STOA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

Vedi STOA dell'anno: 1966 - 1997

STOÀ (στοά; porticus)

N. Bonacasa

Edificio di forma prevalentemente rettangolare molto allungata che presenta un lato lungo aperto e colonnato su una via, una piazza, un ambiente; di solito al lato con colonne, o con pilastri, è opposto l'altro lato lungo parallelo al primo costituito da un muro. La copertura può essere a terrazza, a spioventi, ovvero una soprelevazione che ripete con gallerie o navate lo schema planimetrico del piano-terra.

Il portico è una creazione pre-greca; solo che nella forma a noi più familiare, cioè architettonicamente e funzionalmente definita attraverso le varianti della s. greca e del portico romano, esso ci è pervenuto come edificio strettamente collegato alla vita civile e religiosa del mondo greco e romano. È possibile affermare che il portico occidentale, greco e romano, si è sviluppato dal portico pregreco, orientale: egiziano, bittita, egeo.

I. - Oriente. - Agli inizî del III millennio a Saqqārah, nella mastaba di Djoser (III dinastia) un portico con facciata monumentale fiancheggia l'accesso al tempio, e quello che a Saqqārah è soltanto un elemento accessorio delimitante un piano, più in là, alla fine del III millennio, diviene in Egitto elemento essenziale dell'architettura religiosa. Ma, mentre in Egitto, almeno agli inizî, la struttura del portico rimane limitata al solo piano inferiore, già nel IV millennio a el-Obeid, e poi ancora a Ur, a Kish e a Mari, e nei centri più importanti della civiltà mesopotamica, il portico con finalità religiosa, o anche ornamentale, si struttura a più piani; in alcuni santuarî il portico si chiude e delimita uno spazio, come a Tellō e ad Uruk, precedendo la formulazione planimetrica del portico-peristilio. L'architettura hittita del XV sec., a Büyükkale e a Boǧazköy, offre notevoli esempî di portici in facciata, concepiti come passaggi coperti, ma per il loro mancato inserimento nel tessuto planimetrico dei palazzi tali portici assumono funzione decorativa e rompono spesso l'articolazione delle facciate. Echi particolari della struttura porticata cretese, intorno ai secoli IX-VIII, possono cogliersi a Zincirli soprattutto nella funzione dei portici e nella loro disposizione fra le ale dei palazzi; nello hilani è tuttavia presente, sempre riferibile per la struttura ad influenza cretese, la s. libera. L'alta tecnica raggiunta in Egitto nella realizzazione delle aree porticate e la straordinaria funzionalità assegnata in Oriente all'architettura porticata (oltre che la documentazione pittorica superstite) ci sono di ausilio per giudicare le scarse strutture, dei portici aperti dei palazzi cretesi. (v. minoico-micenea, arte). Il motivo è noto a Creta intorno al Minoico Medio I e si è arricchito e sviluppato fino al Minoico Tardo I in tutti i centri maggiori come Cnosso, Festo, Haghia Triada e nelle residenze di secondo piano. All'area porticata sui cortili, disposta tra ale di palazzo, si aggiunge a Creta lo schema persistente del portico a balcone con ampia veduta e sola funzione ornamentale. Sul continente, a Tirinto più che a Micene, è palese l'influenza dell'architettura porticata cretese; a Micene sono presenti portici a galleria, ben protetti, e mancano i portici ad entrate con duplice disimpegno; la caratteristica particolare che offrono i portici del palazzo di Pilo, è quella di essere aperti sulla pianura con una sicurezza che è lontana dagli intenti che prevalgono negli altri palazzi micenei. È a questo punto che si inserisce la nascita del portico nei più antichi santuarî greci (a Delfi, nello Heraion di Samo, ecc.), sia portici perimetrali che racchiudono altare e area sacra, sia portici isolati destinati alla attesa dei pellegrini, o portici di raccordo, di passaggio, di chiaro schema miceneo.

