SPINTRONICA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

SPINTRONICA.

Riccardo Bertacco

– I tre paradigmi di classificazione. Paradigma di Mott. Momento torcente indotto da trasferimento di spin (STT). Momento torcente indotto da interazione spin-orbita (SOT). Scrittura elettrica della magnetizzazione. Paradigma di Dirac. Paradigma di Shockley. Sitografia

La s., o meglio elettronica di spin, è una branca della nanoelettronica che studia dispositivi nei quali si utilizza lo spin dei portatori quale grado di libertà aggiuntivo, oltre alla carica. Se nei dispositivi convenzionali a semiconduttore, essenzialmente legati alla tecnologia CMOS (Complementary Metal Oxide Semiconductor), l’immagazzinamento e la manipolazione dell’informazione sono legati all’accumulo e al trasporto di cariche elettriche (elettroni e buche), nei dispositivi spintronici ciò che conta è anche il momento magnetico intrinseco portato da queste cariche: lo spin. Molteplici sono le modalità di interazione dello spin con la radiazione elettromagnetica e la materia, che possono essere sfruttate in dispositivi in cui il segnale di uscita, ottico o elettrico, dipende dallo stato di spin dei portatori e da come essi vengono manipolati mediante segnali ottici, elettrici o magnetici.

I tre paradigmi di classificazione. – Allo stato attuale di sviluppo della s. si possono individuare tre paradigmi entro i quali classificare i vari dispositivi, che prendono il nome da tre fisici del secolo scorso: Nevill F. Mott, Paul Dirac e William B. Shockley. Nel 1936 Mott formulò un modello per il trasporto dipendente dallo spin, detto a due correnti, nel quale si suppone che la conducibilità di un materiale possa essere espressa come la somma di due conducibilità distinte per i canali di spin-su e spin-giù rispetto all’asse di quantizzazione naturale costituito dalla magnetizzazione. Nei dispositivi di Mott, la conducibilità totale deriva pertanto dal parallelo di due canali, in ciascuno dei quali la conducibilità dipende dall’allineamento dello spin rispetto alla magnetizzazione degli elettrodi ferromagnetici coinvolti. Sono necessari almeno due elettrodi ferromagnetici, per dare luogo a configurazioni di magnetizzazione parallela e antiparallela che si riflettono generalmente in stati di alta e bassa conducibilità totale. In questo paradigma ricadono le applicazioni attualmente più rilevanti della s., a partire dalla magnetoresistenza gigante (GMR) scoperta nel 1988 da Albert Fert e da Peter Grünberg e che è valsa loro il premio Nobel per la fisica nel 2007. In un dispositivio GMR con corrente in piano, che rappresenta la configurazione ampiamente usata, per es., nelle testine di lettura dei dischi rigidi magnetici, due elettrodi ferromagnetici sono separati da un sottile strato non magnetico di spessore inferiore al libero cammino medio degli elettroni, in modo tale che gli elettroni di uno strato sondano la magnetizzazione anche dell’altro nel loro moto diffusivo sovrapposto a quello di deriva. La magnetoresistenza, definita come variazione percentuale di resistenza fra configurazione antiparallela (AP) e parallela (P) secondo la formula MR=(RAP−RP)/RP, è tipicamente dell’ordine del 30-40% a temperatura ambiente.

Nel paradigma di Dirac, invece, ciò che determina la conducibilità del dispositivo è l’orientazione dello spin dei portatori rispetto a un asse cristallografico del materiale o alla direzione della corrente, grazie all’effetto spin-orbita che descrive l’interazione fra momento di spin e momento orbitale di un elettrone. Pur se Dirac non si è mai direttamente occupato di s., tale paradigma prende il suo nome per il ruolo fondamentale dell’interazione di spin-orbita nell’equazione di Dirac. A differenza dei dispositivi di Mott, non sono più necessari due elettrodi ferromagnetici: ne può bastare uno, come nel caso della ben nota magnetoresistenza anisotropa (AMR), per la quale la resistenza di un film ferromagnetico è maggiore per corrente parallela alla magnetizzazione che per corrente perpendicolare a essa. Ma è anche possibile pensare a dispositivi che non utilizzino del tutto elettrodi ferromagnetici, come nel caso del nascente campo della s. con antiferromagneti e della spinorbitronica, che verranno trattati nel seguito.

