SUDAN

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

SUDAN

Pasquale Coppola
Guido Valabrega
Sergio Donadoni

(XXXII, p. 944; App. II, II, p. 928; III, II, p. 866; IV, III, p. 541)

Nel 1991 è stato inaugurato un sistema di governo federale e il paese è stato diviso in 9 stati, ripartiti in 66 province e 281 aree locali. Un successivo decreto del febbraio 1994 ha cambiato nuovamente l'assetto amministrativo del S., che oggi si articola su 26 stati.

Al censimento 1983 il S. registrava 20.564.364 ab., saliti a 24.940.683 al censimento successivo del 1993 (con una densità media di 9,9 ab./km2). Il coefficiente d'incremento demografico − nel periodo 1980-92 − è stato stimato al 2,7% l'anno. Si sono ulteriormente accentuati i divari nelle densità, con un sensibile aumento nelle province settentrionali (in quelle di Khartum e della Gezira superano ora i 150 ab./km2), mentre nelle province meridionali i ritardi economici, i contrasti religiosi e una lunga fase di belligeranza interna inducono all'emigrazione. Circa il 78% dei Sudanesi è stabilmente insediato nelle campagne, e la quota dei nomadi rimane stabile intorno al 10%; appena un quinto degli abitanti è dunque interessato dal fenomeno urbano, che si concentra soprattutto nel distretto di Khartum: la capitale, che conta 557.000 ab. (1983), è affiancata dai due centri limitrofi di Khartum North (341.000 ab.) e di Omdurman (arabo Umm Durmān, 526.000 ab.), in una popolosa conurbazione. Un'espansione demografica considerevole ha anche interessato lo scalo marittimo di Porto Sudan (206.700 ab.) e il nodo di comunicazioni di al-Ubayḍ (140.000 ab.).

Il settore primario impegna il 58% degli attivi, fornendo buona parte del prodotto interno e le voci fondamentali delle esportazioni. Un grave periodo di crisi economica − aggravata dalla ricorrente siccità − ha provocato il mancato ammodernamento dei tradizionali schemi idrici (tuttora i più vasti dell'Africa). All'inizio degli anni Ottanta infatti la prolungata scarsità delle precipitazioni ha causato diffuse perdite di vite umane e un drastico deperimento del patrimonio zootecnico, che è attualmente stimato in 21,6 milioni di bovini, 22,6 milioni di ovini, 18,7 milioni di caprini e 2,8 milioni di cammelli. La ripresa delle piogge ha consentito in seguito un recupero nelle produzioni, ma le gravi carenze dei trasporti hanno ancora impedito di rifornire le regioni più aride; nel 1988, inoltre, straordinarie piene fluviali hanno causato circa 2 milioni di senzatetto, soprattutto nella Gezira.

Dagli anni Settanta un'accentuazione degli sforzi nel dominio delle colture asciutte ha consentito un notevole incremento dei raccolti di sorgo (43 milioni di q nel 1992) e di miglio (4,2 milioni di q), con un deciso miglioramento della disponibilità di cereali. Si sono invece contratte superfici e rese delle colture cotoniere, almeno fino alla recente ripresa degli investimenti nel comparto irriguo: il raccolto è così calato a 870.000 q di fibra e a 1,7 milioni di q di semi; le esportazioni ne hanno negativamente risentito, dato che il cotone vi contribuisce per circa la metà. Buona la produzione di canna da zucchero (46 milioni di q), che tende a coprire il fabbisogno del paese. Per le esportazioni hanno rilevanza anche i raccolti di sesamo (3,3 milioni di q) e di arachidi (4,5 milioni di q) e la raccolta della gomma arabica (40.000 t), un prodotto forestale in larga parte esportato. Le sorti dell'agricoltura sono legate ad alcuni progetti irrigui, tra cui quello del canale Jonglei (nel Sud), più volte interrotto per mancanza di finanziamenti e per le azioni della guerriglia. Per le stesse difficoltà è ancora incompiuto l'oleodotto destinato a trasferire il petrolio rinvenuto nel Sud-Ovest al terminale di Porto Sudan.

La carenza di infrastrutture riduce il novero delle risorse minerarie utilizzate alla cromite (5000 t nel 1990) e all'oro (50 kg nel 1991). Scarseggiano anche le disponibilità energetiche per i numerosi rinvii nella valorizzazione dei giacimenti petroliferi e nella realizzazione della centrale idroelettrica di Meroe, progettata sul corso principale del Nilo.