La funzione pubblica del portico nasce molto più tardi, quando alla finalità strettamente religiosa dell'architettura porticata si aggiunge quella civile, e il portico, la s. greca classica, presenta molte varianti nella planimetria, nella facciata, nella copertura. Dopo Sostratos di Cnido, il progettatore del Faro di Alessandria, nasce, agli inizi del III sec. a. C., il portico a due piani (stoài di Attalo e di Eumene ad Atene, di Atena a Pergamo, ecc.); nel II sec. a. C., per diretta influenza delle stoài di tipo ellenistico, è già in funzione a Roma il portico a carattere civile. La vasta area di distribuzione e la notevole diversità di tipi che offrono le stoài greche - per non dire dell'impiego continuo del portico nell'architettura romana - consigliano di procedere seguendo una distribuzione per gruppi di tali monumenti, siano essi religiosi siano essi pubblici.

II. - Grecia. - La s. rappresenta nell'architettura greca un edificio di primaria importanza soprattutto per i molteplici usi cui fu destinato. Per la sua semplicità planimetrica e per la sua schematica struttura essa è forse, dopo il tempio, l'edificio esemplare della grecità. In genere, la s. consiste in un rettangolo con colonnato sulla fronte e muro di fondo ad esso parallelo; i due allineamenti hanno copertura a spioventi che forma due frontoni sui lati brevi dell'edificio. Spesso la profondità della costruzione è vinta con l'inserimento di una fila mediana di colonne o di pilastri a sostegno della copertura. La s., pertanto, contribuisce con il suo lungo asse maggiore alla estensione lineare della città greca escludendone lo sviluppo in altezza. In età ellenistica, alla pianta schematica sopra accennata si aggiunge spesso un piano superiore i cui elementi portanti ripetono le strutture inferiori; le transenne eliminano il vuoto tra i membri del colonnato superiore e, generalmente, due scale permettono dal basso l'accesso al piano superiore. È con questo tipo evoluto di s. che bisogna connettere alcuni elementi decorativi in facciata e gli ornamenti frontonali alle estremità, sui triangoli dei lati brevi e sul cavallo dello spiovente. Con la semplicissima disposizione planimetrica dell'insieme si accorda l'impianto delle botteghe che si aprono nel muro di fondo, impianto molto fitto, spesso sacrificato a necessità disparate con la creazione di esedre, anche alle spalle della fila di botteghe.

Vitruvio (De arch., v, 1) ci descrive l'esempio tipico di s. a piani. Se, come pare accertato, all'architetto Sostratos di Cnido dobbiamo il primo uso del portico a piani sovrapposti, sappiamo che lo sviluppo e la pianificazione dello schema è avvenuta ad opera degli audaci architetti pergameni che dovettero giovarsi di maestri carpentieri di alta preparazione tecnica. La difficoltà posta dal terreno occupato dalle città ellenistiche d'Asia Minore e la necessità di vincere con un'architettura verticale, a facciata, oltre che orizzontale, i notevoli dislivelli tra terrazze, contribuirono allo sviluppo e al costante impiego delle stoài a più piani elevate su terrapieni. Non che manchino esempi precedenti a quelli magistrali offerti da Pergamo, ce ne sono a Priene, per esempio, a Stratos, a Corinto, ma lo sfruttamento del sistema delle stoài avvenne in pieno a Pergamo.

Spesso, com'è accaduto in città costruite in montagna, la necessità di sfruttare completamente la profondità del portico ha costretto a soprelevare il colonnato su un sottosuolo scavato per far posto alle botteghe, come ad Assos, ad Eraclea al Latmo, ad Aigai, ad Alinda, a Stratos.

