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Enciclopedia Italiana - VI Appendice (2000)

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Giuseppe Santaniello

(XXXII, p. 463; App. II, ii, p. 888; III, ii, p. 819; V, v, p. 207)

Legislazione

Dopo l'emanazione della legge 5 agosto 1981 nr. 416 ("Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria") e della legge 25 febbraio 1987 nr. 67 ("Rinnovo della l. nr. 416 del 5 ag. 1981"), il settore della s. è stato oggetto in Italia di pochissimi interventi, prevalentemente a carattere episodico e di portata limitata, da parte del legislatore.

Può essere ricordata la legge 14 agosto 1991 nr. 278, concernente le imprese editrici di quotidiani e di periodici che, anche attraverso esplicita menzione riportata in testata, risultino essere organi o giornali di forze politiche, le quali abbiano alla data del 30 giugno 1991 un proprio rappresentante in almeno un ramo del Parlamento italiano o nel Parlamento europeo. La sussistenza di tale requisito, indicato nell'art. 1, dava la possibilità di aspirare alla concessione di contributi statali, trattandosi di "imprese di particolare valore sociale". La legge 23 dicembre 1996 nr. 650, all'art. 1, comma 35, ha modificato tale requisito, richiedendo almeno due rappresentanti eletti nelle Camere, ovvero uno nel Parlamento italiano e uno nel Parlamento europeo.

Un'altra normativa, di portata circoscritta, è costituita dalla legge 28 ottobre 1994 nr. 595 (oggetto di successive modifiche), che ha soppresso l'Ente nazionale per la cellulosa e la carta. Tale ente ha svolto, nel periodo della sua operatività, importanti funzioni nel settore della s.: provvedeva alla corresponsione dei contributi previsti agli artt. 22, 24, 25, 26 e 27 della l. 416/1981, nonché agli artt. 8, 9, 10, 16, 17, 18, 19 della l. 67/1987, avvalendosi del contributo straordinario dello Stato. La gestione relativa a tali contributi formava oggetto di contabilità speciale autonoma, da allegare al bilancio dell'Ente medesimo.

L'esigenza di acquisire elementi conoscitivi sulle variazioni provocate nel mercato della s. dalla messa in vendita dei giornali in esercizi diversi dalle rivendite fisse autorizzate è invece alla base della legge 13 aprile 1999 nr. 108, che ha dettato nuove norme in materia di punti vendita per la s. quotidiana e periodica. Invero tale legge, innovando l'art. 14 della l. 416/1981 (già modificato con la l. 67/1987), stabilisce che non è necessaria alcuna autorizzazione per la sperimentazione - della durata di 18 mesi - di nuove forme di vendita di giornali quotidiani e periodici da effettuare in predeterminati esercizi commerciali: in partic. rivendite di generi di monopolio, bar e, in presenza di specifici limiti minimi di superficie, rivendite di carburanti e oli minerali, esercizi adibiti prevalentemente alla vendita di libri e prodotti equiparati, medie strutture di vendita. La valutazione dell'efficacia della fase di sperimentazione è rimessa alle competenti commissioni parlamentari. Sulla base del parere dalle stesse espresso, il governo è delegato a emanare, entro 24 mesi dall'entrata in vigore della l. 108/1999, un decreto legislativo diretto a riordinare in maniera organica il sistema di diffusione della s. quotidiana e periodica secondo specifici criteri direttivi fissati dall'art. 3 della legge medesima.

La legge approvata il 18 febbraio 2000 in tema di parità di accesso ai mezzi di informazione durante le campagne elettorali e referendarie e di comunicazioni politiche (cosiddetta legge sulla par condicio) ha infine stabilito che durante il periodo di campagna elettorale quotidiani e periodici, qualora diffondano messaggi politici elettorali, siano tenuti a garantire parità di condizioni nell'accesso ai relativi spazi. A tale norma (art. 7) non sono soggetti i giornali di partito.

All'inizio del 21° secolo, tuttavia, manca ancora una legge nuova e moderna, che disciplini il settore della s. in maniera congrua, in relazione al forte progresso tecnologico e alle tendenze del mercato. E soprattutto manca una normativa capace di far superare lo stato di crisi in cui, da molti anni, versa il settore dell'editoria.

Le cause di siffatta situazione sono molteplici; talune di natura congiunturale e altre di consistenza strutturale; alcune derivanti dalla situazione generale, altre invece connesse con aspetti tipici del settore 'carta stampata', che si trova oggi a fronteggiare notevoli difficoltà. Con riguardo ai fattori economici, un elemento di carattere recessivo va individuato nella diminuzione della fonte della pubblicità. La preminenza del mezzo televisivo ha determinato un forte elemento concorrenziale rispetto ai quotidiani. È sufficiente un dato a mettere in luce la situazione: la quota della televisione sul mercato pubblicitario italiano ha superato il 50%, mentre la media dei principali paesi europei si aggira intorno al 30%. Anche da parte delle istituzioni europee si è dato risalto a tale fattore di crisi dell'editoria. Una relazione della Commissione per la cultura del Parlamento europeo del 1993 ha osservato che "le quote del mercato pubblicitario di pertinenza dell'editoria giornalistica vanno diminuendo, mentre vanno aumentando quelle dell'emittenza audiovisiva. Il principale obiettivo è di garantire la vitalità economica delle imprese del settore editoriale, consentendo loro di svolgere quel ruolo di servizio cui sono votate".

Un altro elemento di crisi va individuato nel fatto che la dipendenza delle iniziative editoriali da grandi volumi di investimento rende difficoltoso l'ingresso di nuove forze produttive sul mercato, le quali, se non sorrette da grandi capitali, entrano in crisi nel breve o medio periodo, oppure sono attratte nell'orbita dei grandi gruppi. Il mercato appare statico anche in base a un ulteriore elemento causale: la linea di separazione, quasi uno steccato, tra imprenditoria editoriale e imprenditoria radiotelevisiva. All'estero è difficile incontrare un'azienda o un gruppo aziendale di grandi e medie dimensioni che non abbia uno sviluppo di tipo plurimediale, mentre in Italia vi è solo concorrenza fra i vari tipi di media, e mancano l'intersettorialità e l'integrazione.

Per una ripresa del settore è necessario anzitutto un intervento delle istituzioni finalizzato a rimettere in moto il mercato editoriale e a introdurre fattori propulsivi e linee di riequilibrio. Ciò che i rappresentanti dell'editoria chiedono non è tanto una mera erogazione di stanziamenti, quanto piuttosto un insieme di precisi obiettivi politici e tecnologici che diano fiducia agli operatori del settore.Vi è un'esigenza prioritaria di revisione integrale della normativa sull'editoria. Se si fa un confronto tra le legislazioni degli altri partner dell'Unione Europea relativamente all'informazione, non si può fare a meno di notare un'arretratezza delle regole italiane. Le leggi sull'editoria in vigore alla fine degli anni Novanta sono calibrate su una fenomenologia del giornalismo di tipo tradizionale e comunque anacronistico, e sono incapaci di suggerire modelli organizzativi moderni per l'impresa editoriale.

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