l'una dall'altra.

Una perfetta riproduzione delle frequenze basse è un carattere distintivo degli impianti ad alta fedeltà. Essa viene ottenuta usando amplificatori di opportune caratteristiche e, soprattutto, con un accurato disegno del mobile degli altoparlanti. Quest'ultimo è di norma di grandi dimensioni e con pareti spesse e non vibranti; nel suo interno sono disposti in posizione opportuna masselli di materiali acusticamente assorbenti per smorzare vibrazioni non volute. Alcuni costruttori però, per diminuire il volume del mobile, si servono di risonanze del mobile stesso per ottenere un'esaltazione dei s. gravi. Una buona soluzione consiste nell'accoppiare l'altoparlante delle basse frequenze a una grossa tromba esponenziale ripiegata, ricavata con opportune pareti divisorie di legno nell'interno del mobile, oppure nello sfruttare la risonanza di volume di un mobile chiuso con apertura frontale regolabile. Sono talora usati, per avere volumi limitati, mobili molto robusti, totalmente chiusi e molto imbottiti; la qualità, non essendo affidata a risonanze, è ottima anche alle basse frequenze, però il rendimento acustico è basso. Un adatto giradischi, un buon magnetofono, un radioricevitore di alta classe ed uno o più microfoni completano generalmente un impianto ad alta fedeltà.

Impianti stereofonici ad alta fedeltà. - L'impianto in questo caso risulta praticamente doppio, dato che l'ascolto va fatto dinanzi a due altoparlanti o complessi di altoparlanti, alimentati da amplificatori distinti. Gli altoparlanti vanno distanziati fra loro da uno a due metri a seconda della grandezza dell'ambiente: per grandi ambienti la distanza può arrivare anche a 4 ÷ 5 m. In alcune installazioni un terzo complesso di altoparlanti centrale ha il compito di irradiare soltanto le frequenze al disotto di 300 Hz, per evitare un certo effetto di vuoto nel centro acustico del sistema; ciò peraltro non è necessario se la ripresa stereofonica è stata effettuata correttamente.

Condizione indispensabile per un buon impianto stereofonico è la riproduzione fedele, nei due canali, del rapporto delle fasi e delle intensità quali si avevano nei microfoni usati nella ripresa. Occorre pertanto che i due canali abbiano identica rotazione di fase al variare della frequenza (una differenza di fase, tra un canale e l'altro, di 45° sulle alte frequenze è considerata il limite massimo tollerabile). Diversità nelle curve di risposta dei due canali porterebbero, d'altra parte, ad errate valutazioni nella direzione delle sorgenti sonore, sicché le risposte dei due canali debbono essere il più possibile identiche su tutta la banda di frequenze (al massimo entro ±1 dB); i regolatori di tono e volume, che agiscono insieme su tutti e due i canali, devono mantenere con la maggiore approssimazione possibile questa condizione. Grande importanza per il corretto mantenersi delle relazioni di fase nei s. riprodotti hanno anche le pareti laterali dell'ambiente di ascolto: è buona norma che l'ambiente sia simmetrico, dal punto di vista acustico, rispetto all'asse del sistema stereofonico.

Bibl.: J. G. Frayne e H. Wolfe, Elements of sound recording, New York 1949; A. Didier, Processus de l'enregistrement et de la reproduction des signaux par voie magnétique, Parigi 1958; S. J. Begun, Magnetic recording, New York 1949; E. Molloy, High fidelity sound reproduction, Londra 1958; J. Moir, High quality sound reproduction, Londra 1958; H. Lauridsen e F. Schlagel, Sterophonie und richtungsdiffuse Klangwiedergabe, in Gravesaner Blätter, n. 5, agosto 1956; J. Codonnier, Stereophonische Klangwiedergabe und filmtechnische Klangaufnahme, in Gravesaner Blätter, n. 7-8, aprile-maggio 1957; Clark Dutton e Vanderlyn, The "stereosonic" recording and reproducing system, in Proc. Inst. El. Eng., settembre 1957.

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