Infine, il paradigma di Shockley si basa sull’utilizzo del grado di libertà di spin entro semiconduttori, caratterizzati dal fatto di avere portatori con polarità opposte (buche ed elettroni) e grande flessibilità nell’interazione con la radiazione elettromagnetica. Il riferimento a Shockley, l’inventore del transistore bipolare, è chiaro, mentre esempi di dispositivi appartenenti a questa classe sono i transistori di spin, gli spin-LED e i fotodiodi di spin. Nel seguito verranno presentati alcuni sviluppi significativi degli ultimi dieci anni in questi tre paradigmi.

Paradigma di Mott. – Un’architettura che rientra pienamente nel paradigma di Mott è quella delle giunzioni magnetiche a effetto tunnel, sviluppate a partire dall’inizio degli anni Duemila, nelle quali lo strato conduttore non magnetico delle GMR è sostituito da una barriera isolante. Il trasporto avviene in direzione perpendicolare al piano delle interfacce mediante effetto tunnel dei portatori attraverso la barriera e consente di ottenere valori decisamente superiori di magnetoresistenza a effetto tunnel (TMR). Nel 2004, una pietra miliare nello sviluppo di questi dispositivi è stata la dimostrazione dell’efficacia di una barriera di MgO(001) in combinazione con elettrodi di Fe, CoFe o CoFeB nel produrre un elevato filtraggio di spin, grazie alle diverse trasmissioni di elettroni con spin-su e spin-giù attraverso la barriera di MgO. I valori particolarmente elevati di magnetoresistenza ottenuti in giunzioni CoFe/MgO/CoFeB (fino a 604% a temperatura ambiente) permettono ormai di realizzare sensori di campo magnetico particolarmente sensibili e celle di memoria molto robuste, adatte per memorie magnetiche non volatili ad accesso casuale (NV-MRAMs). I principali vantaggi di queste memorie sono la non volatilità dell’informazione, immagazzinata nella configurazione di allineamento dei due strati magnetici (AP o P), le elevate velocità di lettura e scrittura (∼1 Tbit/s), l’elevata densità (∼1 Tbit/in2), il basso consumo, la durevolezza illimitata dell’informazione e la robustezza contro le radiazioni. Il problema che ne ha limitato per anni lo sviluppo è stato quello della scrittura dell’informazione in una cella. Se infatti la lettura è molto semplice ed efficiente, grazie all’elevata TMR, la scrittura della magnetizzazione nell’elettrodo libero della cella è stata inizialmente implementata mediante linee di corrente capaci di produrre impulsi di campo magnetico localizzati su una cella all’incrocio di due linee in una matrice quadrata. Tale soluzione presenta però due notevoli svantaggi: cospicua dissipazione energetica per effetto Joule associato agli impulsi di corrente; scarso confinamento dei campi magnetici prodotti su una cella, che impedisce il raggiungimento di elevate densità per evitare la scrittura di celle multiple. Lo sviluppo della s. degli ultimi dieci anni si è quindi largamente incentrato sulla ricerca di modalità alternative per la scrittura di MRAMs.

fig. 1

Momento torcente indotto da trasferimento di spin (STT). – Questo effetto è stato predetto teoricamente nel 1996 da John C. Slonczewski, mentre le prime applicazioni a giunzioni a effetto tunnel risalgono al 2004. La struttura tipica di una STT-MRAM (Spin Transfer Torque-Magnetoresistive Random-Access Memory) è quella di una giunzione a effetto tunnel nella quale la magnetizzazione di uno degli elettrodi ferromagnetici è bloccata (Mfixed), per es., per interazione di scambio con un antiferromagnete (exchange bias), mentre quella dello strato libero (Mfree) può essere alterata mediante impulsi di corrente bipolari (fig. 1). Quando una corrente è iniettata dallo strato bloccato a quello libero, i portatori sono polarizzati in spin, ovvero la maggior parte di essi ha spin parallelo (o antiparallelo) a Mfixed. Se Mfixed e Mfree non sono allineate, gli spin iniettati dallo strato bloccato devono progressivamente allinearsi a Mfree mediante interazione di scambio, e quindi perdere la loro componente iniziale di spin perpendicolare a Mfree.