Caratteristica peculiare della s. a piani sovrapposti è il diverso impiego degli ordini architettonici: dorico per l'esterno e ionico per l'interno, ciò che è ripetuto per il piano superiore, i cui elementi portanti, sia colonne sia pilastri, non superano in media i 2/3 o 3/4 dell'altezza massima dell'ordine inferiore. Alla inevitabile pesantezza di facciata dell'edificio, accresciuta dalla ripetizione degli elementi e dalla sua sempre più rilevante lunghezza, si rimedia col contrapporre, al pianterreno "portante", una piena libertà di repertorio nella soprelevazione: completa apertura, leggerezza e piccolezza dell'ordine, uso di transenne traforate, copertura con architrave sostenuto direttamente dal colonnato mediano più alto e di solito ionico.

La s., dunque, nata come unità architettonica a sè stante, per lo più con finalità religiose, si trasforma in elemento funzionale dell'organizzazione civile: prima come difesa dell'individuo dagli agenti atmosferici, poi, pian piano essa viene caricata di svariati compiti. Sicchè, la nascita dell'edificio è sottoposta in pratica ad una serie di funzioni in rapporto col santuario (stoài per visitatori, o di attesa, e per cerimonie di culto); con l'agorà o col mercato vero e proprio (stoài come centro di vita politica e di attività commerciali); con i ginnasî e con le palestre (stoài interne nei primi ed esterne nelle seconde); con le costruzioni portuali (stoài lungo le banchine o i moli sia per fini militari sia per motivi commerciali, di deposito); con edifici teatrali, o, comunque, per spettacoli (porticus post scaenam, o in prossimità di stadi o anfiteatri); con fontane pubbliche (stoài per copertura e protezione o anche a carattere sacro o votivo); ovvero semplici stoài in facciata connesse con prospetti di edifici pubblici, o lungo le vie, come nelle più grandi città ellenistiche e romane. Questo ultimo adattamento è, tuttavia, una realizzazione della tarda grecità; generalmente la città classica, per semplicità e per povertà a un tempo, è priva di portici, mentre la città romana abbonda di portici in ogni sua parte.

Prima di affrontare dettagliatamente la distribuzione tipologica delle stoài ellenistiche, non è fuor di luogo ricordare quei tipi di stoài che, dall'arcaismo greco fino all'inizio del III sec., hanno preceduto il fiorire di questo tipo architettonico.

La s. del periodo arcaico è di solito molto piccola e costituisce un accessorio; la distingue solitamente la sua esigua estensione e la sua scarsa profondità: lo dimostrano le stoài di Larisa sull'Hermos, i portici di Samo, di Gortyna, dei Nassi a Delo,la s. II di Argo, il portico degli Ateniesi a Delfi.

Le stoài del V sec. a. C. si liberano man mano dell'impaccio costruttivo e dell'angustia arcaici ed assumono una fisionomia più ampia e funzionale: così avviene a Delfi, a Delo, ad Olinto, nello Heraion di Argo con il portico VI, dorico; a Thera.

Col IV sec. si afferma la regola fissa della scelta degli ordini, dorico per l'esterno e ionico per l'interno, eccezion fatta per l'Asklepieion di Epidauro dove prevale l'ordine ionico. Alternanza degli ordini e notevole vastità di impianto offrono le stoài di Olimpia (s. S e portico dell'Echo, di Calauria, di Oropos, di Atene: Asklepieion).

Sul finire del IV sec. e agli inizî del III nascono le stoài-magazzino connesse con necessità civili e commerciali in vicinanza di porti, agorài, mercati. Lungo il corso del III sec. la s. tradizionale trova modo di espandersi e adattarsi al terreno e alle varie funzioni per cui è richiesta la sua costruzione modulandosi anche in bracci e vasti quadriportici come a Corinto (lungo i bordi meridionali della agorà), e nella terrazza inferiore dello Asklepieion di Coo. Ma in questo adattamento della s., in questo cessare di continuare ad essere una costruzione singola sul terreno per divenire elemento caricato di funzionalità si annida il continuo mutamento della planimetria originaria dell'edificio.

Lo sviluppo di questo tipo architettonico, spesso collegato a determinate necessità urbanistiche, varia di volta in volta e la forma e le dimensioni della s. mutano a seconda del terreno, delle necessità e del tempo.

