STRATIGRAFIA

Enciclopedia Italiana (1936)

STRATIGRAFIA

Piero LEONARDI
Giovanni PATRONI

. La stratigrafia è quel ramo delle discipline geologiche che studia i materiali costituenti la crosta terrestre nell'ordine della loro successione cronologica.

Nozioni stratigrafiche. - Le varie rocce sedimentarie che si sono formate e si formano sulla superficie terrestre nel corso del tempo, sono generalmente suddivise in strati o banchi, che riuniti in gruppi forniti di caratteri più o meno concordanti costituiscono le formazioni. È ovvio che, quando le masse rocciose conservano la loro giacitura originaria, gli strati e le formazioni più recenti sono sovrapposti ai più antichi: è questo il principio della sovrapposizione normale. Si osserva però talvolta che gli strati, in seguito a movimenti orogenetici, furono sollevati e perfino rovesciati, in modo che l'ordine di sovrapposizione risulta invertito. Si ha allora quella che si chiama sovrapposizione anormale.

Per stabilire la successione cronologica dei varî strati che costituiscono una o più formazioni sedimentarie, oltre che al principio suaccennato della sovrapposizione, si ricorre anche ad altri criterî di diversa indole e cioè al criterio litologico e a quello paleontologico. Quello litologico, che consiste nello studiare quali tipi di roccia sono rappresentati in una formazione, è il più antico, ma non è sufficientemente sicuro, perché rocce di analoga costituzione litologica possono essersi deposte in epoche distinte, o viceversa: in ambienti diversi, anche se contemporanei, possono essersi deposti sedimenti diversi. Si ricorre allora al criterio paleontologico e cioè allo studio dei fossili. In ciascuna delle successive formazioni geologiche si trova un certo numero di specie fossili animali o vegetali, che sono caratteristiche di quella singola formazione. Tali fossili inoltre si rinvengono non soltanto in una determinata località, ma dappertutto dove affiorano gli strati di quella formazione.

Questi fossili, che sono chiamati fossili di guida, permettono dunque - quando si trovano - di stabilire con grande precisione l'epoca degli strati nei quali erano contenuti.

Un'altra importante nozione della stratigrafia è la nozione di facies. Se esaminiamo un determinato strato in senso orizzontale, possiamo osservare che non sempre esso si estende su vasta superficie con i medesimi caratteri litologici e paleontologici, ma che invece frequentemente esso passa lateralmente a strati che hanno una costituzione litologica affatto diversa e che contengono fossili in tutto o in parte diversi da quelli dello strato preso in esame: si ha in questo caso un cambiamento di facies.

Per facies s'intende quel complesso di caratteri risultanti dalle condizioni geografiche locali, che hanno determinato la natura litologica di un sedimento e la composizione della fauna o della flora che questo sedimento contiene (M. Gignoux): si ha così la facies marina, la litoranea, la lagunare; la facies batiale o profonda, e la neritica o poco profonda, e così via. I fossili che sono proprî di una determinata facies, sono chiamati fossili di facies e servono meno bene di quelli che si trovano indifferentemente in depositi di facies diversa, per stabilire l'età di un deposito. Due depositi coevi che hanno la stessa facies si chiamano isopici; si chiamano eteropici se hanno facies diversa. Due sedimenti che contengono una stessa fauna si possono ritenere press'a poco coevi, ma non è altrettanto certo che due depositi contemporanei debbano contenere la stessa fauna. Ciò è ovvio se si pensa, ad es., che anche attualmente sulle coste fredde della Norvegia non potrebbero vivere le stesse specie di Molluschi che prosperano sulle spiagge dell'Africa tropicale, e che perciò anche in depositi coevi e aventi la stessa facies litologica si possono avere faune del tutto diverse. In tal caso si dirà che i due depositi appartengono a due diverse provincie.

Normalmente in una massa sedimentaria gli strati si sovrappongono l'uno all'altro parallelamente, e si chiamano allora concordanti. Succede però talora che si ha una discontinuità nel depositarsi dei materiali sedimentarî (lacuna) e che quando la sedimentazione riprende, gli strati precedentemente deposti hanno subito dei movimenti di sollevamento e di raddrizzamento per opera degli agenti orogenetici - cioè di quelle forze che dànno origine al sollevamento delle montagne - dimodoché non si osserva più il parallelismo suddetto tra gli strati più antichi e quelli più recenti. Si ha allora la stratificazione discordante.