Per la conservazione del momento angolare, tale componente è tra sferita allo strato libero sotto forma di un momento torcente che tende a ruotare Mfree in modo da avvicinarlo o allontanarlo da Mfixed, a seconda del segno della corrente. Per ottenere un’inversione completa della magnetizzazione sono necessarie densità di corrente elevate, dell’ordine di 106-107 A/cm2 . Poiché però la corrente scala con la superficie dei dispositivi, recentemente sono state sviluppate STT-MRAM con dispositivi aventi diametro di 20 nm, compatibili con la tecnologia CMOS a 22 nm, nei quali la corrente di inversione della magnetizzazione è inferiore a 30 μA.

Momento torcente indotto da interazione spin-orbita (SOT). – Con questo metodo è possibile rovesciare la magnetizzazione di un singolo strato magnetico senza bisogno di un altro strato di riferimento ferromagnetico, bensì sfruttando la rottura della simmetria di inversione in materiali adiacenti con elevato effetto spin-orbita. Per es., in un’eterostruttura Pt/Co/AlOx, quando fluisce una corrente nel piano, si ingenera nel Pt, all’interfaccia con il Co, un’accumulazione di spin che esercita un momento torcente sulla magnetizzazione del Co mediante un meccanismo di trasferimento di spin. L’origine di tale accumulazione è legata all’effetto spin Hall, per il quale quando una corrente di carica fluisce in un materiale con elevato spin-orbita, come il Pt, nasce una corrente di spin, ovvero un flusso netto di spin senza flusso di carica, in direzione perpendicolare alle interfacce.

Scrittura elettrica della magnetizzazione. – Il controllo elettrico della magnetizzazione nelle MRAM è stato ottenuto in due modi: a) mediante applicazione di impulsi di campo elettrico fra l’elettrodo libero e quello di riferimento in una giunzione effetto tunnel di MgO, che permettono il controllo elettrico dell’anisotropia magnetica all’interfaccia fra l’ossido della barriera e il ferromagnete; b) sfruttando l’accoppiamento magnetoelettrico fra la polarizzazione dielettrica (P) e la magnetizzazione (M) in sistemi multiferroici.

Nel primo caso è stata sfruttata l’anisotropia magnetica perpendicolare al piano che si sviluppa tipicamente all’interfaccia MgO/CoFeB, con intensità fortemente dipendente dalla polarità degli impulsi di campo applicati. Per spessori molto sottili del CoFeB (circa 1 nm), appena al di sopra del limite superparamagnetico, la variazione di anisotropia di interfaccia confinata entro lo spessore in cui vengono schermate le cariche è sufficiente a produrre variazioni significative del campo coercitivo, che possono essere impiegate per indurre il rovesciamento della magnetizzazione. La seconda modalità di implementazione del controllo elettrico della magnetizzazione sfrutta invece l’accoppiamento magnetoelettrico. Anche se esistono in natura materiali multiferroici che presentano ordinamento ferroelettrico e ferromagnetico accoppiati fra loro, le loro temperature critiche sono così basse da non permettere applicazioni a temperatura ambiente. Nel corso dell’ultimo decennio c’è stata pertanto un’intensa attività di studio di sistemi multiferroici artificiali, costituiti da film ferroelettrici in contatto con film ferromagnetici. In questo campo il sistema modello è l’interfaccia epitassiale Fe/BaTiO3(001). Effetti puramente elettrici, dovuti a riconfigurazione di legami atomici all’interfaccia a seguito del movimento dell’atomo centrale di Ti nella struttura del BaTiO3 indotto dall’inversione di polarizzazione, sono stati sfruttati all’interno di giunzioni ibride ferromagnetiche e ferroelettriche. Si tratta di giunzioni magnetiche a effetto tunnel nelle quali la TMR dipende dallo stato di polarizzazione

fig. 2

ferroelettrica della barriera di BaTiO3, che realizzano pertanto una memoria a quattro stati, controllati dalla polarizzazione e dell’allineamento della magnetizzazione nei due elettrodi ferromagnetici (fig. 2). Recentemente è stato dimostrato che tale effetto è associabile alla possibilità di indurre elettricamente una variazione di ordinamento magnetico nel primo stato di Fe in contatto con il BaTiO3, il quale passa, a temperatura ambiente, da uno stato ferromagnetico per polarizzazione che punta verso il Fe a uno stato non magnetico per polarizzazione opposta.

figura 3

Sempre nell’ambito del paradigma di Mott, una delle soluzioni più innovative emerse negli ultimi dieci anni per sviluppare memorie tridimensionali con più elevata densità di impaccamento dell’informazione rispetto alle MRAM convenzionali, corrisponde alle racetrack memories. In questa architettura, l’informazione è immagazzinata in sequenze di domini magnetici con magnetizzazione opposta, corrispondenti alle porzioni rosse e blu dei nastri nano-metrici di materiale magnetico disposti a ‘U’, perpendicolarmente alla superficie del substrato, rappresentati nella figura 3. Le pareti di dominio magnetiche che separano detti domini vengono create e spostate rigidamente lungo i condotti mediante impulsi di corrente, rispettivamente trasversali e longitudinali.