Stoài a coda: coll'unione di due stoài, collegate per una delle rispettive estremità (lato breve), press'a poco sulla base di un angolo di 90°. Intorno al 550-540 a S-O della s. dei Nassi a Delo, due stoài di ordine ionico, collegate all'angolo S-O, delimitano l'area della terrazza del santuario di Apollo per isolano dal porto; intorno allo stesso periodo a Selinunte, di fronte al tempio C, si determina la stessa soluzione dopo che la terrazza dell'acropoli era stata ampliata in quel luogo; alla metà del V sec., la "piazza delle cisterne" a Larisa sull'Hermos viene sistemata con due stoài a coda; altro esempio particolare è rappresentato dalle due ali dell'edificio ad òikoi all'Heraion del Sele; l'agorà alta di Colofone offre questo adattamento di due stoài come luoghi di riunione per assemblee civili e religiose; ed, infine, il Porto dei Leoni a Mileto con l'impianto delle due potenti ali, l'una che dirige verso il Delphinion e l'altra che corre a S, è un esempio notevole della funzionalità del sistema. Una tarda, ma grandiosa realizzazione ci serba, nella prima metà del II sec. a. C., il tèmenos di Atena a Pergamo con le stoài lungo i lati N ed E. Questa forma caratteristica è particolare della s. del V sec.: l'elemento architettonico ancora concepito come a sé stante conchiude uno spazio (corte, piazza sacra, agorà); più tardi perderà anche questa sua indipendenza che il sec. V aveva rispettato.

Stoài a parascenî: i due corpi minori aggettanti, di una s., con assi perpendicolari a quello principale longitudinale, sono detti parascenî. Il tipo non è frequente e si crede che le poche sistemazioni note in territorio greco abbiano tratto origine dalla famosa s. basìleios dell'agorà di Atene, sorta nell'ultimo quarto del V sec. a. C. La s. dell'agorà di Calauria, della fine del IV sec. a. C.; la S. di Filippo a Megalopoli; il portico di Antigono Gonata a Delo; la grandiosa s. dell'acropoli di Lindo sarebbero adattamenti dello schema affermatosì con la s. basìleios. Le varianti riguarderanno il numero delle entrate, l'isolamento o meno dei blocchi aggettanti, la suddivisione interna dello spazio. S'è molto discusso sulla nascita della s. a parasceni: la attuale, più diffusa convinzione è che il suo schema primitivo sia medio-orientale, dell'area egea, e che sviluppatosi fuori del territorio greco sia a questo tornato attraverso la mediazione della Siria del N. La funzionalità dello schema consiste nell'inquadramento effettivo di uno spazio utile, nella sua conclusione tra uno sfondo e due ante.

Stoài a ferro di cavallo: sono in genere le stoài ioniche, composte di tre elementi e che rappresentano di fatto uno sviluppo ordinato delle stoài a squadra e a parascenî. Gli esempî più importanti della fine del IV sec. sono nell'agorà di Priene ed a Magnesia sul Meandro, presso l'Artemision. È da precisare, tuttavia, che già nel V sec. a. C. il palazzo di Vouni, con la sua vasta corte-peristilio aveva offerto un buon esempio di stoài a ferro di cavallo. Più tardi, le vaste case delie, con le loro corti-peristilio, offriranno un esempio costante e ricco di questo tipo di stoài.