Succede talvolta che - p. es., in seguito a un movimento orogenetico - il mare si ritira da una zona precedentemente ricoperta dalle sue acque: si dice allora che c'è una regressione; nel caso inverso, cioè quando il mare avanza su una zona precedentemente emersa, si ha invece quello che in stratigrafia si chiama trasgressione. Nella successione cronologica si ebbero parecchi di questi fenomeni di avanzamento e di ritiro alternativamente; e si chiama ciclo sedimentario la serie di formazioni marine che in una regione è compresa tra due regressioni.

Si può constatare esaminando delle carte paleogeografiche, cioè rappresentanti la distribuzione dei mari e delle terre emerse sulla superficie terrestre nelle varie epoche geologiche, che i mari si possono distinguere in due tipi: quello dei mari permanenti, cioè di quelli che nel loro complesso hanno persistito durante il corso dei periodi geologici, sia pure con variazioni parziali della loro configurazione; e il tipo dei mari più prossimi alle terre emerse, che nel corso del tempo hanno subito frequenti cambiamenti in relazione ai movimenti del suolo: sono questi i mari che si chiamano epicontinentali.

Si dicono poi aree continentali le zone della superficie terrestre occupate dalle terre emerse e dalle loro zone periferiche occasionalmente sommerse dai mari epicontinentali.

Per spiegare come possa avvenire che un mare permanente nel corso di così lunghi periodi non sia stato riempito dai sedimenti che in esso si sono andati accumulando, bisogna ammettere che il fondo marino abbia subito e subisca un costante - per quanto insensibile - movimento di abbassamento, tale da compensare l'innalzamento del fondo medesimo per il deporsi dei materiali sedimentarî. Si ha allora quello che si chiama una geosinclinale.

Si verificano spesso al passaggio da una formazione all'altra dei repentini mutamenti di fauna. Questo fatto può avere varie cause. Si può avere una fauna di mare profondo in strati sovrapposti ad altri contenenti una fauna di tipo litoraneo; addirittura si può verificare che un deposito a fauna marina si trovi sovrapposto a un deposito contenente fossili di animali terrestri, o viceversa. È evidente che questi fatti sono dovuti a fenomeni di trasgressione o di regressione: è cioè il mare che ha invaso delle zone lagunari o addirittura zone di terra emersa, estendendo il suo dominio, oppure si è ritirato lasciando emergere vasti territorî per l'innanzi da lui ricoperti.

Altre volte, invece, mutamenti radicali o soltanto parziali di faune si possono spiegare ammettendo che si sieno verificate delle migrazioni. È facilmente comprensibile che se, per effetto dei lenti movimenti della superficie terrestre, due mari prima separati vengono a trovarsi a contatto (p. es., per lo sprofondamento di un istmo) si avranno degli scambî di specie da un bacino all'altro, e in tale modo nei sedimenti che si depongono sul fondo marino si avrà a un certo punto la comparsa di specie di cui non si trova alcuna traccia negli strati sottostanti e più antichi. Lo stesso si dica per quello che riguarda le faune terrestri, p. es., nel caso che due continenti vengano uniti per il sollevamento di un istmo.

Non mancano però casi in cui l'improvvisa comparsa di nuove specie al passaggio da un periodo all'altro o anche durante il corso di uno stesso periodo non è spiegabile con i criterî suesposti. È il caso delle specie o dei gruppi di specie che sono chiamati criptogeni per l'incertezza della loro origine.

Divisioni cronologiche. - Esaminando in una determinata regione il succedersi di faune - specialmente marine - diverse l'una dall'altra in una serie di strati o di formazioni, è possibile farsi un'idea dell'ordine cronologico con cui tali faune si sono succedute in quella regione e quindi della successione stratigrafica locale. Esaminando poi con criterî d'insieme le singole successioni che si osservano in varie regioni più o meno distanti, e tenendo conto dei principî esposti più sopra, si potranno sincronizzare tra loro i varî elementi di queste successioni locali, e ricostruire una serie cronologica generale delle successive formazioni.