Il settore industriale resta molto debole, gravato da notevoli inefficienze soprattutto nell'ampio comparto controllato dallo stato. Alle industrie alimentari (con grandi zuccherifici) si affiancano quelle di prima lavorazione del cotone, una raffineria (che lavora greggio d'importazione) e due cementifici.

La cattiva manutenzione ha creato problemi nella gestione della rete ferroviaria, che solo ora si avvia al parziale ammodernamento. La rete stradale è stata invece potenziata con l'apertura di un'arteria veloce tra la capitale e Porto Sudan e con il completamento dei collegamenti tra Wādī Madanī, Sennār e Kosti, e del raccordo viario tra le regioni meridionali e il Kenya, che consente l'accesso al porto kenyota di Mombasa.

Bibl.: Development projects in the Sudan, New York 1979; F. Ezzat, Measurement of resources requirement and assessment of future growth limits in the Sudan, in Egypte Contemporain, 1980; J.G. Kairati, The economy of Sudan: a potential breadbasket of the Arab world, in Intern. Journ. of Middle East Stud., 1980; Agriculture of the Sudan, a cura di G.M. Craig, Oxford 1991.

Storia. - All'inizio degli anni Ottanta il regime di Ǧ. Numayrī, sia allo scopo di reperire aiuti per affrontare la crisi economica, sia per superare le tensioni e i fermenti nel Sud, sia, infine, per attenuare il problema di circa mezzo milione di profughi dall'Etiopia in lotta contro i ribelli eritrei, si orientò verso il rafforzamento dell'intesa con l'Egitto e la ricerca del sostegno degli Stati Uniti. Per facilitare il decentramento dei poteri del governo, nell'ottobre 1981 furono sciolte l'Assemblea nazionale del popolo (rinnovata nel dicembre dello stesso anno) e l'Assemblea regionale per il Meridione (rinnovata nell'aprile 1982). Il 12 ottobre 1982 Numayrī tentò di rafforzare la stabilità del governo firmando a Khartum con M.Ḥ. Mubārak, una "Carta d'integrazione" che avrebbe dovuto promuovere numerose istituzioni comuni fra S. ed Egitto. Il 15 aprile 1983, nonostante si infittissero le voci di complotti e ammutinamenti, Numayrī fu eletto per la terza volta presidente con oltre il 99% dei suffragi. Tuttavia, benché il governo tentasse nell'agosto 1984 di ottenere l'appoggio dell'Occidente e dei paesi rivieraschi, si accentuò la condizione generale d'incertezza e difficoltà specie perché, alle richieste degli ambienti integralisti islamici in favore della promulgazione d'una legislazione coranica, si aggiunsero le agitazioni e i movimenti insurrezionali del Sud a maggioranza cristiana e animista.

Il 6 aprile 1985 un colpo di stato gestito da correnti militari d'ispirazione democratica guidate dal gen. Sawwār al-Ḏahab abbatté il regime di Numayrī, che si rifugiò al Cairo. Proclamata il 3 marzo 1986 la decadenza dei trattati per la fusione con l'Egitto e indette nel maggio libere elezioni, si formò un ministero di coalizione con primo ministro Ṣādiq al-Mahdī, pronipote di quel Mahdī che era stato guida della rivoluzione del 1885, capo ereditario della confraternita degli Ansar, fondata dal suo antenato, fautrice d'un Islam innovativo, e leader del Partito Umma ("Nazione"). Le altre formazioni presenti nel governo furono il Fronte nazionale islamico, espressione dei ''Fratelli musulmani'', guidato da Ḥasan al-Turābī, e il Partito democratico unionista, legato alla confraternita al-H̱atimiyya, sotto la direzione di Muḥammad ῾Uṯmān al-Mirġanī. I problemi principali nei quali il governo di Ṣadiq al-Mahdī si trovò impegnato furono tre: la crisi economica sempre più acuta con un indebitamento verso l'estero pesantissimo, la recrudescenza delle iniziative armate nel Sud, specialmente a opera dello SPLA (Sudan People's Liberation Army), comandato da J. Garang, e le divergenze circa l'introduzione nello stato della Šarīa, caldeggiata dal Fronte islamico. Orientatosi per ottenere sostegni verso Libia e Iran, il nuovo governo del S. tentò a varie riprese di risolvere l'emergenza nel Sud, che tra l'altro si calcolava costasse 1 milione di dollari al giorno. Il 16 novembre 1988 un accordo tra Partito democratico unionista e SPLA, concluso ad Addìs Abebà, delineava una via d'intesa. Il 10 giugno 1989 il governo cercò di applicare l'accordo, ma alla fine dello stesso mese un colpo di stato incruento, a opera di militari guidati dal gen. ῾Umar Ḥasan Aḥmad al-Bašīr, rovesciò il governo. Il nuovo regime da un lato usò la forza e sciolse immediatamente i partiti, dall'altro cercò di acquisire consenso attraverso un forte riferimento all'Islam a opera soprattutto di al-Turābī, leader del movimento fondamentalista. In questo quadro si iscrive anche la scelta favorevole a Ṣaddām Ḥusayn nel 1990-91, in occasione della Guerra del Golfo.