Indipendentemente dal compito strettamente architettonico e dalla evoluzione della pianta, è provato che una s. può assumere una sorprendente molteplicità di funzioni. Nel V sec. a. C. abbiamo stoài che divengono monumenti commemorativi e gallerie di esposizione: s. basìleios e s. poikìle ad Atene, s. Persikè dell'agorà di Sparta, s. degli Ateniesi a Delfi; ampiamente decorate e arricchite di statue erano le stoài più tarde, dei secoli IV e III, a Mileto (s. E) e a Magnesia sul Meandro. Le stoài ioniche, inoltre, spostandosi il luogo sacro all'interno del centro urbano lo proteggono e lo inglobano spesso costituendo esse stesse il tèmenos che circonda l'altare. Le notizie delle fonti scritte e la funzione dell'elemento architettonico ci sono di ausilio per comprendere il motivo della nascita della s. in un luogo. Questa nascita è sempre collegata ad uno sforzo finanziario non indifferente e per ciò, spesso, la s. non finita o rifatta continua stentatamente la sua vita con una mancanza di unità che è dimostrazione, ad un tempo, della lunga vita dell'edificio. Generalmente, anche dopo la scomparsa delle pòleis l'uso delle stoài durò a lungo, ma laddove il potere politico e la vita pubblica abbandonavano l'agorà per chiudersi nei palazzi dei monarchi, la s. perdeva terreno come edificio civile e ritornava alla sua funzione essenziale di protezione, oltre che di ostentazione di ricchezza.

Non va taciuta l'importanza del portico in età ellenistica, con funzioni diverse e limitate rispetto a quelle della s. e, spesso, con dimensioni e usi collegati a edifici di secondo piano. I portici dei ginnasi, delle palestre e delle terme sono tra i più importanti.

III secolo. I ginnasî di Sicione erano disposti su due terrazze situate a N-E del teatro, ed erano costituiti da due grandi corti circondate da portici, il dislivello era superato con tre scale (Delorme, Gymnasion, p. 99 ss.). Ad Olimpia, fuori dell'Altis, si stendeva il vasto complesso della palestra con porticato dorico, e a N di questa i due grandi portici S ed E del ginnasio. A Delo, dov'è stata accertata l'esistenza di una palestra già nel IV sec., si sviluppano le grandi costruzioni della Palestra del Lago, a noi nota nella sua seconda stesura planimetrica, con tre grandi portici dorici, e stanze lungo il lato sud.

II secolo. Sempre a Delo, a S-O dello stadio (verso la punta settentrionale dell'isola), è costruito un vasto quadriportico ionico attorniato da una fitta serie di stanze d'uso e a N-E dell'area porticata nasce un grande xystòn. La Palestra di Granito, a N del lago sacro, tagliata a mo' di quadrilatero irregolare, con porticato intermedio, la cui ala settentrionale era adorna di colonne di granito a fusto liscio e capitelli di marmo bianco. Ad Aigai, il triportico colonnato, dorico, a S del teatro, ha i lati lunghi asimmetrici e costituisce un esempio di pianta anomala per un ginnasio. La colossale costruzione del Ginnasio dei Giovani a Pergamo, disposto su tre terrazze: il ginnasio superiore o "dei giovani", con una grande corte porticata di ordine corinzio (su un antico impianto dorico), ricco di esedre, aule e altre sale; sotto questa corte lo stadio di 212 m, coperto, con una lunga serie di piccole stanze di servizio; il ginnasio medio o "degli efebi", con doppio portico e a S una vasta area irregolare libera; e, lungo la terrazza inferiore, il ginnasio "dei bambini". I due ginnasi di Priene: di quello superiore non rimane quasi più nulla sopra suolo; quello inferiore, situato presso lo stadio, è un quadriportico colonnato, dorico, con doppia fila di colonne a N, ed è sicuramente databile alla metà del II secolo.

I secolo. Esempî ricorrenti e vasti della architettura porticata ellenistica sono in Italia, soprattutto a Pompei anche per i tre differenti adattamenti del portico colonnato. Le Terme Stabiane la cui area irregolare, a trapezio isoscele, è circondata a N-E e S da un portico dorico; il Foro Triangolare con il complesso della palestra e del teatro disposti ad E; e, di età augustea, la palestra dello anfiteatro, un enorme triportico privo di ambienti che delimita una vastissima area con natatio.