Per lo spostamento si sfrutta il fenomeno dello spin transfer torque descritto sopra, mentre per la lettura vengono impiegate delle giunzioni magnetiche a effetto tunnel fabbricate sul substrato, che leggono il passaggio delle pareti (i bit di informazione) quando queste sono in prossimità del substrato. Si tratta di un sistema molto simile a quello dei nastri magnetici, con la notevole differenza che qui non si muove il nastro magnetico, ma i bit, entro un nastro magnetico di dimensioni nanometriche, a velocità fino a 750 m/s, consentendo di ottenere tempi di accesso dell’ordine di 10-50 ns, comparabili a quelle delle MRAM.

fig. 4

Paradigma di Dirac. – Due campi di ricerca particolarmente attivi che rientrano nel paradigma di Dirac sono la s. con antiferromagneti e la spinorbitronica. Se, tradizionalmente, gli antiferromagneti sono stati essenzialmente impiegati entro dispositivi spintronici di Mott come strati ausiliari che possono bloccare la magnetizzazione di uno strato ferromagnetico adiacente mediante interazione exchange bias, la s. con antiferromagneti si propone di impiegarli come materiali attivi che determinano le proprietà di trasporto in virtù dell’interazione di spin-orbita. In un antiferromagnete esistono due reticoli di spin antiparalleli compenetrati, con spin opposti diretti lungo un asse di anisotropia e perfettamente com-pensati, in modo tale che la magnetizzazione totale è nulla. Ciononostante, esiste un ordinamento magnetico all’interno dei due reticoli al di sotto della temperatura critica di Néel, per cui l’effetto spin-orbita può influire su proprietà di trasporto macroscopiche. È questo il caso delle giunzioni a effetto tunnel con uno dei due elettrodi antiferromagnetico e l’altro non magnetico. In strutture NiFe/IrMn/MgO/Pt è stato recentemente dimostrato che, ruotando la direzione dell’asse lungo il quale sono allinea ti gli spin dei due reticoli dell’IrMn, grazie all’azione di un campo magnetico che controlla la magnetizzazione dello strato di NiFe e quindi quella degli spin adiacenti dell’IrMn per interazione di scambio, è possibile ottenere una variazione della resistenza del 160% (fig. 4). Ciò è dovuto al fenomeno della magnetoresistenza anisotropica per effetto tunnel (TAMR), secondo il quale una rotazione dell’asse di anisotropia dell’IrMn produce una variazione sensibile della densità degli stati al livello di Fermi che partecipano al trasporto per effetto tunnel, e quindi una variazione di resistenza. Anche se in questo caso lo strato ferromagnetico di NiFe assume un ruolo ‘ancillare’, nel senso che permette di manipolare magneticamente l’asse di anisotropia dell’antiferromagnete, la non completa eliminazione di strati ferromagnetici fa venir meno i vantaggi essenziali della s. con solo antiferromagneti, ovvero l’assenza di campi magnetici spuri generati dagli stessi elettrodi ferromagnetici e l’insensibilità a campi magnetici esterni propria degli antiferromagneti, la cui suscettibilità magnetica è estremamente bassa. Più recentemente è stato invece realizzato il primo dispositivo spintronico basato sul fenomeno della TAMR e che non impiega alcuno strato ferromagnetico. Si tratta di una giunzione a effetto tunnel con struttura Ta/IrMn/MgO/Ta, nella quale è stata dimostrata la possibilità di scrivere diversi stati di resistenza mediante raffreddamento attraverso la temperatura di Néel in campo applicato perpendicolarmente o parallelamente alle interfacce della struttura. Pur se si tratta di esperimenti preliminari, è ragionevole attendersi sviluppi significativi di questo campo nei prossimi anni.