Il 16 ottobre 1993 al-Bašīr fu confermato Capo dello stato dal Consiglio della rivoluzione. La situazione interna, però, continuò a essere difficile per il problema dei profughi da altri paesi africani, per l'inflazione (valutata intorno al 200%) e per il perdurare della guerriglia nel Sud. Sul piano internazionale, gli Stati Uniti, quantunque decidessero di inserire il S. nella lista degli stati che promuovevano il terrorismo, evitarono uno scontro troppo aspro con al-Bašīr, paventando che una sua caduta avrebbe reso più difficile la già precaria situazione nell'area del Mar Rosso. Nelle zone meridionali si registrò un indebolimento della guerriglia, per il venir meno degli appoggi esterni e per i provvedimenti del febbraio 1994 che rivedevano la precedente suddivisione amministrativa. Nelle relazioni con gli altri stati africani, mentre si accentuavano nell'aprile 1995 le polemiche con l'Uganda sul nodo dell'endemica instabilità nel Sud, si registrò un significativo tentativo di stabilire intese privilegiate con la Libia e l'Iran.

Bibl.: D.D. Fawzy-Rossano, Le Soudan, Lilla 1981; T. Niblock, Class and power in Sudan. The dynamics of Sudanese politics 1808-1985, Londra 1987; M. Khaled, The government they deserve: the role of elite in Sudan's political evolution, ivi 1990; G. Lusk, Les crises du mouvement armé sud-soudanais, in Politique africaine, giugno 1993; J. Gueyras, In Sudan il potere islamista si consolida, in Le monde diplomatique, ed. italiana (luglio 1994).

Archeologia. - L'attività archeologica dell'ultimo decennio in S. è stata incentrata su alcuni grossi scavi e soprattutto su interventi generali che si possono dire di ricognizione, di salvataggio e di restauro. Dell'ampia superficie che costituisce il S., aperta alla ricerca archeologica è solo la parte a nord di Khartum, in una tradizionale connessione fra archeologia egiziana e archeologia sudanese. Ma caratteristica comune a quest'ultimo periodo di ricerca è invece un accentuarsi d'interesse per gli aspetti indigeni, anche se visti in molti casi come ovviamente legati alle influenze egiziane. Delle due culture tipicamente sudanesi − quella di Kerma e quella meroitica − si è cercato di comprendere le vie di sviluppo e la funzione propulsiva nel quadro di un'archeologia africana potenzialmente dilatata rispetto alle sedi già note e studiate. Per la definizione di queste più precise identificazioni, importanti sono stati, oltre che gli scavi e le prospezioni, i congressi internazionali di studi meroitici che hanno interessato un numero sempre maggiore e vario di studiosi (Toronto 1977; Berlino 1980; Roma 1984; Khartum 1988; Berlino 1992; Londra 1996) e una mostra di antichità (dalla preistoria fino all'islamizzazione del paese) che ha avuto luogo a Brooklyn nel 1978 e che ha riunito per la prima volta in un'unica cornice testimonianze che s'illuminavano a vicenda.