Una particolare diffusione ebbero i portici post scaenam in prossimità di teatri e di stadi (Vitr., De arch., v, 9). Segnaliamo ad Atene il portico di Eumene che collegò con un arrangiamento il vecchio e glorioso teatro di Dioniso col nuovissimo Odeion di Erode Attico; il noto portico di Stratonice a Smirne, e i due grandiosi portici situati sopra lo stadio di Tralles.

Meno noti, ma altrettanto utili, i portici nati per la difesa delle acque potabili, presso fontane famose come la Kallirrhoe ad Atene, la Hekatòstylosa Megara, e le fontane porticate dei più grandi santuarî, da Sicione a Cirene, a Ialiso, ecc.

Non molto affermati, ma ugualmente impiegati in Grecia i portici in facciata o su strade, limitatamente ai luoghi pubblici: dell'Atene di età classica ricordiamo il portico che dal Dipylon portava all'agorà. Nel mondo greco ellenistico, nelle grandi metropoli di Alessandria, Pergamo, Antiochia erano in uso vasti portici lungo facciate di case private o di palazzi principeschi, e portici lungo le vie dove avvenivano anche le mercature.

III. - Roma. - L'impiego del portico nell'architettura romana è talmente continuo e vasto che è impossibile fornire un elenco sia pure approssimativo degli edifici. Ci limiteremo a ricordare i più importanti complessi relativi ai luoghi di culto e agli edifici pubblici precisando che la tipologia del portico ellenistico è stata volta a volta asservita a determinati scopi con una spiccata ricerca della funzionalità, che era stata del tutto estranea alla architettura greca; l'ordine di solito impiegato nei portici romani fu quello corinzio.

Interamente racchiusi da portici erano i Fori e, con essi, le piazze pubbliche; portici circondarono o, spesso, costituirono addirittura le parti inferiori dei teatri, degli anfiteatri, dei circhi, degli stadi; portici furono costruiti lungo le fronti delle basiliche; portici erano lungo le facciate delle case, dei palazzi e lungo le vie. Nè mancarono tipi di portici autonomi, con unica funzione, che perpetuarono il concetto della s. greca.

Portici di santuarî. Nel santuario di Diana a Nemi; nei templi di Venere, Apollo, Vespasiano e Iside a Pompei; intorno ai grandiosi complessi del tempio di Bēl a Palmira; di Zeus a Heliopolis; intorno all'Olympieion di Atene; ai lati del grandioso Traianeum di Pergamo. Ma, soprattutto, a Roma: nel Foro Romano, nel tempio di Venere e Roma; in Campo Marzio e, poi, attorno al tempio di Giove Statore e Giunone Regina (portico di Ottavia), al tempio della Concordia (portico di Livia) presso il tempio di Saturno e Vespasiano (portico degli Dei Consenti), e le porticus Minucia vetus, Philippi, Boni Eventus (che facevano da vasto peribolo, rispettivamente, al tempio dei Lari e alle Aedes Herculis et Musarum).

Portici di Fori e mercati. Il Foro di età imperiale assunse ben presto un significato architettonico diverso da quello del Foro repubblicano e comunque esso restò il centro della vita politica e civile, per limitarsi ad una sola definizione, e insieme fu zona di rispetto del tempio; se si escludono alcuni esempi particolari come l'agorà augustea di Atene che fungeva da mercato per derrate speciali (olii e cereali). Ad ogni modo sia il Foro Romano con le Basiliche che i Fori imperiali a Roma, sia i vari Fori delle principali città dimostrano la varietà di impiego dei portici.

Portici di terme, ecc. I grandi complessi termali di Traiano, di Caracalla, di Diocleziano hanno portici solo come costruzioni accessorie. Ma le biblioteche, come quella di Adriano ad Atene, i Bouleutèria (Mileto), le Curie, i Praetoria e, inoltre, i giardini e gli horti, sono sempre arricchiti di portici.

Le zone portuali hanno portici-magazzino: ricchissimo è in tal senso il Porto di Traiano ad Ostia; a Roma, per esempio, dalla Porta Trigemina all'Emporium, presso il Tevere, correva la porticus post navalia.