I primi tentativi di stabilire una successione cronologica delle formazioni rocciose della crosta terrestre risalgono alla fine del sec. XVIII. Da varî autori viene attribuito ad A. G. Werner professore della Bergakademie di Freiberg, il merito del più antico tentativo di classificazione cronologica. Egli infatti nel 1789 distingueva in Germania delle formazioni, basate unicamente sui caratteri litologici degli strati che le costituivano.

Esse erano cosi raggruppate:

1. Terreni primitivi (Urgebirge), comprendenti graniti, gneiss, micascisti, porfidi, serpentini, ecc.

2. Terreni di transizione (Übergangsgebirge), comprendenti scisti argillosi, scisti siliciosi, grauwacke, dioriti e gessi di transizione.

3. Terreni di sedimento (Flötzgebirge), comprendenti la maggior parte delle formazioni sedimentarie dell'Europa centrale, e anche alcune rocce, come il basalto, che furono poi riconosciute aventi origine eruttiva.

4. Terreni di trasporto (aufgeschwemmtes Gebirge), comprendenti varie formazioni detritiche di età recente.

5. Rocce vulcaniche.

Come si vede, tale suddivisione era assai primitiva e basata su criterî certamente non rispondenti a quelli della moderna stratigrafia. Essa non ha inoltre il merito della priorità. Prima ancora del Werner un abbozzo iniziale di classificazione cronologica dei terreni era stato dato da Lehmann (1756); mentre la prima e vera classificazione cronologica, ispirata a criterî stratigrafici moderni, fu data dal veneto Giovanni Arduino già nel 1759, cioè trent'anni prima di quella del Werner. Interessante notare che in tale classificazione i terreni sono già divisi in quattro ordini, da lui chiamati primario, secondario, terziario e quaternario, i quali corrispondono abbastanza bene alle quattro ere omonime della suddivisione cronologica attualmente adottata.

Ecco un breve riassunto della successione stratigrafica di G. Arduino (1759):

Ordine quaternario. - Alluvioni (ghiaie, arene e melme o terra) delle pianure, provenienti dai materiali trasportati dai fiumi e dai torrenti.

Ordine terziario. - Monti o piuttosto colli formati da pietre calcarie, arene o ghiaie impietrite o sciolte, risultanti spesso da frammenti di gusci di animali marini o frantumi provenienti dal disfacimento dei monti primarî e secondarî. Pietre vetrescibili (eruttive) nere durissime (basalti) o spugnose (basalti hollosi). Intercalazioni di carbon fossile (lignite) e tufi.

Ordine secondario. - Monti composti da numerosissimi strati di marmi e pietre di natura calcaria, la maggior parte contenenti resti di animali marini. Rocce vetrescibili (eruttive) diverse da quelle dei monti primarî.

Ordine primario. - È suddiviso in due serie sovrapposte:

a) Arenarie, impasto di ciottoli, sabbie e polveri delle pietre primigenie, molte specie di graniti, terre variamente colorate. Se vi sono calcarie sono di tipo diverso da quelle dei monti secondarî. Rarissime reliquie di animali marini.

b) Pietre fissili talcoso-micacee (scisti) con vene di quarzo; graniti, ecc. Questo complesso viene indicato anche col nome di "pietre primigenie", prive di reliquie di animali marini.

All'ordine terziario l'Arduino riferisce le arenarie e le argille della Toscana, le pendici dell'Appennino verso la Lombardia e le colline pedemontane del Trevigiano, del Bassanese, di Verona e del Bresciano. Al secondario invece egli attribuisce la parte delle Alpi che si estende dal Friuli alla Lombardia a S. di una linea che passa per Valle Imperina di Agordo, Grigno, Lavis e attraversa obliquamente la Val Camonica. Infine le "Pietre primigenie" costituiscono secondo l'Arduino la base di molti complessi montuosi del Vicentino, della Venezia Tridentina e dell'Agordino.