Una breve rassegna dei cantieri principali di scavo può evidenziare quali siano le novità. Tutto un gruppo di località situate nella regione di Khartum ha continuato a dar luce sul Neolitico per merito degli Italiani a Geili (al-Geylī) e a Saggai (al-Saqqā'ī), dei Polacchi a Kadero, dei Francesi e dei Sudanesi presso Šendī a Kadādā. Una missione svizzera ha ripreso il lavoro di esplorazione a Kerma, lasciando la necropoli per saggiare piuttosto i resti dell'abitato e per ricostruire la storia della duffufa, il grandioso monumento in mattoni crudi d'incerta data e d'incerta natura che è quasi il simbolo della città e di cui è stata riconosciuta la lunga storia di ricostruzioni e mutamenti e determinata la funzione templare. Se questi splendidi scavi hanno permesso di vedere assai più nella storia di questo centro, una ricerca sulla cultura Kerma in tutto il suo sviluppo dovuto a una studiosa francese (B. Gratien) è stata preziosa come punto di appoggio per valutare, attraverso le possibilità di opportuni raffronti, quanto ampia sia stata l'area di diffusione di tale cultura: tanto che può affacciarsi il sospetto che Kerma sia in realtà più il luogo dove essa si manifesta completamente che non il centro d'irradiazione.

Le antichità meroitiche sono presenti in numerose necropoli sparse per tutto il paese (῾Abrī, Sedeinga, Kerma, Geili, ecc.); ma più interessanti le ricerche fatte nelle città, specie a Merōs e a Nabata (Ǧebel al-Barkal). Nella prima una missione canadese ha scavato una serie di templi e ha studiato attraverso una precisa stratigrafia il succedersi dei momenti della storia della città. Il lavoro è ora ripreso da una missione congiunta sudanese e tedesca. Nel complesso delle piramidi regali di al-Băgrāwiyya un energico restauro ha ricollocato al loro posto frammenti di rilievi e ha ricostruito l'aspetto antico dei monumenti. A Nabata una missione italiana ha lavorato nella zona meroitica identificando fra l'altro una reggia dell'inizio dell'era volgare che, benché assai distrutta, offre importanti agganci con altri monumenti meroitici costituendo anche per essi un punto di riferimento cronologico sicuro.

L'altro momento particolarmente importante nell'archeologia del S. settentrionale è quello cristiano. La capitale di un regno cristiano a Dunqulā è da molto tempo esplorata da una missione polacca che vi ha recentemente messo in luce edifici ecclesiali e ha inserito la storia di questo centro in quella dell'archeologia cristiana della Nubia. Un nuovo capitolo nella ricerca di quest'epoca è stato aperto da una missione inglese a Sōbā, sul Nilo Bianco, presso Khartum. È questa la capitale di quel regno di Alodia archeologicamente pochissimo documentato, e gli scavi già dal loro inizio (1981) hanno mostrato la possibilità di risultati. Si tratta di un lavoro che ha anche un'importanza esemplare perché permette di connettere a catena fra loro ricerche archeologiche che si spingono sempre più addentro nell'Africa, passando da un ambito più noto a uno meno noto. A complemento di queste attività di cantiere va segnalata una non meno viva attività di prospezione per regioni fin qui meno conosciute, che ha identificato resti preistorici numerosi, o campi di graffiti affollati e vari (così i Francesi al Ǧebel Qarqūd). Una missione italiana ha esplorato, in particolare, la regione attorno a Kassalā, il delta del fiume al-Qāš, identificandovi strutture funerarie e non, che se da un lato possono essere connesse con le antichità etiopiche, dall'altro presentano analogie con la cultura Kerma. È un campo nuovo che, anch'esso, appoggia a elementi noti prospettive di ricerca in terreni inesplorati. A questi cenni sulla più recente realtà archeologica sudanese andrebbero aggiunte le notizie circa le scoperte casuali già avvenute, che mostrano un interessante diffondersi verso Sud di elementi di civiltà meroitica: ma sono elementi ancora sparsi e incerti, e solo promessa di futuri sviluppi. Vedi tav. f.t.

Bibl.: W. Adams, Nubia, corridor to Africa, Londra 1977: AA.VV., Africa in antiquity, Catalogo della mostra al Brooklyn Museum, 30 settembre-31 dicembre 1978, New York 1978; B. Gratien, Les cultures Kerma, Lilla 1978. Per Dunqulā: Nubia Christiana, 1 (1982). Per la civiltà meroitica: N.B. Millet, A.I. Kelley, Meroitic studies (=Meroitica, 6), Berlino 1982; Meroitische Forschungen (=Meroitica, 7), a cura di F. Hintze, ivi 1984. Vedi per i singoli punti J. Leclant, Fouilles et travaux en Égypte et au Soudan, in Orientalia, 49 (1980), pp. 403 ss.; 51 (1982), pp. 102 ss., 470 ss.; 52 (1983), pp. 520 ss.; 53 (1984), pp. 394 ss.; 55 (1986), pp. 288 ss.

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