STORACE

Enciclopedia Italiana (1936)

STORACE

Fabrizio Cortesi

. Nome volgare dello Styrax officinalis L. della famiglia Stiracacee, frutice o alberetto con foglie sparse ovali ottuse, brevemente picciolate con la pagina inferiore bianco-tomentosa; fiori pentameri con petali bianchi odorosi, riuniti in brevi racemi terminali pauciflori, frutto drupaceo subgloboso biancastro tomentoso. È pianta della regione mediterranea orientale: vive anche in Italia negl'immediati dintorni di Roma e in Terra di Lavoro. Da questa pianta, nell'Asia Minore, si ricava una resina chiamata storace solido, per distinguerla dallo storace liquido (styrax liquidus) che sarebbe il balsamo storace, e secondo alcuni sarebbe questo il vero storace, di profumo analogo al benzoino, molto stimato dagli antichi medici greci. Sembra che oggi sulle coste dell'Asia Minore se ne ricavi una polvere cristallina che si usa come incenso nelle chiese orientali. Però gl'individui che crescono in Italia, spontanei o coltivati, non contengono tale resina.

Con il nome di storace si chiama anche il prodotto fornito dal Liquidambar orientale Mill., dell'Asia Minore (v. liquidambar) albero di grandi dimensioni, piramidale, a rami rossastri con foglie alterne, palmatolobate a 5 lobi ottusi: i fiori sono diclini in grappoli terminali, più corti delle foglie, di forma sferoidale: gli staminiferi costituiti di soli stami, i pistilliferi situati superiormente con un calice squamoso, accrescente e un pistillo fatto di un ovario oblungo biloculare, multiovulato, terminato da due stili subulati. L'infruttescenza è un aggregato di capsule biloculari bivalvi, che costituiscono nel loro insieme una specie di sfera munita di punte.

Il balsamo di questa pianta è conosciuto col nome di storace liquido; è un liquido denso, vischioso, opaco, di color grigio brunastro o verdastro: col tempo si addensa e diviene quasi nero alla superficie. Ha odore forte e sapore aromatico acre, è solubile in gran parte in alcool; depurato è solubile quasi completamente in etere, cloroformio, benzolo e solfuro di carbonio. Per ottenerlo si toglie la scorza all'albero, si pesta, si fa bollire nell'acqua di mare e si raccoglie il prodotto che galleggia alla superficie. Per purificarlo si fonde nella stessa acqua e si filtra. È composto di olio etereo (stirolo C16H8), di una resina neutra cristallizzata (stiracina C36H16O4), di una resina molle, di una sostanza verde e degli acidi benzoico e cinnamico.

Ha le stesse applicazioni del balsamo del Perù e lo sostituisce, perché costa molto meno: generalmente si adopera nella cura della scabbia. Con esso si prepara l'empiastro di cantaridi mite. È registrato nella Farmacopea ufficiale italiana (5ª ed.).

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