SULLY, Maximilien de Béthune, duca di

Enciclopedia Italiana (1936)

SULLY, Maximilien de Béthune, duca di

Rosario Russo

Ministro di Enrico IV di Francia, nato il 13 dicembre 1560 nel castello di Rosny (Île-de-France), morto a Villebon (Loir-et-Cher) il 22 dicembre 1641. Allevato nella fede riformata, si recò a Parigi per gli studî: nella notte di San Bartolomeo riuscì a scampare all'eccidio. Ben presto militò nell'esercito protestante; seguì il duca d'Anjou nei Paesi Bassi e poi il re di Navarra, alla conquista del regno di Francia, e non lo abbandonò mai più. Chiamato nell'ottobre 1596 a far parte del consiglio delle finanze, divenne l'uomo di fiducia del re: all'assedio di Amiens fece miracoli nel rifornire l'esercito di munizioni, di viveri e di artiglieri; mentre, dirigendo le operazioni d'assedio delle piazze della Savoia e partecipando alle trattative diplomatiche, rappresentò una parte importante nel trattato del 17 gennaio 1601 concluso tra il re di Francia e Carlo Emanuele I. Impadronitosi del meccanismo dell'amministrazione, divenne il vero dominatore nel consiglio. Il re, sempre più entusiasta della sua attività, gli conferì cariche importanti e nel 1606 lo nominò duca di Sully. Questo fu il premio della profonda azione svolta come soprintendente alle Finanze. Tale carica il S. cominciò ad esercitare fino dal 1598, anche se soltanto nel 1601 se ne trova riscontro negli atti ufficiali.

Egli fu il vero restauratore delle finanze. Nell'amministrazione portò uno spirito nuovo, ispirando fiducia alle classi medie e piccole. Grosse somme furono sborsate dallo stato ai crediti stranieri, mentre coi creditori interni fu adottato un provvedimento radicale: la revisione del debito pubblico. Il decreto 17 agosto 1604, con cui si stabilì che a partire dal 1605 le entrate annuali avrebbero uguagliato le rendite del debito, allarmò i Parigini, ma la commissione propose egualmente la riduzione dell'interesse o del capitale dei crediti legittimi. Il S. fu attaccato con violenza; il re, impressionato del malcontento generale, decise di non fare innovazioni. Il S. dovette ritirare il progetto, ma per aumentare le entrate dello stato cominciò col riscatto della riscossione e del godimento delle imposte, che lo stato aveva ceduto a beneficiarî. Più grandioso il progetto di riscatto di tutto il demanio: cominciò dalle terre, trattando con finanziatori, che s'impegnarono a rimborsare i detentori. Nel 1607 ebbe luogo il primo contratto; nel 1609 il secondo; sennonché la condizione che conferiva ai finanziatori il godinento per sedici anni, rese nulle le operazioni. Nel 1600 tutta la questione delle taglie fu riordinata e sistemata sul principio di giustizia; purtroppo, però, nel 1605 fu venduta l'esenzione, così che rinacquero gli abusi. Si aggiunga che invece di compensare la diminuzione delle taglie con l'aumento delle imposte dei consumi, raddoppiò le gabelle e le dogane, inceppando il commercio. L'attività della nazione ebbe però impulso dal S.; specialmente per l'agricoltura furono adottati provvedimenti importanti. Quanto alle industrie, il S. pensava che la Provvidenza avesse fatto diversi i paesi nella produzione per costringerli agli scambî. Temeva che il lavoro delle industrie sottraesse braccia all'agricoltura e privasse del vigore necessario per essere buoni soldati. Di qui la sua avversione per tutte le industrie nascenti. Avrebbe ridotto al minimo le importazioni - specialnente di generi di lusso - per evitare il deflusso dell'oro. Uguale avversione il S. ebbe per le imprese coloniali, specialmente nell'America Settentrionale. Così considerò come avventura le impeese che palesavano l'irrompere di fresche energie nella vita della nazione. Invece, fu molto proclive a fornir mezzi per l'attuazione della politica che Enrico IV perseguì negli ultimi anni del suo regno. Nella preparazione della guerra contro la Casa d'Austria ogni norma di economia fu messa da parte: furono adottati provvedimenti che compromettevano i servizî pubblici, inaspriti i tributi, mentre l'aggiudicazione a privati di sopratasse, il ristabilimento di tasse addizionali soppresse nel 1607, la creazione e la vendita di nuovi uffici produssero disordine nell'amministrazione e fecero ritornare abusi.

Spinto, come tutti gli ugonotti, dall'odio contro la Casa d'Austria, - egli era suocero di Enrico duca di Rohan - non lesinò i mezzi per la guerra. Perciò, quando Enrico IV fu assassinato, la sorte del S. era segnata. Maria de' Medici lo chiamò al governo, ma la presenza del S. nel consiglio apparve inconciliabile con la politica della reggenza. Egli si ribellò alla politica di riavvicinamento con la Spagna e si oppose al licenziamento delle truppe che la Francia manteneva a servizio dell'Olanda, perché ciò significava l'abbandono della politica di Enrico IV. Praticamente escluso dalle deliberazioni del governo, il S. si dimise (26 gennaio 1611). Ma quando s'iniziò il movimento degli ugonotti contro il governo, aderì al movimento e nell'assemblea di Saumur (25 maggio 1611) presentò le sue querele contro il governo. Tramontata ogni possibilità di partecipare al governo, dopo aver assistito agli Stati Generali del 1614, nella rivolta del 1615 aprì le piazze, di cui era governatore, al Condé; ma, dopo essersi adoperato per la pace di Loudun (3 maggio 1616), consigliò la reggente di arrestare il Condé. Quando l'assemblea dei protestanti si riunì a La Rochelle per rispondere all'occupazione del Béarn effettuata da Luigi XIII, il S. non vi si fece rappresentare. Fu, così, libero di svolgere la sua opera di conciliazione; ma penetrato nella piazza di Montauban, invano tentò di convincere i borghesi alla sottomissione. La vecchiaia spense in lui l'ardore bellicoso. Fedele servitore dello stato, si sottomise ai voleri del Richelieu, trionfatore degli ugonotti con l'espugnazione di La Rochelle, e gli cedette la carica di gran maestro dell'artiglieria; in compenso ebbe il bastone di maresciallo (18 settembre 1634).

Passò gli ultimi trent'anni della sua vita nei suoi castelli, in mezzo al fasto che poteva mantenere con le ricchezze accumulate durante il suo governo. Ma un segreto tormento fu la lontananza dal governo. Fu allora che il S. concepì il "grand dessein", quasi a rivendicare per il suo grande re l'originalità della lotta che il Richelieu iniziava contro la Casa d'Austria mentre con la pubblicazione del 1° e 2° tomo, nel 1634, della sua opera principale Mémoires des sages et royalles Oeconomies d'Estat de Henry le Grand (Amsterdam 1638) intendeva lasciare un documento della sua azione di riorganizzatore dell'amministrazione e dello stato, azione che, a parte le critiche talvolta anche fondate, era stata effettivamente il necessario presupposto della politica del Richelieu.

Bibl.: E. Lavisse, S., Parigi 1880; Pfister, Écon. royales de Sully et le grand dessein de Henry IV, in Rev. hist., LIV, LV, LVI (1894); Desclozeaux, Gabrielle d'Estrées et S., ibid., XXXIII (1887); H. Carré, S., Parigi 1932.