Più recentemente, il premio Nobel per la fisica Albert Fert ha coniato un nuovo termine per identificare quei settori di ricerca della s. che sfruttano effetti di spin-orbita anche al di fuori di materiali antiferromagneti: la spinorbitronica. Rientrano in questo campo effetti molto interessanti, quali l’effetto spin Hall diretto e inverso. Se in un film di materiale con elevato effetto di spin-orbita, come il Pt, viene fatta fluire una corrente di carica in una direzione, i portatori sperimentano degli urti con gli ioni del reticolo con diversa probabilità di essere diffusi verso destra o sinistra, a seconda del loro spin. Si tratta di un tipico effetto di spin-orbita che conduce a un flusso netto di spin in direzione trasversale alla corrente di carica, con conseguente accumulo di spin di segno opposto ai bordi del campione.

Si ingenera cioè una pura corrente di spin in direzione trasversale, ovvero un flusso netto di spin senza che vi sia flusso di carica, poiché tanti portatori vanno a destra quanti vanno a sinistra. Tale effetto può essere sfruttato in varie architetture, fra le quali il trasferimento di momento indotto da spin-orbita (SOT), descritto sopra, fra le metodiche innovative di scrittura di una cella di memoria MRAM. L’effetto spin Hall inverso, consiste invece nella generazione di una corrente di carica a seguito dell’iniezione di una pura corrente di spin, e viene tipicamente impiegato per rivelare elettricamente un’accumulazione di spin. Tale concetto è particolarmente rilevante nella prospettiva di impiegare correnti pure di spin per l’elaborazione dell’informazione.

figura 5

Paradigma di Shockley. – Per sfruttare il grado di libertà dello spin entro un semiconduttore è necessario poter iniettare, manipolare e rivelare in esso correnti di spin. Dati i tempi di vita relativamente lunghi dello spin nei semiconduttori, tipicamente 10−3 s negli organici e 10−9 s negli inorganici, e considerate le mobilità dei portatori, si ottengono lunghezze di diffusione dello spin rispettivamente dell’ordine di 10 e 105 nm, ampiamente compatibili con le tecniche attuali di fabbricazione di dispositivi. Nell’ultimo decennio molto lavoro si è concentrato nell’iniezione-rivelazione di spin elettrica e ottica. Sono stati, per es., sviluppati dispositivi emettitori di luce polarizzata circolarmente (spin LED), che utilizzano un’iniezione elettrica di spin in semiconduttori a gap diretta, come il GaAs, per controllare l’emissione di luce polarizzata circolarmente a seguito della ricombinazione dei portatori. Il fenomeno opposto, ovvero la conversione di luce polarizzata circolarmente in una modulazione della fotocorrente, viene invece sfruttato nei fotodiodi di spin. Nella figura 5 è presentato il principio di funzionamento di un fotodiodo di spin che utilizza una struttu ra Fe/MgO/Ge(001). La luce polarizzata genera delle coppie elettrone-lacuna polarizzate in spin entro il Ge, che vengono separate per effetto del campo elettrico nella zona di svuotamento. Per tensioni positive applicate al Fe rispetto al Ge, come in figura, gli elettroni polarizzati vengono portati ad attraversare la barriera tunnel e quindi filtrati dal sistema Fe/MgO, che abbiamo già visto essere impiegato nelle giunzioni magnetiche a effetto tunnel. Per polarizzazione circolare fissata della luce, la foto-corrente varia a seconda della disposizione della magnetizzazione del Fe, che determina l’asse di quantizzazione rispetto al quale avviene il filtraggio. Si ottengono così variazioni della foto-corrente fino al 10% in un ampio intervallo di frequenze, dal vicino infrarosso al visibile. Fotodiodi di spin accoppiati a spin-LED sono attualmente in fase di studio per la realizzazione di sistemi di elaborazione integrati basati sullo stato di polarizzazione circolare della luce.

Da questa rapida carrellata sugli sviluppi della s. si può comprendere il potenziale di questo campo per l’evoluzione futura della nanoelettronica. La sfida che i ricercatori stanno affrontando in questi anni è soprattutto legata al trasferimento tecnologico dei concetti innovativi qui presentati. Se fino a ora le applicazioni della s. sono state essenzialmente legate alla GMR impiegata nelle testine di lettura dei dischi rigidi, le MRAM stanno progressivamente guadagnando quote di mercato, mentre la frontiera ultima rimane legata all’uso dello spin non solo per la memorizzazione, ma anche per l’elaborazione dell’informazione.

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