Risulta evidente che questo schema di classificazione cronologica è assai ben corrispondente alla reale successione stratigrafica dell'Italia settentrionale e che ancora oggi le grandi linee della nostra classificazione cronologica sono quelle stabilite dall'Arduino nel 1759. Nei primi tempi della geologia si ebbe una certa anarchia nell'uso dei termini corrispondenti a determinati periodi e gruppi di strato di formazioni. Ma venne infine deciso in varî congressi geologici internazionali di adottare una gerarchia di termini cronologici aventi valore generale per tutti i paesi.

I tempi geologici sono dunque divisi in un certo numero di ere, ciascuna delle quali è suddivisa in periodi; i periodi si suddividono a loro volta in epoche, e le epoche in età.

I termini stabiliti per indicare i complessi sedimentarî corrispondenti alle suddette divisioni cronologiche sono rispettivamente i seguenti: gruppo, sistema, serie, piano.

In complesso si è ormai raggiunto l'accordo sul numero e anche sulla delimitazione delle ere; non si può dire invece altrettanto per quanto riguarda i periodi. Neppure sono riusciti finora i tentativi di dare ai nomi di tutti i periodi una desinenza comune, poiché gli autori continuano a fare uso dei termini ormai consacrati dall'uso, i quali hanno origine o dal nome di regioni di località dove i sedimenti hanno grande sviluppo o sono stati studiati per primi (p. es., Cambriano, Siluriano, ecc.) o dai caratteri litologici dei sedimenti stessi (Carbonifero, Cretacico, ecc.), o da particolari caratteristiche (p. es., Trias). Riportiamo in questa stessa pagina il prospetto della divisione stratigrafica attualmente in uso.

Bibl.: G. Dal Piaz, L'università di Padova e la scuola veneta nello sviluppo e nel progresso delle scienze geologiche, in Memorie dell'Ist. geol. della R. Università di Padova, VI, 1919-22: C. Dunbar, F. Flint, A. Knopf, C. Longwell, C. Schuchert, A textbook of Geology, New York 1932-33; M. Gignoux, Géologie stratigraphique, Parigi 1926; E. Haug, Traité de Géologie, ivi 1907-11; E. Kaiser, Lehrbuch d. Geol., Stoccarda 1921-24; C. F. Parona, Tratt. di geol., Milano 1924; F. X. Schaffer, Lehrbuch d. Geol., Lipsia e Vienna 1922-24; G. Stegagno, Il veronese Giovanni Arduino e il suo contributo al progresso della sc. geol., Verona 1929; K. A. Zittel, Gesch. d. Geol. u. Paleont., Monaco e Lipsia 1899.

Archeologia.

Anche per l'archeologo, come per il geologo, una formazione di terreno qualsiasi (e tale è anche il deposito degli avanzi di vita umana accumulatisi sul suolo) è, normalmente, più antica di una formazione soprastante, più recente di una sottostante. Aiuto e fondamento della classificazione stratigrafica è, oltre al rilievo dei caratteri e della situazione del terreno eccipiente, l'esame del contenuto, dei manufatti, che anch'essi hanno variazioni dì materia, forma e tecnica caratterizzanti varî livelli o età. Così, un secolo fa, riuscì ai dotti scandinavi (Chr. J. Thomsen, 1832) di porre le basi scentifiche dell'archeologia preistorica nella successione accertata delle età della pietra, del bronzo e del ferro; così, nelle molte suddivisioni e localizzazioni subite dallo schema iniziale, lo strumento amigdaloide distingue lo chelleano; la punta associata al raschiatoio su scheggia, il mousteriano; la zagaglia d'osso a base bifida, associata a particolari fogge di lame silicee, l'aurignaciano; l'accetta di roccia verde levigata, associata a ceramica, il neolitico tipico; le asce piatte e le lame di pugnaletti in rame, associate talora a particolari perfezionamenti della scheggiatura bifacciale degli strumenti silicei, l'eneolitico; ecc.