Portici di edifici teatrali. La porticus Pompeia, (rifatta da Diocleziano col nome di porticus Iovia e porticus Herculea), e la porticus ad nationes erano presso il teatro di Pompeo. Ad Ostia, il vastissimo portico delle Corporazioni è situato dietro il teatro; mentre a Pompei, la caserma dei gladiatori poteva essere rifugio, in caso di cattive condizioni atmosferiche, per gli occupanti il teatro grande. La romanità creò portici coperti, come gallerie superiori, lungo le curve degli anfiteatri e degli stadî, per tutti ricordiamo gli esempî di Messene, Afrodisiade ed Efeso.

Portici di ninfei. Le condotte idriche romane altamente perfezionate e la organica distribuzione dell'acqua per vie, eliminava la necessità di dover proteggere la fontana pubblica; i portici di ninfei ed i ninfei stessi, hanno dunque esclusiva funzione di facciavista, e sono soltanto dei corpi architettonici monumentali a carattere decorativo e non funzionale: ninfeo e portico si trasformano in sfondi, scenarî, come a Side, a Leptis, ecc.

Vie porticate. Sono note in ogni parte del mondo romano: in Italia, in Oriente, in Africa; molte grandi metropoli erano adorne di vie porticate: Antiochia, Perge, Gerasa, Apamea, Palmira, Timgad, Alessandria, Leptis, e, con queste tre ultime, altre città della costa nord-africana. Roma stessa, dal regno di Nerone in poi, non fece che arricchirsi di portici lungo le sue strade: tra queste spiccava la grande Via Flaminia che aveva ad O i portici Saeptorum, Iuliorum, Argonautarum, ad E il portico Vipsania, collegato col campo di Agrippa.

L'impiego del portico non scomparve con la tarda antichità, anzi esso si affermò come atrio coperto nelle basiliche e come elemento ornamentale delle grandi chiese cristiane. I quadriportici dei chiostri medievali non sono, tipologicamente, che una rielaborazione delle vaste piazze porticate romane.

Monumenti considerati. - Larisa sull'Hermos: Larisa am Hermos, i, pp. 95-97. Gortyna: Ann. Atene, ii, 1916, p. 303 ss.; ibid., viii-ix, 1925-1926, p. 5 ss. Delo, Nassi: R. Vallois, L'architecture à Délos, i, p. 160. Argo: Stoà ii, Ch. Waldstein, Argive Heraeum, i, Boston-New York 1905, p. 112 ss., tavv. ix-xii. Delfi, portico degli Ateniesi: P. Amandry, in Bull. Corr. Hell., lxx, 1946, p. 1-8 (con bibl. prec.). Olinto: Excav. at Olynthus, xii, p. 82 ss., tavv. 68-85. Thera: Thera, i, p. 217 ss., fig. 18. Olimpia, Portico di Echo: Olympia, ii, p. 70 ss., tavv. xlix, li; Olympia Bericht, ii, p. 28 ss. Calauria: G. Welter, Troizen und Kalaureia, pp. 45-50, tavv. 39-40. Oropos, Portico di incubazione: Ath. Mitt., xxxiii, 1908, p. 260 ss. Corinto: Hesperia, xvi, 1947, p. 238 ss. Coo, Asklepieion: P. Schatzmann, Kos, i, p. 64-67. Selinunte; E. Gabrici, in Mon. Antichi, xxxiii, 1930, c. 78 ss., tav. ii. Larisa: Larisa am Hermos, i, p. 35, fig. 6. Heraion del Sele: Not. Scavi, 1937, p. 283-298, fig. 55. Colofone: Hesperia, xiii, 1944, p. 103 ss., tavv. ix-x. Mileto: Milet, i, 6, p. 4 ss., figg. 3-4, tav. xxiii. Pergamo, tèmenos di Atena: Ahertümer. von Pergamon, ii, pp. 26, 34, 256, tav. xvi. Stoà Basìleios ad Atene: Hesperia, vi, 1937, p. 21 ss. Calauria, Agorà: G. Welter, Troizen und Kalaureia, p. 51, tav. 28. Megalopoli: Exc. at Megalopolis, p. 59, tav. xv-xvi. Delo, portico di Antigono Gonata: Délos, v, pp. 13-45. Lindo: Lindos, ii, 1, 1941, pianta a p. 8. Priene: Wiegand-Schrader, Priene, p. 189 ss., tav. xii. Magnesia: Magnesia am Maeander, p. 115, fig. 126. Delo, case: Délos, viii, p. 159 ss. Olimpia, palestra: J. Delorme, op. cit. in bibl., p. 102 ss. Delo, Palestra del Lago: ibid., p. 115 ss. Delo, Palestra di Granito: ibid., p. 149 ss. Aigai, portico a S del teatro: ibid., p. 166 ss. Pergamo, ginnasio: Altertümer von Pergamon, vi; J. Delorme, op. cit. in bibl., p. 171 ss. Priene, ginnasî: Wiegand-Schrader, op. cit., p. 275 ss.; J. Delorme, op. cit., in bibl., p. 191 ss. Pompei: A. Maiuri, Pompei, 1954, p. 28, 33, 36; J. Delorme, op. cit. in bibl., p. 224.

Bibl.: In generale: G. Guidi, in Enc. It., XXVIII, 1935, p. i ss.; Hobein, in Pauly-Wissowa, IV A, 1931, c. i ss., s. v.; A. W. van Buren, ibid., XXII, i, 1954, c. 346, s. v. Portorium; ibid., XIX, 1937, c. 850, s. v. Peripoiesis; Suppl. 1940, c. 950 ss., s. v. Peristylium. Per il mondo greco: D. S. Robertson, A Handbook of Greek and Roman Architecture, Cambridge 1929, passim; Th. Fyfe, Hellenistic Architecture, Cambridge 1936, passim; R. E. Wycherley, How the Greeks Built Cities, Londra 1949, p. 9 ss.; W. B. Dinsmoor, The Architecture of Ancient Greece, Londra 1950, passim; R. Martin, Recherches sur l'agorà grecque, Parigi 1951, pp. 67 ss.; 449-502, passim; id., L'Urbanisme dans la Grèce antique, Parigi 1956, pp. 124-126; A. W. Lawrence, Greek Architecture, Londra 1957, passim; J. Delorme, Gymnasium, Parigi 1960, pp. 100-108; 115-117; 149-152; 154-156; 166-167; 172-191; 192-193; 224-230; 379-382; 436-438; G. Roux, L'Architecture de l'Argolide, Parigi 1961, passim. Per il mondo romano: S. B. Platner-Th. Ashby, A Topographical Dictionary of Ancient Rome, Londra 1929, p. 419 ss.; G. Lugli, I monumenti antichi di Roma e suburbio, I e III, Roma 1931 e 1938, passim; Roma antica, il centro monumentale, Roma 1946, p. 55 ss.; La tecnica edilizia romana, Roma 1957, vol. I, elenco a p. 735; F. Castagnoli, Topografia di Roma antica, in Enc. Class., vol. X, tomo III, Torino 1957; id., Roma antica, in Topogr. e Urban. di Roma, in Storia di Roma, XXII, Bologna 1958, p. 91 ss.; L. Crema, Architettura romana, in Enc. Class., XII, tomo I, Torino 1959, passim; A. Frova, L'arte di Roma e del mondo romano, Torino 1961, pp. 13, 24-25, 53, 95, 609, 650, 734-735, 778.

Per la bibl. particolare, riguardante i singoli monumenti, rimandiamo alle citazioni inserite nei Monumenti considerati. Elenchi completi dei tipi di monumenti ricordati sono raccolti nelle opere suggerite dalla bibl. generale.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

CATEGORIE