Come si vede, le denominazioni di questi livelli o strati o età seguono in parte l'uso geologico, essendo tratte dalle località ove il rilievo del rispettivo strato fu eseguito chiaramente la prima volta (Chelles, Le Moustier, Aurignac), in parte non lo seguono, il che è indubbiamente un male, ma ha le sue ragioni. I prodotti del lavoro di un essere vivente, capace, come l'uomo, di spostarsi, di adattarsi a condizioni locali, di scegliere o preferire materiali, fogge, tecniche, determinandosi in gruppi regionali, non presentano variazione nel tempo e quindi successione di strati sempre uguali in tutta l'ecumene. Nell'interno di ogni strato e di ciascuna regione si possono avere aspetti puramente locali, che non hanno valore stratigrafico, e si dicono facies; ma strati ben caratterizzati di vaste regioni possono corrispondere, nelle regioni finitime, a sviluppi contemporanei chiaramente disformi, oppure di cui sia discutibile se le conformità prevalgano sulle disformità. Ciò che è livello o strato nell'archeologia d'una regione può risultare facies in archeologia generale o ecumenica. In Italia furono perciò accolti da tutti lo chelleano e il mousteriano delle classificazioni francesi, da pochi invece l'aurignaciano, ecc. Venendo poi verso età più vicine a noi, l'identificazione di uno strato o di una serie di strati con la civiltà di un determinato popolo storico, se affrettata, può produrre confusione. Talora si hanno compromessi, e si adotta un nome storico-leggendario (come a Creta, quello di minoico), che praticamente serve come designazione topografica; e se, come in quell'isola, le variazioni della civiltà materiale sembrano, sino a una determinata crisi che le interrompa, principalmente effetto di evoluzione, il nome si mantiene sino a quella interruzione, e si facilitano le classificazioni e la cronologia relativa suddividendo gli strati in gruppi o periodi (a Creta paleominoico, mediominoico, neominoico) e numerando entro i periodi (a Creta, secondo A. Evans da 1 a 3 in ciascuno) i singoli strati.

Il cicladico e l'elladico seguono su per giù la norma del minoico, sebbene specialmente in quest'ultimo si riconoscano come cause delle variazioni di civiltà invasioni e conquiste di nuovi popoli; i nomi sono più schiettamente geografici, e perciò non sono molto lontani dalle norme geologiche, adattate alle necessità della storia umana. A Hisarlik-Troia invece - ancora oggi uno dei più importanti complessi stratigrafici, che va dalla preistoria all'età classica - vista la disparità e non continuità delle civiltà successive, gli strati furono semplicemente numerati (da I a IX).

Come in geologia, così in archeologia, per azioni naturali o umane possono mancare stratificazioni sovrastanti a un deposito formatosi in determinata età, anche remotissima; ma l'antichità del deposito o della formazione sarà riconosciuta egualmente per mezzo dei manufatti caratteristici. Il caso della mancanza di stratificazioni sovrapposte è più frequente in archeologia, data la mobilità degli uomini: basta, ad es., l'abbandono di una sede posta su un'altura (non interrabile), ove nessuno più sia andato ad abitare; esempio notevole sono i terrazzi del Tevere in Umbria, con amigdale del remotissimo chelleano alla superficie del suolo.

Nel quaternario la stratigrafia dei depositi umani (quando e dove si formarono) è complicata dalle vicende delle glaciazioni, che, secondo un concetto teorico di alcuni sistematici (ancora, non accolto da tutti gli archeologi, e non facile a verificarsi), avrebbe prodotto allontanamenti e ritorni della fauna calda. In realtà un grande mutamento di fauna (che accompagna i depositi umani) si ebbe solo in corrispondenza dell'ultima glaciazione, con l'invasione dell'Europa da parte dell'elefante lanoso (mammut) che il freddo estremo scacciava dalla Siberia.

Una risorsa dell'archeologia stratigrafica, di cui la geologia non dispone, è quella di potere stabilire anche una successione orizzontale degli strati, oltre a quella verticale. Le tombe, di solito collocate fuori degli abitati, se ne allontanano a mano a mano. Esempio classico è Bologna, dove si va dal villanoviano arcaico (appena fuori dalle porte) a periodi più recenti e al grande sepolcreto etrusco della Certosa.

Bibl.: O. Menghin, Weltgesch. d. Steinzeit, Vienna 1931; per Creta e Troia, v. alle voci; per Bologna: P. Ducati, Storia di Bologna, I, Bologna 1928.